lunedì 10 marzo 2014

I passi percorsi in nessun luogo (quinto incontro)

I passi percorsi in nessun luogo


(quinto incontro)

Un nuovo appuntamento con la parte più bella di noi, 
con il nostro sentire più profondo
ci viene offerto dalla meditazione di oggi, 
anche se le parole che troverete qui di seguito
sono state pensate e scritte qualche tempo fa.
Ma il tempo, essendo un' "invenzione" per far sì che tutto l'esistente
del qui ed ora, non ci precipiti addosso tutto in una volta
impedendoci la visione e la comprensione
nella densa materia, ove tutto si dipana
lentamente e in successione,
ci permette di assaporare 
queste parole, come fossero state scritte ora
e in realtà  - dunque - è proprio così.
Per i nostri occhi e la nostra mente
tutto ciò non può accadere che ora,
nel momento esatto in cui accenderete il computer
e leggerete  
sembrerebbe del tutto casualmente
(e anche il caso non esiste...)
questo mio post!  


Nella meditazione seguente
il nostro anonimo e autorevole autore 
si sofferma sulla difficoltà del meditante 
a tacitare la mente, 
prendendo lo  spunto, come suo solito, 
da frasi bibliche o del Nuovo Testamento - 
dai Vangeli apocrifi, e dalle lettere di Paolo di Tarso -
che vengono lette e interpretate
nel loro autentico significato esoterico.
...Laddove è giusto che sia così,
dal momento che non è bene "dare le perle ai porci";
ogni scena che sin da piccoli siamo stati abituati a immaginare,
dal catechismo
fino alle prediche del prete in chiesa,
abbiamo sempre letto  - e così ci è stato volutamente insegnato - quelle parole
nel loro significato letterale...
Così la mela del Paradiso terrestre 
era considerata il frutto del peccato originale,
Eva la donna tentatrice che fa cadere l'uomo Adamo
e il serpente
il Diavolo tentatore...!

In realtà dietro ogni personaggio,
al di là di ogni immagine
si cela un significato più profondo,
che solo gli Iniziati, incamminati verso una seria 
e profonda ricerca interiore, 
potevano saper leggere e interpretare.

Ancora una volta, meditando, occorre
arrivare al vuoto, alla vacuità,
non combattendo con i pensieri, se ci sono,
ma lasciandoli passare, osservandoli, 
respirandoli,
fino a che essi  si dissolvono.
Si arriva a Dio
non attraverso il pensiero,
poiché "la via della conoscenza toglie il pensiero, che rappresenta l'illusione, 
il non vero",
ma quando si sia abbandonato tutto il creato mentale: allora e solo allora
possiamo affermare con Cristo: "Sono nel mondo, ma non del mondo"! 
Allora e solo allora potremo respirare la Verità,
poiché "la Verità non è il pensiero, 
e quando trovi la Verità sei veramente libero, perché hai lasciato il pensiero".







martedì 5 febbraio 2002

Mi è stato chiesto di rispiegare ancora cosa bisogna fare per percorrere la via della realizzazione.

La mente umana, così come la conosciamo, è formata dall' intelletto, il conoscitore del creato mentale, dal conosciuto, l'insieme della nostra cultura e del nostro sentire e dall' attenzione, che coglie ogni movimento mentale e lo porta a conoscenza dell'intelletto. L'intelletto di per sé, se non fosse presente l'attenzione, non sarebbe in grado di conoscere ciò che passa sullo schermo della mente: i pensieri che sono il divenire inarrestabile della mente, simile ad un fiume che scorre.
L'attenzione, parte integrante dell'intelletto, come un braccio per il corpo, ha il compito di cogliere ogni pensiero e portarlo a conoscenza dell'intelletto. 


Tutte le tecniche di meditazione muovono da un uso forte dell'attenzione. Chi, ad esempio, usa il mantra, si impegna a mantenere l'attenzione sulle parole o frasi costituenti il mantra stesso. Senza l'attenzione non c'è presenza e non si conosce il pensiero.

Nella Bibbia, questo modo di essere è rappresentato da Eva, inizialmente una cosa sola con Adamo, che va a cogliere la mela - ovvero il pensiero - per portarlo a conoscere ad Adamo. Se prima di questo momento Eva era rivolta solo verso Adamo, ora è presente anche il pensiero e la condizione esistenziale non è più 'originaria', siamo in presenza della 'caduta' nella manifestazione, lo spirito che si unisce alla materia e l'uomo vive la sua vita nel pensiero, quindi nella materia. Ecco perché la via della conoscenza di sé deve obbligare l'attenzione a guardare nuovamente solo Adamo, non andare più a prendere il pensiero, ma lasciarlo. E l'intelletto ha la potenza per obbligare l'attenzione a lasciar ogni pensiero, fino a fermarla prima ancora che si muova. L'attenzione che rientra nell'intelletto, com'era all'origine, rappresenta uno stato meditativo molto avanzato.

