Scrivevo questi versi durante i miei anni torinesi,
nel periodo del servizio civile come obiettore di coscienza al servizio militare, che mi trovò totalmente immerso nel mondo dei fragili, dei divergenti, dei disadattati, dei senza fissa dimora, di quelle anime perse da cui molto imparai e che rimasero miei "compagni di viaggio" anche dopo l'obbligo della leva, peraltro punitiva per la maggior durata della ferma rispetto ai coetanei che svolgevano servizio armato in caserma.
L'iniziativa di continuare ad occuparmi di quelle 'presenze' assenti dalla vita della Maggioranza venne accettando di inaugurare un centro di accoglienza con altri ex obiettori, miei compagni di viaggio e di ideali nel capoluogo piemontese, ove rimasi diversi anni, occupandomi anche di libri, grafoanalisi e dove tentai senza successo gli studi universitari che poi trovarono sbocco e si compirono negli anni successivi al periodo torinese in quel di Pisa.
Torino significò per me infatti una totale immersione nella vita dell'emarginazione, quella che mi era fino ad allora totalmente sconosciuta, seppure appena assaggiata in quel di Genova con i tossicodipendenti della comunità di don Andrea Gallo che mi vide protagonista in prima persona di esperienze dalla forte connotazione emotiva ed umana.
"Come cerchi" rappresenta uno dei momenti più toccanti che la mia esperienza umana tra gli esclusi del mondo mi fece sfiorare. Ricordo ancora notti intere passate insonni ad ascoltare racconti di vite distrutte che piano piano trovavano la via e la fiducia di potersi a me manifestare attraverso fiumi di parole e di lacrime. Occorreva soltanto guardare fissi i loro occhi ed accogliere ogni piccolo movimento del viso, ogni smorfia di rabbia e di dolore, di risa nervose e rimanere in silenzio.
Alla fine di questi versi, raccolti poi in una postuma pubblicazione, ho pensato di accompagnare la vostra lettura con le parole in musica di un cantautore da me amatissimo (che tra l'altro venne proprio a Torino nel 1988 per un concerto allo stadio Agnelli e che non mi persi assolutamente!), Bruce Springsteen. Ritengo infatti che le parole del testo accompagnino splendidamente alcune delle emozioni e delle ragionevoli motivazioni che spingono molti dei nostri fratelli a rimanere ai margini di una società incapace di evitare il giudizio e, per lo stesso motivo, incubatrice della stessa infelicità e frustrazione che solo alcuni vivono fin dentro le viscere e le ossa, senza timore di sputarla in faccia al resto del mondo.
Dinaweh
COME CERCHI
Come cerchi concentrici
fune tesa di cordata
camminavamo insieme
per poi slegarci e riscoprirci
ancora soli,
viaggiavamo alla ricerca di qualcosa
che non aveva nome,
ma tanti volti
avrebbero potuto raccontarci
della loro solitudine
per un attimo infranta.
L'esile filo riaccendeva
le facce grigie
sbiadite dal tempo
- fugace compagno muto -
assordanti erano i tuoi richiami,
da sempre insoddisfatte
le coscienze assopite
- traboccavano gli orli -
di vasi vuoti
erano disegnate le nostre tele,
intessute di lacrime e spine
le nostre memorie spente
si riaccendevano
della loro solitudine.
Dinaweh
Torino, 5 marzo 1985
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