Dopo l'interessante conferenza sul significato della vita dell'uomo sulla Terra,
è necessario addentrarsi nel lavoro interiore, o almeno in una delle tecniche che Gaetano Pedullà ha ricevuto dagli Esseri Cosmici: la tecnica di "Armonizzazione", o di Rilascio emozionale.
Come spiegato da lui stesso in questa registrazione tenutasi a Leivi (GE) il 18 novembre scorso, si tratta di scaricare a terra le emozioni e le forme pensiero che inibiscono la nostra salita verso il raggiungimento di una vibrazione più elevata, seguendo un processo 'discensionale', attraverso il quale possiamo liberarci di quelle forze interiori che, se non liberate, impediscono l'evoluzione dell'anima e la sua liberazione dal lungo ciclo ininterrotto delle reincarnazioni. Liberarsi di quelle forze significa accelerare il processo di apprendimento dell'anima, evitando di "tornare" milioni di volte a rivestire un corpo fisico nella dimensione.
Ciò significa stabilire un processo di connessione sempre più forte col nostro Sé Superiore, per rivelare a noi stessi in modo sempre più chiaro lo scopo della nostra missione d'amore sulla Terra.
Per lavorare su se stessi è necessario uno sforzo di volontà, una determinazione costante. Si tratta qui di una tecnica "attiva", dove anche la postura del corpo fisico si dispone ad un processo faticoso, attivando un canale di scarico che si compie attraverso l'unione del dito indice col pollice delle due mani, simile al mudra dell'Om, se possibile stando seduti nella posizione del loto; le due dita devono compiere una fortissima pressione tra loro, in modo da attivare il circuito energetico di rilascio. Al contempo vengono 'urlate' silenziosamente le vocali, ognuna delle quali lavora sui chakra corrispondenti.
Tutto questo lo troverete nelle righe seguenti, spiegato per esteso da Gaetano Pedullà, prima della sperimentazione vera e propria della tecnica che ne è poi seguita.
Buona lettura.
Dinaweh
LA TECNICA
DI
ARMONIZZAZIONE
O
"RILASCIO
EMOZIONALE"
con Gaetano Pedullà
18
novembre 2015
Ci sono vari passi:
il
primo passo è vivere e sperimentare quella che noi chiamiamo “vacuità”, uno
stato di totale assenza di pensieri, emozioni, percezioni fisiche e visioni di ogni tipo; uno
stato dove si manifesta un Amore, una Pace, una Tranquillità profonda.
Il
secondo passo è risvegliare la mente Superiore, o Coscienza;
il terzo
passo è concretizzare quello che la nostra Coscienza o Mente Superiore o
Voce del cuore spirituale ci comunica.
Quindi nel momento
in cui manifestiamo quello che il nostro Spirito ci manifesta nella vita
quotidiana, noi stiamo compiendo la nostra missione spirituale su questo corpo,
in questa incarnazione, in questo ciclo di vite sul pianeta Terra.
Questi tre punti
però causano inevitabilmente anche il dover vivere, il dover imparare ad
esprimere quello che è il dolore. Perché? Perché dove ci sono incomprensioni,
inconsapevolezze derivate da ricerche equivoche di aspetti veri che sono dentro
di noi ma magari li abbiamo ricercati all’esterno, in altre persone, in un
ideale, in qualcosa che è all’esterno di noi, la ricerca è stata equivoca e
quindi si è rivelata una ricerca illusoria e nel momento in cui l’illusione si
è andata a rompere, a spezzare, si è generato un TRAUMA e ogni trauma che viene
generato ha come conseguenza un KARMA e poi degli stati psico-emozionali, cioè
del DOLORE.
Il DOLORE in una
certa forma ha un impatto istintivo, nel nostro istinto, quindi il nostro
istinto a livello comportamentale tende a rifuggire da certe esperienze che
possono ricordare dei traumi, da certe situazioni; quindi parliamo di chiusure,
di atteggiamenti automatici, non controllabili e nemmeno consapevoli, l’istinto:
quello che forma la personalità inferiore di una persona.
