lunedì 30 novembre 2020

MESSAGGIO URGENTE ALLA POPOLAZIONE ITALIANA


messaggio urgente


alla popolazione italiana 


Il dottor Francesco Oliviero ci ricorda tutte le fasi successive alla dichiarazione dello stato di emergenza seguite alla dichiarazione da parte delle autorità della presunta pandemia e a quanto lui stesso aveva già allora dichiarato riguardo al virus; in tal caso si era espresso ricordando che il virus, essendo una molecola informazionale (come un software) era qualcosa di ubiquitario, che era quindi già dentro di noi e di quanto fosse assurdo cercare nel virus un capro espiatorio per poter dichiarare guerra al mondo per una presunta pandemia globale: una pandemia infatti - ci ricorda il dottor Oliviero - per essere tale dev'essere ubiquitaria e interessare tutto il mondo, facendo milioni di morti, possibilmente! La cosa non spiegava, tra l'altro, come quel virus abbia potuto avere delle preferenze: invece di avere in simpatia i Siciliani o i Calabresi, avesse avuto antipatia per i Bresciani, i Bergamaschi e in parte anche per i Milanesi! Forse che in queste zone sia successo qualcosa che non è successo nel resto d'Italia? Interessante farsi due domande e provare a darsi due risposte. Anche da questo punto di vista sarà interessante che il lettore ascolti direttamente dalle parole del medico pneumologo e anche psichiatra, le correlazioni con i vaccini anti-influenzali, con il famigerato vaccino quantum-dot tattoo di Bill Gates, l'inquinamento ambientale e gli impianti di nuova generazione per il 5G. 
All'inizio della pantomima, sapientemente orchestrata dai distruttori del genere umano, "tutti credevano - ci ricorda sempre il nostro relatore - alla favoletta del 'Mercato del pesce' di Wuhan". La cosa oggi ci fa persino sorridere, per come la racconta il dottor Oliviero, perché la narrazione del mainstream di quei primi giorni - ci ricorda Oliviero - assomigliava tanto alla canzone di Angelo Branduardi "Alla fiera dell'est". In che senso? - vi chiederete.
Perché ci veniva raccontato che "il Cinese al mercato del pesce aveva mangiato un pipistrello, che era venuto a contatto con un "pangolino" (che è un formichiere!) e che il contatto tra questi due animali aveva creato uno spill-over, evento che per poter accadere sono necessari 80/100 anni, mentre era avvenuto magicamente in pochi minuti, dopodiché il Cinese che ha mangiato il pipistrello al mercato del pesce (la canzone di Branduardi, appunto) prende un aereo e arriva in Germania, perché il paziente "0" era stato individuato in Germania e questo paziente "0" poi si reca in Italia e non si sa bene se il paziente "1" italiano sia stato  un Bergamasco o un Parmense. A quel punto l'epidemia si diffonde".

Al sentire quella narrazione il nostro medico - che è anche psichiatra - ha pensato che se le persone avessero creduto a quella fandonia cosmica, avrebbe voluto dire che l'Italia era perduta. E infatti, hanno creduto tutti al virus venuto dal mercato del pesce cinese di Wuhan, complice il pipistrello!¹        

Tornando al buonsenso della ragione la prima cosa dichiarata dal dottor Oliviero è stata quella di aver avuto sin da subito seri dubbi sulla pandemia², sull'inutilità e persino sulla pericolosità dell'uso prolungato delle mascherine chirurgiche³, sulla dannosità e sulla tossicità delle continue abluzioni di amuchina suffragate a tamburo battente dal mainstream e soprattutto si è sempre espresso contro qualsiasi tipo di "coprifuoco" (lockdown), "poiché in questi casi è fondamentale stabilire e permettere quella che viene definita 'l'immunità collettiva', cioè la libera diffusione tra i soggetti sani, proteggendo le categorie a rischio come gli anziani, soprattutto quelli che avevano fatto il vaccino anti influenzale". [Leggere la nota a piè di pagina è fondamentale qui per comprendere bene questo passaggio].
Quindi, tutti i morti o erano tutti vaccinati col vaccino anti-influenzale, oppure erano venuti a contatto con persone che erano state vaccinate col vaccino anti-influenzale. Essendo infatti dei virus particolari questi a RNA, succede che dopo la vaccinazione, questi virus vengono emessi fino a 12 settimane, quando l'emissione massima di questi virus  in circostanze naturali è di circa 4/6 settimane. Va da sé che anche chi non è stato vaccinato, ma è venuto a contatto con soggetti vaccinati, può entrare in contatto con il virus influenzale e, se viene a contatto con un virus che ha un'omologia di sequenza come il coronavirus, sviluppa questa patologia gravissima, Naturalmente, i veri soggetti a rischio sono coloro che hanno un sistema immunitario già compromesso con pluri-patologie in corso.

Se si vuole fare della vera prevenzione dunque, suggerisce il dottor Francesco Oliviero, NON FATE IL VACCINO ANTI-INFLUENZALE  e cercate di non venire a contatto con soggetti che se lo sono fatto!
Meno che meno, NON FATEVI INOCULARE il vaccino Anti-Covid, vero business criminale, che sarà la vera causa (per i disgraziati che se lo faranno iniettare, vittime della psicosi e della paura)  di centinaia o migliaia di morti.  Non si tratta di fare del terrorismo, ma di dire la verità. Il vero terrorismo lo fanno i media. Chiedetevi perché vogliono terrorizzarci: fatevi delle domande e datevi delle risposte! Non cadete nella spirale inutile e controproducente della paura. Non separatevi, unitevi! Non siate tristi, ma gioiosi e realisti!
 
Leggetevi l'e-book della dottoressa Loretta Bolgan che ho postato qui sotto nelle note a piè di pagina, se avete ancora dei dubbi. Fate lo sforzo di conoscere e di cercare le risposte con la vostra testa. Non fidatevi di quello che vi raccontano. Il mio scopo non è nemmeno che crediate a quello che scrivo o che riporto qui, ma che possiate usufruire di strumenti di elaborazione critica e possiate usare il vostro discernimento, mettere in moto il vostro cervello, la vostra intuizione e "sentire" col vostro cuore!   

Vi lascio dunque all'ascolto del video perché possiate seguire fino in fondo l'interessantissima ed esauriente relazione del dottor Oliviero, confidando (come ho scritto in nota a piè di pagina) che nel caso il video venisse censurato, avrò la possibilità di trascriverla per intero su queste pagine, onde possiate ricevere un'informazione veritiera e disinteressata quale non potrete mai trovare sui canali della disinformazione di massa del mainstream ufficiale. 
Buon ascolto.

