Un racconto vivido e sincero, così attuale da sembrare vero, odierno, vicino a noi, per la bellezza dei sentimenti che il racconto di Claudiano esprime, tra Serena e il suo amato sposo. Una coppia speciale, quella di Serena e Stilicone; vissuti nei secoli ormai cristiani dell'impero romano, sembrano i protagonisti di un teleromanzo, il prototipo di una aristocrazia moderna per i loro tempi, nuova, diversa, così lontana dal periodo classico, precedente la nascita di Cristo.
Lei era nata in Spagna e, dopo la morte del padre, l'imperatore Teodosio l'aveva adottata. Questo le dava una posizione di rilievo quando, alla corte di Milano, Serena, diventata moglie di Stilicone, oltre ad essere nipote e figlia adottiva di Teodosio il Grande, diventa anche sorella adottiva e, più tardi, suocera del regnante Onorio.
Dopo l'ascesa al trono di Teodosio era stata chiamata a Costantinopoli e nel 384 d.C. aveva sposato il generale Stilicone, Vandalo da parte di padre; da lui ebbe tre figli: Maria, che nel 398 d.C. andò in sposa ad Onorio, Eucherio e Thermantia, che fu la seconda moglie di Onorio, dopo la prematura morte di Maria.
Alla morte di Teodosio, il figlio maggiore Arcadio ereditò l'impero d'Oriente; il minore, Onorio, quello d'Occidente. Essendo entrambi molto giovani, Stilicone, con l'appoggio di Serena, si trovò ad esercitare di fatto le funzioni di governo dell'impero d'Occidente. Le vicende successive lo portarono ad inimicarsi Arcadio, che si dimostrò incapace e irresoluto a governare l'impero e per questo Stilicone ambiva ad assumerne lui il controllo.
Le controversie di Stilicone in aggiunta a quelle di Serena con la moglie di Arcadio, donna ben più determinata del marito, indebolirono oltremodo l'Impero, con i barbari che premevano sui confini occidentali e orientali. Fu a quel punto che Stilicone, non ascoltando i consigli di Serena, sguarnì le difese sul Reno, facilitando così nel 407 d.C. l'irruzione dei Vandali, degli Alani e degli Svevi. Questo non lo favorì e, rimanendo vittima di una congiura, venne ucciso nel 408.
Anche la sorte di Serena non fu migliore; da devota e fervente cristiana qual era, recatasi a Roma, fece un gesto di sprezzo nei confronti dei culti pagani, profanando la statua della dea Cibele; fu per questo motivo vittima di una maledizione da parte della vecchia vestale della dea, che augurò morte a lei e a tutta la sua famiglia: essendosi precedentemente alienata i favori del Senato, fu accusata di complicità con Alarico che in quei giorni assediava Roma; processata dal pagano Pompeianus, in qualità di praefectus urbi, venne condannata a morte, il figlio Eucherio ucciso mentre, a breve distanza di tempo, morì anche la figlia. La maledizione della vestale sembrava essere andata a segno!
Quando mi sono imbattuto nella lettura dell' "Elogio di Serena" di Claudiano, ho sentito un brivido pervadermi tutto il corpo, come se quella storia appartenesse alla mia stessa storia e a quella della mia attuale compagna...
In modo del tutto coincidente i luoghi frequentati e amati da quella regina e dal suo sposo sono gli stessi frequentati e amati da me e da Serena: le terre toscane con Siena, Chiusdino e la spada nella roccia, San Galgano e l'amore per l'arte bizantina che ci lega entrambi alla città di Ravenna...
Dinaweh
ELOGIO DI SERENA Lei era nata in Spagna e, dopo la morte del padre, l'imperatore Teodosio l'aveva adottata. Questo le dava una posizione di rilievo quando, alla corte di Milano, Serena, diventata moglie di Stilicone, oltre ad essere nipote e figlia adottiva di Teodosio il Grande, diventa anche sorella adottiva e, più tardi, suocera del regnante Onorio.