Dall’altra parte
gli stati psico-emozionali hanno come effetto emozioni e pensieri negativi
apertamente evidenti, per cui non è sufficiente fare tecniche di ascensione o
elevazione, come la respirazione; non è sufficiente risvegliare la Coscienza
Superiore; è anche molto, ma molto importante imparare a integrare, ad amare e
a vivere il dolore. Quindi il dolore non va mai cercato, come nessun tipo di
esperienza, nessun aspetto, non va mai cercato; ma se si presenta bisogna
sapere come muoversi; quando si lavora internamente il dolore si presenta in
modo potente, sia sotto forma di pensieri, sia sotto forma di emozioni, cioè
nel senso che sotto l’influsso del dolore o di un condizionamento che deriva da
un trauma di questa o di una precedente incarnazione in pratica noi abbiamo una
visione alterata della realtà, quindi tendiamo a vedere distorto tutto quello
che abbiamo intorno, con degli occhi che non sono i nostri e quindi abbiamo una
parte di pensieri, di concezioni negative e dall’altra una vera e propria
emozione, un insieme di stati emozionali che caratterizzano questo stato di
malessere che c’è dentro di noi, Più in generale si parla di emozioni e
pensieri di un certo tipo disarmonici e, vedendola ancora da un punto di vista
più generale, questi stati che viviamo, in realtà, sono degli avvisi, dei
messaggi. In generale se io mi sento male, non mi sento felice in un luogo è
perché devo in qualche modo comprendere un messaggio che riguarda quel luogo
specifico; se non mi sento felice o a mio agio con una persona e mi arrabbio o
mi sento triste, certamente magari cerco di non farlo pesare all’altra persona
o di non reprimerlo, però comunque dietro c’è un messaggio, c’è una
comprensione profonda; quindi le emozioni e i pensieri non sono soltanto delle
cose che vengono quando uno ha un trauma, ma in realtà è un senso del tatto che
ci dice qual è lo stato del nostro essere in una determinata situazione; è un
aiuto. Se io non sto male in un luogo, come faccio a capire che non mi trovo
bene? Se io non sento tristezza a stare con una persona, come faccio a capire
che non voglio più stare con quella persona? Sono esempi concreti, per cui
l’emotività e le modalità di vedere certe situazioni, al di là che quando ci
dominano creano un processo distruttivo, però in realtà se si impara a viverle
in una modalità costruttiva sono un importante avviso per muoversi nella vita
quotidiana; quindi diciamo che non sono conseguenze di un trauma, perché stiamo
facendo un lavoro intensivo su di noi; chiaramente, se stiamo facendo un lavoro
intensivo su di noi, non solo le emozioni e i pensieri derivati ci danno
segnali sulla vita quotidiana, di quello che viviamo giorno per giorno, ma
possono essere anche emozioni e pensieri che derivano dal lavoro che stiamo
facendo e quindi a maggior ragione sono avvisi, segnali che c’è qualcosa su cui
dobbiamo lavorare; quindi il punto non è cercare di tappare o anestetizzare le
nostre emozioni e i nostri pensieri negativi, ma è quello di imparare a viverli
e a manifestarli in una forma costruttiva e poi andare a comprendere qual è il
messaggio che c’è dietro.
- Perché io ho un pensiero negativo?
- Perché provo
questa emozione?
- Qual è l’apprendimento?
- Qual è il messaggio che mi sta
trasmettendo il mio veicolo astrale o il mio veicolo mentale?
- Cos’è che devo
cogliere?
Ecco, alla fine ci vuole la coscienza, quindi non è sufficiente
esprimere l’emozione che comunque è la prima fase, e in questa fase dove
dobbiamo manifestare i pensieri negativi vanno manifestati in una modalità
aperta, senza inibizioni, senza nessun freno e senza cercare di capire. Quindi
c’è una fase solo espressiva e in questa fase espressiva non c’è comunicazione
all’esterno, non c’è comprensione, non c’è niente: c’è solo esprimere! Finché
questa parte non è completamente espressa e armonizzata. Dopodiché c’è una
seconda fase di quiete che consegue a un grande processo liberatorio espressivo
e di armonia e infine c’è una fase di comprensione, che non è detto che sia
immediata; può darsi che impieghi giorni o mesi, ma piano piano arriva la
comprensione di quello che stiamo vivendo. Quindi la comprensione deve arrivare
sempre e solo in uno stato di pace, di armonia, di serenità; non dev’essere una
congettura mentale. Arriva con più intuizioni, di colpo un messaggio, anche un
sogno potrebbe essere, per chi non sta ancora facendo un lavoro intensivo con
la mente Superiore.
Infine il passaggio
della concretezza; quindi a volte il messaggio implica quasi sempre un’azione
nella quotidianità o comunicare all’esterno il mio disagio, però in modo
armonico, senza le emozioni, senza quindi scaricare addosso alla persona quello
che è il nostro stato emotivo, oppure semplicemente prendere una decisione.
Quindi sono varie fasi:
la prima fase è LIBERARE, MANIFESTARE,
L’ESPRIMERE;
la seconda fase è LA CENTRATURA, LA PACE;
poi c’è una fase
di COMPRENSIONE;
poi c’è una fase di AZIONE.
