martedì 2 marzo 2021

SIA SEMPRE IN ME AMORE DI VERITÀ, SOPRA OGNI ALTRA COSA!


SIA SEMPRE IN ME AMORE DI VERITÀ


SOPRA OGNI ALTRA COSA!


Dinaweh


"Sia sempre in me amore di Verità, sopra ogni altra cosa!"
Queste parole sgorgano dal cuore più che dalla mente, ogniqualvolta mi avvicino alla lettura e allo studio delle opere del grande e dimenticato filosofo del Cinquecento: Giordano Bruno!
Prendendo il testo in mano, rimango affascinato e muto di fronte alla verace dedica che egli stesso indirizzò all'illustrissimo cavalier signor Michel di Castelnovo, come proemio alla sua opera "De infinito Universo et Mundi". [Quelle stesse parole saranno lo spunto per il post successivo].
Ammirazione e amore in me, per il potere e la fascinazione di un uomo che con la sua vita, oltreché con il suo pensiero, ha dato prova di vivere da vero cercatore, scavando attorno a sé un abisso, per l'irraggiungibilità dei suoi iperbolici voli nel mondo della conoscenza e della futura scienza. Quanti dei suoi contemporanei sono mai riusciti a cogliere la visione onirica e tuttavia non illusoria di una mente e di un cuore che in lui palpitavano all'unisono? Verità e fede, scienza e conoscenza in lui hanno cercato di collimare, quando egli stesso cercava una via per far risplendere la verità delle cose, quelle animate come quelle inanimate, al di fuori del dogma religioso, nel quadro cosmico di una conoscenza universale, sdoganata dalla pervicacia di un potere dispotico e miope, quale era quello esercitato per secoli dalla Chiesa...
Bruno viveva lui stesso tutto intriso di quella Luce da cui sentiva di provenire che restituiva con l'impeto del fanciullo gioioso e quasi ingenuo; corifeo di tutta quella bellezza per gli uomini del suo tempo, del tutto incapaci tuttavia di cogliere cotanta luce in un sol colpo!. 
Quanto attuale appare oggi il suo dire, nella sua sferza contro l'ignoranza dei dotti! Oggi la dotta scienza, che si è fatta largo anche grazie al sacrificio di uomini dal pensiero e dalla vista acuta come Giordano Bruno, mostra di sé non tanto quell'apertura mentale né quella visione metafisica e spirituale così necessarie e imprescindibili per sondare i massimi sistemi dell'uomo e dell'Universo, quanto la stessa pervicace e presuntuosa ignoranza che sembra aver ereditato da quella stessa cattedra che aveva voluto demolire: la Chiesa di Roma! E come è vero che una stessa medaglia porge sempre di sé entrambe le facce, opposte ma pur sempre figlie della stessa matrice, così la scienza si pose al posto della religione con lo stesso dogmatico atteggiamento che era proprio dell'antico e acerrimo nemico! Bruno riuscì a volare più in alto, librando il suo audace pensiero sopra le beghe dell'umana ragione, così come al di sopra di ogni cieca credenza, che non fosse avvalorabile dall'esperienza e dall'immaginazione; quella stessa che soltanto un visionario come lui seppe trasmutare in vera e propria conoscenza. 
Egli ne seppe trovare le vie; ne riconobbe i sentieri più nascosti che divennero al suo magnetico sguardo la via Maestra, la più diretta, la più ovvia, persino la più scontata!
Chi mai avrebbe potuto accettare e accogliere tanta arditezza di ragionamento?! Chi, della Terra figlio, avrebbe mai potuto condividere temi e aspetti così lontani, eppur vicini, dell'umana natura e della sua stessa genìa stellare rivelata così, senza infingimenti, né sconti da regalare al destinatario, sieno essi stati papi, re, cardinali, oppure rampolli di nobili e patrizie casate, studenti delle più facoltose università dell'Europa del tempo?!       

Interessi e secondi fini, strategie di potere e supremazia economica hanno da sempre fatto da sfondo alle asserzioni spacciate - allora "a difesa della fede", oggi "a difesa della scienza" - le più ottuse e liberticide di quei vili che, 'in nomine veritate', continuano - ancor oggi - a farsene scudo.
Di tutt'altra natura il nostro Bruno, come tutti coloro che, nel nome della verità e di un ragionevole dubbio, sono stati e sono tuttora disposti a patire la derisione e la condanna dei folli e degli ignavi. Ancora troppo e sempre "la maggioranza sta"... 
A noi non interessa la maggioranza, il politicamente corretto né - ancor meno - ci sentiamo di dare ascolto alle sirene di una scienza senza coscienza, colpevole di aver pasciuto e condotto un'umanità fragile e inconsapevole a un passo dal suo baratro finale!


