domenica 28 febbraio 2021

IL LATO OCCULTO DELLA STORIA - CARLO PALERMO RACCONTA... (terza parte)

 

IL LATO OCCULTO DELLA STORIA


Carlo Palermo racconta...

(terza parte)



a cura di 
Cristiano Guietti


In questa terza parte dell'intervista si sale ad un livello più alto rispetto a quelli analizzati precedentemente. Si era partiti dall'attività criminale più spicciola, legata ai traffici di droga e armi che potremmo definire di primo livello, che è l'ambito su cui vi è un'attività investigativa e giudiziaria.
Raramente i magistrati riescono a superare questa barriera che separa il livello più basso da quelli più alti. Chi è stato in grado di farlo ha pagato un prezzo altissimo ed ancora oggi alcuni magistrati mettono in gioco la propria vita per il bene comune e gli alti valori di Giustizia e Verità.
Ai livelli superiori troviamo espressioni del potere che si manifestano nelle attività della politica, coadiuvata dai media e gestita dai servizi segreti i quali, a loro volta, sono un livello esecutivo le cui direttive provengono dalle massonerie.
Carlo Palermo si è scontrato con i livelli superiori che in quegli anni hanno avuto la capacità di dirottare gli obiettivi della sua attività investigativa, nonostante abbia avuto tra le m ani carte processuali che conducevano ai Rosa Croce. Questi sono ancora presenti ed attivi, ma agiscono indisturbati senza che ci sia nessuna azione di contrasto.
Su questo punto l'ex magistrato alza il tono della voce e si mostra scosso perché ha una chiara lettura di ciò che sta succedendo.
"Si sta usando la pandemia per finalità di potere e di dominio compromettendo principi e diritti a livello planetario".
In gioco c'è l'Essere umano e l'attuazione di disegni per alterare principi e valori di democrazia e libertà.
Stanno attuando i frutti di studi su tecniche messe a punto da personaggi che agiscono trasversalmente ai governi e alle alleanze massoniche. Si fa riferimento al Club di Roma del 1970 e alla shock terapia, cioè si prende in esame la reazione della popolazione di fronte al terrore. Il primo esempio di questa tecnica risale all'uso della bomba atomica.
L'ultimo effetto è quello della trasformazione del concetto del terrore utilizzato come strumento per governare il mondo, al di là delle ideologie per favorire la macchina e svuotare l'uomo della componente spirituale.
Tutto ciò è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno lo vede, grazie a manipolazioni proprie di tecniche militari, oggetto di studio di scienziati che giustifichino la formazione di un governo mondiale, col pretesto di contrastare problematiche tipo la sovrappopolazione e il surriscaldamento, o la necessità di una religione universale. Sono tutti piani massonici che si rifanno a citazioni sia bibliche che pagane, da cui si evince che siamo in un momento profetizzato da tempi antichi.
Le varie fonti si rifanno allo studio della creazione, della nascita dell'uomo e della vita sulla Terra, ad enunciati che indicano il nome di Lucifero, di Venere, del Sole, del Nord, del primo giorno della Creazione, del secondo giorno, dei numeri 21 e 12, simboli di concezioni preesistenti al Cristianesimo. Sono rivelazioni naturalistiche tradotte in scienza e le diverse chiavi di lettura convergono tutte in fatti reali, in visioni contrapposte sul bene e sul male, seppure con terminologie differenti a seconda delle culture.
La storia dell'umanità non la si può cancellare a seconda di una versione o un'altra ed oggi siamo all'epilogo dello scontro tra visioni diverse. I concetti di Bene e  Male subiscono variazioni nel tempo, ma ognuno di noi è il terminale di una esperienza precedente che porterà, in un modo o nell'altro, al mutamento dell'umanità e in questo momento stiamo mettendo in gioco la perdita della libertà e della spiritualità dell'uomo; la scienza oggi ha un ruolo in tutto questo con un'enorme responsabilità e conflitto di interessi, ma è la stessa scienza che ha inventato la bomba atomica, autodefinendosi il diavolo.
Sul finale, dopo tante parole che descrivono scenari inquietanti, Piergiorgio Caria non ha mancato l'occasione di ricordare che le Scritture dicono che le forze del Bene vinceranno e questo accadrà con la seconda venuta di Cristo.










GIORDANO BRUNO "PROEMIALE EPISTOLA"


GIORDANO BRUNO


"PROEMIALE EPISTOLA"


(leggi e ascolta)





SCRITTA ALL'ILLUSTRISSIMO 
SIGNOR MICHEL DI CASTELNOVO



Se io, illustrissimo Cavalliero, contrattasse l'aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento, nessuno mi guarderebbe, pochi m'osservarebono, 
da rari sarei ripreso e facilmente potrei piacere a tutti.
Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la pastura de l'alma, vago de la coltura de l'ingegno e dedalo circa gli abiti de l'intelletto,
ecco che chi adocchiato me minaccia, chi osservato m'assale, chi giunto mi morde,
chi compreso mi vora;
non è uno, non son pochi, son molti, 
son quasi tutti. 
Se volete intendere onde sia questo, vi dico che la caggione è l'universitade che mi dispiace, 
il volgo ch'odio, 
la moltitudine che non mi contenta, 
una che m'innamora: quella per cui non invidio a quei che son servi nella libertà, han pena nei piaceri, son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita, perché nel corpo han la catena che le stringe, nel spirto l'inferno che le deprime, ne l'alma l'errore che le ammala, ne la mente il letargo che le uccide;
non essendo magnanimità che le delibere, non longanimità che le inalze, non splendor che le illustre, non scienza che le avvive.

