L'UNICA RIVOLUZIONE POSSIBILE
IL "PASSAGGIO AL BOSCO"
Dinaweh
Dinaweh
Più la gente fa, più la società si sviluppa, più aumentano i problemi.
La crescente devastazione della natura, l'esaurimento delle risorse,
l'ansia dello spirito umano, tutte queste cose sono state provocate e diffuse
dal tentativo dell'umanità di realizzare qualcosa.
In origine non c'era nessuna ragione per progredire
e non c'era nulla che dovesse essere fatto.
Siamo arrivati al punto in cui non abbiamo altra via
che portare avanti un movimento che non porti avanti niente."
Masanobu Fukuoka
§ Saltare il fossato
In tempi come questi, ogni tentativo di dar vita ad un movimento politico, ad un partito, ad una mobilitazione generale, seppur promosso dalle menti più vivaci della società, sembra ai nostri occhi ripercorrere strade già battute o, come un mare procelloso, infrangere i suoi marosi ineluttabilmente contro gli scogli delle diverse ragioni, dei differenti punti di vista a seconda delle radici ideologiche e culturali di provenienza e, infine, esaurirsi in dibattiti e riunioni infinite per la stesura di manifesti programmatici, ove tutte le voci possano essere inglobate per non escluderne nessuna, o forse qualcuna...
In tempi come questi, ogni tentativo di dar vita ad un movimento politico, ad un partito, ad una mobilitazione generale, seppur promosso dalle menti più vivaci della società, sembra ai nostri occhi ripercorrere strade già battute o, come un mare procelloso, infrangere i suoi marosi ineluttabilmente contro gli scogli delle diverse ragioni, dei differenti punti di vista a seconda delle radici ideologiche e culturali di provenienza e, infine, esaurirsi in dibattiti e riunioni infinite per la stesura di manifesti programmatici, ove tutte le voci possano essere inglobate per non escluderne nessuna, o forse qualcuna...
Ma siamo proprio sicuri che non si possa fare nulla di più efficace? Come si può evitare di attendere che venga definita la linea programmatica dell'ennesimo movimento antagonista? Come non sospendere energie così preziose in tempi cupi come questi, i quali esigono piuttosto in ogni soggetto senziente che non sia colto da paralisi e da ignavia esiziale, la velocità di scelte coraggiose, coerenti, capillari, e individuali soprattutto? Come non accorgersi che è soltanto dalle scelte individuali di ciascuno che si forma piano, piano la massa critica, conseguenza delle sempre più numerose coscienze deste, individue appunto, che si muovono ciascuna per proprio conto ma in sincronicità di intenti, consapevoli di marcare insieme un territorio, che prima ancora di essere fisico (geografico e politico) è un territorio mentale, dei corpi e dello Spirito?
A tal proposito, mi torna alla mente Ernst Junger, un intellettuale tedesco del Novecento che durante la prima guerra mondiale aveva combattuto in trincea regalandoci pagine straordinarie di quei giorni terribili, in un testo agghiacciante per la sua crudezza, Tempeste d'acciaio; più di trent'anni dopo, nel 1951 sullo sfondo di un mondo profondamente cambiato in una società come quella del secondo dopoguerra, mentre si andava delineando quella integrazione planetaria nel nome della tecnica che oggi è sotto gli occhi di tutti, Ernst Junger elaborò un testo che appare oggi ai nostri occhi di estrema attualità e che in lingua originale fu titolato "Passaggio al bosco", mentre in Italia è conosciuto come "Trattato del Ribelle". Il Ribelle Jungeriano è colui che evade e si esime dallo svolgere il programma preordinato dall'élite, una società che lo vorrebbe omologato a se stessa. Cosa può fare dunque costui, sentendosi braccato da un sistema onnipervasivo, che esercita sul singolo e sulla società intera un controllo capillare, se non fuggire definitivamente quella pressione?
