martedì 22 ottobre 2019

MIGRANTI... "OPEN SOCIETY" IN SALSA DEMOCRATICO-PROGRESSISTA... O DEPORTAZIONE DI MASSA?



MIGRANTI... 

"OPEN-SOCIETY" 
IN SALSA 
DEMOCRATICO-PROGRESSISTA


...O DEPORTAZIONE DI MASSA?

Dinaweh


Solo alla borghesia può venire in mente di qualificare fratellanza
lo sfruttamento cosmopolita dei lavoratori.
L'azione distruttiva della libera concorrenza di ogni singolo Paese
aumenta a dismisura sul mercato internazionale.

K. Marx, Discorso sul libero scambio



Come non accorgersi dell'inutile strage che continua imperterrita e impunita davanti ai nostri occhi, con il placet del papa 2G (Gesuita e Globalista) in linea con l'Open society propugnata da Soros & Co. e che piace tanto alle "anime belle arcobaleniche", come simpaticamente asserirebbe l'amico filosofo Diego Fusaro?! 
...Eh sì, perché dietro questo falso buonismo cattolico-progressista, si cela un indegno traffico di vite umane che nessun Paese occidentale, partito o movimento, di governo o di opposizione che sia, ha mai finora avuto il coraggio di fermare davvero. Come? Denunciandone le vere ragioni, ritrattando le politiche liberiste e neocolonialiste dell'Occidente a discapito dei Paesi poveri dell'Africa e dell'Asia, intravvedendo lì la vera causa di cotanto macello umanitario programmato, di un esodo senza fine, che vede traghettare masse di uomini, donne e bambini da una sponda all'altra del Mediterraneo, alla ricerca di una vita dignitosa che sprofonderà, nella migliore delle ipotesi, in una successione di umiliazioni, di miseria e di prevaricazioni, una volta sbarcati sulla sponda opulenta tanto agognata!
Una coscienza critica e disincantata sullo stato delle cose non potrà quindi non svelare una volta per tutte agli occhi dei benpensanti arcobaleno, che lottano contro i cattivi "sovranisti-populisti" (termine coniato ad hoc dagli strilloni del mainstream, il loro siparietto) la loro complice ipocrisia di fronte alla regìa ben architettata dai fautori del globalismo apolide e finanziario, che come obiettivo ultimo si propone di minare le società occidentali alle loro fondamenta, apportando al loro interno masse di disperati disponibili ad accontentarsi di lavori sottopagati e condizioni di vita al limite della sopravvivenza umana. 


IL PROCESSO DELLA DISIDENTIFICAZIONE IDENTITARIA
E LO SRADICAMENTO DEI POPOLI

Minando alla base la loro identità culturale e la loro appartenenza etnica, i padroni del mondo sono in grado di condannare all'abisso della medesima disidentificazione identitaria, persino i popoli europei che loro malgrado si vedono costretti ad accogliere masse di profughi e disperati. Il messaggio forte e chiaro che sottende a tale strategia è che d'ora in poi i cittadini, meglio sarebbe chiamarli "i sudditi" dovranno accontentarsi al ribasso,  accettare lavori sottopagati, insieme all'erosione costante di tutti i diritti civili acquisiti in decenni di lotte sindacali e politiche. 
In sostanza possiamo affermare che tale processo di disidentificazione identitaria non è unipolare. Ciò che tragicamente sperimenta sulla propria pelle il migrante, costretto in fretta e furia a lasciare il proprio paese d'origine per fame, guerre e malattie, prima o poi si riverbera ad effetto boomerang anche nell'illusionistico paese dei balocchi dei cittadini-sudditi europei i quali, per effetto della glebalizzazione (che nelle sue varianti prevede anche lo spostamento di masse di diseredati da Paesi poveri verso l'Europa e l'Occidente in generale come forza lavoro disponibile a basso costo), smarriscono essi stessi la loro identità culturale e identitaria, divenendo gradienti neutri e senza titolo di replica, ingranaggi di un sistema economico anonimo, fagocitante e predatorio, capace di fare a meno di loro nel momento in cui le loro richieste fossero dal sistema stesso e dai suoi cani da guardia (UE, FMI, Banca Mondiale, Ministri dei governi in carica) valutate irricevibili: i diritti dei lavoratori, come il salario sindacale garantito, le ferie pagate, l'assistenza sanitaria, il diritto all'istruzione e ai servizi sociali...      
Tale scenario, di ciò che sta accadendo in Europa e nel mondo, lo si traduce per esempio negli avvenimenti più vicini a noi, con i gilet gialli in Francia, nonostante il mainstream nostrano si guardi bene dal lasciar trapelare nulla di quanto oltralpe continui ad accadere. L'erosione dei diritti culturali, civili e politici la si vede nuovamente rigurgitare in Catalunya, con gli scontri di piazza di questi giorni; la scusa del governo centrale di Madrid di voler a tutti i costi tutelare la compattezza unitaria della nazione, cela in realtà gli obiettivi dell'agenda globalista e transnazionalista, che, attraverso il governo spagnolo, vuole omologare e appiattire le peculiarità culturali, sociali e politiche di un'altra nazione, quella catalana, altrettanto forte e significativa, in nome della globalizzazione dall'alto, senza voler considerare e ammettere la glebalizzazione dal basso (cfr. Diego Fusaro, Glebalizzazione: la lotta di classe al tempo del polulismo, Rizzoli, 2019).