Indi accade che non ritrao, come lasso, 
il piede da l'arduo camino; 
né, come desioso, dismetto le braccia da l'opra che si presenta; 
né, qual disperato, volgo le spalli al nemico che mi contrasta; 
né, come abbagliato, diverto gli occhi dal divino oggetto; mentre, per il più, 
mi sento riputato sofista, 
più studioso d'apparir sottile 
che di esser verace; 
ambizioso, che più studia di suscitar nova e falsa setta che di confirmar l'antica e vera;
ucellatore, che va procacciando splendor di gloria con porre avanti le tenebre d'errori, spirto inquieto, 
che subverte gli edificii de buone discipline e si da fondator di machine di perversitade.
Cossì, Signor, gli santi numi disperdano da me que' tutti che ingiustamente m'odiano, cossì mi sia propicio sempre il mio Dio,
cossì favorevoli mi sieno tutti governatori 
del nostro mondo, 
cossì gli astri mi faccian tale il seme al campo ed il campo al seme ch'appaia al mondo utile e glorioso frutto del mio lavoro con risvegliar il spirto ed aprir il sentimento a quei che son privi di lume: 
come io certissimamente non fingo 
e, se erro, non credo veramente errare e, parlando e scrivendo, 
non disputo per amor de la vittoria per se stessa 
(perché ogni riputazione e vittoria stimo nemica a Dio, vilissima e senza punto di onore, dove non è la verità), 
ma per amor della vera sapienza e studio della vera contemplazione m'affatico, 
mi crucio, mi tormento. 

Questo manifestaranno gli argumenti demonstrativi, che pendeno da vivaci raggioni, che derivano da regolato senso, che viene informato da non false specie che, come veraci ambasciatrici, 
si spiccano da gli suggetti de la natura, facendosi presenti a quei che le cercano,
aperte a quei che le rimirano, 
chiare a chi le apprende, 
certe a chi le comprende.
Or ecco, vi porgo la mia contemplazione circa l'infinito, universo e mondi innumerabili. 



Giordano Bruno


sabato 27 febbraio 2021

MAFIE ETERODIRETTE: "IL DOPPIO LIVELLO" - CARLO PALERMO RACCONTA... (seconda parte)


MAFIE ETERODIRETTE 
"IL DOPPIO LIVELLO"


Carlo Palermo racconta...

(seconda parte)

a cura di 
Cristiano Guietti


L'organizzazione mafiosa è eterodiretta per il raggiungimento di obiettivi che hanno un ruolo geopolitico; è guidata da livelli più alti, cioè quelli dei servizi e delle massonerie, a loro volta dirette da potenti famiglie di origini millenarie. Di conseguenza, l'opera dei magistrati, essendo territoriale, non riesce a salire di livello, per cui abbiamo solo ricostruzioni parziali perché gestite dalla parte collusa dello Stato, come fu per esempio con le testimonianze di Buscetta che dovette rimanere entro certi limiti.
La componente occulta viene disvelata tra gli anni Settanta e Ottanta, ma non si è mai andati oltre la constatazione dei soggetti appartenenti alla loggia massonica P2.
Non c'è stata alcuna azione investigativa e giudiziaria in merito alla relazione della P2 con l'attività criminale e la sua influenza sulla politica.
Già a Trento, durante il lavoro investigativo nei confronti della mafia turca in merito a traffici internazionali di droga e armi, Carlo Palermo percepì il collegamento occulto con l'organizzazione massonica.

Successivamente nel momento in cui si occupò dell'attentato al papa ad opera di Mehmet Alì Ağca, quelle che dapprima erano solo intuizioni divennero poi prove documentali degli intrecci tra organizzazioni mafiose internazionali e massoneria, fino a coinvolgere la Chiesa, essendo quel papa l'elemento predestinato a determinare cambiamenti tra gli assetti del mondo religiosi, geo-politici, dunque anche militari.

Sono pochi i magistrati che arrivano ad intuire i livelli superiori alle spicciole attività criminali.
L'Italia nel mondo è il Paese che in assoluto ha avuto più vittime tra magistrati, funzionari pubblici nell'esercizio delle loro attività e giornalisti.
"Ad oggi per ignoranza o malafede, non vengono additate famiglie e dinastie che determinanao l'andamento delle cose al di là degli Stati  e delle multinazionali. Per quanto riguarda la gestione di tutto ciò che ruota attorno alla pandemia è la manifestazione dell'ultimo passo di un procedimento che parte da un remoto passato con coincidenze di date e simboli che sono terrificanti".






venerdì 26 febbraio 2021

GIORDANO BRUNO


GIORDANO BRUNO





《Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende 
e lo tiene schiavo

Giordano Bruno
(Nola, gennaio 1548 - Roma 17 febbraio 1600)




Il cardinale Roberto Bellarmino, che istruì il processo di Giordano Bruno e di Galileo, è stato canonizzato nel 1930... per ragioni politiche evidenti legate all’epoca: era solo un anno che il "duce" Benito Mussolini, firmatario dei "Patti Lateranensi", aveva offerto al Papa, con questi accordi di Laterano, una piena e definitiva sovranità sullo stato del Vaticano; Pio XI, ben deciso a sostenere quanto meglio possibile il dittatore fascista, l’aveva d’altra parte qualificato come "Uomo della provvidenza". Ma questa canonizzazione interveniva anche in reazione all’edificazione a Roma di una statua di Giordano Bruno posta lì dai massoni.