Dopo l'ascesa al trono di Teodosio era stata chiamata a Costantinopoli e nel 384 d.C. aveva sposato il generale Stilicone, Vandalo da parte di padre; da lui ebbe tre figli: Maria, che nel 398 d.C. andò in sposa ad Onorio, Eucherio e Thermantia, che fu la seconda moglie di Onorio, dopo la prematura morte di Maria.
Alla morte di Teodosio, il figlio maggiore Arcadio ereditò l'impero d'Oriente; il minore, Onorio, quello d'Occidente. Essendo entrambi molto giovani, Stilicone, con l'appoggio di Serena, si trovò ad esercitare di fatto le funzioni di governo dell'impero d'Occidente. Le vicende successive lo portarono ad inimicarsi Arcadio, che si dimostrò incapace e irresoluto a governare l'impero e per questo Stilicone ambiva ad assumerne lui il controllo.
Le controversie di Stilicone in aggiunta a quelle di Serena con la moglie di Arcadio, donna ben più determinata del marito, indebolirono oltremodo l'Impero, con i barbari che premevano sui confini occidentali e orientali. Fu a quel punto che Stilicone, non ascoltando i consigli di Serena, sguarnì le difese sul Reno, facilitando così nel 407 d.C. l'irruzione dei Vandali, degli Alani e degli Svevi. Questo non lo favorì e, rimanendo vittima di una congiura, venne ucciso nel 408.
Anche la sorte di Serena non fu migliore; da devota e fervente cristiana qual era, recatasi a Roma, fece un gesto di sprezzo nei confronti dei culti pagani, profanando la statua della dea Cibele; fu per questo motivo vittima di una maledizione da parte della vecchia vestale della dea, che augurò morte a lei e a tutta la sua famiglia: essendosi precedentemente alienata i favori del Senato, fu accusata di complicità con Alarico che in quei giorni assediava Roma; processata dal pagano Pompeianus, in qualità di praefectus urbi, venne condannata a morte, il figlio Eucherio ucciso mentre, a breve distanza di tempo, morì anche la figlia. La maledizione della vestale sembrava essere andata a segno!
Quando mi sono imbattuto nella lettura dell' "Elogio di Serena" di Claudiano, ho sentito un brivido pervadermi tutto il corpo, come se quella storia appartenesse alla mia stessa storia e a quella della mia attuale compagna...
In modo del tutto coincidente i luoghi frequentati e amati da quella regina e dal suo sposo sono gli stessi frequentati e amati da me e da Serena: le terre toscane con Siena, Chiusdino e la spada nella roccia, San Galgano e l'amore per l'arte bizantina che ci lega entrambi alla città di Ravenna...
Dinaweh
Claudiano
[...] Si narra che alla tua nascita il Tago inondò di ricchezze i pingui campi, la Galizia rise di fiori e il Duero, bello per le sue rive coperte di rose, tinse di porpora il vello delle sue greggi. L'oceano gettò gemme sulla spiaggia cantabrica, né il pallido Asturiano ha più bisogno di aggirarsi per le cave fra i monti: per i tuoi sacri natali la Terra offre a tutti dalle sue viscere l'oro, e negli antri dei Pirenei le ninfe dei fiumi raccolsero pietre preziose tra i bagliori di fuoco, e quelle Nereidi che, seguendo il riflusso della marea, si spinsero - a tutti visibili - fino alla corrente del fiume, ti proclamarono loro signora e cantarono gli auspici delle tue future nozze. Frattanto, sotto un altro cielo, cresceva Stilicone, allora piccolo e ignaro del matrimonio che gli era riservato; altrove, in una terra lontanissima, si preparava la sposa a lui destinata e l'unione di così alto destino. Nessuna nutrice mortale meritò di vegliare sulla tua culla. Ad offrirti il seno furono per prime le Ore dal grembo doloso; e le tre Grazie, cingendoti con i nudi corpi, alitarono su di te e ti insegnarono a parlare. Dovunque tu ti avanzassi carponi per l'erba, splendevano le rose e nascevano candidi gigli; e, se i tuoi occhi cedevano a un quieto sonno, sorgeva la porpora delle viole a creare un erboso giaciglio, immagine primaverile del tuo futuro letto regale. Tua madre non osa parlare di presagi così grandi, e tiene per sé, celandolo con trepida speranza, quel desiderio che vorrebbe si realizzasse.
