sabato 31 dicembre 2016

2017: GRAZIE KRYON




GRAZIE KRYON!

Forse non ci è mai capitato di dare un senso al significato dei numeri; forse non ci siamo mai accorti di quanto ogni cosa esistente sul pianeta Terra corrisponda a dei codici ben precisi. Il nostro stesso DNA è un codice e nei codici si inscrive la cristallizzazione della Luce, che qui nella dimensione, diventa materia-spirito in evoluzione. 

In questa stupenda canalizzazione KRYON ci ammaestra e tempera la nostra sensibilità alla percezione del significato di tutto ciò che ci circonda, numeri compresi, invitando la nostra coscienza a non sottovalutare la forza e l'energia del loro potenziale. Il nuovo anno porta in sé un'energia del tutto particolare che Kryon spiega bene, quasi alla fine del suo lungo e interessante discorso sul significato dei numeri, che va ben al di là della loro funzione di calcolo.

Auguro a tutti i lettori del blog di cogliere sempre più appieno il significato nascosto dietro le cose; ciò che si cela alla vista porta con sé doni inaspettati. Che possiate sviluppare sempre di più la visione interiore e la capacità di "vedere oltre il visibile", per ricordare chi siete e svolgere la vostra missione di Luce nel mondo, quello stesso in cui avete scelto di tornare.
Che questo Nuovo anno che viene porti a tutti voi Comprensione, Luce, Saggezza e Pace nel cuore. Vi lascio alle bellissime parole di KRYON.

Dinaweh






venerdì 30 dicembre 2016

CARAVAGGIO: LUCI E OMBRE DELLA BELLEZZA



CARAVAGGIO

LUCI E OMBRE
 DELLA BELLEZZA



Dinaweh






ascolta e leggi...





Poco tempo fa, all'incirca qualche settimana prima di Natale, ho avuto occasione di parlare e di intrattenermi sul concetto di Bellezza con una donna, che ama definire se stessa come "Creatrice di Bellezza", una donna divenuta amica e poi sparita senza clamore dalla mia vita, per sempre, come spesso accade, quando si rimane completamente aperti, senza condizioni... 
La bellezza - diceva - è insita in tutte le cose; tutto il Creato è latore di 'Bellezza'; persino le più opache creazioni dell'uomo, come l'ammasso quasi informe di case di una qualsiasi periferia cittadina, nascondono in sé la loro 'bellezza'.  
Quella bellezza, apparentemente così difficile da trovare  è  - diceva - dappertutto! 
Essa non appare alla vista infatti, altro che nel suo simulacro più esterno; ed è per questo stesso motivo che spesso, ad una visione superficiale delle cose, non viene recepita, né completamente vista! Non esiste vera Bellezza, al di fuori della RELAZIONE, di una relazione, qualsiasi essa sia, di qualsiasi natura essa sia intrisa o veicolata. Bellezza è relazione e intrattenimento di molteplici visioni, incetta di sguardi, di silenzi e di privazioni di sguardi... Anche il buio, l'assenza totale di luce porta in sé la bellezza, nella sua più prossima relazione con la luce che irrompe subito dopo, tanto da creare una significazione consequenziale all'istante eterno che la precede!

