IL GESU' DIMENTICATO
Voglio portare alla conoscenza dei lettori del blog questo testo (quasi del tutto sconosciuto) che per la maggior parte nulla sanno degli anni che Gesù visse in India, sottaciuti dall'establishment cattolico; anni che oltretutto rappresentano quasi la vita intera del Maestro, se consideriamo che furono soltanto gli ultimi tre quelli della sua predicazione pubblica in terra di Palestina!
Le parole di introduzione al testo - qui da me esattamente riportate - sono di Fosco Del Nero, ricercatore spirituale del nostro tempo, di cui potrete trovare diversi suoi libri, tra i quali "Il significato esoterico dei Vangeli".
In fondo alla sua scrupolosa recensione al testo di Holger Kersten ho pensato di produrre una "Bibliografia essenziale" al tema del Gesù dimenticato (si tratta dei testi che personalmente ho avuto modo di leggere e approfondire), con tanto di immagini di copertine per facilitarvì la ricerca in libreria oppure online sui siti dedicati, qualora foste interessati ad approfondire di persona l'argomento.
Un ultimo spunto di riflessione: il più amato e apprezzato da me personalmente è senz'altro quello che troverete nella lista indicato per ultimo. E' un vero e proprio cammino iniziatico quello che Jeshua ben Youssaf, diventato Cristo, descrive dei suoi anni dimenticati e sono sicuro che susciterà in chi sceglierà di leggerlo un salto di coscienza dal quale non potrà che trarne beneficio, immense benedizioni e, forse, non essere più la stessa persona!
Dinaweh
Il libro di Holger Kersten tuttavia
ha una sua importanza, a mio avviso, sia come test sulla propria apertura
mentale (quanti fedeli di una qualsivoglia religione hanno il coraggio di
mettere in discussione i suoi dogmi e informarsi in modo indipendente da quello
che vien loro detto dal pulpito… o in televisione?), sia come strumento di conoscenza.
Anche perché va ad analizzare la vita di uno degli uomini che
hanno influito maggiormente sulla storia dell’umanità: Gesù
Cristo.
O, perlomeno, sugli ultimi 2.000 anni di storia dell’umanità, visto che delle decine (centinaia, milioni) di migliaia di anni precedenti sappiamo quasi nulla.
O, perlomeno, sugli ultimi 2.000 anni di storia dell’umanità, visto che delle decine (centinaia, milioni) di migliaia di anni precedenti sappiamo quasi nulla.
Da La vita di Gesù in India vi propongo dunque
alcuni spunti, in modo che possiate farvi un’idea del testo ed eventualmente
acquistarlo se di vostro gradimento. Il primo brano proposto attiene alla differenza tra cristianesimo e paolinesimo.
“Inoltre quello che oggi viene chiamato cristianesimo è in ogni caso non tanto la parola di Cristo ma qualcosa d’altro: è il paolinesimo, perché la dottrina che oggi noi conosciamo si basa in tutti i suoi punti principali non sul messaggio di Gesù, ma sull’insegnamento di Paolo, che è completamente diverso. Il moderno cristianesimo si diffuse soltanto quanto il paolinesimo fu dichiarato religione di stato.
Manfred Mezger cita il teologo protestante svizzero Emil Brunner su questo argomento: ‘Emil Brunner ha affermato che la Chiesa è un fraintendimento. Partendo da una chiamata, è stata costruita una dottrina; da una libera comunione, una corporazione legalizzata; da una libera associazione, una macchina gerarchizzata. Si può dire che è diventata, in tutti i suoi elementi e nella sua disposizione complessiva, l’esatto opposto di quello che si intedeva inizialmente’.
Una persona appare in un tempo di oscurità, portando un messaggio pieno di speranza, un messaggio di amore e benevolenza, e cosa ne fa la gente di tutto questo? Lo fanno diventare documentazione, discussioni, cause di contese e di commerci! Gesù si sarebbe augurato veramente una qualunque di quelle cose che più tardi apparirono in suo nome? Sarà ben difficile. Durante la sua vita in Palestina mostrò con grande evidenza il suo disaccordo con la chiesa ufficiale (ebraica), prendendo le distanze dalle autorità, dalle scritture e dalle leggi della chiesa, dalla sua insistenza nel preservare sottigliezze verbali con interpretazioni conflittuali, dalla sua contorta gerarchia, dall’idolatria e dal culto che vi erano associati.