Quindi l’emozione e i pensieri
disarmonici contengono un messaggio importante di vita o di lavoro interiore,
che comunque alla fine impatta sempre nella vita, magari non subito, ma dopo un
po’ sicuro.
Torniamo al punto
focale di oggi: oggi impareremo attraverso la tecnica specifica che qui non
abbiamo mai fatto in gruppo una tecnica di scarica emozionale, di scarica
intesa come scarica di pensieri e emozioni disarmoniche, silenziosa! Che quindi
può essere applicata in qualunque momento, cioè anche quando uno sta meditando
o anche quando uno sta in presenza di altre persone, perché, essendo silenziosa
e basandosi su un principio di scarica fisica diverso da quello del suono o del
grido, consente un’azione immediata, che normalmente quando si grida o si urla
o si fanno delle danze particolari non è possibile perché uno è in ufficio,
perché uno è con i figli, o non si può allontanare o non ha la macchina o non
ha un luogo silenzioso dove può andare nell’immediato, però il lavoro è
ugualmente efficace e oggi lo verificheremo.
Come si manifesta
quindi uno stato emotivo? Uno stato psico-emotivo si manifesta facendolo
esprimere da un piano che è il piano mentale e il piano astrale, farlo scendere
in quello che è il piano materiale, quindi è una discesa; c’è un’energia che
per essere pacificata, perché la sua evoluzione possa avere un termine,
dev’essere portata nel piano terreno.
Questo è un significato molto importante
che poi andremo a vedere bene più nel dettaglio il 14 dicembre, nella
conferenza che farò per spiegare certi processi in modo molto più chiaro, più
dettagliato, più che altro…
Vedremo che ci sono due tendenze nell’universo: c’è
una TENDENZA DISCENSIONALE, c’è una TENDENZA ASCENSIONALE.
La tendenza discensionale c’è in tutto quello
che è inteso come materia, cioè materia non animata, non dotata di intelligenza
o comunque dove non si sta manifestando la scintilla divina; cioè in altre parole
quello che è il corpo universale della Madre; quindi tutto ciò che viene dalla
materia, dai piani più sottili, quindi dalla settima dimensione fino alla prima
dimensione ha un moto discensionale, cioè di differenziazione; quindi da un
piano che è un piano unico, divino perfetto, assolutamente coerente, piano
piano si crea come una differenziazione sempre più grande, sempre più grande,
fino ad arrivare a quello che noi conosciamo come piano materiale e questa è
proprio la tendenza intrinseca, proprio di crescita, legata proprio alla
Creazione che l’Universo ha avuto dall’inizio dei tempi.
Poi c’è un secondo
processo che non è più discensionale, ma è Ascensionale, per cui qui invece
sono le scintille di vita che si incarnano approfittando del fatto che si è
formato un substrato fisico dell’Universo; e quindi quando per esempio è pronto
un Pianeta per la formazione della vita, eccolo che le prime scintille divine
in attesa di poter fare esperienza, ecco che cominciano a sperimentare il mondo
minerale, e dopo ecco che cominciano a sperimentare il mondo vegetale e dopo,
ecco che cominciano a sperimentare il mondo animale e poi, il mondo umano e poi
il mondo superumano e poi il mondo angelico, arcangelico, sempre più fino a
salire ai Logos Kosmikos,
praticamente quelli Universali.
Quindi c’è un’evoluzione ascensionale per
quelli che sono i punti di coscienza; mentre invece la materia che in questo
senso non è legata a un punto di coscienza, ha un moto discendente per il suo
proprio processo creativo e di differenziazione, quindi evolve,
differenziandosi. Noi invece evolviamo ritornando all’infinito e sfruttando il
corpo della Madre. Anche noi abbiamo un corpo della Madre, che è questo [indica
il corpo fisico]; in fondo è un’estensione geometrica, come esattamente il
Pianeta è un’estensione geometrica della Coscienza più profonda.
Ecco, per cui,
quando si scarica un’emozione, l’emozione non siamo noi, neanche i pensieri
negativi siamo noi, ma semplicemente è un substrato, una parte di materia che
appartiene al piano astrale e al piano mentale, che noi abbiamo generato e
abbiamo prodotto come conseguenza di un’esperienza di vita precedente e viene
continuamente alimentata, questa parte di materia che andiamo a generare e
quando c’è un eccesso molto forte porta anche proprio alla costituzione di
quelle che vengono chiamate ”forme pensiero”, che sono proprio forme
completamente autonome a un certo punto e, questa parte di materia per essere
portata a un livello evolutivo di trasmutazione deve essere portata quindi in
un moto discensionale, proprio per assecondare quello che è il moto
dell’Universo, Se invece si cerca di ascendere, si cerca dii ignorare questa
materia che si va a creare su un piano astrale e su un piano mentale, è come
creare un accumulo; è come un ignorare, è come un atto di non-amore; è come un
problema che rimane lì in sospeso, ma non lo affrontiamo. La modalità con cui
devono essere espressi gli stati psico-emotivi è di portarli a terra. Ecco
perché nelle culture sciamaniche e nelle culture primordiali esiste sempre una
tecnica di portare a terra certi stati; di solito attraverso una danza, una
danza selvaggia, una danza tribale dove si urla, dove si scalcia, dove si
colpisce la terra, dove c’è una fase ipercaotica; superata questa fase
ipercaotica, poi c’è una fase ascensionale.