Non esiste la Bellezza appiattita e muta nella sua staticità, congelata dall'abile gesto del pittore sulla tela, o dallo scatto del fotografo, se essa non è frutto di una dinamica e intricata sorgente di emozioni, di luci e di ombre, di bello e di brutto insieme impastati, come quando i volti di un uomo e di una donna in amore conoscono di poi di se stessi la scelleratezza dello sguardo indifferente e ostile subito dopo, per un diverbio, per uno sguardo di troppo dell'uno nei confronti di un'altra, per una carezza e un gesto d'amore mancato...
Ecco tutto questo e quindi la tragedia stessa della vita, nel suo intricato modo di srotolarsi dianzi ai nostri occhi, dentro le nostre viscere, nella nostra carne, e nell'anima tutta, filo conduttore della trama della nostra stessa esistenza, essa diventa BELLEZZA, essa è BELLEZZA; incontrastata bellezza, fermata nell'attimo fuggente dall'abile artista, solo allora la possiamo vedere, la riconosciamo come propria ed essa ci parla, anche quando non parla direttamente di noi. Le distanze e la diversità dall'altro scompaiono e, ad un tratto, tutto torna, senza che alcuna traccia di altro permanga che non sia l'emozione partire dalla nostra pancia a dar vita alla solare rifrazione di un novo sorriso, impresso in su lo sguardo. 
Questo accade, quando la vediamo! E, vederla significa nulla togliere alla trama, essa tutta intera, che l'ha condotta fino a noi, davanti al nostro sacro sguardo e dentro i nostri stessi visceri...
Luci e ombre si susseguono nell'ordito che la compone e la discompone, fino a farci male! Sì, la Bellezza fa male al cuore, quando è tanta! Perché non possiamo sopportare tanta Bellezza?
Perché a lei sfuggiamo continuamente, preferendo il languore di vite ingrigite dal tempo, un tempo monocromo e scuro? Per il timore di perderci, per la paura di perderci nell'Amore, di perdere ogni controllo della nostra vita, come se quello ci desse finalmente la pace! 
Quanto spreco, quanta prudente scelleratezza ci distanzia dalla bellezza!
Siamo abituati a vivere senza accorgerci della Bellezza. 
Ci sono vite intere che, per paura, nemmeno la sfiorano per un attimo. 
Se accade, spesso scegliamo di voltarle le spalle, semplicemente. 
Essa ci fa paura, poiché nel "pacchetto" che ci offre, insieme alle luci si annidano furtive anche le ombre. Il loro compito in realtà, così spaventevole ai nostri occhi e tuttavia così prezioso, è proprio quello di dare più colore alla luce, quando essa appare. Attimi di suoni e di silenzi, luci e ombre, gioia e tristezza, alternanza di emozioni forti e di assenze... Tutto questo è Bellezza!   

E' a proposito di tutto quanto detto fin qui che trovo lo spunto per condividere con voi l'amore assoluto che provo e sempre ho provato per Michelangelo Merisi da Caravaggio; forse il più grande pittore del Seicento che sia mai esistito. Tutte le categorie della Bellezza per come sono state esposte sin qui, vi trovano in lui la quintessenza, diventando carne e sangue; amore e morte, precipizio ed estasi... 




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i discepoli di Emmaus

Madonna col Bambino e Sant'Anna

San Giovanni Battista

Vocazione di San Matteo

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I bari

lunedì 26 dicembre 2016

SENZA TITOLO


SENZA TITOLO


Quale titolo vogliamo dare al mondo che abbiamo davanti? Quale altro aspetto di questa realtà vogliamo ancora sviscerare che non sia già stato sviscerato? All'alba del nuovo anno che viene l'umanità è ancora una volta messa di fronte a se stessa, sempre più nuda e spoglia di fronte alle proprie contraddizioni. Cominciamo a sentirci tutti sovrani e responsabili di ciò che creiamo. Nulla di ciò che accade è estraneo alle nostre scelte. 
Vi lascio alle parole di questo signore tedesco che ci ricorda quale sia stata la responsabilità della sua Germania quando ha gettato il continente europeo nella tragedia di due guerre mondiali a causa degli interessi economici delle multinazionali farmaceutiche chimiche e petrolifere di allora come di oggi. Parole dure, ma che contengono il significato di tutto quello che per interi decenni è sempre stato nascosto ai popoli. Ora è giunto il momento di porre fine a questo gioco infausto, smettendo di appoggiare l'Europa dell'euro e delle banche. Occorre un'Europa dei popoli, un'Europa democratica, fondata sulla solidale comunanza di interessi e beni. 
A dirla tutta, ascoltando le parole infervorate di Matthias, mi prende lo sconforto pensando a quanto cammino di evoluzione l'umanità debba ancora compiere per liberarsi del tutto da qualsiasi identificazione e poi ancora la moneta, l'interesse economico, le guerre... Tutto questo bagaglio di esperienza porterà le anime di questa dimensione a invocare un'altra realtà, fondata sulle leggi universali dell'Amore  e della Fratellanza Universale. Ma quanto siamo distanti ancora! 






giovedì 22 dicembre 2016

OMERO NEL BALTICO



OMERO NEL BALTICO



di Felice Vinci


Sin dai tempi antichi la geografia omerica ha dato adito a problemi e perplessità: la coincidenza tra le città, le regioni, le isole descritte, spesso con dovizia di dettagli, nell'Iliade e nell'Odissea ed i luoghi reali del mondo mediterraneo, con cui una tradizione millenaria le ha sempre identificate, è spesso parziale, approssimativa e problematica, quando non dà luogo ad evidenti contraddizioni: ne troviamo vari esempi in Strabone, il quale tra l'altro si domanda perché mai l'isola di Faro, ubicata proprio davanti al porto di Alessandria, da Omero venga invece inspiegabilmente collocata ad una giornata di navigazione dall'Egitto. Così l'ubicazione di Itaca, data dall'Odissea in termini molto puntuali – secondo Omero è la più occidentale di un arcipelago che comprende tre isole maggiori: Dulichio, Same e Zacinto – non trova alcuna corrispondenza nella realtà geografica dell'omonima isola nel mar Ionio, ubicata a nord di Zacinto, ad est di Cefalonia e a sud di Leucade. E che dire del Peloponneso, descritto come una pianura in entrambi i poemi?