Dinaweh     








Note:
 

¹ Vengono un po' in mente gli anni non lontani quando, per screditare la ricerca indipendente del microbiologo professor Giorgio Pattera che indagava sulla natura dei filamenti di ricaduta da irrorazione chimica (le famose chemtrails), si sentiva rispondere dalla pseudo-scienza che quei filamenti altro non erano che filamenti di ragnatela tessuti da ragni volanti!!! Naturalmente tale bizzarra tesi fu semplicemente smentita dall'analisi chimica e dall'osservazione al microscopio degli stessi. Il lettore potrà verificare dal link in nota.

² Ricordo agli scettici che la stessa OMS ha dichiarato che non è mai stata in corso alcuna pandemia, semmai invece ha parlato di "rischio pandemico", mentre ha recentemente sconsigliato l'obbligo delle mascherine in luoghi aperti, considerando questa norma inutile e dannosa alla salute.

³ Le mascherine provocano il cancro ai polmoni; contengono PTFE, Teflon, insieme ad altri prodotti chimici tossici per la salute umana. Vengono "sterilizzate" con ossido di etilene, un noto cancerogeno. Molti insegnanti in vari consigli scolastici hanno riscontrato sintomi significativi come risultato diretto degli effetti di questa sostanza chimica. Respirare il Teflon per lunghi periodi (le mascherine non sono fatte per usarle delle ore consecutive) può portare il cancro ai polmoni. L'OSHA, la principale agenzia statunitense per la salute e la sicurezza sul lavoro, dichiara la pericolosità nell'indossare per periodi prolungati le mascherine perché respirare i propri scarti virali e la mancanza di scambio di ossigeno prolungata non potrà che portare soprattutto ai bambini, danni irreversibili al cervello. A chi obiettasse che chirurghi e infermieri portano l e mascherine tutto il giorno gli si potrebbe a ragione obiettare che non lo fanno e che sono addestrati all'uso corretto delle medesime, indossandole soltanto in sala operatoria, smaltendole non appena lasciano la sala e, dulcis in fundo, beneficiando proprio nelle sale operatorie di ossigeno extra, per compensare la riduzione del flusso di ossigeno dovuto all'uso della mascherina.

 Sembra [notizia da verificare riportando la fonte] che il governo italiano abbia ottenuto da Bruxelles qualcosa come 50 milioni di euro da distribuire a tutte le televisioni pubbliche e private, radio e testate giornalistiche (web e cartaceo), allo scopo di terrorizzare il popolo italiano con una fitta campagna di disinformazione di massa e di pubblicità sulle false e gonfiate percentuali di contagio [ma contagio di che?] e sulle presunte morti causate dal virus, per convincere gli ignari e i creduloni a vaccinarsi in massa. Motivo? Le stesse ragioni che dalle pagine di questo blog abbiamo già avuto modo di spiegare in lungo e in largo nei mesi e negli anni precedenti. Andate a sfogliare un po' indietro e troverete cose molto interessanti al riguardo.

⁵ Chi nel Bergamasco e nel Bresciano aveva ingenuamente ceduto alla massiva campagna di vaccinazione di massa e si era sottoposto l'anno scorso o i primi mesi di quest'anno all'inoculazione del vaccino anti-influenzale, per un fenomeno che si chiama "interferenza virale", aveva il 36% di probabilità in più di ammalarsi di patologia da coronavirus e, grazie anche agli studi della dottoressa Loretta Bolgan, biologa clinica, si è visto che quello che è successo in quelle zone corrisponde ad una problematica immunologica che si chiama ADE, acronimo che in italiano sta per "potenziamento dipendente dall'anticorpo": nel momento in cui un soggetto viene sottoposto ad una vaccinazione anti-influenzale con i comuni virus influenzali che si presume possano essere responsabili della prossima epidemia, ha sviluppato degli anti-corpi non neutralizzanti, perché sono degli anticorpi collegati a dei virus RNA che dà un'immunogenicità blanda, assolutamente scarsa. Rimanendo in circolo e venendo a contatto con questo nuovo virus, geneticamente modificato (secondo quanto afferma Luc Montagnier nel laboratorio di Wuhan con retro-virus: lui dice di HIV) e comunque molto più contagioso perché manipolato e non esistente in natura, questi anti-corpi non neutralizzanti hanno sviluppato - per un fenomeno che si chiama "omologia di sequenza" - il fenomeno dell'interferenza virale degli immunocomplessi che hanno scatenato la reazione a catena delle citochine, che poi ha portato alla coagulazione intravascolare disseminata. Tutti i morti sono morti di coagulazione intravascolare disseminata, cioè di trombo-embolia polmonare: che vuol dire che non arrivava più sangue ai polmoni. La causa era proprio questo ADE, per cui era come se il sistema immunitario impazzisse, proprio perché veniva a contatto attraverso questa omologia di sequenza con questo nuovo virus, avendo degli anti-corpi non neutralizzanti dai vaccini anti-influenzali. Il resto ascoltatelo nella relazione.



Fonti:

la verità sui filamenti di ricaduta: 



dottoressa Loretta Bolgan:

uso delle mascherine:

dichiarazione di Great Barrington:
 




sabato 28 novembre 2020

PERLE SPIRITUALI di PARAHAMANSA YOGANANDA

 

P e r l e    S p i r i t u a l i 


di
PARAMAHANSA YOGANANDA

Ci sono delle letture che lasciano il segno e che, a diverse riprese suscitano nuove impressioni nella vita, suggestioni e immagini che rimangono inscritte nella mente; quando, con lo scorrere degli anni, degli incontri e delle esperienze il mondo delle idee apprese dalla lettura di vite straordinarie, lascia spazio al confronto con quanto sperimentato personalmente, allora cuore e mente insieme elaborano quel processo alchemico ad un livello di conoscenza più profondo, accompagnato dalla faticosa salita necessaria a raggiungere le vette più elevate della coscienza.
Ho pensato di fare dono agli amici del blog, senza tema di far cosa poco gradita all'autore del testo in questione, l'amato Paramahansa Yogananda, né all'organizzazione che ne supporta la pubblicazione e la diffusione del pensiero e dell''opera spirituale, pubblicando qualche stralcio tematico dall' "Autobiografia di uno Yogi".
Cominceremo con la trascrizione di alcune parti di uno dei capitoli (il capitolo 16) riguardante il ruolo e il significato degli astri e del loro condizionamento sulla vita degli esseri umani secondo la tradizione indù, che Yogananda riporta a mo' di conversazione col suo Maestro spirituale, Sri Yukteswar. 
Lo faremo eliminando dalla trascrizione le note a piè di pagina, molto interessanti ai fini della comprensione più completa del testo, lasciando al lettore la curiosità di acquistare il libro e di leggerlo per intero, se non l'avesse ancora fatto, dal momento che la sua pubblicazione è tuttora in corso ed è facilmente reperibile.
Buona lettura.