Quindi la scarica
psico-emozionale ha proprio questo funzionamento; prima porta una discesa,
quindi una fase ipercaotica, dove esce fuori tutto, senza nessun controllo: ma
non facciamo male a nessuno, perché non grido in faccia a te, non scarico
addosso a te quello che io sto vivendo, come non me lo tengo dentro; lo esprimo
fino in fondo, lo porto a terra e poi arrivo a un punto in cui l’ho espresso
veramente tanto che sono in perfetto equilibrio. Il principio della scarica
emozionale è questo: è esprimere, portando a terra.
D. Questa tecnica funziona per esempio per i
traumi da vite passate? Per esempio, uno in una vita passata è annegato e
quindi, sin da piccolo non riesce a toccare l’acqua, oppure… la fobia dei
ragni, cioè qualsiasi cosa che insiste in questa incarnazione. Quindi, è
qualcosa che è rimasto su quei piani astrali e che non è stato affrontato e
quindi può servire questa pratica?
R. Diciamo, non è
esattamente così. Quello che accade nelle vite passate viene registrato sul
piano causale, poi si ri-propaga da quel piano sul piano astrale e sul piano
mentale. Sul piano astrale e sul piano mentale non si mantiene nulla perché
muore il tuo corpo astrale, come muore il tuo corpo mentale ad ogni
incarnazione, però si riforma, perché alimentato da un piano superiore, che si
chiama piano causale. Però diciamo di sì: rimane sul piano causale. Ma poi si
ritrasmette, si ricodifica nei piani sottostanti. Certo. E quando è una cosa di
questo tipo, se è arrivato il momento di lavorarci perché è il tuo Sé Superiore
che te lo sta comunicando, allora, certo: se ti viene fuori quella paura o
quella fobia allora ci puoi lavorare, attraverso un processo di armonizzazione
emozionale; però ci dev’essere una presa di coscienza che ti arriva. I segni,
se uno fa il lavoro interiore, ti arriva il messaggio dal Sé Superiore che è
ora che puoi ricominciare a fare il bagno in mare e affronti la paura; ti
arriva proprio. Puoi chiedere; lanci il messaggio.
Bene. Allora come
si fa: parliamo di sperimentazione diretta. Il lavoro si manifesta in questa
modalità: il principio è semplice; parte proprio da quelle che sono le modalità
più spontanee e arcaiche che ci sono nell’essere umano. I bambini come liberano
le emozioni quando stanno a scuola, o in un luogo dove magari è troppo tempo
che stanno e non ce la fanno più? Urlano, gridano, sbraitano, fanno casino.
Sono pazzi? No, semplicemente è un gesto spontaneo che fanno perché dà loro liberazione.
Poi cosa accade? Che il bambino cresce e gli viene insegnato che è sbagliato
urlare perché dà fastidio, che è sbagliato arrabbiarsi perché può creare
problemi agli altri, che è sbagliato essere triste perché sennò poi tutto va
male e quindi, quello che inizialmente era un atteggiamento spontaneo dove il
bambino urlava e subito dopo stava bene come se niente fosse accaduto,
improvvisamente il bambino si trova ad essere completamente bloccato; di solito
avviene dopo gli otto anni. Dipende anche in che Paese nasce, dove nasce, in
che cultura, se è una cultura in cui c’è poco insegnamento a livello di mente
razionale il bambino rimane libero per più tempo; ci mette un po’ più di tempo
a strutturare la mente razionale; se
invece è un processo di ristrutturazione pesante, normale come
nell’Occidente dopo gli otto/nove anni già è abbastanza chiuso, anzi si
vergogna proprio a urlare; diventa rosso, si guarda in giro… Per cui una delle
modalità è l’urlo. Come funziona l’urlo?