Una possibile chiave per penetrare finalmente in questa singolare realtà geografica ce la fornisce Plutarco, il quale in una sua opera, il De facie quae in orbe lunae apparet, fa un'affermazione sorprendente: l'isola Ogigia, dove la dea Calipso trattenne a lungo Ulisse prima di consentirgli il ritorno ad Itaca, è situata nell'Atlantico del nord, "a cinque giorni di navigazione dalla Britannia". Partendo da tale indicazione e seguendo la rotta verso est, indicata nel V libro dell'Odissea, percorsa da Ulisse dopo la sua partenza dall'isola (identificabile con una delle Faroer, tra le quali si riscontra un nome curiosamente "grecheggiante": Mykines), si riesce subito a localizzare la terra dei Feaci, la Scheria, sulla costa meridionale della Norvegia, in un'area in cui abbondano i reperti dell'età del bronzo (ed anche graffiti rupestri raffiguranti navi: in effetti Omero chiama i Feaci “famosi navigatori”, ma di essi non è stata mai trovata nessuna traccia nel Mediterraneo). Qui, al momento dell’approdo di Ulisse, si verifica un fatto apparentemente incomprensibile: il fiume (dove il giorno successivo il nostro eroe incontrerà Nausicaa) ad un certo punto inverte il senso della corrente ed accoglie il naufrago all’interno della sua foce. Tale fenomeno, rarissimo nel Mediterraneo, è invece comune nel mondo atlantico, dove l’alta marea produce la periodica inversione del flusso negli estuari. Riguardo poi al nome stesso della Scheria, osserviamo che nell'antica lingua nordica "skerja" significava "scoglio".

Da qui, con un viaggio relativamente breve il nostro eroe fu poi accompagnato ad Itaca, situata, secondo Omero, all'estremità occidentale di un arcipelago su cui il poeta ci fornisce molti particolari, estremamente coerenti fra loro ma totalmente incongruenti con le Isole Ionie: ora, una serie di precisi riscontri consente di individuare nel Baltico meridionale un gruppo di isole danesi, l’arcipelago del Sud Fionia, che vi corrisponde in ogni dettaglio. Le principali infatti sono proprio tre: Langeland (l'"Isola Lunga": ecco svelato l'enigma della misteriosa Dulichio), Ærø (la Same omerica, anch'essa collocata esattamente secondo le indicazioni dell'Odissea) e Tåsinge (l'antica Zacinto). L'ultima isola dell'arcipelago verso occidente, "là, verso la notte", ora chiamata Lyø, è proprio l'Itaca di Ulisse: essa coincide in modo stupefacente con le indicazioni del poeta, non solo per la posizione, ma anche per le caratteristiche topografiche e morfologiche (invece l’Itaca greca non ha nulla a che vedere con le indicazioni dell’Odissea). E nel gruppo si ritrova persino l'isoletta, "nello stretto fra Itaca e Same", dove i pretendenti si appostarono per tendere l'agguato a Telemaco. 

Inoltre, ad oriente di Itaca e davanti a Dulichio giaceva una delle regioni del Peloponneso, che a questo punto si identifica facilmente con la grande isola danese di Sjælland (dove adesso sorge Copenaghen): ecco la vera "Isola di Pelope", nell'autentico significato del termine. Il Peloponneso greco invece, situato in posizione corrispondente nell'Egeo, malgrado la sua denominazione non è un'isola: questa contraddizione, inspiegabile se non si ammette una trasposizione di nomi, è molto significativa. Ma c'è di più: sia i particolari, riportati dall'Odissea, del rapido viaggio in cocchio di Telemaco da Pilo a Lacedemone lungo una "pianura ferace di grano", sia gli sviluppi della guerricciola tra Pili ed Epei raccontata da Nestore nell'XI libro dell'Iliade, da sempre considerati incongruenti con la tormentata orografia della Grecia, si inseriscono perfettamente nella realtà della pianeggiante isola danese.