Sentendo nel profondo di non appartenere a quell'ordine precostituito, egli dunque sceglie di "passare al bosco", dissociandosi per sempre dal cliché convergente, fondato sulla schiavitù degli individui tenuti separati dalla paura.
Sentendo nel profondo di non appartenere a quell'ordine precostituito, egli dunque sceglie di "passare al bosco", dissociandosi per sempre dal cliché convergente, fondato sulla schiavitù degli individui tenuti separati dalla paura.
Ecco un passo significativo tratto dal testo:
"Nel passaggio al bosco si cela un nuovo principio di difesa. Ci si può esercitare ad esso anche se manca un esercito. In tutti i paesi, ma principalmente nei piccoli Stati, si dovrà riconoscere che questa difesa deve essere preparata. Le grandi armi possono essere costruite soltanto dalle superpotenze: prendere la via del bosco è alla portata della più esigua minoranza, anche del singolo individuo. E' la risposta che può venire dalla libertà. E l'ultima parola è della libertà.
Il passaggio al bosco ha un rapporto con la libertà che è più stretto di quello di tutti i possibili armamenti: in esso vive l'originaria volontà di resistenza. Perciò ne saranno capaci solo i volontari che si difenderebbero in ogni caso, anche senza essere stati addestrati, armati o richiamati dallo Stato. Essi danno prova così della loro libertà sul piano esistenziale. Lo Stato che non mantiene viva una simile coscienza decade al rango di scherano, di satellite.
La libertà è il grande tema di oggi, è la forza capace di dominare la paura. La libertà dovrebbe essere la materia più importante da insegnare agli uomini liberi, al pari dei modi e delle forme di rappresentarla efficacemente e di manifestarla nella resistenza. Non intendiamo addentrarci in troppi particolari. Per diminuire la paura basta che l'uomo sappia in anticipo quale parte gli spetta in caso di catastrofe. E' necessario esercitarsi in vista della catastrofe, così come prima di ogni traversata si prova il naufragio. Ma quando un popolo intero si prepara a passare al bosco, il suo potere diventa terribile."¹
Un modo saggio per far fronte all'imminente catastrofe sembra proprio essere quello di arrivarci preparati. Di fronte alle sfide che ci aspettano, questa sembra essere l'unica e l'ultima soluzione possibile, non tanto per costruirsi una via di fuga, ma per esercitare nel modo più efficace possibile il diritto alla legalità, nella difesa delle libertà individuali e collettive. Mettere in atto una resistenza attiva, che ci renda responsabili di ogni nostro atto in prima persona e idonei alla difesa, capaci di sopravvivere autonomamente di fronte ad ogni tentativo di coercizione e di limitazione delle libertà individuali:
"Nella nostra epoca, ogni giorno può portare alla ribalta sistemi inauditi di coercizione, di schiavitù e di sterminio - diretti contro alcune categorie sociali o estesi a interi territori. La legalità è invece rappresentata dalla resistenza, in quanto essa rivendica i diritti fondamentali del cittadino, che sono garantiti, nella migliore delle ipotesi, dalla Costituzione, anche se spetta al singolo metterli in atto. Esistono metodi efficaci a questo scopo, e chiunque si trovi sotto tiro dev'essere preparato ed esercitato a farne uso. Anzi, è proprio questa la principale materia di insegnamento della nuova educazione. E' già importantissimo che chiunque sia minacciato si abitui a pensare che la resistenza comunque è possibile: solo in seguito, una infima minoranza che avrà fatta sua questa idea sarà in grado di abbattere il colosso, che è sì poderoso, ma anche estremamente impacciato. In questa immagine, che ritorna di continuo, la storia ha i suoi fondamenti mitici sui quali edifica costruzioni durature."²
Operando una trasduzione da ieri all'oggi, in riferimento a quanto affermato qui sopra nel testo di Junger, "tra i metodi più efficaci a questo scopo", il più efficace di tutti (a questo punto della storia della civiltà umana) e "il più rivoluzionario di tutti" nel passaggio al bosco, è senz'altro quello di coltivarsi il proprio cibo.