Il 3 febbraio 2000, in occasione del 400° anniversario della morte di Giordano Bruno, il cardinale Poupard, presidente del consiglio pontificio della cultura – organismo che riabilitò Jan Hus e Galileo – ha espresso il rammarico della Chiesa davanti ai roghi dell’Inquisizione. Affermò nettamente la loro «incompatibilità con la verità evangelica». Ha anche annunciato che il Papa Giovanni Paolo II avrebbe chiesto perdono il 13 marzo nella basilica di San Pietro, durante una celebrazione volta a «ricreare il dialogo della Chiesa con tutti gli uomini». Ciononostante confermò che Bruno non sarebbe stato riabilitato, sebbene ci sia motivo di biasimare l’uso della forza impiegata contro di lui: «La condanna per eresia di Bruno, indipendentemente dal giudizio che si voglia portare sulla pena capitale che gli fu imposta, si presenta pienamente motivata» dichiarò il prelato.
Si spinse fino ad affermare che la Chiesa aveva fatto di tutto per non uccidere Bruno ma è, al contrario, l’attitudine di lui, ottusa e dogmatica ad essere stata causa della sua perdita!
La "Santa" Sede si rammaricava dunque, a denti stretti, del rogo ma manteneva la validità teologica della condanna. Non poteva fare altrimenti poiché l’inquisitore responsabile delle condanne di Bruno e Galileo, il cardinale R. Bellarmino, era stato beatificato, canonizzato e fatto Dottore della Chiesa. Si constata dunque che la Chiesa ha manifestato alcuni pentimenti certi, ma che questi non sono arrivati fino alle de-canonizzazioni e de-beatificazioni che tuttavia s’imporrebbero se i pentimenti fossero sinceri ed i rimorsi reali.
Altrimenti detto, se Bruno ritornasse oggi, avendo sempre le stesse convinzioni, non sarebbe più palesemente condannato a morte, ma sarebbe condannato comunque, poiché poco importano alla Chiesa i nuovi progressi della scienza che provano che è lei ad essere in errore, le convinzioni di Giovanni Paolo II rimangono le stesse di Clemente VIII... 



mercoledì 24 febbraio 2021

IL GOVERNO CRIMINALE PLANETARIO - CARLO PALERMO RACCONTA... (prima parte)


Con piacere  ospito qui l'iniziativa di pubblicare l'interessantissima intervista di Piergiorgio Caria all'ex magistrato Carlo Palermo, grazie al bel lavoro di sintesi dell'amico e fratello Cristiano, col quale ci siamo subito intesi e soprattutto ritrovati compagni di viaggio, sia dal punto di vista dell'impegno personale nell'essere protagonisti attivi di cambiamento in questo particolare delicato momento storico, ognuno secondo le proprie capacità e talenti, sia dal punto di vista del percorso animico-spirituale che ci accomuna nell'esserci in qualche modo ritrovati tra le pieghe del tempo, non certo per caso, ma per qualche recondita ragione e movimento astrale-planetario, come per un appuntamento cosmico importantissimo, coincidente con il prossimo passaggio dimensionale del pianeta. 

Abbiamo pensato di dividere il lavoro in tre parti, per non appesantire il lettore. Spero possa essere utile per chiarire molti eventi  della storia di questo Paese e e del resto del mondo, ricollegare tutti i fili spezzati dall'infame silenzio dei media, sulle collusioni del potere politico con quello mafioso e di tutti quei nodi che finalmente sembrano venire al pettine, inesorabilmente; tutto in questo tempo, questo tempo ultimo prima della fine del ciclo, sarà svelato e nulla più potrà essere celato.  

Dinaweh
 


 

IL GOVERNO CRIMINALE PLANETARIO


 Carlo Palermo racconta...


a cura di 
Cristiano Guietti

(prima parte)

Molti di voi forse conoscono il ricercatore Piergiorgio Caria e, anche se l'impressione iniziale potrebbe farci ritenere che si sia spinto al di fuori dalle tematiche a lui più consone, potrei affermare a ragion veduta che questa preziosa intervista pregna di informazioni e spunti di riflessione non la si sarebbe potuta moderare meglio, alla luce del fatto che l'intervistato, grazie alla sua attività investigativa, arrivi a conclusioni quantomeno  insolite per un magistrato, dove si toccano temi più disparati: politica interna, mafia, geopolitica, attività massonica con la sua simbologia che, a metà tra storia, religione e scienza, delinea un panorama riconoscibile di inquietanti verità.
Carlo Palermo è letteralmente un sopravvissuto. Il 2 aprile 1985 l'auto che lo porta al suo ufficio, nella procura di Trapani, salta per aria. Lui e la sua scorta si salvano, muoiono al posto loro una giovane donna e i suoi due bambini. Il "caso" ha voluto che l'autista facesse un improbabile sorpasso proprio in corrispondenza dell'autobomba messa lì appositamente con lo scopo di fermare per sempre il magistrato.
Nella sua attività capitava spesso di interrogare imputati dei processi di Giovanni Falcone e viceversa, andando così ad integrare esperienze, conoscenze e prove come ponti di collegamento tra attività criminali di vario tipo. 
Lascia la magistratura definitivamente nel 1990, ma continua ad indagare e sentendo sulla coscienza il peso delle innocenti vittime della strage di Pizzolungo, nonché di molti colleghi che hanno lasciato la pelle sul campo, non ha mai smesso di scavare per cercare di comprendere la storia al centro della quale si era trovato. Nell'intervista racconta che partendo da un'inchiesta di Trento nel 1984 si trovò al centro di intrecci internazionali e di essersi imbattuto in una marea di carte da cui risultavano traffici di armi pesanti, anche nucleari, con l'indicazione diretta delle massime responsabilità governative in capo alle fabbriche degli armamenti mondiali che gli fecero rendere conto che erano il governo planetario della guerra.
Solo negli ultimi anni, cioè dal 2016, è arrivato a conclusioni che oggi glil permettono di sbrogliare l'intricata matassa e di avere un quadro chiaro e lucido su fatti determinanti anche nella storia d'Italia, compresi gli anni di piombo, il lodo Moro, il passaggio da prima a seconda repubblica, i coinvolgimenti nei traffici di armi in Medio Oriente ed il controllo di queste operazioni da parte delle più potenti massonerie.





