IL
RITORNO ALLA NATURA
COME
ESPERIENZA
DI
RIUNIFICAZIONE
Spesso cerco
un contatto fisico con la natura selvaggia. E' un'esigenza istintiva, che non
può trovare soddisfazione altro che immergendomi in lei. Per me è meglio di
qualsiasi pratica meditativa o esoterica, persino meglio dello yoga, poiché in
lei trovo la manifestazione fisica di Dio; esprimendo se stessa in tutta la sua
magnifica bellezza, mi toglie il fiato, mi riempie ogni volta dello stupore del
bambino e soprattutto basta a se stessa. La cosa sensazionale che provo quando
mi immergo totalmente in lei è l'assoluta mancanza di pensieri. Entro dentro
uno spazio vuoto, che mi porta semplicemente a osservare con profonda
commozione quello che c'è. Divento un tutt'uno con ciò che osservo senza porre
alcuna interpretazione della mente. Tutto diventa gioioso ed espanso. Ad
un certo punto non sento più confini. Il più delle volte se posso cerco
il contatto con la terra, togliendomi i sandali. E'molto bello sentire il
contatto con la terra. Mi aiuta a sentire il legame con la madre; siamo infatti
cellule di una immensità, figli della stessa matrice! In questo momento della
mia vita la vicinanza alla natura diventa per me un ingrediente essenziale che
mi permette di ri-bilanciare e integrare le disarmonie e i disequilibri
energetici, nella relazione con gli altri, oppure semplicemente per integrare
le potenti ondate di neutrini che investono il pianeta.
Ecco cosa
scrive J. Krishnamurti quando indaga i processi della mente che si affaccia
all'osservazione del mondo e della natura:
Come può il cervello, che chiacchiera
sempre con se stesso o con altri, che sempre giudica, valuta, prova simpatia e
antipatia, si agita in continuazione, come può il cervello essere assolutamente
quieto. [...] Solo un cervello assolutamente fermo può guardare una
nuvola, un albero, un fiume che scorre. Può capitarvi di vedere la
straordinaria luce sulle montagne mentre il cervello è assolutamente fermo -
l'avete osservato, no? Come è avvenuto questo? La mente di fronte ad un
spettacolo di straordinaria magnificenza, come un meccanismo complesso, un
meraviglioso calcolatore elettronico, uno stupendo tramonto, si fa
assolutamente quieta, anche se per la frazione di un secondo. [...] Allo stesso
modo con la loro grandezza, le montagne, la bellezza di un albero, le acque
fluenti, assorbono la mente e la rendono ferma.
Ecco cosa
ci suggerisce un altro maestro del nostro secolo, il già citato Arnaud
Desjardins:
Dovete prendere in mano
l'insieme della vostra esistenza e non solo praticare esercizi
di concentrazione e di meditazione magari tutti i giorni. Dovete assumervi il
compito della vostra riunificazione, del diventare "uno con" il
movimento dell'universo, qui e ora, attimo per attimo. Siete divisi, in diversi
modi, e lo sapete. E' il punto di partenza. E il lavoro consiste nel ritorno
all'unità.
Anche Bhagavan, l'iniziatore del
movimento mondiale della Oneness ci ricorda l'importanza di riconoscere
dove siamo, quale sia il nostro punto di partenza, per vedere e accettare chi
c'è veramente e quindi iniziare il cammino di consapevolezza:
Tutto quel che puoi fare è vedere quello che c'è.
Il Cristo ricordava a chi lo seguiva
come fosse importante 'vedere' per essere liberi: "la verità vi renderà
liberi" - diceva. Ecco di nuovo Bhagavan in uno dei suoi innumerevoli
Darshan:
Innanzitutto non sai
quello che c'è perché in tutti questi anni non hai fatto altro che
scappare via ogni giorno e ora te ne accorgi....Ora, c'è un modo indiretto
di sapere... ma poi in effetti guardare ti fa male, guardare tutti i tuoi
pensieri di invidia, di gelosia, di paura e d'ansia non è un'esperienza
tanto bella e quindi la rifuggi sempre, in continuazione.Questo è il solo
problema che ha l'uomo. Poi, siccome noi ti diciamo fermati,
girati,affrontalo,guardalo, allora magari ti dici "va bene, fammi
provare". All'inizio potrebbe essere difficile, ma poi ti rendi conto
che, anzi, ti attira, ti tenta, è piacevole vederlo e, mano a mano che
vedi il tuo lato più oscuro, più negativo, stranamente, smetti di giudicare,
perché sai che è tutto vero e poi, viene anche la gioia… e con quella
gioia ben presto vieni a scoprire che c'è una totale assenza di conflitto,
il che non significa che il tuo lato negativo sia sparito, o che smetti di
essere geloso o invidioso, ansioso o pauroso, assolutamente no, niente del
genere. Ma, per la prima volta nella tua vita, sei in grado di dire, sì io
sono così e non me ne vergogno, questa è la sola verità, sono sincero,
onesto. E questo è il primo passo che fai verso la spiritualità ed è anche
l'ultimo passo. Da ora in poi è tutto automatico. Non c'è bisogno di
nessun guru, di nessun insegnamento. E' tutto automatico.