Gesù cercò di creare un legame immediato fra Dio e l’umanità, non di istituire canali burocratici attraverso i quali occorresse passare. Ma la voce di Gesù non è più arrivata fino a noi in modo così naturale e diretto. L’accesso ai suoi insegnamenti si ottiene soltanto attraverso la mediazione di una gerarchia privilegiata… Gesù è stato rimaneggiato, monopolizzato, codificato. Man mano che una fede vera e viva è scomparsa, è stata sostituita da credenze ristrette e rigidamente dogmatiche; l’amore per il prossimo e la tolleranza che Gesù aveva insegnato sono stati sostituiti da un fanatismo che si autogiustifica. Le contese su cosa possa esattamente definirsi come la “vera” fede hanno lasciato un’ampia scia dì infelicità, di litigi e di sangue lungo la storia delle cheise cristiane.”
“Inoltre quello che oggi viene chiamato cristianesimo è in ogni caso non tanto la parola di Cristo ma qualcosa d’altro: è il paolinesimo, perché la dottrina che oggi noi conosciamo si basa in tutti i suoi punti principali non sul messaggio di Gesù, ma sull’insegnamento di Paolo, che è completamente diverso. Il moderno cristianesimo si diffuse soltanto quanto il paolinesimo fu dichiarato religione di stato.
Manfred Mezger cita il teologo protestante svizzero Emil Brunner su questo argomento: ‘Emil Brunner ha affermato che la Chiesa è un fraintendimento. Partendo da una chiamata, è stata costruita una dottrina; da una libera comunione, una corporazione legalizzata; da una libera associazione, una macchina gerarchizzata. Si può dire che è diventata, in tutti i suoi elementi e nella sua disposizione complessiva, l’esatto opposto di quello che si intedeva inizialmente’.
Una persona appare in un tempo di oscurità, portando un messaggio pieno di speranza, un messaggio di amore e benevolenza, e cosa ne fa la gente di tutto questo? Lo fanno diventare documentazione, discussioni, cause di contese e di commerci! Gesù si sarebbe augurato veramente una qualunque di quelle cose che più tardi apparirono in suo nome? Sarà ben difficile. Durante la sua vita in Palestina mostrò con grande evidenza il suo disaccordo con la chiesa ufficiale (ebraica), prendendo le distanze dalle autorità, dalle scritture e dalle leggi della chiesa, dalla sua insistenza nel preservare sottigliezze verbali con interpretazioni conflittuali, dalla sua contorta gerarchia, dall’idolatria e dal culto che vi erano associati.
Gesù cercò di creare un legame immediato fra Dio e l’umanità, non di istituire canali burocratici attraverso i quali occorresse passare. Ma la voce di Gesù non è più arrivata fino a noi in modo così naturale e diretto. L’accesso ai suoi insegnamenti si ottiene soltanto attraverso la mediazione di una gerarchia privilegiata… Gesù è stato rimaneggiato, monopolizzato, codificato. Man mano che una fede vera e viva è scomparsa, è stata sostituita da credenze ristrette e rigidamente dogmatiche; l’amore per il prossimo e la tolleranza che Gesù aveva insegnato sono stati sostituiti da un fanatismo che si autogiustifica. Le contese su cosa possa esattamente definirsi come la “vera” fede hanno lasciato un’ampia scia dì infelicità, di litigi e di sangue lungo la storia delle cheise cristiane.”
Ora vediamo un passo su una delle tante somiglianze tra
l’insegnamento di Gesù e il buddhismo.
“C’è una particolare storia che rappresenta forse il parallelo più sorprendente di tutti fra i più antichi testi buddhisti e il Nuovo Testamento. In termini cristiani è la parabola della monetina della vedova. Secondo la versione buddhista, si narra di un’assemblea religiosa alla quale viene richiesto ai fedeli di fare una donazione in denaro. I membri più ricchi della congregazione offrono con generosità e in moneta pregiata. C’è però una povera vedova, che possiede in totale solo due monetine, ed essa le dona generosamente entrambe, e con piacere. Il sacerdote presente si accorge del suo nobile gesto e la elogia pubblicamente per questo, mentre non accenna affatto alle altre donazioni.
Il passaggio corrispondente del Vangelo di Marco così racconta l’episodio simile: “E Gesù, sedendosi di fronte al tesoro, guardava come la folla gettava monete nel tesoro: e molti ricchi ne mettevano assai.
E venne una povera vedova che mise due spiccioli, equivalenti a un quadrante.