Tuo padre Onorio ti teneva stretta in braccio. Il principe Teodosio, all'epoca ancora privato cittadino, tutte le volte che faceva visita al fratello ti copriva di baci e ti portava con gioia nella sua dimora; allora, rivolgendoti a tua madre, dicevi con tenere lagnanze: "Ma come? Strapparmi via dalla mia casa! Costui comanda sempre!" Erano parole profetiche e dalle tue labbra di bimba venne il presagio del futuro regno. Morto tuo padre, ti adotta il tuo nobile zio che, per consolarti del grave lutto, amò te, figlia del defunto fratello, più che se ti avesse generata; i fratelli spartani figli di Leda non furono legati da un più forte affetto: Teodosio diede a suo figlio il nome del fratello cercando così, nel modo che gli era concesso, di ridare a se stesso l'immagine del fratello perduto. Infine, quando - chiamato all'Impero - egli prese le redini del sommo potere, non concesse affettuose attenzioni ai suoi figli prima di aver fatto venire te e la tua fida sorella dalla Spagna alle terre d'Oriente.
[...] Ti davano gioia lo studio della poesia e i carmi degli antichi poeti: leggendo Omero e Virgilio condanni Elena e non sei tenera con Didone. Esempi ben più nobili avvincono il tuo animo pudico. Laodamia che segue lo sposo Protesilao nel suo ritorno al regno delle ombre; la moglie di Capaneo che si precipita fra le fiamme del rogo in cui arde il marito, per unire le sue ceneri a quelle di lui; l'austera Lucrezia che, gettandosi su una casta spada, testimoniò con la propria ferita il delitto del tiranno, spinse alla lotta il giusto risentimento dei cittadini, provocando l'esilio di Tarquinio, e cadde gloriosa dopo aver vendicato a prezzo della vita l'affronto fatto al suo pudore e alla libertà di Roma. Non meno virtuosa, ma di loro più fortunata, tu leggi con piacere le gesta di queste eroine.
E' ormai tempo di nozze e, mentre il principe se ne dà pensiero, a corte si chiedono, sospesi fra incertezza e speranza, a chi toccherà la fortuna di tanto matrimonio. I poeti ci parlano di antichi re che facevano lottare i pretendenti delle figlie alla terribile condizione di mettere in gioco la vita per conquistare la sposa e che, crudeli, godevano di vedere le proprio figlie richieste a rischio della morte. Con il carro donatogli da Nettuno, Pelope evita a Pisa di cader vittima del suocero: infatti l'infido Mirsilo ingannò il re Enomao, manomettendo il perno della ruota. Grazie ad un pomo d'oro Ippomene, ormai senza fiato, riuscì a vincere nella corsa la velocissima figlia di Sceneo, che, armata, lo aveva già quasi raggiunto. Dall'alto della sua cinta di mura, Calidone assistette alla lotta di Ercole con il fiume per la conquista di Deianira: l'Alcide ansimante gridava vittoria mentre pallido arretrava il fiume ferito, con il suo corno spezzato: in preda allo stupore, le ninfe ne curavano le ferite. Ma non fu grazie ai pomi delle Esperidi, o alla vittoria su un fiume, o ad una ruota che tradisse il suocero, che Stilicone ti ottenne in moglie, bensì perché l'imperatore lo giudicò degno per le prove date in tante guerre, e il suo valore gli meritò la mano di una regina. Spesso i generali hanno consegnato corone meritate con azioni di valore: l'uno riceve la corona murale, l'altro quella civica, di quercia; la corona rostrata premia per le vittorie navali. Ma Stilicone soltanto ha meritato di ricevere dal suocero, quale straordinario compenso ai servigi resi in guerra, la corona nuziale.
