giovedì 6 agosto 2020

ESSERE E DIVENIRE


ESSERE E DIVENIRE


Dinaweh

Buonamico Buffalmacco, pittore fiorentino del Trecento toscano è l'autore di questa sinopia conservata a Pisa, che ritrae "l'incredulità di san Tommaso" di fronte alla vista di Cristo, poco dopo la Resurrezione...
Durante i miei studi liceali, quando avevo il piacere di ascoltare il mio prof di storia dell'arte raccontarci le meraviglie degli artisti italiani che hanno costellato delle loro opere ogni scorcio della nostra bella Italia, mi ero subito chiesto il significato di quella strana parola "sinopia", alzando la mano per chiedere lumi e poter finalmente disvelare a me stesso quel frammento di conoscenza alla vista e alle orecchie ancor preclusa.  
"Sinopia": termine che sta ad indicare 'il rosso di sinopia', appunto (da Sinope, la località sul mar Morto da cui si estraeva questo rosso), che serviva per essere impresso sull'arriccio (per mezzo della tecnica dello spolvero), l'ultima intonacatura con calce, acqua e polvere di marmo, su cui successivamente si dipingeva l'affresco...  

...Nel post precedente abbiamo avuto modo di leggere le profetiche parole di Bill Mollison sull'ipotetico futuro dell'umanità, nel caso non cambiasse radicalmente rotta, non tenesse conto della fine ineluttabile di un ciclo oltre il quale non le sarebbe dato di proseguire, pena l'annichilimento di se stessa e della vita sul pianeta.
Questi giorni sto leggendo le parole ispirate di un uomo che dedicò la sua esistenza all'insegnamento e per ispirazione divina scelse di farsi tramite tra il Cielo e la Terra, un medium nel senso etimologico del termine, tra la conoscenza umana e quella di Entità spirituali molto evolute che, in comunicazione costante con lui, poterono dipanare davanti ai suoi occhi l'affresco glorioso della Creazione e delle leggi che la governano.
Attraverso pagine convulse e totalmente ispirate, si percepisce e traspare una conoscenza davvero ultramondana, che va oltre tutti gli schemi e i pregiudizi tipici della mente umana, figli di una visione miope, limitata e distorta perché condizionata dal contenitore spazio-temporale entro cui necessariamente si inscrive. 
In quelle pagine ove sembra sgorgare zampillante la corrente impetuosa di un torrente con la sua corsa incessante, a volte impedita da massi giganti e da anse imprevedibili che le si frappongono da cima a valle, si ha l'impressione di leggere tutto il processo che, similmente alla preparazione di un grande affresco, porta alla creazione e poi alla dissoluzione del mondo per come lo conosciamo, ripartendo il tempo e lo spazio in cicli e in miriadi di eventi e successioni, fino a quando ognuno di quelli non abbia sviscerato e sviluppato il suo corso, non ne sia giunto finalmente a compimento, nelle menti degli uomini prima ancora che nella densa materia; frutto dolce e per lo più amaro di tutte le lotte fratricide, le guerre, le rivoluzioni e le tregue armate con le susseguenti rappacificazioni. 


