lunedì 21 settembre 2020

MIOPIA E PRESUNZIONE DEL METODO SCIENTIFICO-SPERIMENTALE - Dinaweh


 MIOPIA E PRESUNZIONE DEL METODO 


SCIENTIFICO-SPERIMENTALE

Dinaweh


La nuova fede si chiama scienza! 
Il paradosso dei corsi e dei ricorsi storici ci mette di fronte a tutta l'inadeguatezza, per non dire alla cattiva "fede", di coloro che ci vorrebbero convincere che ogni essere vivente compreso l'uomo, si riduca ad un fenomeno e quindi sia l'espressione manifesta di un ente fine a se stesso, oltre il quale nulla si celi, se non un agglomerato di cellule viventi organizzate secondo un processo rispondente a logiche matematico-fisico-chimiche su cui basare leggi e funzioni strutturali comprovate solo ed esclusivamente dall'osservazione e dalla sperimentazione ripetuta e universalmente accettata, sempre uguale a se stessa, in virtù del cosiddetto 'metodo sperimentale', l'unico considerato come garanzia di veridicità e quindi l'unico ad essere considerato come "scientifico". Possiamo ancora accontentarci di tale limitata visione?
Oggi la stessa "scienza" ci dice che possiamo vedere e quindi "osservare scientificamente" soltanto un piccolissimo spettro della luce, ovvero una piccolissima parte del mondo fenomenico, mentre la maggior parte di ciò che pur esiste, sfugge letteralmente allo spettro visivo dell'osservazione umana e quindi alla speculazione "scientifica" del fenomeno. La materia oscura infatti informa e costituisce la maggior parte dell'universo, in ciò che i fisici, in modo ancorché inappropriato, definiscono come "anti-materia", "buco nero" o "anti-gravità".
A questo proposito, voglio proporre all'attenzione del lettore l'interessante disquisizione di Pietro Ubaldi, che si trova nel capitolo intitolato "La personalità umana (1ª parte)", dal suo libro già citato nei post precedenti
Saranno le sue stesse riflessioni ad accompagnarci e a svelarci l'altra metà della verità, ancora ignota alla scienza umana, seppur vera; e a ragione possiamo sostenere la tesi del nostro autore, in virtù del fatto che le più grandi scoperte "scientifiche" hanno potuto rivelarsi ai loro stessi autori-canalizzatori e successivamente al mondo intero, non tanto attraverso il metodo sperimentale che, per sua natura è analitico, vivi-sezionatorio e specialistico, bensì grazie all'ispirazione e all'intuizione, più vicine al mondo dell'ineffabile e a quello dello Spirito che, pur essendo il motore primo di ogni creazione manifesta, non può venire analizzato o vivisezionato, poiché sfuggente al metodo sperimentale, sottraendosi "per sua natura" all'osservazione di quello spettro limitato del 'visibile', di cui parlavamo sopra.
Buona lettura.


Dinaweh

    


                                                                                                                      
Pietro Ubaldi, La nuova Civiltà del Terzo Millennio. Verso la nuova era dello Spirito, ed. Mediterranee, Roma, 1988, seconda ed., pp. 265-267.