Nei Vangeli apocrifi è scritto: " ...quando finirà il mondo? Il mondo finirà quando Eva rientra in Adamo." E' ovvio che, trattandosi di testi sacri, col termine 'mondo' si intende il mondo mentale dell'uomo. Il pensiero, il creato mentale, non è più conoscibile, perché l'intelletto da solo può conoscerlo senza l'attenzione. E' quello che avviene nella meditazione: obbligare Eva a non cogliere nulla e se ha preso obbligarla a lasciare ciò che ha preso. E' il nostro interesse che alimenta l'attenzione, per questo il meditante deve essere molto attento.


Il Buddha è chiamato il Risvegliato perché per avere successo in questa impresa bisogna essere molto, molto attenti a tutto quello che passa nella mente. In quanto intelletto, ogni uomo ha in sé la potenza spirituale di riuscire in questa impresa. Potenza spirituale che si è svilita per una troppo lunga frequentazione con i pensieri quotidiani, ma con la meditazione è possibile ritornare alla perfezione. E' se vuoi essere perfetto lascia tutto quello che hai e seguimi, perfetto è solo Dio e tutto quello che l'uomo possiede è nella sua mente: i pensieri. Tutto è nella condizione della mente ed è lì che bisogna lasciare tutto, fare 'scultura'. Riportare l'intelletto al suo stato potenziale e sviluppare con l'esercizio un dominio totale sull'attenzione che, naturalmente, tende a disperdersi in mille rivoli. Non è casuale che, mentre leggiamo o pensiamo,, sentiamo anche tutti i rumori che provengono dall'ambiente esterno, subiamo flash di pensieri non volutamente pensati. E' l'indubbia testimonianza della divinità della mente, che ha la creatività di Dio.
La fatica del meditante, nel riportare la mente al silenzio, dipende proprio da queste erronee abitudini acquisite, per cui deve recuperare la forza spirituale per riuscire in questa impresa. Nel momento in cui si giunge al dominio della mente, si vive uno stato di coscienza sovrumana, al cui confronto, oggi, viviamo come se dormissimo. L'intelletto acquista conoscenza di sé perché si sta divinizzando, e questo spiega la sua incredibile conoscenza.




L'etimologia della parola 'perfetto' viene dal latino perfectus 'compiuto', che non manca di nulla, mentre nella condizione umana all'uomo manca sempre qualcosa, è incompleto, imperfetto. Paolo di Tarso, spesso tacciato di maschilismo, parlando a livello esoterico, dice che non è l'uomo ovvero l'intelletto  che deve seguire l'attenzione, cioè la donna, come fa a livello umano, ma il contrario: la donna deve tendere all'uomo. Obbligare l'attenzione a lasciare se ha preso o tenerla ancor prima che prenda, riavvicina la donna all'uomo, com'era all'origine, prima che Eva si separasse o fosse separata da Adamo. La via, quindi nasce dal ritiro dell'attenzione da ciò che ha preso, e dal ricongiungimento di Eva con Adamo.





La parola 'vergine' è il simbolo della via, deriva dal latino vir 'uomo' e dal greco gyné 'donna', la vergine che ha partorito la via della conoscenza e tale rimane. Sono stati usati simboli per nascondere il vero significato esoterico. La figura dell'androgino, dal greco andros 'uomo' e gyné 'donna' è comune a tutti i popoli, i due principi, maschile e femminile, riuniti in un solo corpo.
Il senso occulto del linguaggio è sempre stato per pochi, ma chi scriveva i libri sapienziali aveva chiaro il significato delle parole. Il vero discorso non è mai stato possibile farlo a tutti, non sarebbe stato capito perché troppo al di fuori delle normali capacità di comprensione dell'uomo comune. E non è neppure questione solo di intelligenza, così come la intendiamo abitualmente, è necessario avere un autentico interesse a queste cose.  L'uso di termini che hanno un duplice significato, uno nell'accezione comune del linguaggio e l'altro autentico e nascosto, nasce dal bisogno di non gettar le perle ai porci, come si dice nel Vangelo. Il rischio del parlar fuori di metafora è rappresentato dalla possibilità di distruggere in chi ascolta l'idea di religione che si è formato, senza avvicinarlo minimamente alla verità. Sarebbe un far del male al prossimo. Qualunque credenza religiosa si professi è anche uno strumento di socializzazione nell'ambiente in cui si vive e una via di speranza e di consolazione verso l'ignoto. Togliere queste sicurezze a una persona significa farle del male, metterla in difficoltà, instillarle dei dubbi che non può risolvere. La via è individuale, ed ognuno deve maturarla dentro di sé. Nell'insegnamento di Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, c'è l'indicazione esplicita di non dire più di quello che viene chiesto. Dire di più può non essere capito o rifiutato. La comprensione dipende dal guru interno, il Creatore del pensiero, solo Lui può metterci nella condizione di capire e procedere sulla via.