L'uomo di cui parlo è Pietro Ubaldi (1886-1972), filosofo, scienziato, mistico, laureato in giurisprudenza a Roma e insegnante di lingua e letteratura inglese nelle scuole di stato italiane. Visse e viaggiò negli Stati Uniti d'America e in Brasile, dove si trasferì con la moglie dopo l'attività lavorativa e dove infine si spense.
Le pagine che riporto qui alla vostra attenzione sono tratte dal suo libro La nuova civiltà del terzo millennio. Verso la nuova era dello Spirito, scritto nel 1945, appena dopo la fine della seconda guerra mondiale; fu proprio un'opera intesa a segnare un nuovo inizio, la ricostruzione della civiltà per una espansione di coscienza dell'uomo, che si dirigesse verso la sua evoluzione etica, sociale e spirituale. 
In effetti, l'impressione che personalmente ho avuto leggendo queste due pagine, estrapolate dal capitolo "Errori e ascensioni umane", è quella che parlasse proprio di questi tempi, non così dissimili da quelli e da ciò che già allora il nostro autore evidentemente presagiva; e davvero il suo parlare, ispirato da quegli Esseri straordinari che vivono in Dimensioni più elevate della nostra, lasciava trapelare tutti i sintomi di quella decadenza civile, morale e spirituale di questo nostro tempo, disegnando quell'affresco straordinario che delinea la genesi, lo svolgersi e il compimento di ogni civiltà, quando essa si appropinqua infine al termine del suo obiettivo evolutivo.
Mai parole apparvero più coincidenti con la descrizione dei tempi attuali, a rinforzo dell'intuito e dell'esperienza che, su un piano diverso ma non meno nobile e coerente, abbiamo potuto leggere nel post precedente, tra le righe del visionario Bill Mollison, creatore della Permacultura!
Ecco che questo nostro scrivere coincide con il prosieguo di un ragionamento che potrebbe andare avanti all'infinito, trovando sempre coerenza e coincidenza su vari piani di coscienza e consapevolezza che si concedono alla comprensione dell'essere in divenire.

Uno dei concetti fondamentali qui dibattuti è la primaria importanza dell'essere sul possedere, dell'essere sull'apparire. La differenza tra l'essere umano involuto e quello evoluto sta infatti proprio in questo discrimine: l'aver riposto la propria forza e la propria ricchezza nel possesso di cose materiali e nella conoscenza di una scienza non guidata dalla saggezza dello spirito, oppure la capacità di metterla a suo servizio, la capacità di accogliere il cambiamento secondo le leggi dell'evoluzione che non badano al mutare delle forme, ma alla necessità di avanzare e di espandersi incessantemente, sia come individui che come specie. 
Ci viene ricordato come, in ogni modo, sia gli uni che gli altri (gli Evoluti e gli Involuti) determinino e collaborino, seppur inconsapevolmente, al moto universale dell'evoluzione. Prima di costruire è necessario distruggere e in tal senso i distruttori "adempiono ad una funzione biologica come i ricostruttori; ma ognuno al suo posto". Esaurita la loro funzione, credendosi padroni e illudendosi di poter arrestare l'evoluzione, i distruttori verranno spazzati via, avendo ultimato il loro scopo secondo il piano evolutivo. In questo senso anche quelli, pur essendone inconsapevoli, sono strumenti della Legge e adempiono allo scopo.

Nell'eterno susseguirsi degli opposti, si opera il processo evolutivo in ogni angolo dell'Universo: mondi, regni e dimensioni partecipano attraverso lo stesso moto di espansione e ritenzione allo sviluppo e all'espansione di coscienza dell'intera Creazione.
Così, periodi difficili come quello che l'umanità sta vivendo adesso, possono essere meglio compresi e letti proprio come comprenderemmo il senso di quella sinopia da cui era partito il nostro discettare: lo schizzo e la trama sottile di un disegno appena abbozzato che si tramuta infine in un affresco chiaro e coerente nel suo meraviglioso insieme di forme e colori. La comprensione delle leggi che governano l'evoluzione ci aiuta persino a sospendere il giudizio sugli attori che si avvicendano sul palcoscenico del mondo: ognuno infatti, secondo il proprio piano evolutivo, svolge il suo compito, collaborando alla fine, all'opera unitaria e collettiva di cui tutti siamo parte.
Vi lascio dunque alle parole ispirate di questo scrittore instancabile, che ha dedicato la propria vita al servizio della verità.