L’urlo dev’essere un urlo che non è un
urletto o un urlo così finto, ma dev’essere un urlo proprio grottesco, forte,
un urlo selvaggio, non un urlo così, fatto tanto per urlare… Innanzitutto
l’urlo dev’essere un urlo per davvero, sennò è una presa in giro; poi l’altro
aspetto è il seguente: ogni urlo, ogni sonorità ha una funzione specifica nel
nostro corpo astrale-mentale; cioè stiamo lavorando su due piani: su quello
delle emozioni, cioè astrale e sul piano dei pensieri, quindi il mentale.
Quando si fa la “O” si manifesta rabbia, angoscia, ansia, paura (anche se la
paura può essere trasversale), irritazione, inquietitudine, anche il
nervosismo. Però in realtà il nervosismo è generico; non è detto: può darsi
anche ci sia dolore. Dietro si nasconde…, come un cavallo di Troia, dietro c’è
un altro tipo di emozione, però di solito il nervosismo con la “O”. Dipende. Ci
possono essere delle differenze, non è una suddivisione rigida, c’è una certa
flessibilità. Quando si urla la “O” dev’essere urlata proprio come se uno
stesse partorendo, quindi dev’essere un sentire che l’urlo non viene dalla
gola, ma viene dalla bocca dello stomaco, due, tre dita sopra l’ombelico, dove
c’è il plesso solare e dev’essere un grido che proprio viene da là; è come se
uno stesse partorendo, quindi ci dev’essere una pressione fisica in quel punto
preciso del corpo. Questo è molto importante. Poi c’è la “A” che viene dal
plesso cardiaco, da quel punto del petto e quando manifestiamo la “A”
manifestiamo dolore, sofferenza, solitudine, mancanza, senso di tradimento,
senso di abbandono, sentirsi incapaci di amare… tutto ciò che è legato alle
emozioni di cuore. E anche qui dev’essere un urlo come un parto: uno sta
partorendo dal centro del petto. Poi c’è la “E”. La “E” invece è l’impotenza
che viene in questo caso urlata proprio dalla gola; l’impotenza e
l’incomunicabilità: non riesco a farmi capire, non sono capito, cioè
l’impossibilità di dire o aver detto delle cose a qualcun altro:
l’incomunicabilità e l’impotenza. Dopodiché c’è la “I” e la “I” è molto
importante al pari della “E” perché lavora al centro della testa, tra il sesto
e il settimo chakra e la “I” lavora sul senso di colpa. Lavora su una serie di
emozioni che non sono così esplicite, perché io dico: “Beh, faccio la scarica
emozionale però solo quando sono arrabbiato e solo quando sento dolore”. Questo
è quello che succede spesso: un dolore forte. Invece in realtà questo tipo di
lavoro, di portare a terra, di amare, in definitiva di armonizzare una parte di
noi, va fatto tutte le volte che abbiamo uno stato psico-emotivo, non solo
emotivo, ma anche psichico alterato; quindi tutte le volte che abbiamo pensieri
negativi, tutte le volte che ci accorgiamo che abbiamo una visione distorta
della realtà, che incominciamo a vedere delle cose, ma ci accorgiamo che in
quel momento non siamo obiettivi; ci accorgiamo che in quel momento sentiamo
una melanconia, sentiamo il senso di inevitabilità, oppure un senso di
demotivazione: “non va bene niente di quello che sto facendo, non vado bene, ho
sbagliato tutto, non avanzo, sono bloccato”… Tanta emotività, soprattutto per
chi ha represso per così tanto tempo, non si manifesta in un modo chiaro e
netto, ma tende sempre di più a sublimare. In alcuni casi, per esempio, una
forma tipica della rabbia sublimata è quella del pettegolezzo o è quella del
sarcasmo; invece di arrabbiarmi con te, faccio del sarcasmo su di te, magari
neanche con te presente… di fronte a un’altra persona o parlo continuamente di
te a un’altra persona insistendo, insistendo, insistendo e magari faccio anche
un lavoro spirituale e cerco e so quindi che non devo parlare male di te e
cerco di non farlo in modo aperto però escono comunque delle parole che
colpiscono, che sono proprio delle frecce. Questo è un caso tipico di scarica
emozionale sublimata, praticamente in pensieri. In generale se è
un’arrabbiatura verso di noi possono essere pensieri cinici, giudizio verso di
noi: “io non sono capace, io non so farlo, io non so amare, io non so fare
questo, non sono in grado di fare quest’altro”, cioè il ‘Giudice interiore’
praticamente. Anche quella è una forma di autofustigazione, di pretendere di
avere questa visione alterata di noi stessi dove pretendiamo; dove ci
giudichiamo, perché non riusciamo, perché non facciamo e quella è anche una