Chiamati a sé i suoi discepoli, Gesù disse loro: ‘In verità vi dico, questa povera vedova ha messo più di tutti gli altri nel tesoro: poiché tutti vi hanno messo del loro superfluo, questa invece, nella sua indigenza, ha messo tutto cià che possedeva, tutto ciò che aveva per vivere’”.
Oltre al fatto che il tema di base è identico in entrambe le versioni, ci sono alcune coincidenze di dettaglio che colpiscono in modo particolare. In entrambe le versioni la storia riguarda una vedova, entrambe parlano di offerte ad un’assemplea religiosa ed i persone ricche presenti, in entrambe la vedova offre tutto quello che possiede, per la precisione due monete, e per questo viene lodata da qualcuno che apprezza il suo sacrificio molto di più delle donazioni dei ricchi. Le due versioni sono così uguali, che riesce difficile credere che la più recente (quella cristiana) sia stata inventata in modo del tutto indipendente dalla più antica (quella buddhista).
I paralleli tra il buddhismo e il cristianesimo sono evidenti non solo nelle parole e nelle azioni dei rispettivi fondatori, ma anche in altri aspetti delle due religioni.”
“C’è una particolare storia che rappresenta forse il parallelo più sorprendente di tutti fra i più antichi testi buddhisti e il Nuovo Testamento. In termini cristiani è la parabola della monetina della vedova. Secondo la versione buddhista, si narra di un’assemblea religiosa alla quale viene richiesto ai fedeli di fare una donazione in denaro. I membri più ricchi della congregazione offrono con generosità e in moneta pregiata. C’è però una povera vedova, che possiede in totale solo due monetine, ed essa le dona generosamente entrambe, e con piacere. Il sacerdote presente si accorge del suo nobile gesto e la elogia pubblicamente per questo, mentre non accenna affatto alle altre donazioni.
Il passaggio corrispondente del Vangelo di Marco così racconta l’episodio simile: “E Gesù, sedendosi di fronte al tesoro, guardava come la folla gettava monete nel tesoro: e molti ricchi ne mettevano assai.
E venne una povera vedova che mise due spiccioli, equivalenti a un quadrante.
Chiamati a sé i suoi discepoli, Gesù disse loro: ‘In verità vi dico, questa povera vedova ha messo più di tutti gli altri nel tesoro: poiché tutti vi hanno messo del loro superfluo, questa invece, nella sua indigenza, ha messo tutto cià che possedeva, tutto ciò che aveva per vivere’”.
Oltre al fatto che il tema di base è identico in entrambe le versioni, ci sono alcune coincidenze di dettaglio che colpiscono in modo particolare. In entrambe le versioni la storia riguarda una vedova, entrambe parlano di offerte ad un’assemplea religiosa ed i persone ricche presenti, in entrambe la vedova offre tutto quello che possiede, per la precisione due monete, e per questo viene lodata da qualcuno che apprezza il suo sacrificio molto di più delle donazioni dei ricchi. Le due versioni sono così uguali, che riesce difficile credere che la più recente (quella cristiana) sia stata inventata in modo del tutto indipendente dalla più antica (quella buddhista).
I paralleli tra il buddhismo e il cristianesimo sono evidenti non solo nelle parole e nelle azioni dei rispettivi fondatori, ma anche in altri aspetti delle due religioni.”
A proposito di parallelismi tra cristianesimo e buddhismo,
leggiamo qualcosa riguardo alla dottrina della reincarnazione.
“La reincarnazione viene citata in modo molto specifico parecchie volte nel Nuovo Testamento, anche se questi riferimenti sono molto spesso ignorati o nascosti (probabilmente in modo intenzionale). La credenza nella reincarnazione era un fatto naturale nelle prime comunità cristiane, fino a quando divenne vittima di uno storico errore perpetrato nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli nell’anno 533 d.C. Dichiarata eretica, è da allora rimasta bandita dalla dottrina ‘cristiana’ fino ad oggi.
L’idea della rinascita era ampiamente diffusa attraverso tutto il mondo greco-romano dall’antichità classica. Il grande filosofo e matematico gredo Pitagora (570-496 a.C circa), un contemporaneo di Buddha, era un grande sostenitore della trasmigrazione delle anime, e ci sono anche alcune leggende che parlano dei suoi viaggi in India. Anche Platone (427-347 a.C.) era un seguace della reincarnazione, e la rinascita ha un ruolo centrale pure nella filosofia degli stoici. I poeti romani Virgilio e Plutarco, contemporanei di Gesù, pensavano che le anime delle persone che erano in qualche modo legate al mondo fisico della carne sarebbero rinate in un nuovo corpo quando il vecchio corpo giungeva alla morte.