Lungi dall'essere mera speculazione astratta, le riflessioni del Nolano - affidate ad una miriade di scritti in volgare ed in latino - si schiudevano a una complessa teoria sull'essere umano, considerato in un universo infinito e antigerarchico, di cui non era più il centro (come voleva un certo Rinascimento), facendone parte intrinsecamente, partecipando della stessa energia vitale che muoveva la natura a crearsi e ricrearsi di continuo in varie forme, a reinventarsi in nome di una "intelligenza" e di un moto vicissitudinale che le era proprio. Le conseguenze di tale pensiero si riversavano su ogni piano dell'esistenza, facendo saltare i pilastri apparentemente incrollabili su cui era fondata la società del tempo.*
dal sito "www.altritaliani.net", The Hand e Giordano Bruno, ovvero disegnare la filosofia, 27 settembre 2012.

Troppo audaci le sue considerazioni stabilivano un'altra misura, dischiudevano una nuova cifra di confronto, un diverso metro di ragionamento, ove nulla era più così "trascendente", se non nella sua immanenza manifesta e tuttavia velata nella sua sostanza comprendente ogni elemento dell'Universo, da cui egli sentiva scaturiginare la presenza del divino! 
Giordano Bruno anticipava così le teorie della fisica del Novecento, quelle che diedero timidamente inizio alla fisica dei quanti, ove nel secolo appena trascorso Werner Karl Heisenberg, contemporaneo di Albert Einstein, col suo principio di indeterminazione ebbe a sostenere che l'osservatore cambia la realtà osservata, a differenza di quanto sosteneva lo stesso Einstein. 
Sentirsi così parte di un tutto, ove natura e uomo si confondono e si nutrono della stessa energia, contribuendo, ciascuno secondo il proprio scopo, al moto dei mondi e degli universi. Con Ermete Trismegisto Bruno avvalorava il detto: "così in alto, così in basso, così dentro, così fuori". 

Riporto ancora questo bel ragionamento, di cui il lettore attento troverà bibliografia in calce al post, per corroborare quanto detto fin qui, nel tentativo di descrivere ancora la rudezza e insieme la dolce appassionata indole di un uomo indomito, che seppe accompagnare ogni suo scritto, detto e respiro fino all'estremo sacrificio di sé: la prigionia con gli innumerevoli interrogatori, la tortura e infine, la morte. 
Il fuoco, elemento di trasmutazione per antonomasia, fu per Giordano Bruno l'elemento di natura che egli stesso e la sua anima scelsero per ascendere a quei lidi da dove un tempo, poco prima di cadere nella densa materia, egli era venuto. 
Questo post sia per l'affezionato lettore soltanto il preludio di quelle bellissime parole che all'inizio del mio dire, avevo descritto essere il prologo di una delle più belle opere del nostro amato autore. 


Dinaweh


Non era, quello di Bruno, un ribellismo sterile, né uno scettico nichilismo; attraverso una fantasmagoria di metafore, usate per traghettare immagini e ragionamenti, le sue parole tendevano a scoprire e smontare le bugie, le mistificazioni, le violenze di cui si servivano il potere religioso ed il potere politico. Egli prefigurava utopisticamente una riforma del genere umano, che si sarebbe liberato dagli errori di "un mondo pazzo, sensuale, cieco e fantastico" [G. Bruno, De infinito Universo et Mundi (1584), in D.W. Singer, Giordano Bruno, seguito dal testo originale, De infinito Universo et Mundi, Longanesi, Milano, 1957, p. 369]. Anche per il lettore odierno è l'aspetto certamente più interedsante della sua filosofia: la presenza costante di un'attenzione all'umano, l'urgenza di quel richiamo di moderna (o forse antichissima?) concezione: "Stay human" [...] soprattutto concepito sulla base della ricerca di una verità di specie, individuata non nelle ragioni di stato, di fede, ecc., ma nella peculiarità di una mente creativa, che si oppone naturalmente alle coercizioni di natura astratta. Unita ad una vicenda esistenziale dai toni drammatici (esilio, peregrinaggio, ostilità, tortura e condanna a morte), che ne fa una figura di fortissimo impatto, pertinace in una virtuosa eresia quanto nella coerenza, tuttora forte di inquietudine per le menti meno che aperte e linere. Stanti queste premesse, si profilano alcune contingenze interessanti. Da un lato, non sembra innaturale che la filosofia vada a braccetto con l'arte, che questa incontri la ricerca gnoseologica e che tutte insieme creino prodotti di grande interesse umano ed estetico. Dall'altro, si assiste a strane resistenze (almeno, in Italia) quando si parli di Giordano Bruno o almeno si tenti di portarlo fuori dall'alveo della trattazione specialistica, tutto sommato ancora riservata agli addetti ai lavori. E mentre altri "maledetti" riscuotono coonsensi e successi impastati di popolarità, un gran riserbo aleggia sulla figura di chi, invece, dovrebbe essere dichiarato il più grande filosofo del Cinquecento italiano.**
** Ibidem.

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