Dinaweh


Come sconfiggere gli astri



"Mukunda, perché non ti procuri un bracciale astrologico?"
"Pensate che dovrei, maestro? Io non credo nell'astrologia". 
"Non si tratta di credere, l'atteggiamento scientifico che si dovrebbe assumere nei confronti di ogni questione è quello di appurarne la verità. La legge della gravitazione ha agito ugualmente sia prima di Newton, sia dopo di lui. Il cosmo sarebbe alquanto caotico se le sue leggi non potessero operare senza il benestare dell'uomo.
"Oggi i ciarlatani hanno messo in cattiva luce l'antica scienza astrologica. L'astrologia è troppo vasta, sia dal punto di vista matematico, sia da quello filosofico, perché la si possa interpretare correttamente, fatta eccezione per coloro che sono dotati di una profonda capacità di comprensione. Che gli ignoranti non sappiano interpretare il libro dei cieli e vi scorgano solo scarabocchi anziché parole decifrabili, c'è da aspettarselo in questo mondo imperfetto. Insieme con i cosiddetti 'saggi' non bisogna rifiutare anche la saggezza.
"Tutte le cose che fanno parte del creato sono collegate fra loro e si influenzano a vicenda. Il ritmo equilibrato dell'universo si basa sulla reciprocità", proseguì il mio guru. "L'uomo, nel suo aspetto mortale, deve contrastare due tipi di forze; da una parte, i turbamenti interiori, provocati dalla mescolanza dei cinque elementi: terra, acqua, fuoco, aria ed etere; dall'altra, le forze esterne distruttive della natura. Finché si trova a combattere con la propria natura mortale, l'uomo subisce l'influsso degli innumerevoli mutamenti del cielo e della terra.
"L'astrologia studia le reazioni dell'uomo agli influssi degli astri. Le stelle non sono intenzionalmente ostili o benevole, ma emettono semplicemente radiazioni positive o negative. Queste ultime non costituiscono di per sé un beneficio o un danno per l'umanità, ma un tramite esteriore per l'azione equilibratrice della legge di causa ed effetto, a cui ogni uomo ha dato l'avvio con le azioni compiute nel passato.
"Un bimbo nasce nel giorno e nell'ora in cui i raggi celesti si trovano in perfetta armonia matematica con il suo karma personale. Il suo oroscopo è uno stimolante ritratto, che rivela il passato ormai immutabile di questo individuo e le probabili conseguenze future di tale passato. Ma ciò che è scritto alla nascita può essere interpretato correttamente solo da persone dotate della saggezza dell'intuizione; e ne esistono poche.
"Il messaggio spavaldamente proclamato nei cieli al momento della nascita non ha lo scopo di esaltare il ruolo del fato, ovvero delle conseguenze delle azioni buone o cattive compiute nel passato; serve piuttosto a risvegliare nell'essere umano la determinazione di evadere dalla prigione cosmica. Ciò che l'uomo ha fatto può essere dall'uomo disfatto. Nessuno all'infuori di lui ha scatenato le cause di quegli effetti che predominano oggi nella sua vita. L'uomo può superare ogni limitazione, in primo luogo perché l'ha creata lui stesso con le proprie azioni, e poi perché possiede risorse spirituali che non subiscono le influenze degli astri.
"Un superstizioso timore reverenziale nei confronti dell'astrologia rende gli uomini simili ad automi che, come schiavi, si fanno guidare da meccanismi esterni alla loro volontà. Il saggio sconfigge gli astri - vale a dire il suo passato - offrendo la sua lealtà al Creatore, anziché alla creazione. Più si renderà conto di essere una cosa sola con lo Spirito, meno si lascerà dominare dalla materia. L'anima è eternamente libera; è immortale, perché nn ha nascita. Non può essere governata dalle stelle.
"L'uomo è un'anima e ha un corpo. Quando riconosce in che cosa consiste la sua vera identità, si lascia alle spalle ogni forma di coercizione. Finché resterà smarrito nel suo stato abituale di amnesia spirituale, dovrà subire le insidiose catene dei condizionamenti ambientali.
"Dio è armonia; il devoto che è in sintonia con Lui non compirà mai un'azione sbagliata. Le sue attività saranno svolte nel modo più giusto e si accorderanno naturalmente con le leggi astrologiche. Dopo aver pregato e meditato profondamente, egli potrà entrare in contatto con la propria coscienza divina; non esiste un potere più grande di questa protezione interiore".
"Allora perché, caro maestro, volete che io porti un bracciale astrologico?"
Azzardai questa domanda dopo un lungo silenzio, durante il quale avevo cercato di assimilare le elevate parole di Sri Yukteswar, che contenevano concettuale del tutto nuovi per me.
"Solo quando ha raggiunto la meta il viaggiatore può fare a meno delle sue mappe. Lungo il cammino, si avvale di qualsiasi scorciatoia possa essergli di aiuto. Gli antichi rishi scoprirono molti rimedi per abbreviare la durata dell'esilio umano nel mondo dell'illusione. Nella legge del karma vi sono alcuni meccanismi che possono essere abilmente regolati dalle dita della saggezza.
"Tutti i mali dell'uomo sono dovuti alla violazione delle leggi universali. Le scritture ci insegnano che l'uomo deve ottemperare alle leggi della natura, pur senza screditare l'onnipotenza divina. Dovrebbe dire: "Signore, ho fiducia in Te e so che puoi aiutarmi, ma anch'io farò del mio meglio per cancellare qualsiasi errore abbia commesso. Diversi strumenti (la preghiera, la forza di volontà, la meditazione yoga, la guida dei santi e l'uso di bracciali astrologici) sono in grado di ridurre o eliminare le conseguenze nefaste degli errori passati. 
"Proprio come una casa può essere munita di un'asta di rame per attrarre e disperdere le scariche elettriche dei fulmini, così il tempio del nostro corpo può beneficiare di varie misure di protezione.
"Le radiazioni elettriche e magnetiche si propagano incessantemente nell'universo, esercitando influssi positivi o negativi sul corpo umano. In epoche remote, i nostri rishi studiarono come combattere gli effetti nocivi delle sottili influenze cosmiche. I saggi scoprirono che i metalli puri emettono una luce astrale che constrasta fortemente l'influsso negativo dei pianeti. Anche alcuni composti vegetali hanno un effetto benefico. Ma sono efficaci soprattutto le pietre preziose perfette, non più piccole di due carati.
"L'uso preventivo dell'astrologia per fini pratici è stato ben di rado oggetto di studi rigorosi fuori dall'India. Pochi sanno che i gioielli, i metalli e i preparati vegetali non sono efficaci se non hanno il peso richiesto e se non vengono messi a diretto contatto con la pelle".

[...]