Anche a Thermantia lo zio dimostrò un'analoga sollecitudine, e anch'ella sposò un generale. Ma il destino di tua sorella fu di gran lunga inferiore al tuo. Con ben altro auspicio la Salus Romana accende per te le fiaccole nuziali e l'averti sposata favorisce il conferimento a tuo marito di importanti onorificenze. Prima carica ottenuta fu quella di scegliere i destrieri che cavalle frigie allevate nei pascoli del monte Argeo generano per le greppie imperiali dal seme di corsieri cappadoci. Subito dopo egli fu investito di un duplice comando sull'esercito e il suo zelo ricoperse con tale efficacia gli incarichi ricevuti, che il principe, pur ricompensando generosamente i suoi meriti, restava sempre in debito con lui. Se si addensava una nube di guerra, avresti potuto vedere i vecchi capitani di fanteria e cavalleria far posto a lui, benché inferiore per età e per carriera, e affidargli ufficialmente la condotta della guerra: né il ritegno dovuto al grado o all'età impedisce a loro, più vecchi, di ubbidire ad un giovane. Come, finché il mare è calmo e soffia un vento leggero, ciascuno pretende di reggere il timone; ma se invece si scatena tempestoso l'Austro e l'onda percuote ambo i fianchi della nave, i marinai rinunciano alla contesa e, contenti di venir guidati da una mano più esperta, le affidano se stessi e la nave, e per loro, che - sotto la spinta della paura - riconoscono la vera competenza, la tempesta ha posto fine alla competizione; allo stesso modo Stilicone, quando la tempesta della guerra si fece sentire in Tracia, mentre tutti insieme si facevano da parte, venne scelto, egli solo, quale unico capo. Il timore, infatti, giudicò sulla base della verità; vinti dal desiderio di salvarsi, vennero meno i maneggi per il potere e l'invidia giacque abbattuta, messa in fuga dal terrore.
Quale tremore ti invadeva le membra e in quale abbondanza scorrevano ininterrotte le tue lacrime, quando le trombe di guerra chiamavano alle armi crudeli il tuo sposo e tu, volgendoti indietro a guardarlo con il volto bagnato di lacrime, lo desideravi già di ritorno e, attraverso l'apertura dell'elmo minaccioso, strappavi rapida baci alla sua bocca.
E quali gioie di nuovo, quando finalmente, dopo che risuonava l'annuncio della vittoria, potevi accoglierlo ancora coperto delle armi, fra le tue braccia divine e chiedergli, fra i casti piaceri di una dolce notte, il racconto delle sue tante battaglie. Mai, durante le sue campagne militari, fai acconciare la tua fulgida chioma, mai ti adorni dei preziosi gioielli che sei solita portare. Preoccupata solo di rivolgere preghiere alla divinità, in atteggiamento supplice spazzi con la chioma il pavimento, si appanna il fascino della tua bellezza trascurata, che tornerà a risplendere al ritorno del tuo sposo.
Ma il tuo amore non si macera, inattivo, in pigri languori; la tua accortezza favorisce, per quanto è possibile ad una donna, la sua gloria militare. Mentre egli combatte contro popoli stranieri, tu osservi tutto con vigile attenzione, perché l'invidia rabbiosa, sempre ostile ai meriti, o un'ingiusta calunnia non osino in sua assenza qualcosa contro di lui e perché, una volta terminata in terre lontane la guerra, non si prepari insidiosamente in patria qualche astuta manovra destinata a nuocergli. Sempre attenta, tu, al tempo in cui Rufino ordiva le sue trame nefaste e cercava la rovina del generale alimentando la rivolta dei Geti contro l'esercito romano, scoprivi i suoi nascosti maneggi e, tremando per la salvezza di tuo marito, lo mettevi in guardia con messaggi e con lettere.