Nel Nord Africa antico, in Asia Minore e nel Medio Oriente, dall’Anatolia e dall’Egitto alla Persia, le nozioni di rinascita e trasmigrazione delle anime erano date per certe. L’Antico Testamento contiene chiari esempi della credenza in una rinascita dell’anima in un altro corpo. Secondo il salmo 90:3, Dio ‘riduce l’uomo a polvere e dice: tornate, figli dell’uomo’. Friedrich Weinreb inoltre interpreta un passaggio del Libro di Giona come la descrizione di una reincarnazione regressiva in forma di bestiame, e parla anche di una reincarnazione di Nimrod. Weinreb spiega il concetto ebraico del Dio-anima nshamah, lo spirito divino perfetto ugualmente presente in tutti gli umani, e di cui certi aspetti caratteristici hanno un’apparizione di quando in quando.
Attorno all’anno 30 d.C. gli ebrei ben conoscevano la dottrina delle trasmigrazione delle anime, che essi chiamavano gilgal (ruota, ciclo).
[…] Il Vecchio testamento in realtà finisce con una profezia (fatta attorno all’870 a.C.) che annuncia la reincarnazione di Elia: ‘Ecco, io vi manderò Elia il profeta, prima che venga il grande e terribile giorno del Signore’ (Malachia 4:5).
[…] Fu Gesù stesso ad affermare più tardi che Giovanni Battista era Elijah/Elias: ‘Perchè questo è colui di cui fu scritto: Ecco, io mando il mio messaggero dinanzi a te, per prepararti dinanzi la via. In verità vi dico: fra i nati di donna non è apparso uno più grande di Giovanni il Battista: e tuttavia il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui. Poiché fino a Giovanni hanno fatto profezie tutti i profeti e la legge. E se volete capire, è lui Elia che doveva venire’ (Matteo 11:10-11, 13-14).
[…] E i discepoli chiesero a Gesù: ‘Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?’. E Gesù rispose e disse loro: ‘Sì, Elia deve venire a rimettere tutto in ordine. Vi divo però che Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto, ma lo hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’Uomo dovrà soffrire molto per causa loro’. Allora i discepoli capirono che aveva loro parlato di Giovanni il Battista (Matteo 17:10-13).
[…] I seguaci di Gesù sapevano che Gesù era una reincarnazione, ma non erano ancora sicuri della sua identità e tentavano parecchi suggerimenti. Gesù stesso non dà risposta diretta alle varie ipotesi, ma conferma indirettamente le idee dei discepoli incoraggiando la loro curiosità: ‘Ma voi chi dite che io sia?’. Nel Nuovo Testamento (Matteo 14:1-2, 16:13-14, Marco 6:14-16, Luca 9:7-9) ci sono anche significative descrizioni delle congetture di varie persone, compreso Erode, sul quesito di quale anima Gesù fosse la reincarnazione. Tutti questi passaggi provano in modo certo che la reincarnazione era una credenza largamente diffusa in quel tempo. Secondo Giuseppe Flavio, i farisei credevano nel ‘potere di coloro che ritornano alla vita’.
Nel racconto di Gesù che guarisce un uomo cieco dalla nascita (Giovanni 9), i discepoli chiedono espressamente: ‘Maestro, chi ha peccato, quest’uomo o i suoi genitori, poiché è nato cieco?’. L’idea che qualcuno poteva essere nato cieco a causa di peccati commessi prima comporta naturalmente la conseguenza di una vita precedente e di una conseguente rinascita.”
“La reincarnazione viene citata in modo molto specifico parecchie volte nel Nuovo Testamento, anche se questi riferimenti sono molto spesso ignorati o nascosti (probabilmente in modo intenzionale). La credenza nella reincarnazione era un fatto naturale nelle prime comunità cristiane, fino a quando divenne vittima di uno storico errore perpetrato nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli nell’anno 533 d.C. Dichiarata eretica, è da allora rimasta bandita dalla dottrina ‘cristiana’ fino ad oggi.