visione distorta della realtà ed è una forza psico-emotiva fortemente
sbilanciata verso la parte alta delle nostre auree astrali e mentali. Quindi questo lavoro non va fatto solo
quando uno è incavolato come una iena, perché uno che lavora normalmente quasi
mai è incavolato come una iena, a meno che non gli succede una cosa fuori dal
normale, ma tutte le volte ci sono quegli stati promiscui, mezzi e mezzi, dove
uno si sente un po’ giù però non è così tanto giù, dove uno si sente melanconico,
però comunque non è che si sente così male, dove uno ha quei pensieri cinici, un
po’ grigi, che però non sono abbastanza neri inizialmente, da far pensare a
qualcosa di forte o di denso; quindi questo lavoro poi va applicato nella
quotidianità, ogniqualvolta si manifestano questi stati; chiaramente all’inizio
uno non se ne accorge, ci casca completamente, poi dopo un po’ comincia ad
accorgersene e lo applica e magari all’inizio applichi una volta ogni dieci,
poi due volte ogni dieci, poi tre volte ogni dieci e questo poi dopo ha come
risultato, se uno non ha subito il contatto con la mente Superiore comunque ha
già un grande risultato perché in pratica tutte le relazioni dove prima
buttavamo fuoco contro persone vanno migliorando, perché non esplodiamo più con
la persona e perlomeno glielo diciamo in un secondo momento con molta più calma
e quindi c’è anche possibilità che la persona comprenda quello che stiamo
comunicando; magari non è esattamente quello che sente la nostra mente
Superiore, però è già un passaggio intermedio. Già il fatto di imparare ad
esprimere i pensieri e le emozioni è un grandissimo aiuto.
Avete capito tutti
su questo discorso delle emozioni che tendono a sublimarsi in pensiero? È
importante, soprattutto per chi lavora da tempo! …Di non farsi ingannare: a
volte uno pensa di pensare e quello che in realtà sta pensando è una forza
interna, una specie di maschera che si sovrappone a noi e agisce al posto nostro;
però non è una cosa negativa: è sempre una parte di noi, che però tende a
prendere il dominio, magari non ci riesce con l’emozione più densa, però ci
riesce con una visione alterata della vita; quindi laddove c’è l’emozione
riusciamo bene a lavorare, laddove invece c’è quella parte di pensiero che àltera
la nostra visione, che fa sempre parte di quello stesso dolore, invece ci
frega…, ci fa cadere.
D. Anche una persona “illuminata“ ha sempre
questo combattimento, quindi nell’astrale le si formano sempre…
R. Non è un
combattimento. Il combattimento è nel momento in cui tu reprimi o ti fai
dominare; se invece tu non ti reprimi e non ti fai dominare le emozioni ti
attraverseranno sempre. È il veicolo astrale…
D. Anche il Cristo, per dire…?
R. E certo: Cristo
ha detto: “Dio mio perché mi hai abbandonato”… Quando tu hai un corpo astrale,
il corpo astrale comunque risponde agli stimoli; poi dopo dipende il potere che
tu dai agli stimoli. Per spiegare questo fatto, degli stimoli, io faccio sempre
l’esempio dell’accendino e della mano: lo stimolo è che se io accendo
l’accendino e avvicino la mano alla fiamma, la mia mano si brucia; il senso del
tatto mi avvisa che la mia mano sta bruciando, quindi lo stimolo io ce l’avrò
sempre finché ho il corpo fisico. Se io vedo che sgozzano un bambino di fronte
a me… e certo che provo dolore! Mi attraversa tutto, certo! Però, la differenza
fra una persona che è aperta da una persona che non è aperta è che chi è aperto
non è condizionato assolutamente da quelli che sono questi stati, quindi rimane
nel centro.
R. Beh, istantaneamente
no, però ha una piccola fase in cui deve comunque vivere quello stato e poi
rimane veramente nel centro, cioè la sua vita quotidiana non è condizionata da
questi stati e non c’è nemmeno un atteggiamento repressivo.
D. Però, in ogni caso deve mettere in atto questa tecnica?
R. Soprattutto per
chi è in un percorso di crescita spirituale sì, poi piano piano i tempi si
riducono; quindi quello che lo impiegavi
in mezz’ora, dopo lo impieghi in un minuto, poi trenta secondi, poi due
secondi… è sempre di meno, sempre di meno, sempre di meno… Però ci sono alcune
cose che sono molto forti dove comunque, anche se tu hai sciolto un mare di
cose, hai bisogno comunque di uno sfogo e anche per questo – per dire – lo
stesso Gesù tante volte andava nel deserto; non è un segreto, lo sanno tutti.