Vi siete mai chiesti: chi produce il pensiero? Non è l'intelletto. L'intelletto lo conosce, ma non lo genera. Nel Paradiso terrestre chi ha fatto la mela? Né Adamo né Eva. Il pensiero è generato dal Creatore! Ecco il mistero della mente. L'uomo non conosce la mente, se così non fosse, sarebbe un realizzato. Ed è impossibile conoscere la mente col pensiero: Devi uscire dal pensiero per trovare il Creatore, fuori dallo spazio tempo, dal creato mentale. Non puoi conoscere Dio col pensiero perché è Lui che genera il pensiero. Il falegname produce la sedia, ma non puoi pretendere di trovare il falegname nella sedia. E spazio e tempo sono creazioni mentali di tutti noi, ma il Creatore è oltre.
Per liberarsi dalla mente, durante la meditazione, non si può usare il pensiero. Bisogna obbligare l'attenzione a lasciare ogni pensiero. E come si fa?
Immaginate che il mio corpo sia l'intelletto e il braccio l'attenzione che prende il pensiero, il quaderno e lo porta alla mia conoscenza. Io non devo combattere il pensiero, ma obbligare l'attenzione a lasciarlo se lo ha già preso o non andare a prenderlo. Lasciare...lasciare...non combattere...nel momento in cui l'attenzione lascia ciò che ha preso, non ho più conoscenza della cosa che ha lasciato. Quando per allontanare un pensiero ne fai un altro, sbagli; devi invece ignorarlo, non ti deve interessare. Devi comportarti come se qualcuno ti tirasse un oggetto, lo vedi venire verso di te, ma decidi di non prenderlo e lo lasci cadere.

Il Creatore, il mistero della mente, fa il pensiero, ma se io non lo prendo, ho vinto. Sta a me decidere se fare mio un pensiero dandogli energia o rifiutarlo e, come meditante, devo riuscire a non prenderlo o a lasciarlo cadere. Dobbiamo allenarci, per arrivare a vincere. 



Anche se sono dei semplici lampi, non dei veri e propri pensieri, quelli che ti passano davanti, vuol dire che anche quei semplici lampi li fai tuoi, perché per riconoscerli come lampi vuol dire che li hai presi. Diversamente non ci sarebbero. In potenza hai la possibilità di rifiutare qualsiasi cosa si presenti sullo schermo della tua mente.
E' la meditazione quotidiana che, protratta nel tempo, ti permetterà di dominare l'attenzione, non certo i pensieri. Anzi, i pensieri sono presenti perché non dominiamo l'attenzione. Si può dire che l'uomo sia alla mercé del pensiero che, in ogni momento, gli attraversa la mente, si identifica con esso, per cui se è triste sarà depresso, se è allegro sarà gioioso. E' come se guardando un film, ci identificassimo con la scena che passa sullo schermo. L'uomo è sempre alla mercé del suo creato mentale e, se compie le cose più pazze, è perché non ha dominio sulla propria mente, è perdente. E l'uomo, invece è nato per vincere in se stesso.

Quando ci si pone in meditazione non bisogna pensare che vorremmo riuscire a fare il silenzio della mente, perché è ancora un pensare. Se è chiaro che non devi avere interessi mondani, meno ovvio è che bisogna abbandonare anche quelli spirituali. Bisogna passare in mezzo: né da una parte né dall'altra, senza interesse; di qua c'è Scilla, di là Cariddi e il giusto andare è in mezzo. Lasciate ogni speranza o voi che entrate, come dice Dante, perché sperare è pensare, ed è una creazione mentale. 