(youtube chiede un documento di identità per poter visionare questo video, 
dimostrando ancora una volta la volontà di operare una censura secca su ogni contenuto
considerato "pericoloso", perché contrario al Pensiero Unico vigente. 
Ne prendiamo atto, 
dando dimostrazione della loro natura illiberale e di irreggimentazione autoritaria
della società in cui viviamo. 
Diciamo il vero dunque, quando intitoliamo post come questo
"IL GOVERNO CRIMINALE PLANETARIO")



lunedì 22 febbraio 2021

FILIPPO (GIORDANO) BRUNO VIANDANTE DEL CIELO (terza e ultima parte)


FILIPPO (GIORDANO) BRUNO


VIANDANTE DEL CIELO
(terza e ultima parte)



Il ritorno in Francia

Il precedente periodo inglese è da considerarsi il più creativo di Bruno, periodo nel quale ha prodotto il maggior numero di opere fino a quando verso la fine del 1585 l'ambasciatore Castelnau essendo richiamato in Francia lo induce ad imbarcarsi con lui; ma la nave verrà assalita dai pirati, che derubano i passeggeri di ogni avere.

A Parigi Bruno abita vicino al Collège de Cambrai e ogni tanto va a prendere in prestito qualche libro nella biblioteca di Saint-Victor, nella collina di Sainte-Geneviève, il cui bibliotecario, il monaco Guillaume Cotin, ha l'abitudine di annotare giornalmente quanto avveniva nella biblioteca. Entrato in qualche confidenza col filosofo, da lui sappiamo che Bruno stava per pubblicare un'opera, l'Arbor philosophorum, che non ci è pervenuta e che aveva lasciato l'Italia per "evitare le calunnie degli inquisitori, che sono ignoranti e che, non concependo la sua filosofia, lo accuserebbero di eresia".

Il monaco annota tra l'altro che Bruno era ammiratore di Tommaso d'Aquino, che disprezzava "le sottigliezze degli scolastici, dei sacramenti e anche dell'eucarestia, ignote a san Pietro e a san Paolo, i quali non seppero altro che hoc est corpum meum. Dice che i torbidi religiosi sarebbero facilmente tolti di mezzo, se fossero spazzate tali questioni e confida che questa sarà presto la fine della contesa.
Il 28 maggio 1586 fa stampare col nome del discepolo Jean Hennequin l'opuscolo antiaristotelico Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus peripateticos, partecipando alla successiva pubblica disputa nel Collège de Cambrai, ribadendo le sue critiche alla filosofia aristotelica.
Contro tali critiche si levò un giovane avvocato parigino, Raoul Callier, che replicò con violenza chiamando il filosofo Giordano "Bruto". Sembra che l'intervento del Callier abbia ricevuto l'appoggio di quasi tutti gli intervenuti e che si sia scatenato un putiferio di fronte al quale il filosofo preferì, una volta tanto, allontanarsi, ma le reazioni negative provocate dal suo intervento contro la filosofia aristotelica, allora ancora in grande auge alla Sorbona, unitamente alla crisi politica e religiosa in corso in Francia e alla mancanza di appoggi a corte, lo indussero a lasciare nuovamente il suolo francese.

In Germania

Raggiunta in giugno la Germania, Bruno soggiorna brevemente a Magonza e a Wiesbaden, passando poi a Marburg, nella cui Università risulta immatricolato il 25 luglio 1586 come Theologiae doctor romanensis. Ma, non trovando possibilità di insegnamento, probabilmente per le sue posizioni antiaristoteliche, il 20 agosto 1586 s'immatricola nell'Università di Wittemberg come Doctor italicus, insegnandovi per due anni, due anni che il filosofo trascorre in tranquilla operosità.
Nell'aprile del 1588 Bruno giunge a Praga, in quegli anni sede del Sacro Romano Impero, città dove rimane sei mesi. Dedica un'opera all'imperatore Rodolfo II, gli Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos, che tratta di geometria e, nella dedica, rileva come per guarire i mali del mondo sia necessaria la tolleranza, in tutti i campi, da quello politico a quello religioso e filosofico. Ricompensato con trecento talleri dall'imperatore, in autunno Bruno, che sperava di essere accolto a corte, decide di lasciare Praga e, dopo una breve tappa a Tubinga, giunge a Heimstedt, nella cui Università, chiamata Academia Julia, si registra il 13 gennaio 1589. Poche settimane dopo viene scomunicato dal sovrintendente della Chiesa luterana della città, per motivi non noti. Riesce così a collezionare le scomuniche delle maggiori confessioni europee, cattolica, calvinista e luterana.
Si trasferisce nell'aprile del 1590 a Francoforte, ove va ad abitare nel convento dei Carmelitani i quali, per privilegio concesso da Carlo V nel 1531, non erano soggetti alla giurisdizione secolare. Poi passa in Svizzera ove per quattro o cinque mesi insegna filosofia presso Zurigo, per ritornare di nuovo a Francoforte nel luglio del 1591. Francoforte era già allora sede dell'importante fiera del libro, alla quale partecipavano librai da tutta Europa. Era stato così che due editori, il senese Giambattista Ciotti e il fiammingo Giacomo Brittano, entrambi attivi a Venezia, avevano conosciuto il Bruno nel 1590, stando alle successive dichiarazioni di Ciotti stesso al Tribunale dell'Inquisizione di Venezia. Il patrizio veneto Giovanni Francesco Mocenigo, che conosceva Ciotti e aveva comprato nella sua libreria il De minimo del filosofo nolano, affidò al libraio una sua lettera nella quale incitava Giordano Bruno a Venezia, affinché gli insegnasse "li secreti della memoria e li altri che egli professa, come si vede in questo suo libro".