Dinaweh



§ Errori e ascensioni umane

L'uomo attuale crede di essere solo nel caos, mentre invece fa parte di un immenso organismo. Essendo involuto, quindi insensibile, incosciente e ignorante, non vede che il disordine che è alla superficie in cui egli vive e non sospetta l'ordine che è nelle cause, nel profondo delle cose. L'uomo evolvendo deve imparare a diventare cittadino di questa più grande patria che è l'universo, collaboratore cosciente in questo grande organismo, armonizzandosi con tutti i fenomeni fratelli e le creature sorelle, con i propri simili, con le forze della Legge. La felicità e il paradiso consistono appunto in questa armonizzazione. Seminando, come ora, in ignoranza e ribellione, non si può raccogliere che reazione e dolore. Ma seminando in saggezza ed armonia, si può raccogliere pace e felicità. Questo significa civilizzarsi sul serio, non l'aver imparato a far macchine senza poi saperle adoperare. Bisogna passare in ogni campo, politico, sociale, scientifico, filosofico, morale, dal sistema caotico al sistema organico. Il sistema dell'universo è perfetto. Siamo noi gli imperfetti che in esso non sappiamo muoverci. Quel sistema contiene la possibilità di ogni nostra felicità. Eppure, con la nostra incoscienza, noi non ne sappiamo trarre che dolore. Questo viene dall'uomo, non da Dio. Il dolore può essere eliminato e, nella divina sapienza, è fatto per essere eliminato. Ma per giungere a questo bisogna capire. 


L'universo come uno strumento
musicale

L'universo è come un istrumento musicale da cui si può trarre una musica divina, una gioia infinita. Ma bisogna saperlo suonare. Noi strappiamo le corde e camminiamo sulla tastiera. Che cosa ne possono cavare simili suonatori? E allora ce la prendiamo con l'istrumento che suona male e non con la nostra animalità che non lo sa suonare. E chi inveisce, inveisce contro se stesso, suona sempre peggio, sempre più sbaglia e si allontana dall'ordine e allora sempre più dolore raccoglie. La Legge fa di tutto per salvarci e difatti, nonostante tutti i nostri errori e dolori, ci salva. Ma siamo liberi e, sbagliando e soffrendo, dobbiamo imparare perché dobbiamo capire, perché siamo destinati a prendere le redini del comando della vita e un giorno, faticosamente conquistata la saggezza, potremo e dovremo prenderle.
Mentre per il saggio che si armonizza, che sa uniformarsi, come si suol dire, con la volontà di Dio, la Legge si manifesta come un aiuto amoroso e spontaneo, come una musica colma di bontà, di protezione, di previdenze; per l'incosciente che si ribella, che seguendo Lucifero sostituisce la propria alla volontà di Dio, la Legge si manifesta come una gabbia di ferro in cui egli si dibatte prigioniero. Più egli recalcitra e più quella punge, più egli si dibatte e più i suoi nodi stringono. Egli potrà battere il capo contro le sue muraglie invisibili: il capo si spezzerà e le muraglie resteranno immobili e intatte. 
La via per risolvere i problemi non è nella violenza e nella imposizione, ma è nell'armonizzazione e nell'ubbidienza. Basta aver compreso questo, perché si spostino tutte le concezioni di cui abitualmente si vive. L'uomo crede troppo facilmente che si possa fare il male impunemente. No! L'impunità è una illusione figlia dell'ignoranza umana. La menzogna è una trappola ai danni di chi l'adopera. Dal male non si può trarre vantaggio e la menzogna finisce con l'ingannare anche se stessi. Chi ruba sarà derubato, chi uccide sarà ucciso, chi inganna sarà ingannato, chi odia sarà odiato. Questo vuole la Legge, questa è la struttura del sistema che regge l'universo. Si tratta di un organismo di forze intelligenti, potenti, invisibili, onnipresenti, indistruttibili. L'uomo per quanto si agiti non può nulla contro di esse e ogni rivolta è dolore. L'uomo deve capire che l'espansione che gli spetta non la può ottenere a danno altrui, perché questo è anche il proprio. Egli crede nell'usurpazione, nella stabilità degli squilibri e la Legge lo lascia fare e poi pagare soffrendo, perché impari; ma poi lo riconduce inesorabilmente alla giustizia e all'equilibrio.
L'involuto nella sua ignoranza ha la presunzione di dominare e invece sempre ubbidisce. La Legge tanto più saggia di lui non gli permette che quelle violazioni ed errori che sono utili alla sua dolorosa esperimentazione.