"Quanto più un uomo è divinamente realizzato, tanto più è in grado di influire sull'universo intero con le sue sottili vibrazioni spirituali, e tantomeno è influenzato dal flusso del mondo fenomenico". Queste parole illuminanti del maestro mi tornavano spesso alla mente.
Di quando in quando ho chiesto agli astrologi di indicarmi quali fossero, secondo i pianeti, i periodi più infausti della mia vita, continuando nondimeno a compiere ciò che mi ero prefisso. E' vero che in quelle circostanze riuscivo a raggiungere i miei obiettivi solo dopo aver affrontato difficoltà straordinarie, ma alla fine ho sempre trovato confermata la mia convinzione: la fede nella protezione divina e l'uso corretto della volontà, che Dio stesso ha donato all'uomo, sono forze infinitamente più efficaci di qualsiasi influenza proveniente dai cieli.
Arrivai a comprendere che al momento della nascita non è scritto nelle stelle che l'uomo debba essere una marionetta in balìa del proprio passato. Il messaggio delle stelle è piuttosto un pungolo per l'orgoglio umano; i cieli stessi cercano di risvegliare nell'uomo il fermo proposito di liberarsi da ogni limitazione. Dio ha creato ogni uomo come anima, dotata di individualità e quindi necessaria al disegno dell'universo, che vi svolga temporaneamente il ruolo fondamentale di pilastro o quello marginale di gregario. La sua libertà è assoluta e immediata, se così vuole, e non dipende dalle vittorie esteriori, ma da quelle interiori. 





Paramahansa Yogananda
, Autobiografia di uno Yogi, Astrolabio edizioni, Roma, 2016, Capitolo 16 - Come sconfiggere gli Astri, pp. 156-158; 160-161.





    


 



   



venerdì 27 novembre 2020

LA META SUPREMA


LA META SUPREMA



 Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?"
Rispose Gesù: "Tu lo dici, io sono re.
Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: 
per rendere testimonianza alla verità.
Chiunque è dalla parte della verità, ascolta la mia voce.

Giovanni




Cari amici lettori e lettrici del blog, mi viene in mente quello che una persona di mia conoscenza qualche tempo fa mi disse riguardo alle tematiche da me proposte e affrontate sul blog; ricordo che le sue parole mi lasciarono esterrefatto, dal momento che mi suggeriva di "abbassare le mie vibrazioni" per poter arrivare a tutti, altrimenti - insisteva - non sarebbe mai potuto accadere', forse perché il linguaggio da me usato, a suo dire troppo forbito, la modalità e la visione della realtà come la percepivo io, davvero poco si confaceva al suo grado di consapevolezza e quindi alla sua 'vibrazione'!
Rimasi basito ricordo e, ad un certo punto, mi venne persino da ridere, considerando che questa persona si definiva (e a suo modo lo era) un 'operatore olistico'; organizzava seminari e aveva diverse relazioni di cura con svariate persone; per un certo periodo collaborammo persino. Ero spesso vicino a lui, a sostenere il suo lavoro con la mia presenza e la disponibilità verso le persone che avevo occasione di incontrare e conoscere durante i suoi seminari. Eppure quello fu per me un segnale forte e chiaro che le nostre strade stavano per dividersi, poiché la libertà di essere ciò che siamo è il valore più alto e imprescindibile di ognuno.
Non ho mai pensato di "voler arrivare a tutti" e nemmeno credo che il ragionamento si debba porre in questi termini, che sono davvero poco realistici. Nemmeno il Maestro dei maestri riuscì "ad arrivare a tutti"! Non è proprio dato come postulato, quello di poter arrivare a tutti! Che significa mai? Il cammino che ognuno di noi fa è sempre il frutto delle sue esperienze personali e, se c'è una comprensione profonda di ciò che viviamo allora sì, c'è anche una progressione; altrimenti assistiamo, nostro malgrado, ad una ripetizione infinita degli stessi 'quadri d'autore', fino a quando non ci stufiamo e scegliamo di comprendere le lezioni e di andare oltre.

Le parole che qui ora troverete non saranno certamente le stesse, né avranno le stesse formulazioni o la stessa vibrazione sostanziale rispetto a quelle scritte all'inizio di questo viaggio nel 2013, quando iniziai a scrivere il blog! Guai se non fosse così! Credo che un diario abbia l'unico e imprescindibile valore di restituire tutte le progressioni, tutte le esperienze, tutte le epifanie che nel corso del tempo siamo stati in grado di accumulare come bagaglio invisibile ma fisso e consistente, che "né tignola o ruggine potranno mai violare"!
Ecco che oggi sento così vicine a me le parole che qui sotto riporterò, tratte dalla raccolta di scritti e dalle lezioni tenute da Swami Sri Yukteswar, maestro di Paramahansa Yogananda; scritti che potrete trovare in libreria nel volume dal titolo "La scienza sacra", per Astrolabio edizioni.

La vita infatti chiede ad un certo punto a tutti noi di scovarne il senso profondo, di accogliere in noi il significato ultimo della nostra stessa presenza qui. Se perseveriamo viceversa nel lasciar passare il tempo e trascorrere gli anni senza la bramosia di trovar risposta al senso ultimo delle cose, saremo costretti a tornare molte volte e a vestire diversi abiti e a vivere molteplici incarnazioni, fino a quando non si aprirà un varco dentro la nostra coscienza immortale, che ci porterà a cogliere e a ricercare il significato, a voler raggiungere l'obiettivo, a trovare la strada più breve per giungere alla liberazione, al vero appagamento, alla realizzazione di Dio in noi.
Poco importi se a farci fare il primo passo saranno situazioni impervie, imprevisti dolorosi, esperienze di abbandono, di tradimento, rovesci economici, sciagure finanziarie o sentimentali, perdita di persone care... Molto spesso infatti dovremmo ringraziare tali ostili impedimenti e affanni, poiché essi diventano la forza propulsiva per far sì che noi si inceda verso il cammino della liberazione. Che cosa si debba intendere per "cammino della liberazione", viene spiegato molto bene dal nostro Maestro indiano. 
Significa per lo più riconoscere la realtà illusoria di Maya, ciò che alla vista superficiale dell'uomo appare come l'unico reale esistente, coincidente con il corpo fisico e con i suoi desideri, con la realtà materiale che accende via via fuochi fatui di passioni, spinte emozionali e aspettative, senza mai soddisfarle davvero... 

Significa quindi conservare il ricordo del dolore, che si riverbera di vita in vita, bagaglio imprescindibile e insostituibile anche dopo la morte del corpo fisico, a ricordarci che esso è generato dall'ignoranza di non conoscere chi veramente siamo; quella (ignoranza) che ci porta a credere all'esistenza di ciò che non esiste; che ci fa credere che esista solo quello che si vede con gli occhi del corpo, cioè la creazione materiale, che corrisponde all'origine di tutti i mali. Essa, l'ignoranza, divide e separa, polarizza in noi sentimenti ed emozioni contrastanti, derivanti dall'esperienza del desiderio e quindi dall'appagamento o dalla frustrazione di quello, dall'incapacità di distinguere il corpo fisico dal Sé reale, che invece è eterno e incorruttibile; genera l'egoismo, poiché identifica il Sé esclusivamente con il corpo fisico e con la materia e tutto ciò diventa fonte di dolore poiché basato sull'illusione che conduce l'anima alla sofferenza. E' allora che l'anima si sveglia e sente come fine ultimo quello di trascendere l'infelicità! Nel momento in cui l'essere umano elimina in sé tutti i pensieri, i desideri e le azioni che lo hanno condotto alla sofferenza e se ne libera, allora raggiunge la meta Suprema.