Il ritorno in Italia

Nell'ambito della biografia di Bruno appare quantomeno strano il fatto che egli dopo anni di  peregrinazioni in Europa decidesse di tornare in Italia, sapendo che il rischio di finire sotto le mani dell'Inquisizione fosse concreto. La Yates riguardo ciò sostiene che probabilmente Bruno non si considerava anticattolico, ma semmai una sorta di riformatore, che sperava di avere conrete possibilità di incidere sulla Chiesa. Oppure il senso di pienezza di sé o della sua 'missione' da compiere aveva alterato la reale percezione del pericolo cui poteva andare incontro..
Nell'agosto del 1591 è a Venezia. Che egli sia tornato in Italia spinto dall'offerta di Mocenigo non è affatto sicuro, tant'è che passeranno diversi mesi, prima che egli accetti l'ospitalità del patrizio veneziano. In quel periodo Bruno, quarantenne, non era certo un uomo a cui mancavano i mezzi, anzi, egli era considerato "omo universale", pieno di ingegno e ancora nel pieno del suo momento creativo. A Venezia Bruno si trattenne solo pochi giorni per poi recarsi a Padova e incontrare Besler, il suo copista di Helmstedt, Qui tenne per qualche mese lezioni agli studenti tedeschi che frequentavano quella Università e sperò invano di ottenervi la cattedra di matematica, uno dei possibili motivi per cui Bruno tornò in Italia. Tornò a Venezia a novembre, con il ritorno in Germania di Besler per motivi familiari e fu solo verso la fine del marzo 1592 che egli si stabilì nella casa del patrizio veneziano, interessato - quest'ultimo - alle arti della memoria e alle discipline magiche. Il 21 maggio Bruno informò il Mocenigo di voler tornare a Francoforte per stampare delle sue opere: questi pensò che Bruno cercasse un pretesto per abbandonare le lezioni e il giorno dopo lo fece sequestrare in casa dai suoi servitori. Il giorno successivo, il 23 maggio, Mocenigo presentò all'Inquisizione una denuncia scritta, accusando Bruno di blasfemia, di disprezzare le religioni, di non credere nella Trinità divina e nella Transustanziazione; di credere nell'eternità dell'anima, del mondo e nell'esistenza di mondi infiniti, di praticare arti magiche, di credere nella reincarnazione, di negare la verginità di Maria e le punizioni divine. Quel giorno stesso, la sera del 23 maggio del 1592, Giordano Bruno fu arrestato e tratto nelle carceri dell'Inquisizione di Venezia, in san Domenico a Castello.

Il processo e la condanna




Naturalmente Bruno sa che la sua vita è in gioco e si difende abilmente dalle accuse dell'Inquisizione veneziana: nega quanto può, tace e mente anche su alcuni punti delicati della sua dottrina, confidando che gli inquisitori non possano essere a conoscenza di tutto quanto egli abbia fatto e scritto e giustifica le differenze fra le concezioni da lui stesso espresse e i dogmi cattolici con il fatto che un filosofo, ragionando secondo "il lume naturale", può giungere a conclusioni discordanti con le materie di fede, senza dover per questo essere considerato un eretico. Ad ogni buon conto, dopo aver chiesto perdono per gli "errori" commessi, si dichiara disposto a ritrattare quanto si trovi in contrasto con la dottrina della Chiesa.

L'Inquisizione romana chiede però la sua estradizione, che viene concessa, dopo qualche esitazione, dal Senato veneziano. Il 27 febbraio 1593 Bruno è rinchiuso nelle carceri romane del Palazzo del Sant'Uffizio. Nuovi testi, per quanto poco affidabili, essendo tutti imputati di vari reati dalla stessa Inquisizione, confermano le accuse e ne aggiungono di nuove.
Giordano Bruno fu forse torturato alla fine di marzo 1597, secondo la decisione della Congregazione presa il 24 marzo, stando all'ipotesi avanzata da Luigi Firpo e Michele Ciliberto, una circostanza negata invece dallo storico Andrea Del Col. Giordano Bruno non rinnegò i fondamenti della sua filosofia:

ribadì l'infinità dell'universo, la molteplicità dei mondi, il moto della Terra e la non generazione delle sostanze - "queste non possono essere altro che quel che sono state, né saranno altro che quel che sono, né alla loro grandezza o sostanza s'aggionge mai, o mancarà ponto alcuno, e solamente accade separatione e congiuntione, o compositione, o divisione, o translatione da questo luogo a quell'altro". 
A questo proposito spiega che "il modo e la causa del moto della Terra e della immobilità del firmamento sono da me prodotte con le sue raggioni et autorità e non pregiudicano all'autorità della divina scrittura". All'obiezione dell'inquisitore, che gli contesta che nella Bibbia è scritto che la "Terra stat in aeternum" e il Sole nasce e tramonta, risponde che vediamo il Sole "nascere e tramontare perché la Terra se gira circa il proprio centro"; alla contestazione che la sua posizione contrasta con "l'autorità dei Santi Padri", risponde che quelli "sono meno de' filosofi prattichi e meno attenti alle cose della natura".

Il filosofo sostiene che la Terra è dotata di un'anima, che le stelle hanno natura angelica, che l'anima non è forma del corpo e, come unica concessione, è disposto ad ammettere l'immortalità dell'anima umana.
Il 12 gennaio 1599 è invitato ad abiurare otto proposizioni eretiche, nelle quali si comprendevano la sua negazione della creazione divina, dell'immortalità dell'anima, la sua concezione dell'infinità dell'universo e del movimento della Terra, dotata anche di anima, e di concepire gli astri come angeli. La sua disponibilità ad abiurare, a condizione che le proposizioni siano riconosciute eretiche non da sempre, ma solo ex nunc, è respinta dalla Congregazione dei cardinali inquisitori, tra i quali il Bellarmino. Una successiva applicazione della tortura, proposta dai consultori della Congregazione il 9 settembre 1599, fu invece respinta da papa Clemente VIII.
Nell'interrogatorio del 10 settembre Bruno si dice ancora pronto all'abiura, ma il 16 cambia idea e infine, dopo che il Tribunale ha ricevuto una denuncia anonima che accusa Bruno di aver avuto fama di ateo in Inghilterra e di aver scritto il suo Spaccio della bestia trionfante direttamente contro il papa, il 21 dicembre rifiuta recisamente ogni abiura, non avendo, dichiara, nulla di cui doversi pentire.