Va notato che in tutto il mondo non esiste un gruppo di isole che corrisponda alle indicazioni omeriche altrettanto bene quanto queste isole della Danimarca (e men che meno nel Mediterraneo). 

Cerchiamo ora la regione di Troia. L'Iliade la situa lungo l'Ellesponto, sistematicamente descritto come un mare "largo" o addirittura "sconfinato"; è pertanto da escludere che possa trattarsi dello Stretto dei Dardanelli, davanti a cui si trova la collina di Hissarlik con la città trovata nell’Ottocento da Schliemann, la cui identificazione con la Troia omerica continua a suscitare fortissime perplessità (pensiamo alla critica che ne ha fatto Moses Finley nel suo Il mondo di Odisseo). Inoltre, una serie di indagini geologiche recentemente condotte nella pianura ai piedi della collina ha mostrato che nel II millennio a.C. essa era ricoperta da un vasto braccio di mare, del tutto inconciliabile con le descrizioni omeriche.

Ora, lo storico medioevale danese Saxo Grammaticus nelle sue Gesta Danorum menziona in più occasioni un singolare popolo di "Ellespontini", nemici dei Danesi, e un "Ellesponto" curiosamente situato nell'area del Baltico orientale: che si tratti dell'Ellesponto omerico? Esso potrebbe identificarsi con il Golfo di Finlandia, il corrispondente geografico dei Dardanelli; poiché d'altra parte Troia, secondo l'Iliade, era ubicata a nord-est del mare (altro punto a sfavore del sito di Schliemann), per la nostra ricerca è ragionevole orientarci verso un'area della Finlandia meridionale, là dove il Golfo di Finlandia sbocca nel Baltico. E proprio qui, in una zona circoscritta ad occidente di Helsinki, s'incontrano numerosissime località i cui nomi ricordano in modo impressionante quelli dell'Iliade, ed in particolare gli alleati dei Troiani: Askainen (Ascanio), Reso (Reso), Karjaa (Carii), Nästi (Naste, capo dei Carii), Lyökki (Lici), Tenala (Tenedo), Kiila (Cilla), Kiikoinen (Ciconi) e tanti altri. Vi è anche una Padva, che richiama la nostra Padova, la quale secondo la tradizione venne fondata dal troiano Antenore (i Veneti, chiamati “Enetoi” nell’Iliade ed enumerati fra gli alleati dei Troiani, nella Germania di Tacito sono menzionati accanto ai Finni,); inoltre, nella stessa area della Finlandia meridionale, i toponimi Tanttala e Sipilä – sul monte Sipilo fu sepolto il mitico Tantalo, famoso per il celebre supplizio nonché re della Lidia, una regione confinante con la Troade – indicano che il discorso non è circoscritto alla sola geografia omerica, ma sembra estendersi all'intero mondo della mitologia greca.

E Troia? Proprio al centro della zona così individuata, in una località, a mezza strada fra Helsinki e Turku, le cui caratteristiche corrispondono esattamente a quelle tramandateci da Omero – l'area collinosa che domina la vallata con i due fiumi, la pianura che scende verso la costa, le alture alle spalle – scopriamo che la città di Priamo è sopravvissuta al saccheggio e all'incendio da parte degli Achei ed ha conservato il proprio nome quasi invariato sino ai nostri giorni: Toija, così si chiama attualmente, è ora un pacifico villaggio finlandese, rimasto per millenni ignaro del proprio glorioso e tragico passato. Varie visite in loco, a partire dall'11 luglio 1992, hanno confermato le straordinarie corrispondenze delle descrizioni dell'Iliade con il territorio attorno a Toija, dove per di più si riscontrano molti tumuli preistorici ed altre notevoli tracce dell'età del bronzo. E’ poi stupefacente che, in direzione del mare, il nome della località di Aijala ricordi tuttora la "spiaggia" ("aigialòs") dove gli Achei avevano tratto in secca le loro navi (Il. XIV, 34). 