Negli Stati Uniti esiste persino un movimento di coltivatori urbani denominato Propaganda Gardening, una sorta di guerilla gardening che si propone di risvegliare la coscienza politica attraverso il ritorno alla coltivazione su piccola scala. Coltivarsi il proprio cibo diventa un atto politico, oltre a salvaguardare la propria salute. La permacultura è stata anche definita come "la Rivoluzione travestita da giardinaggio". Il punto infatti non è votare per l'uno o per l'altro, in società ipocritamente e falsamente 'democratiche', ma riportare il controllo della propria vita nelle proprie mani, di chi coltiva per se stesso e per la sua comunità.
A questo proposito riporto volentieri un testo di Alex Pietrowski, artista e scrittore, che si occupa di come preservare la salute e la libertà di assicurarsi un sano stile di vita.
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PERCHÉ COLTIVARTI IL CIBO È L'ATTO DI MAGGIORE IMPATTO
CHE TU POSSA COMPIERE
IN UN SISTEMA POLITICO CORROTTO
CHE TU POSSA COMPIERE
IN UN SISTEMA POLITICO CORROTTO
Alex Pietrowski
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§ Dalla passività tecnologica alla manualità creativa
Naturalmente, per essere ancor meno in balìa di eventi che si preannunciano sempre più nefasti per la salute fisica e psichica delle persone, occorrerebbe far tesoro alla lettera delle parole di Ernst Junger, prediligendo la natura come luogo elettivo di vita, di relazioni, di cura e di guarigione; allontanarsi dalle metropoli e dai centri urbani, grandi o piccoli che siano, potrà diventare a breve una priorità assoluta; ecco che essere preparati significherà ristabilire già da ora una connessione con le proprie capacità di sopravvivenza, imparare l'arte del saper fare, tornando a sviluppare tutte quelle abilità che ci permetteranno di non affidare più la nostra vita nelle mani degli specialisti (quelli della salute, dell'energia, dell'ingegneria, dell'architettura, dell'alimentazione, dell'istruzione, dei trasporti, ecc.), ma rendendoci totalmente autosufficienti e responsabili di ogni nostra parola, azione, comportamento e persino di ogni nostro pensiero. La sfida ultima di questa modernità³ è quella di trasformare la precarietà della quale il sistema ultraliberista in cui viviamo è pregno⁴, in opportunità di autonomia e di sviluppo della creatività, oggi quasi totalmente inibite a causa di quel fenomeno che potremmo definire di "protesizzazione tecnologica", penultimo step del processo di mutazione genetica dall'homo sapiens al trans-umano o, peggio ancora, al post-umano, come qualcuno si è già spinto a definire⁵.
Voglio concludere questa nostra riflessione con la citazione di un ultimo passo dal saggio di E: Junger, Passaggio al bosco (Trattato del Ribelle nella traduzione italiana) che vuole rendere omaggio e onore a tutti coloro che si spingono oltre la recinzione del prato e saltano la rete; a coloro che da veri servitori della libertà non si limitano alla inutile protesta, ma che osano l'impossibile sfidando la tirannia ogniqualvolta e in qualsiasi forma gli si presenti davanti, con un cambiamento di paradigma nella vita reale di tutti i giorni.
Note:
¹ Ernst Junger, Trattato del Ribelle, Adelphi edizioni, Milano, 1990, pp. 108-109.
² Ibidem, pp. 118-119.
³ Il concetto di "modernità" vuole essere qui inteso in relazione ad un prima e ad un dopo, che rende la coniugazione della modernità mai assoluta, perché sempre relativa al trascorrere del tempo e della storia che la travolge di continuo.
⁴ Basti pensare alla fragilità del sistema informatico e digitale globale da cui pressoché tutta l'umanità dipende e alla conseguente facilità che si verifichi un crash totale a causa di eventi naturali estremi come tsunami, terremoti, uragani, incendi o inondazioni sempre più frequenti, oppure provocato da attacchi di hackeraggio informatico.