L’idea della rinascita era ampiamente diffusa attraverso tutto il mondo greco-romano dall’antichità classica. Il grande filosofo e matematico gredo Pitagora (570-496 a.C circa), un contemporaneo di Buddha, era un grande sostenitore della trasmigrazione delle anime, e ci sono anche alcune leggende che parlano dei suoi viaggi in India. Anche Platone (427-347 a.C.) era un seguace della reincarnazione, e la rinascita ha un ruolo centrale pure nella filosofia degli stoici. I poeti romani Virgilio e Plutarco, contemporanei di Gesù, pensavano che le anime delle persone che erano in qualche modo legate al mondo fisico della carne sarebbero rinate in un nuovo corpo quando il vecchio corpo giungeva alla morte.
Nel Nord Africa antico, in Asia Minore e nel Medio Oriente, dall’Anatolia e dall’Egitto alla Persia, le nozioni di rinascita e trasmigrazione delle anime erano date per certe. L’Antico Testamento contiene chiari esempi della credenza in una rinascita dell’anima in un altro corpo. Secondo il salmo 90:3, Dio ‘riduce l’uomo a polvere e dice: tornate, figli dell’uomo’. Friedrich Weinreb inoltre interpreta un passaggio del Libro di Giona come la descrizione di una reincarnazione regressiva in forma di bestiame, e parla anche di una reincarnazione di Nimrod. Weinreb spiega il concetto ebraico del Dio-anima nshamah, lo spirito divino perfetto ugualmente presente in tutti gli umani, e di cui certi aspetti caratteristici hanno un’apparizione di quando in quando.
Attorno all’anno 30 d.C. gli ebrei ben conoscevano la dottrina delle trasmigrazione delle anime, che essi chiamavano gilgal (ruota, ciclo).
[…] Il Vecchio testamento in realtà finisce con una profezia (fatta attorno all’870 a.C.) che annuncia la reincarnazione di Elia: ‘Ecco, io vi manderò Elia il profeta, prima che venga il grande e terribile giorno del Signore’ (Malachia 4:5).
[…] Fu Gesù stesso ad affermare più tardi che Giovanni Battista era Elijah/Elias: ‘Perchè questo è colui di cui fu scritto: Ecco, io mando il mio messaggero dinanzi a te, per prepararti dinanzi la via. In verità vi dico: fra i nati di donna non è apparso uno più grande di Giovanni il Battista: e tuttavia il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui. Poiché fino a Giovanni hanno fatto profezie tutti i profeti e la legge. E se volete capire, è lui Elia che doveva venire’ (Matteo 11:10-11, 13-14).
[…] E i discepoli chiesero a Gesù: ‘Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?’. E Gesù rispose e disse loro: ‘Sì, Elia deve venire a rimettere tutto in ordine. Vi divo però che Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto, ma lo hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’Uomo dovrà soffrire molto per causa loro’. Allora i discepoli capirono che aveva loro parlato di Giovanni il Battista (Matteo 17:10-13).
[…] I seguaci di Gesù sapevano che Gesù era una reincarnazione, ma non erano ancora sicuri della sua identità e tentavano parecchi suggerimenti. Gesù stesso non dà risposta diretta alle varie ipotesi, ma conferma indirettamente le idee dei discepoli incoraggiando la loro curiosità: ‘Ma voi chi dite che io sia?’. Nel Nuovo Testamento (Matteo 14:1-2, 16:13-14, Marco 6:14-16, Luca 9:7-9) ci sono anche significative descrizioni delle congetture di varie persone, compreso Erode, sul quesito di quale anima Gesù fosse la reincarnazione. Tutti questi passaggi provano in modo certo che la reincarnazione era una credenza largamente diffusa in quel tempo. Secondo Giuseppe Flavio, i farisei credevano nel ‘potere di coloro che ritornano alla vita’.
Nel racconto di Gesù che guarisce un uomo cieco dalla nascita (Giovanni 9), i discepoli chiedono espressamente: ‘Maestro, chi ha peccato, quest’uomo o i suoi genitori, poiché è nato cieco?’. L’idea che qualcuno poteva essere nato cieco a causa di peccati commessi prima comporta naturalmente la conseguenza di una vita precedente e di una conseguente rinascita.”
Ancora sui collegamenti tra il cristianesimo vero, delle origini, e altre
dottrine.
“Malgrado la continua e persistente negazione di ogni collegamento fra i primi cristiani e gli gnostici da parte delle autorità storiche della chiesa cristiana, resta il fatto incontestabile che un certo numero di concetti teologici che sono venuti a far parte della dottrina ortodossa della chiesa di Roma hanno avuto origine in realtà all’interno della cultura gnostica che aveva sede in Alessandria, dove hanno vissuto e lavorato i primi grandi teologi cristiani, Clemente (circa 150-214 d.C.) e Origene (circa 185-254 d.C.).