Allora egli identifica se stesso con Sat-Chit-Ananda, cioè "esistenza", "coscienza" e "beatitudine", le proprietà essenziali e costitutive della vera natura dell'uomo.
Per arrivare a raggiungere la beatitudine occorre tuttavia la guida di un Maestro spirituale e l'umiltà di seguirne i sacri insegnamenti. Così facendo l'uomo realizza la sua natura e non si limita più a riflettere la luce divina, ma manifesta attivamente la sua luce spirituale in Unione allo Spirito che è in lui.
Essere Uno con il Tutto, realizzare il Cristo nella propria umanità, colmare la distanza fittizia tra la creatura e il suo Creatore, comprendere il senso reale del vero Sé, come frammento dello Spirito Universale, non più separato da sé e una sola cosa con il Padre.
L'augurio che faccio a me stesso e a tutti voi è di giungere presto alla piena realizzazione del Sé in un tempo, questo, così foriero e pregno di nuove creazioni e realizzazioni spirituali. Vi lascio alla lettura e all'ascolto. Namasté.

Dinaweh



da 
LA SCIENZA SACRA




di
Jnanavatar Swami 
Sri Yukteswar Giri

La meta

Nasce ora il desiderio di raggiungere la liberazione. La liberazione è lo scopo principale, quando, sia pure per inferenza, l'uomo comprende la vera natura della creazione e il vero rapporto che esiste tra la creazione e se stesso. Quando si rende anche conto di essere completamente accecato dall'influenza delle tenebre o Maya e che è solo la schiavitù delle tenebre a fargli dimenticare il suo vero Sé e a causargli ogni sofferenza, egli vuole istintivamente essere sollevato da tutti questi mali. Essere sollevato dal male o liberato dalla schiavitù di Maya, diventa allora lo scopo principale della sua vita. La liberazione è lo stabilirsi di Purusha, o anima, nel suo vero Sé. La liberazione significa dimorare nel Sé. Quando l'uomo si eleva al di sopra dell'idea-creazione di queste tenebre, Maya, e si sottrae completamente alla sua influenza, si libera dalla schiavitù e dimora nel suo vero Sé, lo Spirito eterno. Finisce allora ogni sofferenza e si consegue lo scopo Supremo, il vero appagamento, la realizzazione di Dio.

La liberazione è sinonimo di salvezza. Raggiunta la liberazione l'uomo è salvato da ogni sofferenza e tutti i desideri del suo cuore sono esauditi. Si realizza così lo scopo supremo della sua vita. Altrimenti, nascita dopo nascita, l'uomo prova l'infelicità che ha origine dai desideri insoddisfatti.


Perché l'uomo soffre

Fino a quando l'uomo continua a identificarsi con il corpo fisico e non riesce a trovare la pace nel suo vero Sé, sente che le esigenze derivanti dai desideri del proprio cuore restano insoddisfatte. Per soddisfarle, dovrà apparire più volte in carne ed ossa sul palcoscenico del mondo. soggetto all'influenza delle tenebre, o Maya, e sarà costretto a subire tutte le angosce della vita e della morte, non solo nel presente, ma anche nel futuro.
Il dolore nasce da "Avidyā", "l'ignoranza". L'ignoranza è la percezione dell'inesistente e la non-percezione dell'esistente. Che cos'è quindi l'ignoranza? L'ignoranza, Avidyā, consiste nella concezione errata che porta a credere all'esistenza di ciò che non esiste. A causa di avidyā, l'uomo ritiene che la creazione fisica sia la sola cosa ad avere un'esistenza reale e che al di là di questa non esista nient'altro. Dimentica che la creazione fisica in realtà è soltanto un gioco d'idee in seno allo spirito eterno, l'unica sostanza reale che trascende la comprensione della creazione materiale. L'ignoranza non è soltanto un male in se stessa, ma è anche l'origine di tutti i mali dell'uomo. Avidyā, l'ignoranza, essendo caratterizzata dal duplice potere della polarità, si manifesta sotto forma di egoismo, attaccamento, avversione e cieca ostinazione. L'ottenebrante potere di Maya genera l'egoismo e la cieca ostinazione. il potere della polarità di Maya genera l'attaccamento, attrazione e l'avversione, o repulsione. L'egoismo deriva dall'incapacità di distinguere il corpo fisico dal sé reale. La cieca ostinazione è il risultato di un condizionamento naturale, che fa credere nell'assoluta sovranità della natura e delle sue leggi, invece che nei poteri onnipossenti dell'anima. L'attaccamento è la sete per gli oggetti che provocano la felicità. L'avversione è il desiderio di eliminare gli oggetti che procurano l'infelicità. L'ignoranza è la fonte di tutti i mali. Al fine di capire perché l'ignoranza sia la fonte di tutti i mali, dobbiamo ricordare che l'ignoranza, o Avidyā, è un frammento delle tenebre, Maya, considerata nel suo aspetto individuale e come tale, possiede le due proprietà di Maya: la prima è il suo potere ottenebrante, la cui influenza impedisce all'uomo di comprendere tutto ciò che va la di là della creazione materiale. Questo potere ottenebrante genera sia "Asmitâ" = l'egoismo, l'identificazione del Sé con il proprio corpo fisico, cioè lo sviluppo dell'atomo, le particelle della forza universale, sia "Apiniveja", il cieco attaccamento all'idea che la creazione materiale abbia un'autenticità e un valore assoluti. L'ignoranza, o avidyā, in virtù del duplice potere della polarità, la seconda proprietà di Maya, determina un senso di attrazione per certi oggetti e di repulsione per altri. Gli oggetti che vengono attratti sono quelli che suscitano il piacere e nei loro confronti si forma "Raga" o "attaccamento". Gli oggetti che vengono respinti sono quelli che producono la sofferenza e nei loro confronti si forma "svesa" o "avversione". Il dolore ha origine dalle azioni egoistiche le quali, essendo basate sull'illusione, conducono alla sofferenza.


Perché l'uomo è schiavo?