⁵ https://youtu.be/LmhYAI8R88E; https://youtu.be/0nBygBTAZiE.
⁶ Op. cit., p. 120.
Gli innovatori sociali più efficaci della nostra era non stanno aspettando che un nuovo presidente gli migliori la vita, stanno invece seminando, letteralmente, e attraverso l'atto rivoluzionario del giardinaggio, stanno ricostruendo le loro comunità, mentre coltivano la propria indipendenza. Ogni quattro anni in USA milioni di persone si appassionano intorno a come creare un mondo migliore all'interno di un contesto sempre più corrotto e assurdo. E se invece quell'energia venisse investita in qualcosa di meglio, qualcosa che migliori la vita direttamente e immediatamente, sia nella comunità che nel mondo in generale? Il semplice atto di coltivarsi il cibo sfida la matrice del controllo in svariati modi, che è poi la ragione per cui alcune delle persone più consapevoli e determinate stanno prendendo le vanghe e cominciando a coltivare. Farlo è diventato una affermazione politica molto più significativa che sostenere un partito o un candidato. Il Propaganda Gardening, una combinazione di guerrilla gardening e protesta politica, consiste nello sviluppare l'autosufficienza facendo una semplice, ma coraggiosa, affermazione riguardo al mondo che condividiamo, e le scelte di vita che compiamo. Prendete ad esempio Ron Finley, il guerrilla gardener di Los Angeles che ispira il mondo con verità paradossali su come il sistema alimentare industriale ci schiavizzi:
"Vivo in una prigione alimentare. E' stata progettata nei minimi dettagli, come le carceri. Ma sono stanco di essere un detenuto. Così, mi sono detto, fatemi cambiare questo paradigma, fatemi coltivare il mio cibo. Posso farlo per scappare da questa vita predestinata cui sono stato abbonato contro la mia volontà."
Coltivarti il cibo sfida lo status quo in tanti di quei modi! Riduce la dipendenza da un sistema alimentare industriale inquinato; accresce la salute e il benessere facendoti fare esercizio fisico e producendo cibo nutriente; ci libera dalla dipendenza da alcune medicine, mina alla base Monsanto e l'industria agrochimica che sta inquinando il pianeta e provocando un ecocidio globale; evidenzia che ci sono problemi di controllo burocratico/politico su chi vuole coltivare il proprio cibo; aiuta a costruire e guarire la comunità procurando luoghi in cui valga la pena di riunirsi e svolgere attività; ci aiuta a rimediare ai danni che stiamo facendo all'ambiente con lo stile di vita consumistico; ci protegge dall'insicurezza e dalla scarsità di cibo; facilita un più vasto risveglio, dando un esempio da seguire ad altre persone.Quando ci uniamo, consapevolezza e azione creano il tipo di cambiamento che un sistema di controllo rigido non può tollerare [...]. Questa è azione reale, efficace e, se diventa sempre più normale fare orti nel proprio cortile o nell'isolato, assisteremo al ritorno di una società che non creeremo mai se ci limiteremo ad agire secondo i dettami del sistema.
Fonte: http://realfarmacy.com/growing-food-rigged-system/
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§ Dalla passività tecnologica alla manualità creativa
Naturalmente, per essere ancor meno in balìa di eventi che si preannunciano sempre più nefasti per la salute fisica e psichica delle persone, occorrerebbe far tesoro alla lettera delle parole di Ernst Junger, prediligendo la natura come luogo elettivo di vita, di relazioni, di cura e di guarigione; allontanarsi dalle metropoli e dai centri urbani, grandi o piccoli che siano, potrà diventare a breve una priorità assoluta; ecco che essere preparati significherà ristabilire già da ora una connessione con le proprie capacità di sopravvivenza, imparare l'arte del saper fare, tornando a sviluppare tutte quelle abilità che ci permetteranno di non affidare più la nostra vita nelle mani degli specialisti (quelli della salute, dell'energia, dell'ingegneria, dell'architettura, dell'alimentazione, dell'istruzione, dei trasporti, ecc.), ma rendendoci totalmente autosufficienti e responsabili di ogni nostra parola, azione, comportamento e persino di ogni nostro pensiero. La sfida ultima di questa modernità³ è quella di trasformare la precarietà della quale il sistema ultraliberista in cui viviamo è pregno⁴, in opportunità di autonomia e di sviluppo della creatività, oggi quasi totalmente inibite a causa di quel fenomeno che potremmo definire di "protesizzazione tecnologica", penultimo step del processo di mutazione genetica dall'homo sapiens al trans-umano o, peggio ancora, al post-umano, come qualcuno si è già spinto a definire⁵.