Le corrispondenze geografiche si estendono anche alle aree adiacenti: sulla costa svedese antistante, 70 chilometri a nord di Stoccolma, si affaccia la baia di Norrtälje, lunga e relativamente stretta, le cui caratteristiche rimandano alla Aulide omerica, da dove mosse la flotta achea diretta a Troia; attualmente dalla sua estremità partono i traghetti per la Finlandia, ricalcando la stessa rotta: essi transitano davanti all'isola Lemland, il cui nome ricorda l'antica Lemno, dove gli Achei fecero tappa e abbandonarono l'eroe Filottete; a sua volta, la vicina Åland, la maggiore dell'omonimo arcipelago, probabilmente coincide con Samotracia, mitica sede dei misteri della metallurgia. L'attiguo Golfo di Botnia a questo punto è facilmente identificabile con l'omerico Mar Tracio; e, riguardo alla Tracia, che il poeta colloca al di là del mare rispetto a Troia, in direzione nord-ovest, essa giaceva lungo la costa della Svezia centro-settentrionale e nel suo entroterra (ed è singolare che nei miti nordici il dio Thor sia il signore di una regione chiamata “Trakja”). Più a sud, oltre il Golfo di Finlandia, la posizione dell'isola Hiiumaa, situata dirimpetto alla costa dell'Estonia, corrisponde esattamente a quella dell'omerica Chio, che l'Odissea pone sulla rotta del rientro in patria della flotta achea dopo la guerra.

Insomma, oltre alle caratteristiche morfologiche del territorio, anche la collocazione geografica di questa Troade finnica "calza a pennello" con le indicazioni della mitologia; e così si spiega finalmente perché sui combattenti nella pianura di Troia cali spesso una "fitta nebbia" ed il mare di Ulisse non sia mai quello splendente delle isole greche, ma appaia sempre "livido" e "brumoso": nel mondo cantato da Omero si avvertono le asprezze tipiche dei climi nordici. Dovunque vi si riscontra una meteorologia tutt'altro che mediterranea, con nebbia, vento, freddo, pioggia, neve – quest'ultima anche in pianura e perfino sul mare – mentre il sole, e soprattutto il caldo, sono quasi sempre assenti: in quello che, secondo la tradizione, dovrebbe essere un torrido bassopiano dell'Anatolia, il tempo è quasi sempre inclemente, al punto che i combattenti, ricoperti di bronzo, arrivano ad invocare il sereno durante la battaglia! Addirittura, nel rievocare un episodio della guerra di Troia, Ulisse racconta che sotto le mura della città "la notte era scesa cattiva, ché Borea soffiava/ e gelata. Poi sopraggiunse la neve, come una brina spessa,/ gelida: intorno agli scudi s'incrostava il ghiaccio" (Od. XIV, 475-477). Ma anche nell’Itaca omerica il tempo è freddo e perturbato e non splende mai il sole: eppure le vicende dell’Odissea sono ambientate durante la stagione della navigazione. D'altronde, a tale contesto è perfettamente adeguato l'abbigliamento dei personaggi omerici, tunica e "folto mantello", che non lasciano mai, neppure durante i banchetti: esso trova un preciso riscontro nei resti di abiti ritrovati nelle antiche tombe danesi. 

Questa collocazione così settentrionale consente altresì di spiegare la macroscopica anomalia della grande battaglia che occupa i libri centrali dell'Iliade, con due mezzogiorni (XI, 86; XVI, 777) intercalati da una “notte funesta” (XVI, 567), la quale però non interrompe i combattimenti. La prosecuzione notturna della battaglia è incomprensibile nel mondo mediterraneo, mentre si spiega subito con la localizzazione nordica: è infatti il chiarore notturno, tipico delle alte latitudini nei giorni attorno al solstizio estivo, che consente alle truppe fresche guidate da Patroclo di continuare a combattere ininterrottamente fino al giorno dopo. A ciò si aggiunge la concomitanza dell’ondata di piena dei due fiumi di Troia, lo Scamandro e il Simoenta, nella battaglia del giorno successivo, in cui lo stesso Achille rischia di annegare: ciò è in accordo con i regimi stagionali dei fiumi nordici, le cui piene primaverili, susseguenti al disgelo, avvengono tra maggio e giugno, ossia proprio quando si verificano le notti bianche. 

Questa chiave di lettura consente finalmente di ricostruire tutto lo svolgimento della battaglia durata due giorni in modo perfettamente logico e coerente, senza le perplessità e le forzature delle attuali interpretazioni, che in nome della “pregiudiziale mediterranea” sono costrette a comprimerla in un giorno soltanto. Addirittura, da un passo dell'Iliade si riesce persino a evincere il nome greco, “amphilyke nyx”, del fenomeno delle notti bianche, tipiche delle regioni situate a ridosso del Circolo polare: è un vero e proprio "fossile linguistico" che l'epos omerico ha fatto sopravvivere allo spostamento degli Achei nel sud dell'Europa, dove le notti bianche ovviamente non si verificano. 

