LE CATENE DELLA SCHIAVITÙ
di Giancarlo Rosati
La grande malattia dell'uomo è la schiavitù. Siamo schiavi del cibo, del sesso, del denaro, del successo e quindi schiavi politici e sociali. Chi è schiavo cerca un padrone e quel padrone non può essere che un tiranno il quale ti dà qualcosa in cambio della libertà di pensare e soprattutto di essere in maniera del tutto limitata. I padroni uccidono la libertà, il pensiero, lo spirito. Accendono e spengono la luce quando vogliono e noi siamo costretti a sottostare ai loro voli mentali. Il padrone interiore più prepotente e sottile è il desiderio; quello esterno, grossolano e concreto, è colui che pretende di conoscere una verità senza peraltro possederla e cerca di imporla con il terrorismo.
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Se nella ricerca del proprio Sé interiore dobbiamo cercare di eliminare il padrone più crudele che alberga dentro di noi e che ci allontana dalla ricerca di Dio, non possiamo nemmeno pensare di avere padroni esterni o istruttori, a meno che essi non dimostrino di avere trasceso le leggi e le conoscenze che fanno parte di una cultura comune. Questi maestri illuminati sono così rari che compaiono soltanto di epoca in epoca. Non ci lasciano mai soli, questo è vero, ma difficilmente in un'epoca discende più di un maestro alla volta, eccezione fatta per le gravi crisi dell'umanità. Non possiamo pertanto affidare la nostra vita e la nostra eternità ad un sacerdote, chiunque esso sia. Il sacerdote potrà soltanto compiere per noi dei rituali destinati a purificare gli strumenti della vita fino a quando noi stessi continueremo a credere nei rituali. Il sacerdote non potrà mai essere l'intermediario tra noi e Dio. Anch'egli più di chiunque altro è vittima della chiesa e del mondo. Dio è dentro di noi, attorno a noi, in ogni cosa che ci circonda. Non abbiamo bisogno di un operatore esterno per scavare dentro al nostro stesso Io profondo. Dobbiamo soltanto imparare a volgere lo sguardo in una direzione piuttosto che nell'altra. Ogni uomo è sacerdote di se stesso. Il sacerdote potrà avere un compito storico, quello di provvedere a custodire alcuni grandi insegnamenti, ma il suo compito termina qui. La nostra eternità dipende esclusivamente da noi stessi. Nessun essere umano ha la capacità o l'autorità di interferire nella nostra ricerca spirituale o nella conquista di questa nostra eternità. Nessuno, all'infuori del grande illuminato che ha trasceso la dimensione materiale, ha il magistero di consigliare o di guidare.
Se non abbiamo bisogno di sacerdoti è perfettamente inutile la sopravvivenza di una qualsiasi chiesa. La chiesa è un'istituzione destinata a sfornare sacerdoti. Quando scopriamo che ogni uomo è sacerdote a se stesso, scopriamo anche l'inutilità dell'istituzione. Se così non fosse passeremmo tutte le nostre esistenze portando ai piedi le catene della schiavitù. Oggi saremo schiavi politici, domani schiavi sociali, dopodomani schiavi di una religione. Le catene, qualunque sia la loro marca, restano sempre, solo e soltanto, delle catene.
L'uomo ha sempre demandato le proprie responsabilità agli altri. Ha persino incaricato alcuni individui di prenotargli un posto nell'aldilà, di arare il proprio terreno, di seminare il proprio grano, di irrigare, raccogliere e macinare. La pigrizia e l'ignoranza hanno condotto l'intera umanità nella profonda crisi in cui si trova. E' giunto il momento di alzarsi in piedi e gridare ai quattro venti l'autorità che ciascuno di noi possiede nel cercare la verità, nel valutare con più responsabilità le cose e gli eventi del mondo. Non abbiamo più bisogno di intermediari. Oggi abbiamo capito finalmente come funziona il meccanismo che conduce a Dio.