Voglio concludere questa nostra riflessione con la citazione di un ultimo passo dal saggio di E: Junger, Passaggio al bosco (Trattato del Ribelle nella traduzione italiana) che vuole rendere omaggio e onore a tutti coloro che si spingono oltre la recinzione del prato e saltano la rete; a coloro che da veri servitori della libertà non si limitano alla inutile protesta, ma che osano l'impossibile sfidando la tirannia ogniqualvolta e in qualsiasi forma gli si presenti davanti, con un cambiamento di paradigma nella vita reale di tutti i giorni.
"Il vero problema è piuttosto che una grande maggioranza non vuole la libertà, anzi ne ha paura. Bisogna essere liberi per volerlo diventare, poiché la libertà è esistenza - soprattutto è un accordo consapevole con l'esistenza, è la voglia - sentita come destino - di realizzarla. Allora l'uomo è libero e questo mondo, proliferante di tirannie e di tiranni, da quel momento in poi deve servire a rendere visibile la libertà in tutto il suo fulgore - come le grandi masse delle rocce primitive che con la loro stessa pressione producono i cristalli. La nuova libertà è quella antica, assoluta, che riappare nella veste del tempo; farla trionfare sempre, eludendo le astuzie dello spirito del tempo: questo è il senso del mondo storico."⁶
Note:
¹ Ernst Junger, Trattato del Ribelle, Adelphi edizioni, Milano, 1990, pp. 108-109.
² Ibidem, pp. 118-119.
³ Il concetto di "modernità" vuole essere qui inteso in relazione ad un prima e ad un dopo, che rende la coniugazione della modernità mai assoluta, perché sempre relativa al trascorrere del tempo e della storia che la travolge di continuo.
⁴ Basti pensare alla fragilità del sistema informatico e digitale globale da cui pressoché tutta l'umanità dipende e alla conseguente facilità che si verifichi un crash totale a causa di eventi naturali estremi come tsunami, terremoti, uragani, incendi o inondazioni sempre più frequenti, oppure provocato da attacchi di hackeraggio informatico.
⁵ https://youtu.be/LmhYAI8R88E; https://youtu.be/0nBygBTAZiE.
⁶ Op. cit., p. 120.
F I N E
P.S. Mi sono permesso di ri-pubblicare questo post, data la sempre più straordinaria attualità dei temi affrontati in relazione alla complicata situazione storica che stiamo vivendo. 'Passare al bosco' diventa sempre più una scelta quasi obbligata, comunque "etica", rispetto all'imminente crollo dell'Impero. Il fallimento del modello capitalistico nella sua nuova veste globalista e 'socialisteggiante' di un Nuovo Ordine Mondiale in grado di azzerare ogni anelito divergente al proprio diktat ormai spudoratamente anti-umano e nemico della vita sul pianeta, spinge ogni Essere ancora senziente ad "abbandonare la nave" e a chiudere battente per cessione totale commercio. Soltanto azioni concrete, ostinate e contrarie, come direbbe il nostro compianto poeta in musica Fabrizio De Andrè, potranno salvare l'umanità dall'estinzione totale della sua natura divina e umana allo stesso tempo.
Dinaweh
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