Notiamo ancora che, in base alle descrizioni di Omero, le mura di Troia appaiono alla stregua di una rustica palizzata di tronchi e pietre; insomma, più che le poderose fortificazioni micenee, esse ricordano gli arcaici recinti in legno degli insediamenti nordici (tali furono ad esempio le mura del Cremlino fino al XV secolo). 

Prendiamo adesso in esame il cosiddetto Catalogo delle navi del II libro dell'Iliade, che riporta l'elenco delle 29 flotte achee partecipanti alla guerra di Troia con i loro comandanti e le località di provenienza: si può verificare che esso si snoda seguendo punto per punto la geografia delle coste baltiche in senso antiorario, a partire dalla Svezia centrale fino alla Finlandia (mentre la stessa sequenza, se la si applica al contesto mediterraneo, diventa confusa e problematica); in tal modo, utilizzando anche le altre notizie fornite dai due poemi, è possibile ricostruire integralmente il mondo degli Achei attorno al mar Baltico, dove, come ci attesta l'archeologia, nel secondo millennio a.C. fioriva una splendida età del bronzo. 

Ecco dunque la ragione delle anomalie, geografiche e non, contenute nei poemi omerici: il teatro della guerra di Troia e delle altre vicende della mitologia greca non fu il Mediterraneo, ma il mar Baltico, sede primitiva dei biondi "lunghichiomati" Achei, riguardo ai quali esiste già la tendenza a considerarli provenienti dal settentrione, sulla base di una serie di testimonianze archeologiche raccolte sui siti micenei in Grecia. A tale riguardo il prof. Martin P. Nilsson, eminente studioso ed archeologo svedese, nel suo famoso Homer and Mycenae riporta numerose, e significative, prove che attestano l'origine nordica di quel popolo: ad esempio la presenza, nelle più antiche tombe micenee in Grecia, di grandi quantità di ambra (che invece scarseggia sia nelle sepolture più recenti, sia in quelle minoiche a Creta); l'impronta prettamente nordica della loro architettura (il megaron miceneo "è identico alla sala degli antichi re scandinavi"); la "impressionante somiglianza" di alcune lastre di pietra provenienti da una tomba di Dendra "con i menhir conosciuti dall'età del bronzo dell'Europa centrale"; i crani di tipo nordico trovati nella necropoli di Kalkani e così via. D'altro canto, in certi reperti dell'archeologia scandinava, ed in particolare nelle figure incise sulle lastre del grande tumulo di Kivik, in Svezia, sono state riscontrate rimarchevoli affinità con i modelli dell'arte egea, al punto da indurre qualche studioso del passato ad ipotizzare che quel monumento fosse opera dei Fenici. Inoltre, un significativo indizio della presenza degli Achei nel nord dell'Europa è costituito da un graffito miceneo ritrovato nel complesso megalitico di Stonehenge, in Inghilterra meridionale, insieme con altre tracce, riscontrate dagli archeologi sempre nella stessa area ("cultura del Wessex"), di epoca precedente all'inizio della civiltà micenea in Grecia.

Quanto a Ulisse, di cui Omero ricorda “i biondi capelli” – d’altronde anche Pindaro nella IX ode Nemea menziona i “biondi Danai” – vi sono singolari convergenze tra la sua figura e quella di Ull, guerriero ed arciere della mitologia nordica; inoltre, lungo le coste e le isole del mar di Norvegia troviamo molti suggestivi riscontri alle sue celebri peregrinazioni, che iniziano allorché il nostro eroe, al suo ritorno dalla guerra di Troia, quando sta ormai per arrivare ad Itaca s’imbatte in una tempesta che lo trascina via dal suo mondo abituale. Così egli si ritrova in un “altrove” dove viene coinvolto in una serie di fantastiche avventure, fin quando non raggiunge l’isola Ogigia, che l’indicazione del De facie di Plutarco ci ha consentito di identificare con una delle Faroer, nell’Atlantico settentrionale. Queste avventure, presumibilmente nate da racconti di marinai, rappresentano l’ultimo ricordo di rotte seguite dagli antichi navigatori dell’età del bronzo nordica al di fuori del bacino baltico, nell’Oceano Atlantico (dove scorre il “Fiume Oceano”, ossia la Corrente del Golfo), poi diventate irriconoscibili dopo la trasposizione nel mondo mediterraneo.