L'8 febbraio 1600, al cospetto dei cardinali inquisitori e dei consultori Benedetto Mandina, Francesco Petrasanta e Pietro Millini, è costretto ad ascoltare in ginocchio la sentenza che lo scaccia dal foro ecclesiastico e lo consegna al braccio secolare; terminata la lettura della sentenza, secondo la testimonianza di Caspar Schoppe, il Bruno si alza e ai giudici indirizza la storica frase: "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam" ("Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla"). Dopo aver rifiutato i conforti religiosi e il crocefisso, il 17 febbraio, con la lingua in giova - serrata da una mordacchia, perché non possa parlare - viene condotto in piazza Campo de' Fiori, denudato, legato a un palo e arso vivo. Le sue ceneri saranno gettate nel Tevere.

fonte: wikipedia






LA FINE 
E' SOLO L'INIZIO...

Grazie, 
Filippo (Giordano) Bruno!

domenica 21 febbraio 2021

A GIORDANO BRUNO, FIGLIO PREDILETTO DELL' AMORE!


A Giordano Bruno

Figlio prediletto dell'Amore!





Quanto mai attuali 
le parole di questo nostro fratello,
Anima eccelsa,
Giordano Filippo Bruno,
in risposta al discepolo amato 
e lui, il discepolo,
all'amato suo Maestro
cui andò in visita,
per l'ultima visita in questo mondo,
nelle segrete di Castel Sant'Angelo
in Roma,
ove era imprigionato
prima della tremenda
sua esecuzione capitale.
 
Quanto aveva visto 
l'occhio della Sua anima!

Parlava dell'Eterno,
parlava del Divino disegno
 che intesse la sua trama
nel lasso di tempo necessario
a che tutti i Suoi Figli
da Lui discesi,
possano a Lui tornare più ricchi
ed evoluti nello Spirito, 
Sostanza della forma
di cui sono rivestiti.
Grazie Anima eccelsa e consapevole
che ci hai preceduti
nel cammino della Conoscenza Celeste!

Molti ancora, molti di noi,
ricordando l'anelito
al sacro servizio dell'Amore,
sono scesi di nuovo
nella densa materia
per dire ai fratelli e alle sorelle
di tutti i tempi
che tutto dipende da noi,
che il dolore 
è solo frutto dell'ignoranza
e della paura
e che la morte non esiste!

Ancora, Esseri Cosmici
vegliano su di noi
e inviano sulla Terra
semi di risveglio
attraverso nobili cuori
e anime luminose!

Grazie, Giordano Filippo,
perché ci hai ricordato
di volgere lo sguardo dentro di noi,
ove tutte le risposte
sono dall'inizio custodite,
ricordando le parole 
del Maestro dei maestri
che diceva:
"il Regno di Dio è già dentro di voi".

Grazie, amico, fratello, 
maestro cosmico,
inviatoci dalle stelle
e alle stelle ritornato.
Grazie!



 

FILIPPO (GIORDANO) BRUNO, VIANDANTE DEL CIELO (seconda parte)


FILIPPO (GIORDANO) BRUNO


VIANDANTE DEL CIELO

[...] qui un monaco, "profeta, gran teologo e poliglotta", sospettato di stregoneria per essersi messo a profetizzare, viene da lui guarito, ritornando ad essere - scrive ironicamente Bruno - "il solito asino".

In Savoia e a Ginevra

Da Bergamo, nell'estate del 1578, decide di andare in Francia; passa per Milano e Torino ed entra in Savoia passando l'inverno nel convento domenicano di Chambéry.
Successivamente, sempre nel 1578, è a Ginevra, città dov'è presente una numerosa colonia di italiani riformati. Bruno depone nuovamente il saio e si veste di cappa, cappello e spada, aderisce al calvinismo e trova lavoro come correttore di bozze, grazie all'interessamento del marchese napoletano Galeazzo Caracciolo il quale, transfuga dall'Italia, nel 1552 vi aveva fondato la comunità evangelica italiana.
Il 20 maggio 1579 s'iscrive all'Università come "Filippo Bruno nolano, professore di teologia sacra". In agosto accusa il professore di filosofia Antoine de la Faye di essere un cattivo insegnante e definisce "pedagoghi" i pastori calvinisti. E' probabile che Bruno volesse farsi notare, dimostrare l'eccellenza della sua preparazione filosofica e delle sue capacità didattiche per ottenere un incarico d'insegnante, costante ambizione di tutta la sua vita. Anche la sua adesione al calvinismo era mirata a questo scopo; Bruno fu in realtà indifferente a tutte le confessioni religiose; nella misura in cui l'adesione a una religione storica non pregiudicasse le sue convinzioni filosofiche e la libertà di professarle, egli sarebbe stato cattolico in Italia, calvinista in Svizzera, anglicano in Inghilterra e luterano in Germania.

In Francia

Arrestato per diffamazione, viene processato e scomunicato. Il 27 agosto del 1579 è costretto a ritrattare; lascia allora Ginevra e si trasferisce brevemente a Lione per passare a Tolosa, città cattolica, sede di un'importante Università, dove per quassi due anni occupò il posto di lettore, insegnandovi il De anima di Aristotele e componendo un trattato di arte della memoria, rimasto inedito e andato perduto, la Clavis magna, che si rifarebbe all'Ars magna del Lullo. A Tolosa conobbe il filosofo scettico portoghese Francisco Sanches, che volle deidicargli il suo libro Quod nihil scitur, chiamandolo "filosofo acutissimo"; ma Bruno non ricambiò la stima, se scrisse di lui di considerare "stupefacente che questo asiuno si dia il titolo di dottore":