Sottoposto all'influenza di questi cinque mali: ignoranza, egoismo, attaccamento, avversione, ostinazione nell'attribuire una validità propria alla creazione materiale, l'uomo si lascia coinvolgere in azioni egoistiche e, di conseguenza, soffre. Il fine dell'uomo è la liberazione completa dall'infelicità. Quando l'essere umano ha eliminato tutte le sofferenze in modo tale da renderne impossibile il ritorno, raggiunge la meta suprema. La meta suprema del cuore "Arta", la meta immediata del cuore umano è la fine di ogni sofferenza. "Paramarta", la meta finale, consiste nella completa eliminazione di tutte le sofferenze, in modo tale da renderne impossibile il ritorno. L'esistenza, la coscienza e la beatitudine sono i tre grandi desideri del cuore umano. "Ananda", la beatitudine, è l'appagamento del cuore, raggiunto seguendo la via e i metodi indicati dal Salvatore, o il Sat-Guru. "Chit", la vera coscienza, ingenera l'eliminazione completa di tutti i mali e lo sviluppo di tutte le virtù. "Sat", l'esistenza, si consegue dopo aver realizzato lo stato di immutabilità dell'anima. Queste tre qualità costituiscono la vera natura dell'uomo. Quando ogni desiderio è soddisfatto e ogni infelicità eliminata, si raggiunge "Paramarta", la meta suprema.


Quali sono dunque le vere necessità dell'uomo?

L'uomo ha un naturale profondo bisogno di Sat, "esistenza", Chit, "coscienza" e Ananda, "beatitudine". Queste sono le tre vere necessità del cuore umano e non hanno rapporto alcuno con tutto ciò che è al di fuori del proprio Sé. Queste sono le proprietà essenziali della natura dell'uomo.


Ma come si raggiunge la beatitudine?

Quando l'uomo ha la grande fortuna di assicurarsi la protezione di un essere divino o Sat-Guru, anche detto "Salvatore" e seguendone amorevolmente i sacri insegnamenti, riesce a interiorizzare completamente la propria attenzione, può allora esaudire tutte le necessità del cuore e raggiungere così l'appagamento, la vera beatitudine, o Ananda.


Come si manifesta la Coscienza?

Appagato in tal modo il cuore, l'uomo è ora in grado di concentrare la sua attenzione su qualsiasi cosa e può comprenderne tutti gli aspetti. Così, gradualmente, si manifesta Chit, "la Coscienza" di tutti i mutamenti della natura, dalla sua prima originaria manifestazione, il Verbo, Amen, o Aum (Om), fino al proprio vero Sé ed essendo immerso in quella corrente e venendone così battezzato, l'uomo comincia allora a pentirsi e a ritornare verso la sua divinità, il Padre eterno da cui era caduto.
Scrive Giovanni nell'Apocalisse: "Ricorda dunque da dove sei caduto e ravvediti".


Come si realizza l'esistenza?

Quando l'essere umano diviene consapevole del suo stato reale e della natura di questa creazione delle tenebre, Maya, conserva un potere assoluto su di essa e, gradualmente, rimuove tutte le manifestazioni dell'ignoranza. In tal modo, liberato dal dominio di questa creazione delle tenebre, egli comprende che il proprio Sé è l'indistruttibile e sempiterna sostanza reale. Così Sat, "l'Esistenza" del Sé, viene alla luce.


Come si raggiunge la meta suprema del cuore

Una volta appagate tutte le necessità del cuore Sat, "Esistenza", Chit, "Coscienza", Ananda, "Beatitudine", l'ignoranza, la madre di tutti i mali, perde la sua vitalità e di conseguenza hanno per sempre fine tutte le difficoltà del mondo materiale che costituiscono la fonte di ogni sofferenza. Così, la meta Suprema del cuore, è raggiunta.
Quando realizza pienamente la sua natura, l'uomo non si limita più a riflettere la luce divina, ma si unisce attivamente allo Spirito: questo stato è Kaivalja, "l'Unione".


Come si raggiunge la salvezza?

In questo stato il cuore, soddisfatte tutte le necessità e raggiunto lo scopo supremo, diviene perfettamente puro e manifesta attivamente la sua luce spirituale, invece di limitarsi a rifletterla. L'essere umano, essendo così consacrato o unto dallo Spirito santo diviene il Cristo, l'Unto, il Salvatore. Entrando nel regno della luce spirituale, diventa il Figlio di Dio. Allora, l'uomo comprende che il suo Sé è un frammento dello Spirito Santo Universale e, abbandonata la vana idea dell'esistenza separata, si riunisce allo Spirito Eterno e diventa una cosa sola con Dio, il Padre. Kaivalya è l'Unione con Dio; la meta Suprema di tutti gli Esseri creati.
Scrive Giovanni: "Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me".





"La resurrezione di Sri Yukteswar",
da Autobiografia di uno Yogi, di Paramahansa Yogananda
(Capitolo 43)







Swami Sri Yukteswar, La scienza sacra
Astrolabio edizioni











lunedì 23 novembre 2020

SMASCHERATO IL BOSS DI UNA BANDA DI CRIMINALI

 

SMASCHERATO IL BOSS 

DI UNA BANDA DI CRIMINALI


"Una volta che la massa accetta 
la vaccinazione obbligatoria forzata, 
il gioco è fatto!
Accetteranno qualsiasi cosa 
- trasfusioni o donazioni di organi - 
'per il bene più grande'.

Possiamo modificare 
geneticamente i bambini e sterilizzarli 
'per il bene più grande'.

Controlla le menti delle pecore
e controllerai il gregge.

I produttori di vaccini possono guadagnare miliardi
e oggi molti di voi in questa sala
sono investitori.

E' una grande vittoria!
Sfoltiamo la massa
e la massa ci pagherà
per fornire i servizi di sterminio".

Henry Kissinger

lo ha detto al World Health Organization Council 
on Eugenics
25 febbraio 2009



giovedì 19 novembre 2020

AFORISMI - Rabindranath Tagore

 A F O R I S M I




"Qual è il raccolto della vostra civiltà?
Voi non lo potete vedere dall'esterno.
Non vi rendete conto che siete diventati
una terribile minaccia per l'uomo.
Noi abbiamo paura di voi.
 Ovunque le genti vi guardano
con sospetto.

Tutte le grandi nazioni dell'Occidente
si stanno preparando alla guerra,
a una grande opera di devastazione
che spargerà veleno
in tutto il mondo.
Questo veleno si trova 
dentro loro stesse.
Tentano e ritentano di trovare 
delle soluzioni,
ma non ci riescono,
perché hanno perso la fede 
nell'essere umano." 