Ad esempio, l’isola Eolia, dove regna il “signore dei venti” Eolo Ippotade (“Ippotade” significa “figlio del cavaliere”), è una delle Shetland (forse Yell), dove soffiano venti fortissimi e tuttora vive una pregiata razza di pony; i Ciclopi abitavano sulla costa della Norvegia settentrionale, presso il Tosenfjorden (non a caso, essi ricordano i mitici troll del folklore norvegese); anche i Lestrigoni vivevano sulla costa norvegese, ma ancora più a nord (proprio dove li colloca il Prof. Robert Graves, basandosi sul fatto che, come dice Omero, nella loro terra le giornate estive sono lunghissime); l’isola della maga Circe, dove si riscontrano tipici fenomeni artici, quali il sole di mezzanotte (Od. X, 190-192) e le “danze dell’Aurora” (Od. XII, 3-4), si trovava oltre il circolo polare, verso le isole Lofoten (dunque le magie di Circe, chiamata da Omero “polypharmakos”, “quella dalle molte pozioni”, sono in realtà manifestazioni di un arcaico sciamanismo lappone); Cariddi è il famigerato gorgo chiamato Maelstrom (la descrizione omerica è straordinariamente simile a quella di Edgar Allan Poe nel noto racconto La discesa nel Maelstrom) e, subito dopo, Ulisse sbarca nell’isola Trinachia, che significa “Tridente”: in effetti, davanti al Maelstrom vi è Mosken, un’isola dalla caratteristica silhouette che ricorda un cappello a tre punte. Quanto alle Sirene, si tratta di micidiali scogli e bassifondi che infestano il mare davanti alle Lofoten, pericolosissimi per i naviganti anche a causa della nebbia e delle correnti di marea: se costoro infatti, attratti dall’ingannevole rumore della risacca (“il canto delle sirene”), si avvicinano pensando di trovarsi vicini alla terraferma, rischiano di naufragare sugli scogli (pertanto l’espressione “canto delle sirene” si rivela in realtà una kenning, ossia una sorta di metafora, tipica della poesia nordica). Addio Grecia, addio mare Mediterraneo!

Notiamo che all'epoca in cui sono ambientati i poemi omerici doveva essere ormai prossimo al tracollo un periodo caratterizzato da un clima eccezionalmente caldo, durato per millenni: è accertato infatti che il cosiddetto "optimum climatico post-glaciale", con temperature che nell'Europa del nord furono molto superiori a quelle attuali, raggiunse l'acme verso il 2500 a.C. (fase “atlantica” dell’Olocene) e iniziò a declinare attorno al 2000 (quando comincia la fase “sub-boreale”), fino ad esaurirsi completamente qualche secolo dopo. Fu probabilmente questo il motivo che ad un certo punto indusse gli Achei a trasferirsi nel Mediterraneo (scendendo, forse, per il fiume Dnepr verso il mar Nero, come molti secoli dopo avrebbero fatto i Vichinghi, la cui cultura presenta singolari affinità con quella achea): qui essi diedero origine alla civiltà micenea, notoriamente non autoctona della Grecia, la quale fiorì a partire dal XVI secolo a.C., in buon accordo quindi con le indicazioni climatiche. 

I migratori portarono con sé epopee e geografia: attribuirono infatti alle varie località in cui si insediarono gli stessi nomi che avevano lasciato nella patria perduta, di cui perpetuarono il retaggio nei poemi omerici e nella mitologia greca (la quale, se da un lato presenta molti punti di contatto con quella nordica, dall'altro, forse in seguito al crollo della civiltà micenea, avvenuto attorno al XII secolo a.C., ha perso il ricordo della grande migrazione dal settentrione); inoltre ribattezzarono con i corrispondenti nomi baltici anche le altre regioni dell'area mediterranea, quali la Libia, Creta e l'Egitto, generando in tal modo un colossale equivoco geografico che ha spiazzato per millenni tutti gli studiosi. Queste trasposizioni vennero agevolate – anzi, forse, suggerite – da una certa analogia tra la configurazione geografica del Baltico e quella dell'Egeo: basti pensare alla corrispondenza tra Öland ed Eubea, o tra Sjælland e Peloponneso (dove peraltro, come abbiamo visto, dovettero forzare il concetto di "isola"); il fenomeno venne poi consolidato, nel corso dei secoli, dal progressivo affermarsi dei popoli di lingua greca nel bacino del Mediterraneo, a partire dalla civiltà micenea fino all'epoca ellenistico-romana.