È stato provato che Clemente di Alessandria aveva familiarità non solo con la cultura spirituale dell’India, ma anche conlinsegnamento del Buddha. Il suo pensiero sulla trasmigrazione delle anime parla da solo: ‘Noi esistiamo da prima della fondazione del mondo; noi che eravamo già presenti anche prima di allora attraverso il nostro essere in Dio; noi, le creature a cui è data la conoscenza del Logos divino, attraverso il quale noi siamo più antichi… Poiché, come ciascuna nascita segue la precedente, noi veniamo portati in progressione graduale verso l’immortalità’.
L’allievo e successore di Clemente fu Origene, il fondatore della teologia cristiana sistematica: uno dei suoi maestri fu un individuo misterioso chiamato Ammonio Sakkas, o Ammonio il Saka. I Saka erano un popolo dell’India del nord, e i precedenti indiani di Ammonio sono al di fuor di ogni dubbio.
Così, il teologo principale del primo cristianesimo dopo Agostino era l’allievo di un monaco buddhista dell’India, e molte delle immagini e delle metafore che usa nelle sue opere teologiche potrebbero essere viste come prese direttamente dal buddhismo.
[…] Due passaggi dei suoi scritti sono sufficienti a dimostrare la sua convinzione nell’esistenza dell’anima prima della nascita e nell’influenza delle zioni compiute in precedenza: ‘Ciascuna anima entra in questo mondo rafforzata dalle vittorie o indebolita dagli errori della sua vita precedente. Il suo posto in questo mondo è stabilito da quello che ha guadagnato o perduto’.
Affermazioni simili vengono fatte da molti altri teologi cristiani nel periodo precedente al Concilio di Costantinopoli del 553 d.C. Uno di questi è stato Gregorio di Nyssa (circa 334-391): ‘L’anima ha bisogno di intraprendere una specie di processo di guarigione per essere purificata dalle macchie causate dal peccato nella vita attuale, la virtù è il rimedio applicato per guarire queste ferite. Se queste restano incurabili nella vita attuale, allora il trattamento di guarigione deve cntinuare in una vita futura’.”
“Malgrado la continua e persistente negazione di ogni collegamento fra i primi cristiani e gli gnostici da parte delle autorità storiche della chiesa cristiana, resta il fatto incontestabile che un certo numero di concetti teologici che sono venuti a far parte della dottrina ortodossa della chiesa di Roma hanno avuto origine in realtà all’interno della cultura gnostica che aveva sede in Alessandria, dove hanno vissuto e lavorato i primi grandi teologi cristiani, Clemente (circa 150-214 d.C.) e Origene (circa 185-254 d.C.).
È stato provato che Clemente di Alessandria aveva familiarità non solo con la cultura spirituale dell’India, ma anche conlinsegnamento del Buddha. Il suo pensiero sulla trasmigrazione delle anime parla da solo: ‘Noi esistiamo da prima della fondazione del mondo; noi che eravamo già presenti anche prima di allora attraverso il nostro essere in Dio; noi, le creature a cui è data la conoscenza del Logos divino, attraverso il quale noi siamo più antichi… Poiché, come ciascuna nascita segue la precedente, noi veniamo portati in progressione graduale verso l’immortalità’.
L’allievo e successore di Clemente fu Origene, il fondatore della teologia cristiana sistematica: uno dei suoi maestri fu un individuo misterioso chiamato Ammonio Sakkas, o Ammonio il Saka. I Saka erano un popolo dell’India del nord, e i precedenti indiani di Ammonio sono al di fuor di ogni dubbio.
Così, il teologo principale del primo cristianesimo dopo Agostino era l’allievo di un monaco buddhista dell’India, e molte delle immagini e delle metafore che usa nelle sue opere teologiche potrebbero essere viste come prese direttamente dal buddhismo.
[…] Due passaggi dei suoi scritti sono sufficienti a dimostrare la sua convinzione nell’esistenza dell’anima prima della nascita e nell’influenza delle zioni compiute in precedenza: ‘Ciascuna anima entra in questo mondo rafforzata dalle vittorie o indebolita dagli errori della sua vita precedente. Il suo posto in questo mondo è stabilito da quello che ha guadagnato o perduto’.