"L'intuizione è fenomeno dello spirito e per questo rivela e crea. La ragione è invece funzione del cervello e quindi, più che concepire le grandi idee rivelatrici, orientatrici e sintetiche, è fatta per le idee piccole della vita terrena, pratiche e analitiche. Alcune applicazioni. La scienza attuale ignora e trascura la vita dello spirito a suo danno. Ma quella scienza è figlia di una fase materialista del pensiero umano, cioè razionale, in antitesi con l'intuitiva, è quindi limitata al lato terreno, pratico, utilitario e materiale della vita. Non può quindi conoscerne che quella parte, almeno finché tale fase non sarà superata. Essa si mantiene nella zona che è ragione, esperimento, analisi, lontano da quella che è intuizione e sintesi. Ciò la lascia incompleta, mutilata dell'orientamento, della visione d'insieme che è necessaria per la direzione dell'indagine e per raggiungere una conclusione. Difatti essa tende a scopi utilitari che non sa superare. Questa unilateralità rappresenta una lacuna e un difetto gravi. Anche la sintesi è necessaria e la sintesi non si raggiunge che per intuizione, lavorando cioè al polo opposto a quello in cui lavora la scienza, cioè al polo spirituale. Essendo attiva dal lato materia, la scienza accumula ma non feconda. Le manca il lampo dello spirito. Certo, è necessario accumulare materiale, ma è necessario, come nel binomio sessuale, che poi intervenga l'altro termine che fecondi quel materiale. Senza di che nessuna cosa può nascere. 
Chi dice che nulla può esser vero se non dimostrato sperimentalmente, non esprime che una metà della verità e ignora l'altra metà che dice che le scoperte che fanno avanzare la scienza sono frutto di ispirazione, frutto spirituale più che sperimentale, di laboratorio.
Come conseguenza delle osservazioni fatte si qui segnaliamo per il bene della scienza il pericolo dell'esasperazione analitica dei nostri tempi, che si limitano ad accumulare esperienze invece che a scoprire rapporti lontani, il pericolo della specializzazione divergente dovuta al predominio di quel metodo analitico. Senza un correttivo che saggiamente ci spinga invece in direzione convergente e conclusiva, questo cammino ci porterà alla polverizzazione della conoscenza.  Abbondano le membra, ma manca il capo. Vi è un enorme cumulo di fatti e manca il senso unitario della coordinazione. 
Così Augusto Comte già scriveva cento anni fa nel suo corpo si Filosofia Positiva, preconizzando l'attuale periodo: "Il periodo è l'età della specialità, per l'universale preponderanza del particolare sullo spirito d'assieme". L'osservazione minuziosa ci ha reso miopi.
G. B. Shaw giunge a dire: "Nessuno può essere un puro specialista senza essere un idiota nel più stretto senso della parola". Il Leonardi nell'introduzione al suo volume, L'unità della natura (1933), soggiunge: "Sarebbe necessaria una classe di scienziati i quali senza abbandonarsi alla cultura specializzata, si occupassero unicamente a determinare lo spirito delle diverse scienze, scoprendone il concatenamento, per riassumere tutti i loro principi comuni". Enrico Poicaré nel suo volume, L'ipotesi e la scienza, afferma che "anche le scienze, comprese le più esatte, hanno bisogno di una certa ispirazione e devono i loro progressi al lavorio delle facoltà subcoscienti". Poi aggiunge: "Essendo i fenomeni in numero pressoché infinito, noi non possiamo esperimentarli tutti". "A meno che non si voglia fare una semplice accumulazione di fatti... poiché l'esperimento non ci dà che un certo numero di punti isolati, bisogna riunirli". Non basta dunque che l'osservazione registri e l'esperienza controlli; senza il lampo dell'intuizione non si avanza. E' giusto che questa debba subire il controllo dell'esperimento, ma esso da solo non sa farci uscire dai viottoli sperimentali e guidarci per le vie maestre della conoscenza. Accanto alle minori singole esperienze sparpagliate per l'infinito mondo fenomenico, è altrettanto necessaria l'esperienza unitaria dell'io, il quale solo può avvicinarsi al pensiero di Dio. Per risalire per le vie dello spirito è necessario un atteggiamento di fede e di preghiera. Le vie del dubbio e del controllo sensorio ci portano verso la materia, alla periferia, sempre più lontano dal centro. I primitivi che avevano il senso della sintesi, là dove noi abbiamo quello dell'analisi, affrontavano diversamente lo stesso enigma che ci travaglia. Mentre noi aggrediamo il mistero come un nemico, armati con tutti i mezzi e tutte le astuzie, per demolirlo, dominarlo e a noi asservirlo, gli antichi lo avvicinavano con parole sacre e solenni che suscitavano nel cuore degli uomini il silenzio e la venerazione. Ma noi oggi non tanto vogliamo contemplare, comprendere e armonizzarci, quanto vogliamo nella natura intervenire, operare, influendo sui ritmi della vita per piegarli al nostro desiderio. Questo sembra piuttosto un assalto alla divinità. Ciò tentano di fare i nostri tempi. E tale esperimentazione si conduce così per tentativi, senza una guida che ne orienti le mosse, nella completa ignoranza delle conseguenze e reazioni che ne possano derivare. Ciò è estremamente pericoloso in un universo così organico e interdipendente, in un campo di forze così sensibili ed equilibrate. Non si disconosce l'importanza del contributo del metodo positivo sperimentale. Ma si afferma la necessità di completarsi con il tributo apportato dal metodo intuitivo. Come la vita anche la scienza è bipolare e, come abbiamo cercata la vita totale e completa, qui cerchiamo la scienza completa delle sue due braccia: ragione-analisi e intuizione-sintesi. L'intuizione non va considerata come un caso eccezionale e trascurabile, ma va elevata a vero sistema di indagine. I risultati dell'obiettivismo che salgono dal basso dovrebbero fondersi con i risultati del subiettivismo che scende dall'alto. Essi dovrebbero dividersi le due fasi del lavoro, l'una consistente nel trovare, l'altra nell'analizzare e dimostrare. Come mai ciò che è così facile da comprendere, così logico e persuasivo, è così difficile da attuare? La ragione è che l'intuizione non può essere praticata che dal tipo biologicamente selezionato, cioè dall'evoluto e di questo vi sono pochi esemplari e questi pochi vengono dalla società, nella lotta per la vita, presto o tardi eliminati."
                                                     

 
 


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