RABINDRANATH TAGORE


domenica 15 novembre 2020

Introduzione al libro di Cappello "La Civiltà dell'Orto. La Coltivazione Elementare" (Dinaweh) - " La separazione dalla Natura Madre" - di Mara Lilith Orlandi



Introduzione al libro di 
Gian Carlo Cappello


"La Civiltà dell'Orto. 
La Coltivazione Elementare"
 
Dinaweh

Traggo questa bella e articolata riflessione dal taglio antropologico e filosofico di Mara Lilith Orlandi pubblicato come chiosa nell'ultimo capitolo del libro che ho scoperto da poco e di cui mi sono nutrito con foga ed entusiasmo insieme alla mia compagna, il cui Autore sento già di poter considerare un fratello, un amico o un compagno ideale di percorso, sebbene non sia ancora riuscito a scambiare con lui una bella stretta di mano; per ora soltanto qualche mail, con il reciproco augurio di conoscerci di persona quanto prima. 
Sto parlando di Gian Carlo Cappello e del suo libro: La Civiltà dell'Orto. La Coltivazione Elementare, edito da L'Età dell'Acquario.
In questo libro che invito tutti gli amanti della natura e  soprattutto i costruttori reali o virtuali di orti, urbani o agresti che siano, ad acquistare e soprattutto a leggere, ho vissuto come una sorta di illuminazione sulla via di Damasco. Mi sono sempre sentito vicino e connesso alla natura sin da ragazzino quando, terminate le scuole medie inferiori, avevo pensato di iscrivermi all'Istituto agrario della mia città di mare, al punto che la mia famiglia - pur non contrastando il mio anelito, ma nemmeno incentivandolo - si chiedeva da chi avessi preso quell'amore viscerale per la terra, non annoverando tra le ascendenze familiari alcuna tradizione "contadina". 
Avendo poi deciso di non indirizzarmi a quel tipo di studi, ho sempre cercato di trovarmi nella condizione di coltivare qualche pezzo di terra in giro per l'Italia, a stretto contatto con la natura. Negli anni quel richiamo, nonostante la maggior parte della mia esistenza l'abbia vissuta in contesti urbani (e per uno scherzo del destino anche ora sia incastrato in uno di quelli), si è fatto sempre più pressante, al punto dall'essermi imbattuto in quel tipo di anime che, con una sincronicità incredibile, mi hanno istruito a nuovi metodi di "coltivazione", ad un approccio sempre meno invasivo con la terra, sia per quanto riguarda la coltivazione dell'olivo che ho avuto occasione di amare e conoscere sui poderi toscani o sulle fasce della mia Liguria, sia per quanto concerne l'approccio con le coltivazioni orticole. La prima piccola rivoluzione fu conoscere Luciana, che mi avvicinò non tanto e non solo al concetto dell'orto sinergico, quanto soprattutto ad un diverso e immersivo rapporto con la natura, madre generosa, paziente, ma altrettanto esigente.
Fu davvero quella la prima volta che, in un periodo complicato della mia vita, tramutai la mia ritrosia e il ribrezzo a sporcarmi le mani e i piedi di terra e fango, nel piacere erotico e primordiale di affondarceli tutti, le une e gli altri, sentendo quel rapporto vivo e pulsante al nudo contatto con lei, mentre mettevo a dimora i piccoli semi nel semenzaio o mi aggiravo tra le spirali dell'orto della cascina piemontese... 
Fu poi la conoscenza della permacultura che, sempre grazie al confronto con Luciana, ispirò me e la mia compagna a partecipare al corso delle 72 ore (PDC) in Toscana, l'estate del 2019.
Lì ci si aprì davanti un mondo! Il seme era stato finalmente gettato, al punto che la nostra ricerca di una casa e di un terreno in Liguria non ha mai smesso, anche se finora quella visione non si è ancora palesata davanti ai nostri occhi!...

La lettura del libro di Gian Carlo, vista la nostra natura piuttosto refrattaria alle regole e alle convenzioni, a volte anche a quelle suggerite dalla permacultura, ha aperto un ulteriore spazio per una visione sempre più scevra da limitazioni e metodologie. Ci ha fatto intravvedere quanto nel suo "metodo-non-metodo" si possa davvero trovare la quintessenza dei principi di Masanobu Fukuoka elevati a potenza, se così si può dire! E, senza tema di smentita, davvero ti viene da considerare Gian Carlo come il figlio spirituale più puro di quel maestro, tanto da superarlo persino nella conduzione "praticata" da lui e dai suoi allievi, così come pure nella profondità della concezione filosofica e spirituale, che induce il nostro autore a definire la relazione dell'uomo con la natura non più come "agricoltura", ma come "agrinatura". 
Un'agri-natura che sposti la relazione con l'uomo dalla oggettivazione del profitto alla soggettivazione osmotica dell'essere a lei totalmente connaturato e gratificato, tanto da non avvalersi più di alcun bisogno 'estrinseco', in termini di plusvalore economico e monetario. 
In tal prospettiva sono due i capitoli del libro di Gian Carlo Cappello che ci hanno particolarmente entusiasmato, trovandoci all'unisono con la sua profetica (speriamo) e per ora utopistica visione: l'uno, quello in cui lui definisce se stesso come un "moneyless man", indicando quello stato dell'essere come un punto di arrivo, già a tratti da lui stesso sperimentato e quindi suggerito come modello possibile di vita; l'altro, ove ci parla del superamento della proprietà privata, di cui riporto qui uno stralcio assai significativo:

"Il progetto "Civiltà dell'Orto" nasce e trova sempre maggiore riscontro tra le persone proprio perché riporta il cibo nelle mani della gente, senza controindicazioni, fuori dalle leggi vigenti senza essere fuorilegge, proponendo uno scambio e non una compravendita o un baratto, senza sottoporsi alle forche caudine alle quali sono sottoposte le aziende agricole, anche bio, anche cooperative. 
Secondo il regolamento (molto dinamico al suo interno) chiunque lavori o conferisca o apporti qualcosa riceve cibo in cambio. Semplicemente. Riappropriarsi diffusamente della produzione, festeggiare i momenti più belli, mettersi in gioco e conoscersi, condividere la trasformazione del pomodoro in salsa o la conservazione di altri prodotti dell'orto, sottolio e quant'altro, crescere interiormente nel contatto col Sole, la pioggia, l'aria la Natura: questo è guadagno, questo è benessere, questo è ciò che può essere diffuso in ogni angolo del mondo per cancellare la fame. Il presente che stiamo costruendo è l'unico futuro possibile."¹


La separazione dalla Natura Madre


[...] Il patriarcato voleva e vuole, fin dai primi vagiti, un'umanità debole, dipendente, schiava, inetta, consenziente, incosciente, inconsapevole, passiva, dormiente, controllabile, violentabile, priva di forza, di vigore, di risorse e di spirito critico, menomata delle sue facoltà, intossicata, allevata con un'alimentazione depauperante che incrementa l'ottundimento mentale e l'accettazione succube, incapace di autodeterminazione e autonomia interiore, ridotta a una massa obbediente emotivamente manovrabile, vocata all'autodistruzione e inserita in un contesto ambientale inquinato, deprimente, alienato e poco rispondente. Questo si ottiene con la paura e la paura si ottiene eliminando la Madre".²

¹Gian Carlo CappelloLa Civiltà dell'Orto. La Coltivazione Elementare, Edizioni L'Età dell'Acquario, Torino, 2019, p. 150.   

²Mara Lilith OrlandiLa separazione dalla Natura Madre, in Ibidem, p. 181.   




sabato 14 novembre 2020

Janua Picta



Dedico questa poesia alla mia città di origine, Genova, il cui nome dà il titolo al componimento. 
"Janua Picta", dal latino "Porta dipinta", poiché i marinai di tutte le latitudini che vi approdavano dal mare, potevano rimanere subito colpiti dai colori sgargianti dei suoi palazzi che si riflettevano sull'acqua salmastra...