Tuo padre Onorio ti teneva stretta in braccio. Il principe Teodosio, all'epoca ancora privato cittadino, tutte le volte che faceva visita al fratello ti copriva di baci e ti portava con gioia nella sua dimora; allora, rivolgendoti a tua madre, dicevi con tenere lagnanze: "Ma come? Strapparmi via dalla mia casa! Costui comanda sempre!" Erano parole profetiche e dalle tue labbra di bimba venne il presagio del futuro regno. Morto tuo padre, ti adotta il tuo nobile zio che, per consolarti del grave lutto, amò te, figlia del defunto fratello, più che se ti avesse generata; i fratelli spartani figli di Leda non furono legati da un più forte affetto: Teodosio diede a suo figlio il nome del fratello cercando così, nel modo che gli era concesso, di ridare a se stesso l'immagine del fratello perduto. Infine, quando - chiamato all'Impero - egli prese le redini del sommo potere, non concesse affettuose attenzioni ai suoi figli prima di aver fatto venire te e la tua fida sorella dalla Spagna alle terre d'Oriente.
[...] Ti davano gioia lo studio della poesia e i carmi degli antichi poeti: leggendo Omero e Virgilio condanni Elena e non sei tenera con Didone. Esempi ben più nobili avvincono il tuo animo pudico. Laodamia che segue lo sposo Protesilao nel suo ritorno al regno delle ombre; la moglie di Capaneo che si precipita fra le fiamme del rogo in cui arde il marito, per unire le sue ceneri a quelle di lui; l'austera Lucrezia che, gettandosi su una casta spada, testimoniò con la propria ferita il delitto del tiranno, spinse alla lotta il giusto risentimento dei cittadini, provocando l'esilio di Tarquinio, e cadde gloriosa dopo aver vendicato a prezzo della vita l'affronto fatto al suo pudore e alla libertà di Roma. Non meno virtuosa, ma di loro più fortunata, tu leggi con piacere le gesta di queste eroine.
E' ormai tempo di nozze e, mentre il principe se ne dà pensiero, a corte si chiedono, sospesi fra incertezza e speranza, a chi toccherà la fortuna di tanto matrimonio. I poeti ci parlano di antichi re che facevano lottare i pretendenti delle figlie alla terribile condizione di mettere in gioco la vita per conquistare la sposa e che, crudeli, godevano di vedere le proprio figlie richieste a rischio della morte. Con il carro donatogli da Nettuno, Pelope evita a Pisa di cader vittima del suocero: infatti l'infido Mirsilo ingannò il re Enomao, manomettendo il perno della ruota. Grazie ad un pomo d'oro Ippomene, ormai senza fiato, riuscì a vincere nella corsa la velocissima figlia di Sceneo, che, armata, lo aveva già quasi raggiunto. Dall'alto della sua cinta di mura, Calidone assistette alla lotta di Ercole con il fiume per la conquista di Deianira: l'Alcide ansimante gridava vittoria mentre pallido arretrava il fiume ferito, con il suo corno spezzato: in preda allo stupore, le ninfe ne curavano le ferite. Ma non fu grazie ai pomi delle Esperidi, o alla vittoria su un fiume, o ad una ruota che tradisse il suocero, che Stilicone ti ottenne in moglie, bensì perché l'imperatore lo giudicò degno per le prove date in tante guerre, e il suo valore gli meritò la mano di una regina. Spesso i generali hanno consegnato corone meritate con azioni di valore: l'uno riceve la corona murale, l'altro quella civica, di quercia; la corona rostrata premia per le vittorie navali. Ma Stilicone soltanto ha meritato di ricevere dal suocero, quale straordinario compenso ai servigi resi in guerra, la corona nuziale.