Nessuno sarà più la causa del nostro futuro all'infuori di noi stessi. Nessuno potrà più causare disastri morali, sociali ed ecologici operando nel nome di questo o quel gruppo. Oggi l'uomo si alza in piedi e si dichiara responsabile del proprio destino. Ciascuno di noi è responsabile fino in fondo del proprio successo o del proprio fallimento.,
Le campane sono state slegate e suonano a stormo per adunare gli uomini di buona volontà. Non ci resta che alzarci in piedi, raggiungere la piazza della vita e combattere per la nostra stessa liberazione. Ora siamo pronti e decisi ad afferrare la zappa e ad aprire la terra dei nostri campi per seminare ciò che sarà effettivamente utile alla nostra vita e alla nostra missione di uomini.
Le religioni hanno mancato all'appuntamento che ci avevano dato duemila anni fa. Esse non rispondono più alla ricerca dell'amore e alla donazione dell'amore. Il corpo fisico come strumento di ricerca della verità è stato così denigrato che qualcuno, nel tentativo di arrivare più in fretta alla verità, si è autoflagellato demolendo così l'unico veicolo che gli consentiva di attraversare il mare dell'incertezza e dell'illusione. L'attuale generazione è la prima che, nel corso della storia dell'umanità, ha la certezza di mangiare anche domani, ma è anche la prima che ha assistito al fallimento di tutti i sistemi politici, filosofici e religiosi. Il passato pertanto viene rifiutato in quanto il grande comandamento di tutti i maestri di verità, "ama il tuo prossimo come te stesso", è universalmente fallito.
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Il tempo che l'uomo e Dio hanno concesso alle istituzioni è scaduto. I mandati sono scaduti. Il fallimento storico di tutti i sistemi sono una realtà ineffabile e incontrovertibile. Oggi ogni uomo intende diventare sacerdote del tempio che si porta nel cuore. L'uomo è stanco di essere considerato un peccatore fin dalla sua nascita, di portarsi dietro delle colpe inesistenti, di essere sempre valutato, innanzitutto, come un miserabile che cerca di liberarsi dal peccato, che deve espiare delle colpe; e stanco di pensare che tutto ciò che lo circonda è contaminato e contaminante. Chi è responsabile di questa situazione, chi è responsabile della nevrosi universale che colpisce tutti gli uomini? In definitiva che cos'è il peccato?
Il peccato è tutto ciò che impedisce di giungere alla liberazione, quindi tutto ciò che genera karma. Dice Sai Baba: "Antipatie e simpatie sono ostacoli alla realizzazione di Dio che è Sat Chit Ananda, cioè 'Essenza, Coscienza e Beatitudine' ". Non è detto, quindi, che ciò che noi consideriamo buono sia in realtà produttivo. Anche le simpatie generano karma. Tutto ciò che è attaccamento genera karma. Il karma non è altro che il bagaglio che ci portiamo sulle spalle e che rallenta notevolmente la nostra marcia verso casa. Più pesante è il bagaglio e meno strada faremo. Pertanto, il peccato o il male è tutto ciò che rallenta questa marcia o il raggiungimento della consapevolezza del Sé interiore.
Noi occidentali siamo abituati a ritenere che il peccato si annidi soltanto in alcune pratiche e che esso verrà punito dal Padreterno. Sostenere che il peccato è un'azione che verrà punita direttamente da Dio, significa non avere capito nulla della vita, di Dio e del nostro destino. Il karma ci tiene legati alla ruota delle rinascite, ci impedisce di avvicinarci al giardino della nostra casa paterna. Quindi tutto ciò che genera karma è male. Il Male deve essere visto soltano sotto questo profilo. Non esiste altro male sul pianeta. Noi abbiamo identificato il peccato nel male che possiamo fare al nostro prossimo o nell'offesa diretta fatta a Dio venendo meno alle sue disposizioni.
Il peccato è ciò che rallenta la realizzazione del Sé.
Giancarlo Rosati, Sai Baba. Il Cristo è tornato, edizioni Rosati, Parma, 1991, pp. 288-269.