Quando aveva un accumulo forte prendeva e andava là. Certo che c’è più
resistenza, però comunque di lì devi passare, se c’è un accumulo forte devi
portarlo a terra, o con una modalità come questa o con una modalità che abbia
un effetto simile; non è che questo sia l’unico modo, ovviamente. Questa è una
tecnica che è utile in questo percorso, ma non è che sia unica al mondo, o che
abbiamo la sfera della verità in mano; è una tecnica, poi sicuramente in
passato ce n’erano delle altre, non ho dubbi.
Ecco, come
funziona, se non si urla, qual è la modalità con cui si manifesta a terra tutto
lo stato psico-emotivo? Come può avvenire? Attraverso LE DITA; quindi, invece
di usare l’ugola o le corde vocali, tutta la scarica avviene con le dita
fisiche delle mani: quindi l’indice si unisce al pollice e (non è un mudra,
tolgo subito il dubbio, non c’entra nulla con i mudra; questa è una tecnica che
mi è stata passata proprio da Adoniesis,
che è un’Entità solare, del Roseto solare); le mani si tengono dritte. La scarica
fisica avviene attraverso il contatto fra le due dita; quindi il veicolo che
porta dal piano astrale al piano fisico è questo contatto qua; per cui il
contatto delle dita è fondamentale. Le dita non vanno incrociate, non vanno
unite, le mani vanno lasciate separate la pressione sulle dita dev’essere
FORTE, COSTANTE; PRESSANTE; dev’essere un qualcosa di molto, molto, molto
potente. È proprio che a un certo punto le dita cominciano a vibrare e fanno
male le mani. Possono far male, ma se fanno male, non fanno male per le dita
fisiche; fanno male perché si sta creando una densificazione da un piano
all’altro e quindi se l’energia non è abituata a passare da un certo punto,
questo si traduce in una stanchezza dell’organo corrispondente, per cui la mano
può far male, ma se fa male non staccate le dita, anzi, continuate a tenere la
stessa tensione, come il discorso degli occhi con l’allaccio di cuore. Vi
ricordate? Quando trema l’occhio non dovete chiudere; dopo un po’ si calma e lo
stesso è con le dita. Quando fanno male le dita, non le staccate! Lasciatele
continuare e non diminuite mai l’intensità della stretta fra le due dita, mai!
Ecco, questo è fondamentale: se si lasciano le dita si stacca la connessione,
poi bisogna ripristinarla e il lavoro è indebolito; non dico che è compromesso,
ma sicuramente è indebolito. Il corpo si manifesterà in modo potente; vuol dire
che si moltiplica per duecento; quindi è una tecnica molto forte. Non è una
tecnica che si può fare con l’idea di non farla o di farla ‘così’… Quando
l’andremo a fare adesso, non c’è possibilità di fuga. Uno perché, in pratica io
seguo uno per uno ed è un continuo incalzare. In pratica il lavoro non è
pensare alla rabbia, non è pensare al dolore, non è pensare all’impotenza o ai
sensi di colpa. Proprio per niente!
È solo urlare.
È urlare, è urlare, è
urlare, è urlare, è entrare in un grido ipnotico e mano a mano che tu entri in
un grido ipnotico si crea una connessione potentissima con le dita e da sole
escono le emozioni; si manifesta tutto da solo, senza che voi vi preoccupiate
di controllare nulla. E se vi vengono in mente immagini con la famiglia, con i
figli, con il lavoro, lasciatele scorrere senza dargli importanza; durante
l’espressione si fa solo espressione; durante la parte di espressione
attraverso i suoni, si fa solo quello; un suono continuo: qualunque pensiero,
qualunque visione, qualunque cosa ci grido sopra, ci grido sopra; è come un
grido ipnotico: tun–tun–tun–tun…tenendo e dando al massimo. Quindi non è una
tecnica di rilassamento, non è un tipo di lavoro dove uno appoggia la schiena o
si stende, anche se poi quando uno lo impara lo può fare anche da steso, quando
non si perde e non se la racconta, ma non è una tecnica che si fa distesi; è
una tecnica che si fa da seduti, in una posizione ginnica, quindi con il busto
leggermente in avanti, non rilassata; è impossibile farla da rilassati; non
viene. È l’opposto di quella che è la
tecnica del respiro, quindi mentre nel respiro ti rilassi, qui almeno fino a
che non finisce la tecnica è il contrario, è una continua tensione, un continuo
bum-bum-bum-bum-bum-bum-bum-bum…
R. Adesso durerà
circa un’ora.