Affermazioni simili vengono fatte da molti altri teologi cristiani nel periodo precedente al Concilio di Costantinopoli del 553 d.C. Uno di questi è stato Gregorio di Nyssa (circa 334-391): ‘L’anima ha bisogno di intraprendere una specie di processo di guarigione per essere purificata dalle macchie causate dal peccato nella vita attuale, la virtù è il rimedio applicato per guarire queste ferite. Se queste restano incurabili nella vita attuale, allora il trattamento di guarigione deve cntinuare in una vita futura’.”
Finiamo questo breve viaggio nel libro di Holger
Kersten con
raffronto finale tra gli insegnamenti di Gesù e il cristianesimo come emerso
dall’opera di diffusione di Paolo.
“Molti fedeli cristiani potrebbero obiettare che con gli argomenti che ho esposto in questo libro tolgo al cristianesimo un elemento essenziale, che da solo può dare speranza e conforto: la redenzione dal peccato (che è causa della sofferenza del mondo), ottenuta tramite la morte sacrificale sostitutiva di Gesù Cristo, per tutti coloro che riconoscono il suo insegnamento.
Ma proprio questa forma della dottrina della salvezza del cristianesimo tradizionale, tratta quasi esclusivamente dall’opera di Paolo, non è mai stata predicata da Gesù. È Paolo che ha insegnato che l’intera funzione di Gesù è incentrata sulla sua morte sacrificale, e che attraverso lo spargimento del suo sangue egli ha assolto i fedeli dai loro peccati e li ha liberati dalla confusione e dalla dominazione di Satana. In effetti, Paolo non ha ritrasmesso una sola sillaba degli insegnamenti diretti di Gesù nelle sue epistole, né ha riportato una sola delle sue parabole. Invece, egli ha costruito una filosofia sua personale sulla base della sua comprensione (o del suo fraintendimento) dell’insegnamento di Gesù.
Paolo insiste sul fatto che a causa del peccato di Adamo tutte le persone sono soggette alla collera di Dio fin dall’inizio (vedi Efesini 2:3), e sono perdute denza eccezione (Romani 5:18, Prima ai Corinzi 15:18), perché tutti sono soggetti al peccato (Romani 3:9, Galati 3:22, Colossesi 2:14). Dio ha emesso il suo giudizio di condanna contro tutta l’umanità (Romani 5:16).
Al contrario della buona novella portatà da Gesù, Paolo ha dato messaggi oscuri e paurosi, dalla minaccia dei quali solo lui può mostrare la via di salvezza. E questa via di uscita fu la salvezza dell’umanità attraverso la morte sacrificale di Cristo (Romani 5:18). E nella lettera ai Colossesi egli descrive Gesù come ‘Colui che ha cancellato il nostro certificato di debito, che in tutti i punti era contro di noi, e lo tolse di mezzo inchiodandolo alla croce’ (Colossesi 2:14).
Ma la cosa peggiore sulla dottrina della salvezza secondo Paolo è l’affermazione che l’individuo non può contribuire per niente alla propria salvezza nella sua miserevole vita: non attraverso qualsiasi opera buona, non attraverso qualunque cambiamento di vita comunque sia per il meglio, può l’individuo giustificare il suo essere salvato e riconciliato con Dio (Romani 3:24, 9:16, Prima ai Corinzi 1:29, Galati 2:16).
Perché secondo Paolo è esclusivamente la grazia di Dio che ci porta alla salvezza (Efesini 2:8-9).
[…] Al contrario, ciascuna persona, per quanto possa aver condotto una vita buona ed esemplare, deve in questo schema considerarsi perduta se non accetta che il sacrificio sulla croce è stato fatto per lui personalmente come sua completa salvezza.
Queste idee sono totalmente estranee a Gesù. Neppure un piccolo indizio di questa cosiddetta dottrina cristiana della salvezza si può trovare nel sermone della montagna, la quintessenza del messaggio di Gesù, o nella preghiera del signore, il padre nostro, oppure nelle parabole tradizionali predicate da Gesù!
A Gesù non interessava costruire una filosofia che potesse basarsi sulla sua vita e sul suo messaggio, che potesse liberare la gente dale sofferenze dell’esistenza terrena. Egli visse realmente ciò che aveva insegnato: tolleranza in qualunque momento, cura per la felicità e il beneficio degli altri esseri (umani e animali), dare e condividere, assenza di egoità nell’aiutare gli altri a portare il fardello della sofferenza, un amore universale ed incondizionato per tutto. Questa è la via di perfezione che Gesù dimostrò nella sua vita.”