Anche a Thermantia lo zio dimostrò un'analoga sollecitudine, e anch'ella sposò un generale. Ma il destino di tua sorella fu di gran lunga inferiore al tuo. Con ben altro auspicio la Salus Romana accende per te le fiaccole nuziali e l'averti sposata favorisce il conferimento a tuo marito di importanti onorificenze. Prima carica ottenuta fu quella di scegliere i destrieri che cavalle frigie allevate nei pascoli del monte Argeo generano per le greppie imperiali dal seme di corsieri cappadoci. Subito dopo egli fu investito di un duplice comando sull'esercito e il suo zelo ricoperse con tale efficacia gli incarichi ricevuti, che il principe, pur ricompensando generosamente i suoi meriti, restava sempre in debito con lui. Se si addensava una nube di guerra, avresti potuto vedere i vecchi capitani di fanteria e cavalleria far posto a lui, benché inferiore per età e per carriera, e affidargli ufficialmente la condotta della guerra: né il ritegno dovuto al grado o all'età impedisce a loro, più vecchi, di ubbidire ad un giovane. Come, finché il mare è calmo e soffia un vento leggero, ciascuno pretende di reggere il timone; ma se invece si scatena tempestoso l'Austro e l'onda percuote ambo i fianchi della nave, i marinai rinunciano alla contesa e, contenti di venir guidati da una mano più esperta, le affidano se stessi e la nave, e per loro, che - sotto la spinta della paura - riconoscono la vera competenza, la tempesta ha posto fine alla competizione; allo stesso modo Stilicone, quando la tempesta della guerra si fece sentire in Tracia, mentre tutti insieme si facevano da parte, venne scelto, egli solo, quale unico capo. Il timore, infatti, giudicò sulla base della verità; vinti dal desiderio di salvarsi, vennero meno i maneggi per il potere e l'invidia giacque abbattuta, messa in fuga dal terrore.
Quale tremore ti invadeva le membra e in quale abbondanza scorrevano ininterrotte le tue lacrime, quando le trombe di guerra chiamavano alle armi crudeli il tuo sposo e tu, volgendoti indietro a guardarlo con il volto bagnato di lacrime, lo desideravi già di ritorno e, attraverso l'apertura dell'elmo minaccioso, strappavi rapida baci alla sua bocca.
E quali gioie di nuovo, quando finalmente, dopo che risuonava l'annuncio della vittoria, potevi accoglierlo ancora coperto delle armi, fra le tue braccia divine e chiedergli, fra i casti piaceri di una dolce notte, il racconto delle sue tante battaglie. Mai, durante le sue campagne militari, fai acconciare la tua fulgida chioma, mai ti adorni dei preziosi gioielli che sei solita portare. Preoccupata solo di rivolgere preghiere alla divinità, in atteggiamento supplice spazzi con la chioma il pavimento, si appanna il fascino della tua bellezza trascurata, che tornerà a risplendere al ritorno del tuo sposo.
Ma il tuo amore non si macera, inattivo, in pigri languori; la tua accortezza favorisce, per quanto è possibile ad una donna, la sua gloria militare. Mentre egli combatte contro popoli stranieri, tu osservi tutto con vigile attenzione, perché l'invidia rabbiosa, sempre ostile ai meriti, o un'ingiusta calunnia non osino in sua assenza qualcosa contro di lui e perché, una volta terminata in terre lontane la guerra, non si prepari insidiosamente in patria qualche astuta manovra destinata a nuocergli. Sempre attenta, tu, al tempo in cui Rufino ordiva le sue trame nefaste e cercava la rovina del generale alimentando la rivolta dei Geti contro l'esercito romano, scoprivi i suoi nascosti maneggi e, tremando per la salvezza di tuo marito, lo mettevi in guardia con messaggi e con lettere.
2 commenti:
Ciao!potresti dirmi dove potrei trovare il testo latino?
Lo dovresti trovare qui con testo latino a fronte:
https://www.ibs.it/elogio-di-serena-libri-vintage-claudio-claudiano/e/2570150271653
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