R. E certo, certo!
Deve uscire fuori tutto, deve uscire fuori tutto. Deve durare almeno un’ora. Se
si fa in gruppo deve durare almeno un’ora, mezz’ora, tre quarti d’ora. Io vi
guido uno per uno e vi guido anche nel cambio delle vocali, però dico subito
questo: se voi cominciate a lavorare con le vocali e incominciate per esempio a
fare la “O” e sentite che a un certo punto vi viene una nausea… a parte che se
vi viene nausea,… ho il secchio…
Se uno è molto
bloccato, può succedere che vomiti. È normale, succede. Raramente succede, ma è
capitato a volte che se la persona è completamente bloccata, non ha mai espresso
emotività, può darsi che abbia un’esplosione di quel tipo; succede con i suoni,
succede con il ballo, succede con questa tecnica. Quindi voi cominciate a
urlare la “O”, incominciate a sentire nausea o incominciate a sentire un
cerchio alla testa; spesso accade così. Bene! Se si verifica questo vuol dire
che state lavorando bene e quindi dovete insistere di più. È proprio così,
schiacci di più e spingi internamente, tipo modalità di parto e a un certo
punto, dopo un po’ che tu spingi e continui imperterrito/a il senso di nausea e
il senso di cerchio alla testa, dopo un po’ si calma da solo; perché la nausea
viene perché non sei abituata a esprimere e anche il vomito se viene perché hai
un malloppone gigantesco che ti porti da anni, magari una situazione tosta in
famiglia.
Può succedere che
voi cominciate a sentire sintomi nel corpo: bene! Se sentite sintomi ci avete
azzeccato: andate con più forza, con più
energia e come un guerriero andate avanti, piano piano i sintomi del corpo cominciano
a sedarsi. Poi può succedere questo: a seconda di quanto uno è represso o non
represso succede che accanto a queste cose che percepisce sul corpo (che non è
detto che percepisca, perché magari percepisce direttamente lo stato emotivo,
come succede con le altre tecniche) o se percepisce direttamente lo stato
emotivo, continuate a urlare fino a che lo stato fisico non si calma. Fate
conto che fate la “O” e vi esce una rabbia atavica, continuate a fare la “O”
finché la rabbia non si esprime completamente; non passate all’altra vocale: è
inutile. Passare dalla “O” alla “A”, quando sono nel furore della rabbia, o
quando ho ancora nausea, non va bene, quindi vado avanti con la “O” finché la
situazione a livello del plesso non si è completamente armonizzata e allora a
quel punto passo alla vocale successiva. Questo perché io adesso vi dirò di
cambiare la vocale e di andare avanti col lavoro, quindi quando io vi dico:
“passiamo alla “A”” però voi ancora sentite che c’è da continuare sulla “O”,
continuate, non vi fermate, finché non c’è un passaggio di armonizzazione,
allora a quel punto passate alla “A”! non importa se fate meno vocali:
l’importante è che capite com’è questo lavoro.
Può accadere
talvolta che sentiate nel corpo, ma non sentite l’emotività. Perché questo?
Perché uno è represso e allora magari sente la somatizzazione, quindi la parte
che incide sul corpo sottile, ma non è cosciente dell’emozione che sta
provando, perché non se lo permette di essere cosciente, perché la nega e c’è
anche questa fase qua. Quindi può capitare che non sentite nessuna emozione, ma
sentite un dolore boia nello stomaco o nel cuore. A quel punto, state lavorando
bene, quindi continuate a fare il suono finché quel dolore non si esprime
completamente e poi piano piano si sederà, si armonizzerà. È chiaro? Importante
è mettercela tutta. La scarica emozionale non è un gioco, non è una tecnica
tanto per farla, ma è un lavoro dove uno deve dare tutto, tutto fino in fondo.
Il luogo è protetto, l’energia è protetta, non vi preoccupate. Munitevi di un
numero abbondante di fazzoletti e metteteci tutta l’energia che avete dentro,
altrimenti il lavoro non è efficace. Vi ricordo che questa tecnica è
fondamentale per imparare a manifestare il dolore quando si presenta, non
perché uno sia sadomasochista, ma quando si presenta sotto forma di pensieri
negativi e di emozioni negative, quindi è una tecnica che permette di farlo in
qualunque momento. Cercate in questo momento di dare tutto, il massimo,
assolutamente il massimo, senza risparmiarvi,, altrimenti il lavoro non è
efficace. Questa è una tecnica che permette di affrontare le difficoltà fino in
fondo, quindi bisogno che uno vada oltre, tanto non succede niente. Bisogna che
ci mettiate tutta la grinta possibile: questo dev’essere il lavoro spirituale,
sennò non funziona. C’è paura? Eh esprimi ‘sta paura!
Chiudiamo gli
occhi:
INIZIO TECNICA
Entriamo in
connessione con il nostro essere, chiediamo al nostro Sé di aprirsi, di
manifestare tutto ciò che non è manifesto.
Chiediamo
Protezione all’Arcangelo Michele, a tutti gli Esseri di luce, chiediamo
Protezione e Presenza.