venerdì 12 marzo 2021

NEL SILENZIO DELLE COSE...

 

NEL SILENZIO DELLE COSE...




Dinaweh


Il volto di questo san Francesco mi riporta all'ascolto e al silenzio interiore. Non ho mai pensato che fosse una prerogativa degli uomini di Chiesa! 
E perché mai dovremmo pensare che ciò possa essere esclusivo appannaggio di chi, come il poverello di Assisi, scelse di dedicare la sua intera vita a Dio, spogliandosi di tutti i beni?
Anche noi nel nostro vivere quotidiano, magari con una famiglia, dei genitori anziani e dei figli da accudire, possiamo gustare il silenzio, possiamo ascoltarlo vibrare in tutte le cose attorno a noi; possiamo farci interrogare dai battiti del nostro cuore, lui solo capace di scandirlo così bene.
Quel volto così umano e allo stesso tempo trasfigurato dal suo stesso silenzio, che volge lo sguardo verso l'alto ci riporta all'Inizio; un Inizio che abbiamo dimenticato, frutto di una preparazione durata eoni di tempo inenarrabile, perché la vita potesse manifestarsi in tutto il suo splendore. 
Il post che seguirà a questo, tratto da una lettura che sta accompagnando da qualche tempo le mie giornate, ci introdurrà al mistero della manifestazione della vita, intesa non tanto come l'inizio del processo creativo, ma piuttosto come la sua sintesi. Sembrerà paradossale, dopo tutto quanto esposto fin qui ma, se per un attimo abbandonassimo il nostro concetto lineare di tempo e spazio, per tornare alla circolarità spiralica che accompagna da sempre il movimento della creazione e della vita ad essa conseguente, ci renderemmo conto che nessuna cesura, nessuna separazione esiste tra l'inizio e il compimento di altri inizi e di nuovi compimenti. 
L'autore che ci accompagnerà in questo viaggio, che  si concluderà con una splendida preghiera, è Pietro Ubaldi. Scrittore instancabile, ispirato da Entità Spirituali elevatissime, scrisse un'opera mastodontica, con l'unico intento di rivelare all'umanità del Terzo millennio le verità della Scienza dello Spirito che finalmente sarebbe stata in grado di comprendere non più attraverso parabole e dogmatiche catechesi, appannaggio esclusivo delle religioni, ma attraverso uno sguardo razionale, scientifico e, allo stesso tempo, spirituale; accompagnato da quella Presenza che lui chiamava la Nourì, Pietro Ubaldi non escluse dalla sua penna ispirata la rivelazione di verità scientifiche enunciate con decenni di anticipo sulla scienza, che poi vi trovarono conferma.

Allora, dopo esserci soltanto avvicinati per un attimo a quelle pagine sublimi, saremmo davvero in grado di apprezzare e riconoscere il valore immenso della vita, inizio e allo stesso tempo compimento di un lunghissimo processo creativo, frutto dell'onnipresenza pervasiva del Sé Cosmico, l'Intelligenza Onnicreante che in sé riassume tutte le cose, ancor prima che scaturiscano e che da Lei si manifestino. 
In questo periodo così ostile alla vita, intriso dalla paura della morte, contaminato dal sospetto e dalla separazione dall'altro vissuto come minaccia, potremmo scorgere invece tutta la sacralità che la avvolge, la ispira e la nutre sin dalla sua prima manifestazione nella materia, figlia dell'energia invisibile che l'aveva causata dall'inizio del tempo.

Ecco che il nostro sguardo torna al volto estatico di quel san Francesco. Quegli occhi persi nel Cielo avevano trovato pace non prima di aver guerreggiato con le ombre e gareggiato con le luci, di aver integrato il bene e il male dentro le sue stesse viscere, proprio come aveva fatto col mondo da cui aveva preso le distanze, per riavvicinarvisi trasfigurato nell'abbraccio incondizionato alla vita che vedeva pulsare in ogni creatura e nel suo Creatore, ciclicamente e senza fine.
Anche noi viviamo la stessa proiezione verso l'Alto, anche noi lottiamo, anche noi ci arrabattiamo, anche noi da noi stessi ci separiamo per poi ritrovarci, anche noi alla fine amiamo. E anche se crediamo di essere separati dall'Amore, anche noi siamo parte di quel ciclico movimento che sempre più ci porterà ad ascendere verso l'Alto, fino a ricongiungerci col Cielo da cui eravamo discesi. 


Dinaweh




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