Nel 1581, a causa della guerra di religione fra cattolici e ugonotti, Bruno lascia Tolosa per Parigi, dove tiene un corso di lezioni sugli attributi di Dio secondo san Tommaso d'Aquino. E in seguito al successo di queste lezioni, come egli stesso racconta agli inquisitori, 
"Acquistai nome tale che il re Enrico III mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che havevo e che professava, era naturale o pur per arte magica; al qual diedi sodisfazione; e con quello che li dissi e feci provare a lui medesimo, conobbe che non era per arte magica, ma per scienzia. E doppo questo feci stampar un libro de memoria, sotto titolo De umbris idearum, il qual dedicai a Sua Maestà; e con questa occasione mi feci lettor straordinario e provvisionato". 
Appoggiando fattivamente l'operato politico di Enrico III di Valois, a Parigi Giordano Bruno sarebbe rimasto poco meno di due anni, occupato nella prestigiosa posizione di lecteur royal
E' a Parigi che Bruno dà alle stampe le sue prime opere pervenuteci. Oltre al De compendiosa architectura et completamento artis Lullii, vedono la luce il De umbris idearum (Le ombre delle idee) e l'Ars memoriae (L'arte della memoria), in un unico testo, seguiti dal Cantus Circaeus (Il canto di Circe) e dalla commedia in volgare intitolata Candelaio.
A questo periodo risalgono i contatti di Bruno col re Enrico III che ascoltando le sue letture lo mandò a chiamare per comprendere se la sua arte della memoria fosse frutto di magia o meno; egli rispose che non era un'arte magica, in quanto aveva rivelato tutto nel libro De umbris idearum.

In Inghilterra

Nell'aprile 1583 Giordano Bruno lascia Parigi e parte per l'Inghilterra dove, a Londra, è ospitato dall'ambasciatore di Francia Michel de Castelnau. Nelle deposizioni lasciate agli inquisitori veneti egli sorvola sulle motivazioni di questa partenza, riferendosi genericamente ai disordini là in corso per questioni religiose. Sulla partenza restano però aperte altre ipotesi: che Bruno fosse partito in missione segreta per conto di Enrico III, che il clima a Parigi si fosse fatto pericoloso a causa dei suoi insegnamenti. Bisogna aggiungere anche il fatto che davanti agli inquisitori veneziani, qualche anno più avanti, Bruno esprimerà parole di apprezzamento per la regina d'Inghilterra Elisabetta, che egli aveva conosciuto andando spesso a corte con l'ambasciatore.
Nel mese di giugno Bruno è a Oxford e nella chiesa di St. Mary sostenne con uno di quei professori una disputa pubblica. Tornato da Londra, vi pubblicò, in un unico testo, l'Ars reminiscendi, l'Explicatio triginta sigillorum e il Sigillus sigillorum, nel quale testo inserì una lettera indirizzata al vice cancelliere dell'Università di Oxford, scrivendo che là "troveranno dispostissimo e prontissimo un uomo col quale saggiare la misure delle proprie forze". E' una richiesta di poter insegnare nella prestigiosa Università. La proposta viene accolta; nell'estate del 1583 Bruno parte per Oxford.

Il ritorno a Londra

A Oxford Giordano Bruno tiene alcune lezioni sulle teorie copernicane, ma il suo soggiorno presso quella città dura ben poco. Dagli studi di Frances Yates si apprende che a Oxford non gradirono quelle novità, come testimoniò venti anni dopo, nel 1604, l'arcivescovo di Canterbury George Abbot, che fu presente alle lezioni di Bruno.
Le lezioni furono quindi interrotte, ufficialmente per un'accusa di plagio al De vita coelitus comparanda di Marsilio Ficino. Sono anni questi difficili e amari per il filosofo, come traspare dal tono delle introduzioni alle opere immediatamente successive, i dialoghi londinesi: le polemiche accese e i rifiuti sono vissuti da Bruno come una persecuzione, "ingiusti oltraggi" e certo la "fama" che già lo aveva preceduto da Parigi non lo aiutava.

Ritornato a Londra, nonostante il clima avverso, in poco meno di due anni, fra il 15843 e il 1585, Bruno pubblica presso John Charlewood sei opere fra le più importanti della sua produzione: sei opere filosofiche in forma dialogica, i cosiddetti "dialoghi londinesi", o anche "dialoghi italiani", perché tutti in lingua italiana: La cena de le ceneri, De la causa, principio et uno, De l'infinito, universo et mundi, Spaccio de la bestia trionfante, Cabala del cavallo pegaseo con l'aggiunta dell'Asino cillenico, De li eroici furori.

sabato 20 febbraio 2021

FILIPPO (GIORDANO) BRUNO,VIANDANTE DEL CIELO (prima parte)


Oggi, 17 febbraio 2019, anniversario della dipartita da questo mondo di Giordano Bruno, mi piace dedicare la narrazione della sua vita (che racconteremo in vari capitoli successivi a questo) a tutti i cercatori, a tutti i "Viandanti del Cielo" sulla Terra, perché la loro ricerca possa trarre spunto ed esempio da quella del grande amico e filosofo, condannato al rogo dalla chiesa cattolica romana la quale, pur avendo fatto abiura degli innumerevoli roghi e chiesto perdono per la condanna a morte di milioni di innocenti, non ha mai chiesto scusa né ha mai ritrattato la condanna a morte di Giordano Bruno per eresia, mentre lo consegnava al braccio secolare per essere torturato e condannato alla morte sul rogo in quel fatidico dì del 17 febbraio 1600 a Campo dei Fiori in Roma, forse l'unica piazza dell'Urbe in cui, paradossalmente, non vi campeggi una chiesa!
Onore dunque a tutti i Giusti, onore al coraggio della Verità, onore al cuore dei Perfetti, onore a Giordano Bruno!