Nelle virtù cristiane troviamo la 'continenza' dal latino continere 'tenere unito, trattenere', rivolta all'attenzione e, come dice Agostino, la continenza porta all'Uno. Tenere l'attenzione e dominarla significa farla rientrare in sé e da quel momento conosci chi sei, è la 'conversione' dall'esterno all'interno. Anche nel Vangelo si dice che il regno dei Cieli è dentro di voi, non certo nel pensiero, noi non siamo il pensiero, abbiamo dei pensieri, ma siamo altro. Il pensiero è ciò che ho: il lavoro, il danaro, gli affetti, il ruolo sociale, ecc., ho tutte queste cose, ma non sono queste cose. E' anche detto che la via della conoscenza è via della negazione di tutto: Giovanni della Croce in spagnolo, diceva: nada...nada. E' la salita al monte Carmelo. Ovviamente , alla continenza è bene che si accompagni la perseveranza, un'altra virtù, che porta risultati certi. Non mollare, non perdersi d'animo è una seria ipoteca sul premio finale, però senza attaccamenti né materiali, né spirituali. Cristo muore in mezzo ai due ladroni. Non c'è una via alternativa per giungere all'Assoluto, un capello di relativo non ti permette di conoscere l'Assoluto. Assoluto, participio passato di "assolvere", vuol dire 'libero da ogni condizionamento'. Purtroppo questo insegnamento non è trasmissibile a chi crede alla lettera di un testo sacro; è necessaria la voglia di andare oltre. La Verità non è il pensiero dell'uomo. Ricordo Pilato che chiede a Cristo: "Cos'è la verità?". Non ottiene alcuna risposta. Non può esserci, perché qualunque pensiero non è mai la Verità. La Verità è il silenzio della mente. Quando tace non c'è più il Creato.
La parola 'mentire' è fatta di due parole latine mentis 'della mente' e ire 'andare', mente in movimento e il pensiero è il divenire, il movimento della mente, non sarà mai la Verità, che è immutabile, immortale, eterna.

Il pensiero è di passaggio come le nuvole nel cielo, nasce e muore. Per questo la Verità è fuori da ogni pensiero. Io sono la Via, la Verità, la Vita: la Via che toglie i pensieri, la Verità conseguenza dell'essere senza pensieri, la Vita, cioè l'essere, Dio. Anche il pensiero di Dio va lasciato. Il domenicano Eckhart diceva: "prego Dio che mi liberi dall'idea di Dio"; chiedeva in altre parole di essere liberato dall'idea di Dio pensata dalla sua mente, perché voleva il Dio vero. Ogni uomo ha una propria idea di Dio, ma è giusto sapere che è un Dio pensato.

Nel Corano si dice che Dio ha cento nomi, ne elenca novantanove, il centesimo, non è detto, è quello giusto, perché tutti gli altri sono concetti della mente. Così come Cristo alla domanda sulla Verità non risponde, perché la Verità non si può verbalizzare, bisogna viverla. Qualunque cosa si dica, si esprimono dei concetti. 
Anche la parola 'verità' non è la verità, è un concetto dell'uomo. Tutti i concetti fan parte del creato mentale.

Perché, vi domanderete, Dio ci ha dato il pensiero? Perché si possa vivere a livello umano. Col pensiero nasce anche il problema esistenziale: per cosa vivo? Quale è lo scopo del vivere? Domande alle quali l'uomo cerca di dare una risposta esaustiva, esattamente come cerca di risolvere i problemi materiali. Si rende conto di essere dentro un labirinto dal quale vuole uscire, ma deve però trovare il filo di Arianna. E' la condizione del genere umano, senza eccezioni. Puoi anche non affrontare il problema oggi, ma te lo ritroverai sempre davanti, finché non deciderai di porvi mano. Tu hai il problema e tu devi risolverlo!
Per avere pace devi togliere ogni pensiero, sempre se ne sei capace. Quante volte abbiamo sentito dire o abbiamo detto noi stessi: "vorrei non pensarci, ma non ci riesco", perché il Creatore crea la mela, il pensiero e Eva, l'attenzione, va a prenderlo. Ti rendi conto, allora, che il problema è il pensiero, la condanna dell'uomo è il 'penso', mentre la liberazione è la 'dis-pensa', essere dispensato significa essere libero. Il problema è nella mente e nella mente va risolto. Nessuno, da fuori, può risolverlo in vece nostra. L'uomo si identifica col pensiero, ma non è il pensiero, e questo è il trucco della mente. 


 La verità vi renderà liberi

La verità non è il pensiero e quando trovi la Verità sei veramente libero, perché hai lasciato il pensiero. La Verità è Dio, il pensiero è la Creazione di Dio. La verità relativa, quella fatta dal non dire menzogne nel quotidiano, è fatta di pensiero e, come abbiamo visto, il pensiero non è la Verità assoluta. Se non fosse così, Cristo, che è la Sapienza, il Creatore del pensiero, avrebbe risposto con un concetto. Non fornendo alcuna risposta sta a indicare che la Verità Assoluta non può essere espressa da alcun concetto. Ricordo quel passo tratto dal Sutra del Diamante che dice: "La conoscenza trascendentale non è la conoscenza trascendentale per questo è chiamata conoscenza trascendentale". Deve intendersi che la conoscenza trascendentale è oltre, trascende il pensiero dell'uomo, ma se la voglio comunicare ad altri devo usare dei concetti, che non sono le cose designate. In altre parole, la conoscenza trascendentale non la puoi capire col pensiero, ma solo quando la vivi.

Buona meditazione!

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