E' un componimento amoroso e nostalgico, che mi ero sentito di dedicare a tutti i liguri che nella prima metà del secolo scorso furono costretti a lasciare la loro regione, Genova in particolare, per trovare fortuna di là dall'oceano: Argentina, Brasile, Stati Uniti... 

...E anche a quei Genovesi che, durante le giornate del G8 di quel fatidico 2001, hanno saputo dare accoglienza e aiuto ai manifestanti pacifici che venivano selvaggiamente picchiati e violentati dalle Forze del Disordine Organizzato, mentre i facinorosi Black Block potevano indisturbati saccheggiare la città, davanti alle braccia conserte dei tutori dell'ordine...
Lì, in quella città che mi ha dato i natali ci sono le mie radici, il ricordo della mia famiglia, la presenza di un padre ingombrante che era conosciuto da tutti come "il Comandante" della Nave scuola Garaventa, una nave ove ragazzi di diversi ceti sociali erano costretti ad approdare per evitare il carcere minorile, o perché 'viziati' in famiglie troppo abbienti, evitassero di prendere una brutta china...

Insomma chi conosce Genova, si potrà ritrovare nelle descrizioni a mo' di versi che, come immagini repentine, hanno impresso la mente e il cuore di chi scrive. 

Una condivisione quindi, e un invito a tutti gli amici lettori a sfogliare alcuni dei componimenti poetici che nel corso degli anni ho voluto raccogliere in un volume, facilmente acquistabile in rete, all'indirizzo sotto indicato.

Buona lettura, dunque. 

La poesia, come la musica, deve essere ascoltata e, chi la legge, deve saper far trasparire i moti dell'anima e il linguaggio delle emozioni, proprio come quando si suona uno strumento musicale...

Dinaweh


  



Janua Picta



Un pugno nello stomaco
sei per me
tu che ti affastelli di case
aggrappate alla roccia
ti volti abituata come sei
dalla parte del vento
che ti sferza,
ti asciuga gli intonaci dipinti,
sbattere di persiane verdi e bianche
si sente ancora il precipitare di pioggia che scroscia
e arrovelli i tuoi giorni
piovosi d’inverno e afosi d’estate
come un viandante silenzioso e diffidente
nascondi il tuo volto.

Un giorno lontano brillavano
di colori i tuoi palazzi
e di oro erano rivestiti
i saloni patrizi
di mercanti nobilitati,
fattisi dal borgo
di faticosi negozi
quando oltremare i tuoi figli
passavano sotto salsedine e sole
di mari lontani
giornate e mesi
senza tornare

rimangono le antiche
vestigia
con nicchie di madonne
rubate
tra vicoli scuri,
acciottolati di rosso
si abbracciano al mare
e lo temono tuttavia,
come si teme il forestiero
che può entrare tra le mura
e rubare i preziosi forzieri,
e gli arazzi di seta indiana

eppure da sempre
hai accolto il pellegrino
e il contrabbandiere -
insieme al turco
e all’ebreo - trovavano
rifugio
mentre si partiva per terrasanta
allestivi bastimenti
dal tuo utero lambito di acqua salata
sputavi legni pronti per la pugna
dal Galata svanivano
pensieri di pace

e valorosi e violenti
facinorosi crociati
si battevano di là dal mare,
da te partendo,
per portare a casa qualcosa
nel nome del Nazareno.

Oggi sei ancora lì, affacciata
sullo stesso specchio d’acqua salmastra,
sembri una regina stanca
Superba ti chiamarono
quando la tua effigie
di tela bianca, crociata di rosso
spadroneggiava sul mare Tirreno,

mentre il faro
scandisce ancora il tempo delle notti di terzo millennio
fendendo con il suo raggio luminoso
il buio
non più per la salute dei naviganti
ma per l’amore dei suoi abitanti,
abitanti di mare più che di terra,
spaesati comunque
tra il frastuono di auto filanti
su nastri d’asfalto sospesi
tra il porto e le case
e il rotare metallico
di treni lenti e affollati
che come edera
si attaccano tra il mare
e le ciminiere
di fabbriche dismesse

è allora che il mio sguardo,
come a cercar conforto e vigore
si volge
ai tuoi muri a secco
culminanti di “cocci aguzzi di bottiglia”
a incorniciare ancora
le cröze ostinate
che si arrampicano  in salita
sulle cime dei tuoi colli spuntati

e le macchie di capperi in verticale
rivestono le pietre antiche
con il loro candido fiore.

Poi sul mare ti fai prendere,
ti lasci andare
come una bella donna
mostri il meglio di te:
da su, sulla Spianata,
si apre il golfo alla vista
come le gambe fa la ragazza
col proprio uomo
quando cade in amore.

Spumano le onde
negl’inverni di maestrale,
quando gabbiani famelici
ti spettinano i capelli
sfiorando i campanili
e le torri

mentre i nobili palazzi
bianchi di marmo fasciati
si sono rifatti il look
da quando i Grandi
sono venuti a violentare i tuoi spazi
a chiudere le tue strade
con reti e cancelli
con la loro arroganza
e i loro sbirri,
alcuni vestiti di nero
hanno messo a ferro e fuoco
le tue strade
mentre una folla di giovani
di anziani, di ribelli
faceva sentire la sua voce


i tuoi abitanti li salvavano
dai bastoni e dalle botte,
aprendo loro i portoni
nascondendoli per le scale
e gli appartamenti,
suggellando un patto antico
di amicizia tra i popoli.
Gente di mare
poco avvezza ai sorrisi
scorbutica e mugugnona
non dimentica del lavoro e della fatica,
poco amante della retorica e delle chiacchere
si scioglie però all’onestà  della parola data.

A me cosa hai lasciato?
Nulla o poco meno
Chi ti è figlio
spesso l’hai dimenticato.

Del resto già molte volte facesti così
in passato
quando era necessario
prendere il largo dalla miseria
salutandoti a denti stretti
tanti dei tuoi  salpavano lontano
di notte per non sbagliare,
per non farsi incontrare,
per dar meno pena agli occhi
dei cari rimasti…

Sono dovuto emigrare anch’io
di qua dal mare
in cerca di fortune
che ancora faccio fatica a trovare
lontano da te
lontano dal cuore,
a udire altri suoni
a mirare altri colori
altre lingue e odori.

Non so se mi manchi,
non so se da te tornerei.
Conservo il ricordo nelle mie ossa
e negli occhi rivedo ogni stazione
che a te mi ha legato
Boccadasse rimane in me attaccata
come il turchese incastonato
nell’argento che l’accoglie. 













La poesia Janua Picta è tratta da: Luca Peirano,  Incanto e disincanto. Versi poetici di luoghi comuni e metafisici, Gruppo editoriale L'Espresso, www.ilmiolibro.it.