Dinaweh 

FILIPPO (GIORDANO) BRUNO


VIANDANTE DEL CIELO

"L'autore, si voi lo conoscete, direste ch'ave una fisionomia smarrita: par che sii in contemplazione delle pene dell'inferno, par sii stato alla pressa come le barrette: un che ride sol per far come fan gli altri: per il più lo vedrete fastidito e bizzarro,  non si contenta di nulla, ritroso come un vecchio d'ottant'anni, fantastico come un cane c'ha ricevute mille spellicciate, pasciuto di cipolla".
Giordano Bruno

Questa la descrizione che il Bruno fa di se stesso all'interno della sua opera Il Candelaio, commedia che vuole essere una feroce condanna della stupidità, dell'avarizia e della pedanteria.

Filippo Bruno era nato nel gennaio del 1548 a Nola, cittadina del regno di Napoli. Fu battezzato col nome di Filippo, in onore dell'erede al trono di Spagna Filippo II. Imparò a leggere e a scrivere da un prete nolano, Giandomenico de Iannello. A quattordici anni parte per studiare nella capitale del regno e nel 1565 entra nel convento di San Domenico Maggiore a Napoli, dove prende il nome di Giordano in onore del beato Giordano di Sassonia, successore di san Domenico, o forse del frate Giordano Crispo, suo insegnante di metafisica, acquisendo successivamente il titolo di dottore in teologia nel 1575. Fin da questi anni si distingue per la sua grande libertà di spirito: è richiamato per aver staccato dalla parete della sua cella i ritratti dei santi; viene sorpreso a leggere Erasmo da Rotterdamautore messo all'indice. 
Sembra che intorno al 1569 sia andato a Roma e sia stato presentato a papa Pio V e al cardinale Scipione Rebiba, al quale avrebbe insegnato qualche elemento dell'arte mnemonica che tanta parte avrà nella sua speculazione filosofica. 
Fu ordinato presbitero nel 1573, celebrando la sua prima messa nel convento di san Bartolomeo presso Salerno.
Nel 1576 la sua indipendenza di pensiero e la sua insofferenza verso l'osservanza dei dogmi si manifestò inequivocabilmente. Bruno, discutendo di arianesimo con un frate domenicano, Agostino da Montalcino, ospite nel convento, sostenne che le opinioni di Ario erano meno perniciose di quel che si riteneva, dichiarando che: 
"Ario diceva che il Verbo non era Creatore né creatura, ma medio intra il Creatore e la creatura, come il Verbo è mezzo intra il dicente ed il detto e però essere detto primogenito avanti tutte le creature, non dal quale ma per il quale è stato creato ogni cosa, non al quale ma per il quale si refferisce e ritorna ogni cosa all'ultimo fine, che è il Padre, essagerandomi sopra questo. Per il che fui tolto in suspetto e processato, tra le altre cose, forsi de questo ancora".       
Così riferì nel 1592 all'inquisitore veneziano dei suoi dubbi sulla Trinità, ammettendo di aver "dubitato circa il nome di persona del Figliolo e del Spirito Santo, non intendendo queste due persone distinte dal Padre", ma considerando, neoplatonicamente, il Figlio l'intelletto e lo Spirito, pitagoricamente, l'Amore del Padre o l'Anima del mondo, non dunque Persone o Sostanze distinte, ma manifestazioni divine.

La fuga da Napoli

Denunciato da frate Agostino al padre provinciale Domenico Vita, costui istituì contro di lui un processo per eresia e, come racconterà Bruno stesso agli inquisitori veneti: "dubitando di non esser messo in preggione, me partii da Napoli ed andai a Roma". Bruno raggiunse Roma nel 1576, ospite del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, il cui procuratore Sisto Fabri da Lucca, diverrà pochi anni dopo Generale dell'Ordine e nel 1581 censurò i saggi di Montaigne. Sono anni di gravi disordini: a Roma sembra non farsi altro, scriveva il cronista marchigiano Guido Gualtieri, che 
"rubare e ammazzare: molti gittati in Tevere, né di popolo solamente, ma i monsignori, i figli di magnati, messi al tormento del fuoco e nipoti di cardinali erano levati dal mondo" 
e ne incolpava il vecchio e debole papa Gregorio XIII. Anche Bruno è accusato di aver ammazzato e gettato nel fiume un frate: scrive il bibliotecario Guillaume Cotin il 7 dicembre 1585, che Bruno fuggì da Roma per 
"un omicidio commesso da un suo frère per il quale egli è incolpato e in pericolo di vita, sia per le calunnie dei suoi inquisitori che, ignoranti come sono, non concepiscono la sua filosofia e lo accusano di eresia".
Oltre all'accusa di omicidio, Bruno ebbe infatti notizia che nel convento napoletano erano stati trovati tra i suoi libri opere di san Giovanni Crisostomo e di san Gerolamo annotate da Erasmo e che si stava istruendo contro di lui un processo per eresia.
Così, nello stesso anno 1576, Giordano Bruno abbandona l'abito domenicano, riassume il nome di Filippo, lascia Roma e fugge in Liguria. Nell'aprile 1576 Bruno è a Genova e scrive che allora, nella chiesa di Santa Maria di Castello, si adorava come reliquia e si faceva baciare ai fedeli la coda dell'asina che portò Gesù a Gerusalemme. Da qui, va poi a Noli, dove per quattro o cinque mesi insegna grammatica ai bambini e cosmografia agli adulti. Nel 1577 è a Savona, poi a Torino, che giudica "deliciosa città" ma, non trovandovi impiego, per via fluviale di inidirizza a Venezia, dove alloggia in una locanda nella contrada di Frezzeria, facendovi stampare il suo primo scritto, andato perduto De segni de' tempi, "per metter insieme un pocco de danari per potermi sustentar; la qual opera feci veder prima al reverendo padre maestro Remigio de Fiorenza", domenicano del convento dei santi Giovanni e Paolo. Ma a Venezia era in corso un'epidemia di peste che aveva fatto decine di migliaia di vittime, anche illustri come Tiziano, così Bruno va a Padova dove, dietro consiglio di alcuni domenicani, riprende il saio, quindi se ne va a Brescia, dove si ferma nel convento domenicano.

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