“Molti fedeli cristiani potrebbero obiettare che con gli argomenti che ho esposto in questo libro tolgo al cristianesimo un elemento essenziale, che da solo può dare speranza e conforto: la redenzione dal peccato (che è causa della sofferenza del mondo), ottenuta tramite la morte sacrificale sostitutiva di Gesù Cristo, per tutti coloro che riconoscono il suo insegnamento.
Ma proprio questa forma della dottrina della salvezza del cristianesimo tradizionale, tratta quasi esclusivamente dall’opera di Paolo, non è mai stata predicata da Gesù. È Paolo che ha insegnato che l’intera funzione di Gesù è incentrata sulla sua morte sacrificale, e che attraverso lo spargimento del suo sangue egli ha assolto i fedeli dai loro peccati e li ha liberati dalla confusione e dalla dominazione di Satana. In effetti, Paolo non ha ritrasmesso una sola sillaba degli insegnamenti diretti di Gesù nelle sue epistole, né ha riportato una sola delle sue parabole. Invece, egli ha costruito una filosofia sua personale sulla base della sua comprensione (o del suo fraintendimento) dell’insegnamento di Gesù.
Paolo insiste sul fatto che a causa del peccato di Adamo tutte le persone sono soggette alla collera di Dio fin dall’inizio (vedi Efesini 2:3), e sono perdute denza eccezione (Romani 5:18, Prima ai Corinzi 15:18), perché tutti sono soggetti al peccato (Romani 3:9, Galati 3:22, Colossesi 2:14). Dio ha emesso il suo giudizio di condanna contro tutta l’umanità (Romani 5:16).
Al contrario della buona novella portatà da Gesù, Paolo ha dato messaggi oscuri e paurosi, dalla minaccia dei quali solo lui può mostrare la via di salvezza. E questa via di uscita fu la salvezza dell’umanità attraverso la morte sacrificale di Cristo (Romani 5:18). E nella lettera ai Colossesi egli descrive Gesù come ‘Colui che ha cancellato il nostro certificato di debito, che in tutti i punti era contro di noi, e lo tolse di mezzo inchiodandolo alla croce’ (Colossesi 2:14).
Ma la cosa peggiore sulla dottrina della salvezza secondo Paolo è l’affermazione che l’individuo non può contribuire per niente alla propria salvezza nella sua miserevole vita: non attraverso qualsiasi opera buona, non attraverso qualunque cambiamento di vita comunque sia per il meglio, può l’individuo giustificare il suo essere salvato e riconciliato con Dio (Romani 3:24, 9:16, Prima ai Corinzi 1:29, Galati 2:16).
Perché secondo Paolo è esclusivamente la grazia di Dio che ci porta alla salvezza (Efesini 2:8-9).
[…] Al contrario, ciascuna persona, per quanto possa aver condotto una vita buona ed esemplare, deve in questo schema considerarsi perduta se non accetta che il sacrificio sulla croce è stato fatto per lui personalmente come sua completa salvezza.
Queste idee sono totalmente estranee a Gesù. Neppure un piccolo indizio di questa cosiddetta dottrina cristiana della salvezza si può trovare nel sermone della montagna, la quintessenza del messaggio di Gesù, o nella preghiera del signore, il padre nostro, oppure nelle parabole tradizionali predicate da Gesù!
A Gesù non interessava costruire una filosofia che potesse basarsi sulla sua vita e sul suo messaggio, che potesse liberare la gente dale sofferenze dell’esistenza terrena. Egli visse realmente ciò che aveva insegnato: tolleranza in qualunque momento, cura per la felicità e il beneficio degli altri esseri (umani e animali), dare e condividere, assenza di egoità nell’aiutare gli altri a portare il fardello della sofferenza, un amore universale ed incondizionato per tutto. Questa è la via di perfezione che Gesù dimostrò nella sua vita.”
Fosco Del Nero
Bibliografia essenziale
Elizabeth Clare Prophet,
Gli anni perduti di Gesù, ed. Il Punto d'incontro
Parahamansa Yogananda,
Lo Yoga di Gesù, Astrolabio edizioni
Fosco Del Nero,
Il significato esoterico dei Vangeli, Youcanprint Edizioni
Holger Kersten,
La vita di Gesù in India, Verdechiaro edizioni
Anne e Daniel Meurois-Givaudan,
L'altro volto di Gesù, Amrita edizioni
Levi H. Dowling,
Il Vangelo acquariano, L'età dell'Acquario
Eugene E. Whitworth,
La vita segreta di Gesù, Macroedizioni
Daniel Meurois,
Il libro segreto di Gesù, Amrita edizioni
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