Solo chi è, possiede la causa
e ha il seme delle cose

[...] Essere, importa, non possedere o apparire. Solo chi è, possiede la causa, ha il seme delle cose, cioè la potenza e il modello per ricostruirle all'infinito. Non vi è altro mezzo per possedere, nel trasformismo universale in cui nulla si mantiene, che tale dominio sulle forze genetiche del fenomeno. Nel possesso delle capacità intrinseche, l'evoluto in mezzo a tanta avidità di furto e precarietà di ogni posizione sociale, finalmente trova l'indistruttibile. L'uomo più progredito dell'avvenire, saprà apprezzare di più ciò che non si ruba e non si distrugge e molto meno ciò che si può perdere; si attaccherà più alla potenza intrinseca che tutto genera e regge, che alle sue effimere manifestazioni esteriori. L'evoluto non si allarma nelle ore cupe del disordine, esso è prevenuto e preparato quando una strigliata impartita agli arrivati ed accomodatisi giunge dai bassi fondi sociali, la accetta come una energica spazzata alla sporca casa della vita e continua indisturbato, perché ha già trovato e possiede l'indistruttibile. I nodi umani che si legano e si sciolgono, la ricchezza e ogni potere come furono acquistati si possono perdere. 


Ciò che nasce deve morire.
Ciò che è eterno resta senza fine 

Tutto ciò che ha un principio, per questo solo fatto deve avere una fine. Tutto ciò che nasce deve morire. Solo ciò che è eterno resta senza fine, solo ciò che non nasce non muore. Solo l'involuto può credere il contrario. E di eterno noi non abbiamo che il nostro spirito con le sue qualità, quali vivendo vi imprimemmo, con il fascio di forze del suo destino, quali noi mettemmo in moto.
Quanto sia involuta l'umanità attuale e mancante di una saggezza direttiva lo dimostrano i fatti del nostro tempo. Tutto il progresso meccanico frutto della scienza del nostro secolo e trionfo della nostra civiltà, si è risolto in una immane distruzione. La superba tecnica, conquista e vanto dei nostri tempi, fu intesa come fine e non come mezzo e non fu guidata dalla saggezza dello spirito. La macchina senza guida non ha costruito, ma ha distrutto. E' mancata in testa la saggezza, il predominio dei valori morali gerarchicamente superiori. L'uomo ha sovvertito l'ordine naturale e paga.
Il materialismo moralmente distruttore, ha così raggiunta l'ultima sua fase di realizzazione concreta. La negazione partita dallo spirito è giunta nella materia; l'ateismo nietzschiano ha dato il suo frutto. La superproduzione industriale, invece di portare l'abbondanza, è giunta alla miseria. Nemesi spaventosa, logica conseguenza delle forze immesse nel sistema. L'orientamento spirituale negativo dell'odierna civiltà meccanica, la lega alla distruzione fino in fondo. Gli imponderabili che essa negò e, negando, mosse in senso negativo, ora la legano, la incatenano, la incalzano e non potrà fermarsi finché essa non avrà esaurita la sua stessa spinta. Solo dopo, si potrà ricostruire meglio e più in alto, con uomini più evoluti, dalle ceneri del mondo attuale.


Gli odierni distruttori saranno 
esclusi dal domani che appartiene ai ricostruttori

Gli odierni distruttori saranno esclusi dal domani, che appartiene ai ricostruttori. L'ora dei primi sta per passare ed essi saranno espulsi dalla vita del mondo. La nostra miseria sarà un deserto, ma anche un terreno libero per ricostruire meglio e più grande. Quel deserto attrae le potenze inesauribili della vita. Mai come nel profondo della distruzione la vita tanto si rinnova, mai come nell'abisso del bisogno tanto si manifesta la potenza creatrice di Dio. E' nella necessità che addolora e redime che appare, per i figli del Padre, la sua Provvidenza. 