Che dire del genocidio che si sta consumando, con il complice silenzio della stampa internazionale, in Equador, ove i diritti fondamentali di quel popolo, soprattutto dei nativi, vengono impunemente schiacciati e ridotti al silenzio con l'assassinio sistematico di centinaia di migliaia di persone ad opera dell'esercito e del governo di quel Paese? Per conto di chi, se non della stessa occulta regia neoliberista che vuole ridurre questo pianeta ad un ammasso di consumatori imbelli, omologati e senza radici? 
Simile la situazione in Cile, ove il governo del miliardario Sebàstian Piñera, sta massacrando la popolazione esausta dall'oppressione fiscale e dall'erosione sistematica dei diritti civili...
Non possiamo tralasciare nemmeno di ricordare la martoriata vicenda del Venezuela, Paese custode di immense ricchezze petrolifere, difese dal governo socialista di Maduro che del suo Paese vuole mantenere una forte identità socialista ed egualitaria, sul quale gli Stati Uniti d'America continuano a gettare l'ombra del discredito e delle calunnie, non senza prima aver ordinato un embargo economico pesantissimo, al punto da sobillare la parte più esposta della popolazione contro la sua persona e il suo governo, finanziarne la rivolta e dar vita al governo fantoccio Guaidò, pretendendo oltretutto la tacita accettazione di quel governo abusivo da parte di tutte le cancellerie occidentali!


LO STORY-TELLING DEL BUONISMO DEMOCRATICO PROGRESSISTA
SUL FENOMENO DELL'IMMIGRAZIONE

Fin qui abbiamo cercato di darci spiegazione sulle vere ragioni che costringono interi popoli a lasciare i loro paesi d'origine. Avevamo già tentato un'analisi veritiera del fenomeno in altri post, con particolare riferimento sia alla figura di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, sia, più recentemente, attraverso le parole in video di un protagonista dei nostri giorni, molto più attendibile nelle sue analisi sul fenomeno migratorio di quanto lo siano gli sproloqui dei buonisti del governo giallo-fucsia, di Salvini o dei portavoce del Vaticano: stiamo parlando di Mohamed Konarè.

Può essere invece indicativo comprendere quale sia, a questo stesso proposito, la narrazione democratico-progressista, in linea con le istanze cosmopolite propugnate da papa Bergoglio e da una parte della Chiesa cattolica, in perfetta simbiosi con il capitale apolide e cosmopolitico: "allo stato attuale delle cose vi sono dei disperati che fuggono dall'inferno della Libia e dagli stati Africani confinanti; chiedono di essere accolti, mentre ne sono respinti da alcuni, vittime inguaribili di razzismo, xenofobia e intolleranza". Naturalmente questa narrazione risulta totalmente a-storicizzata, disincarnata dalla concreta analisi storica dei fatti, ove semplicemente si opera una estrema semplificazione fra: 'tolleranti' e 'intolleranti', 'accoglienti' e 'xenofobi'! Una narrazione emotiva, che non trova alcuna giustificazione razionale, se non ci si interroga sulle cause di un fenomeno che giova sicuramente a qualcuno alimentare, mentre nuoce a qualcun'altro quando si trovi o costretto ad emigrare, o ad accogliere.