La verità su noi stessi sembra la più
difficile da raggiungere, perché ci costringe alla revisione permanente di
tutte le abitudini, dei condizionamenti che abbiamo ereditato al momento della
nascita dalla famiglia; perché ci costringe a togliere la maschera e spesso ci
sembra impossibile persino perdonare: prima di tutto noi stessi per non essere
riusciti a raggiungere i nostri obiettivi e, in secondo luogo, i nostri
genitori i quali vengono investiti di tutte le colpe per averci impedito di
raggiungerli...
Ecco perché siamo divisi! Non accettando
noi stessi non potremo riconciliarci nemmeno con gli altri, a partire da quelli
che sono a noi più prossimi: i genitori!
Uno dei processi più importanti se
non il fondamentale, mentre ci si avvicina allo stato di riunificazione
interiore, è proprio la guarigione del rapporto con i genitori,
archetipo di tutti i rapporti futuri, modello di relazione a prescindere dal
quale nulla può essere "giocato"nella vita futura, se non a costo di
innumerevoli cadute e difficoltà insuperabili.
Come potremmo mai preferire la scissione
da noi stessi - e lo si può certo affermare in maniera inequivocabile - dal
momento che madre e padre SONO il nostro DNA!? Il punto fondamentale dunque è
sentirsi parte di un tutto che affonda però le sue radici in un particolare
contesto familiare, base di partenza della nostra avventura nel mondo. Che
importanza avrebbe - qualcuno di voi potrebbe obiettare - visto che la mia
anima è immortale, dare tutta questa importanza alla relazione che più di ogni
altra è causa di grandi sofferenze e incomprensioni nella mia vita? Come
potrebbe l'atleta scattare al colpo di pistola dello starter se non avesse il
terreno sotto ai piedi su cui fare presa per darsi la spinta? Vi sembra
scontata l'immagine? Pensateci bene: come potreste sperimentare il mondo e
tutte le molteplici sue forme e dimensioni, se non aveste trovato il punto di
partenza, qualsiasi esso sia, per darvi la spinta e iniziare la vostra
avventura? Ai fini dunque della nostra corsa verso l'unità e quindi verso il
ritorno a casa è assolutamente necessario riconciliarci con ciò che siamo a
partire dalla relazione primigenia, quella con i genitori, scelti da noi stessi
per innescare il processo di consapevolezza e integrare tutte le successive
esperienze, come figlie di quella originaria.
Espansione e contrazione, espirazione ed
inspirazione, dispersione e riunificazione come flusso ininterrotto del ciclo
vitale dell'Universo! Non posso unificare e integrare tutte le esperienze, se
prima non ho accettato di perdermi nei mille rivoli dell'esistenza; non
riuscirò a tornare alla riunificazione di tutte le mie parti se prima non ho
sperimentato tutta la loro frammentarietà, fino a perdere il senso compiuto, il
bandolo della matassa. Non c'è dunque più alcun bisogno di classificare alcuna
esperienza come positiva o negativa; tutto assume in sé il valore assoluto
della Perfezione, che si compie proprio attraverso le mille imperfezioni e
sfaccettature proprie dell'esistenza stessa. E' soltanto questo sguardo privo
di giudizio che potrà ricondurmi a casa, che potrà riconciliare tutte le parti,
che saprà accettare ogni apparente perdita, ogni presunta sconfitta, guarire
ogni colpo, tenendo sempre presente che la sofferenza non consiste tanto
nell'esperienza in sé, quanto nella percezione che abbiamo di quell'esperienza,
percepita come tale.
Dinaweh
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