Così la vita incessantemente cammina. Per quanto l'uomo cerchi di cristallizzare le sue posizioni con legami giuridici, di stabilizzare le sue conquiste con convenzioni sociali pubbliche e private, di fissare il suo stato in istituzioni e forme definitive, tuttavia l'evoluzione non si può fermare e, ad ogni nuova maturazione, la vecchia costruzione cresciuta si trova a disagio nel vecchio guscio e lo spezza per formarsi un guscio più ampio. Una forma è sempre necessaria perché le posizioni siano definite, ma questa forma, che in principio è un comodo alloggio, diventa poi una prigione. E' così necessaria anche la continua distruzione e ricostruzione della forma, unica via per poter conciliare la necessità di avanzare ed espandersi imposta dall'evoluzione, con la necessità di albergare in una forma che esattamente esprima le caratteristiche raggiunte ad ogni nuova maturazione evolutiva. Non solo in questo caso, ma in tutta la vita vi è lotta tra forma e sostanza, la prima immobile allo scopo di definire, la seconda fluida allo scopo di evolvere, la prima per necessità di cose costituente un involucro continuamente spezzato per interna pressione dalla seconda. E' appunto da questo contrasto di opposte e necessarie funzioni, che nasce la instabilità di tutte le forme della sostanza, la caducità dei corpi della vita. Le forme non sono che tappe nel cammino dell'evoluzione, che soste in cui ogni fase si definisce e si esprime. Poi, quella veste non si adatta più al corpo cresciuto ed è necessario distruggerla per farne una più ampia e più adatta. Così le rivoluzioni distruggono le istituzioni e le leggi, rovesciano le costruzioni giuridiche e le impalcature sociali, come la morte distrugge i corpi perché la vita possa farsene dei migliori, più rispondenti al nuovo grado di evoluzione raggiunto.


La distruzione precede la costruzione

[...] La distruzione precede la ricostruzione, momenti successivi ed ambedue necessari del processo evolutivo. I distruttori adempiono ad una funzione biologica come i ricostruttori; ma ognuno al suo posto. Quando i primi hanno compiuto il loro lavoro, credendosi padroni della situazione ed illudendosi di poter arrestare l'evoluzione nel loro piano per prosperarvi, ecco che la fase è superata ed essi che, puri istrumenti della Legge, hanno ormai esaurita la loro funzione secondo le loro capacità, vengono spazzati via. Prima loro qualità è l'ignoranza, loro naturale retaggio è l'illusione. L'evoluzione, che essi non capiscono, incalza e li caccia. Essi, per quanto si aggrappino alle loro posizioni, non possono fermarla. Così le rivoluzioni divorano i propri uomini. Fatalmente la vita poi impone la ricostruzione e per questa sceglie un tipo biologico diverso ad essa adatto, come aveva fatto per il lavoro di distruzione. E così, in sostanza, i nemici che si combattono e i rivali che si odiano, sono compagni di lavoro, affratellati senza saperlo nella stessa opera di progresso, che essi, ignari l'uno dell'altro, attuano nelle sue fasi successive. E il loro stesso antagonismo non è che istintivo e inconscio bisogno di adempiere al massimo la propria funzione, bisogno spinto fino alla rivalità e alla gelosia di mestiere. Siamo tutti, ognuno al nostro posto, esecutori della legge e servi di Dio.