Per dirla con Fusaro, oggi siamo entrati nella fase 3.0 del colonialismo occidentale, ove non si deportano più i neri nelle Americhe (1.0), non si va più a depredare l'Africa o l'Asia andando in loco a sfruttare le risorse di quei paesi per tornare in Europa (2.0); oggi siamo di fronte alla fase che il filosofo definisce della glebalizzazione.
[...] Si destabilizzano i Paesi africani, vuoi con bombardamenti umanitari (il caso della Libia nel 2011 è paradigmatico), vuoi mediante forme di colonialismo monetario (il caso del franco africano), vuoi tramite forme di sfruttamento che pure si presenta incivilito in forme garbate; si costringono gli Africani allo sradicamento e alla fuga per mare e poi naturalmente bisogna aprire i porti per farli arrivare, ovvero per farli entrare nei circuiti dello sfruttamento capitalistico.
Quanta cura "le anime belle del mondialismo e dell'arcobaleno permanente" [cit. D. Fusaro] pongono nel cercare di far attraccare i barconi dei deportati ai porti italiani, ma quanto schifo e che velo pietoso occorrerebbe stendere sul destino in serbo per loro, totalmente ignari del loro incerto futuro!
Qualche settimana fa, ebbi modo di ascoltare l'intervento del filosofo Massimo Cacciari, il quale, intervistato in uno dei tanti talk-show televisivi, asseriva con il suo solito piglio imbronciato che "l'Italia ha bisogno dei migranti, altrimenti si ferma, perché gli Italiani non fanno più figli e non farebbero mai i lavori che sono disposti a fare loro!". Raccapricciante! Stava forse parlando del Capitale che ha bisogno dell'immigrazione di massa per avere schiavi a basso costo? E poi, si è mai chiesto e si è mai dato una risposta l'esimio professore del perché gli Italiani siano così restii a fare figli?
Perché piuttosto non si chiede come mai nessun governo del Bel Paese si sia mai posto l'obiettivo di fermare il vomitevole traffico di migranti che lavorano e muoiono nei campi di pomodori nel sud dell'Italia, trattati come bestie e sfruttati per 300 euro al mese dal caporalato locale? 


NON I DEPORTATI MA I DEPORTATORI SONO DA CONDANNARE

Non cadremo in alcun caso nel gioco in cui qualcuno vorrebbe che cadessimo, cioè nella guerra tra poveri, nello scontro orizzontale fra disperati, gioco fatto apposta per far guerreggiare fra loro i disperati e distogliere l'attenzione dai deportatori di schiavi, i quali così non vengono mai menzionati. Occorre ribadire infatti che il nemico principale non è il deportato, ma il deportatore, così come il "complottista" non è chi denuncia il complotto, ma chi lo ordisce! Per tornare a noi quindi, il nemico non è il disperato, ma chi getta nella disperazione i popoli


IMMIGRATO, EMIGRATO, MIGRANTE...

Cito per finire ancora Diego Fusaro, riportando una digressione semantica sul cambiamento linguistico che l'autore descrive nel suo libro Storia e coscienza del precariato sulla parola "Migrante":
"Negli anni Novanta si parlava ancora di immigrati e di emigrati. C'era la figura dell'immigrato che arrivava a Torino dal sud o dal Veneto e che si re-integrava nel territorio, si ri-territorializzava 'Immigrato' o 'emigrato' era chiarissimo in questa espressione sia la direzione in cui ci si muoveva, sia - come suggeriva il participio passato - il compiersi di un'azione al termine della quale ci si ri-teritorializzava. Oggi, dagli anni Duemila, più o meno, non si parla più di immigrati o di emigrati; si parla di migranti. Il participio presente è interessante, perché intanto allude a un movimento il cui termine non avviene mai, a differenza dell'immigrato o dell'emigrato. Il migrante è sempre in movimento e non vi è una direzione. Il migrante si muove senza direzione. L'idea è quella per cui l'uomo forgiato dal processo turbo-capitalistico e liquido finanziario è esso stesso un migrante apolide che non ha direzione. Si muove di moto browniano nel piano liscio del mercato globale e non si ferma mai. Oggi l'obiettivo della ingegneria del mondialismo è quello non di integrare i migranti, come dice l'anima bella arcobalenica; l'obiettivo è di rendere come i migranti quanti ancora non lo siano. L'obiettivo non è di integrare loro, ma di rendere come loro anche noi. Molti dei nostri giovani vivono già come migranti: cervelli in fuga, le esperienze Erasmus: nobilitata perché sono le chances della mondializzazione che ti permette con la laurea in ingegneria di andare a fare il lavapiatti a Berlino o a Londra. Molta parte di quello che sta avvenendo rientra in questa logica. Siamo già tutti migranti: precari lavorativamente, nomadi dell'esistenza, privati di cittadinanza e, di più, indotti a pensare che questa sia un'esperienza glamour, cool... [...] Significa dunque generalizzare la condizione di chi è senza diritti, di chi è sradicato e deterritorializzato per sempre."

Dinaweh

  

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