L'evoluzione non si può
arrestare

L'ascesa evolutiva non si può arrestare. Le masse non hanno la sensazione dei prossimi tempi futuri. Ma oggi assistiamo veramente allo scardinamento della storia come ai tempi di Cristo. Si può ripetere con Virgilio: "Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo". L'avvenire appartiene ad una nuova progenie di uomini di tipo biologico più elevato. E' inutile attardarsi tra gli avanzi del vecchio mondo. L'ignoranza, l'egoismo, la pigrizia non possono fermare la vita. La legge di progresso sfonderà tutte le resistenze, perché essa è anche una potenza di espansione divina che è centro e principio dell'universo. Sempre così ha camminato la storia, salendo di passo in passo, e in essa è normale la realizzazione progressiva di ideali in principio utopistici. Così sempre nuove forme di vita fioriscono dall'intima potenza del seme. Il nuovo già freme nell'aria, nello stato fluido ed incorporeo di vibrazione, di dinamismo che è causa delle forme, pronto a prender corpo, in cui fissarsi e definirsi. Un tipo biologico più evoluto, dotato di una coscienza nuova, dovrà formare la classe dirigente. Dopo lo sviluppo meccanico che conclude con l'opera della distruzione, deve avvenire un proporzionato sviluppo spirituale che ne renda utilizzabili i risultati in opere costruttive. Gli equilibri della vita e la logica del progresso impongono che, dopo che si è prodotto l'istrumento per il dominio materiale del mondo, si produca anche la coscienza direttiva capace di adoperare utilmente questo istrumento. Ciò perché nella vita nessun passo è inutile, nulla si spreca e tutto tende organicamente ad uno scopo. Solo così il progresso tecnico non sarà stato inutile e l'uomo potrà giungere, come gli spetta, al dominio intelligente e completo del pianeta, e non solo meccanico e materiale. Per dominare sul serio è necessario un principio di ordine, centrale e direttivo, e questo non può essere che nello spirito. Solo questo può conferire carattere di organicità alla conoscenza scientifica e alla potenza tecnica. La caratteristica fondamentale della nuova civiltà sarà una affermazione di ordine. Partendo dalla conoscenza della Legge e coscienza del divino ordine in tutte le cose, si giungerà ad una nuova più completa armonizzazione degli atti della vita con i suoi principi, e con ciò ad un nuovo superamento del dolore e approssimazione di felicità. Le forme di vita individuali e sociali, così lumeggiate e disciplinate dall'interno, si trasformeranno e l'esistenza acquisterà un nuovo significato. Le odierne distinzioni, domani non avranno più senso. Il capo vero di tutte le rivoluzioni e di tutti i poteri è la Legge di Dio che manovra i capi-esponenti, a cui non è possibile comandare se non in quanto essi ubbidiscono alle leggi del progresso e alla volontà di Dio. E' la Legge che, per gli scopi dell'evoluzione umana, stabilisce le posizioni e attribuisce le funzioni, abbatte i grandi ed esalta gli umili fino ai posti di comando e tutti poi liquida con giustizia, cioè con intimo onore se essi adempirono alla missione, come un rifiuto della vita se essi la tradirono. E' l'ascesa di tutti che importa, della quale tutti siamo servi e da cui tutti siamo serviti. Per quanto quasi ciascuno voglia tutto riportare con egoistico separatismo solo a se stesso, ogni nostro atto è funzione collettiva e ogni vita è missione.

L'odierna lotta è, come sempre, tra il vecchio e il nuovo. Il primo si annida tra le gigantesche costruzioni del passato ma ha contro di sé le leggi della vita. Non ci insegnano queste ogni giorno il superamento del passato? Non vediamo ogni giorno, solo in omaggio al progredire della vita, i giovani sostituirsi ai vecchi nelle loro posizioni? Ciò avviene nella pianta e nell'animale, come nell'uomo. Non si può resistere a questa volontà di rinnovamento. La vita non può esistere che in forma di ascesa, se non come un mezzo per andar sempre più verso il divino centro dell'universo. Si tratta di imponderabili e si potrà negarli e riderne; ma intanto essi ci trascinano e noi li seguiamo. La vita appartiene a chi sale e non a chi sosta o a chi scende, il domani è sempre più alto. 
La vita è fatta di costruzione, anche se deve attraversare la distruzione. L'universo è un funzionamento immenso e perfetto, diretto dal pensiero di Dio, mosso da forze titaniche e imponderabili, sempre e dovunque presenti e attive. Tutto vi è ordinato, preveduto, tutto in esso tende a risolvere in ascesa.




  

Pietro Ubaldi, La civiltà del terzo millennio. Verso la Nuova Era dello Spirito, Edizioni Mediterranee, Roma, 1988, pp. 40-46.






 

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