Con tale quadro è coerente una perentoria affermazione di un eminente studioso: “La nobiltà degli esametri [di Omero] non dovrebbe trarci in inganno inducendoci a pensare che l’Iliade e l’Odissea siano qualcosa di diverso dai poemi di un’Europa in gran parte barbarica dell’Età del Bronzo o della prima Età del Ferro. Non c'è sangue minoico o asiatico nelle vene delle muse greche: esse si collocano lontano dal mondo cretese-miceneo e a contatto con gli elementi europei di cultura e di lingua greche (…) Alle spalle della Grecia micenea si stende l'Europa" (Stuart Piggott, Europa Antica).

Una straordinaria, e recentissima, conferma archeologica ci viene dal cosiddetto "disco di Nebra" (un villaggio situato 50 km ad ovest di Lipsia, nella Germania orientale) e delle spade, di tipo miceneo, ritrovate nello stesso sito. Il disco di Nebra è un manufatto in bronzo datato al 1600 a.C., circolare (diametro circa 30 cm) con riportati sole, luna e stelle (tra cui si distinguono le sette Pleiadi). Esso è il perfetto pendant dei versi del XVIII libro dell'Iliade in cui Omero illustra le decorazioni astronomiche fatte dal dio fabbro Efesto sullo strato in bronzo posto al centro dello scudo di Achille: "Vi fece la terra, il cielo e il mare,/ l'infaticabile sole e la luna piena,/ e tutti i segni che incoronano il cielo,/ le Pleiadi, le Iadi...". I reperti di Nebra mostrano lo stretto rapporto, per così dire "triangolare", che, attraverso l'archeologia, si può stabilire tra il mondo nordico della prima età del bronzo, quello miceneo (le spade) e quello omerico (lo scudo), a conferma dell’affermazione del Prof. Piggott, grande archeologo e accademico inglese, citata in precedenza.

In conclusione, il reale scenario dell'Iliade e dell'Odissea è identificabile non nel mar Mediterraneo, dove dà adito a innumerevoli incongruenze (il clima sistematicamente freddo e perturbato, le battaglie che proseguono durante la notte, i fiumi che invertono il loro corso, il Peloponneso pianeggiante, eroi biondi intabarrati in pesanti mantelli di lana, isole e popoli introvabili...), ma nel nord dell'Europa. Le saghe che hanno dato origine ai due poemi provengono dal Baltico e dalla Scandinavia, dove nel II millennio a.C. fioriva l'età del bronzo e dove sono tuttora identificabili molti luoghi omerici, fra cui Troia e Itaca; le portarono in Grecia, in seguito al tracollo dell'"optimum climatico", i biondi Achei che nel XVI secolo a.C. fondarono la civiltà micenea: essi ricostruirono nel Mediterraneo il loro mondo originario, in cui si erano svolte la guerra di Troia e le altre vicende della mitologia greca, e perpetuarono di generazione in generazione, trasmettendolo poi alle epoche successive, il ricordo dei tempi eroici e delle gesta compiute dai loro antenati nella patria perduta. La messa per iscritto di questa antichissima tradizione orale, avvenuta in seguito all'introduzione della scrittura alfabetica in Grecia, attorno all'VIII secolo a.C., ha poi portato alla stesura dei due poemi nella forma attuale.

 


mercoledì 21 dicembre 2016

ULISSE DAI BIONDI CAPELLI




ULISSE DAI BIONDI CAPELLI

Traggo spunto da un'interessante documento che introduce il saggio di Felice Vinci, (che sarà pubblicato successivamente a questo post), di professione ingegnere nucleare, ma con la passione per lo studio dei poemi omerici, che sostiene - prove alla mano - che la collocazione geografica e storica dei fatti narrati nei poemi omerici non corrisponda affatto alla Grecia, bensì all'Europa del Nord e che la stessa datazione storica sia diversa da quella che ci è stata tramandata sino ad oggi, cioè risalga a tempi molto più remoti. La fonte da cui traggo ispirazione è il sito "La nuova umanità" e la mia revisione proviene dal testo il cui autore è Ben Boux.

La teoria di Felice Vinci è molto più attendibile di quella che solitamente siamo propensi ad accettare come veritiera, se si pensa che anche la scoperta di una città antica come Troia in Turchia ha potuto condurre gli studiosi di tutti i tempi a delle certezze inequivocabili.  Ecco cosa dice in un estratto del suo saggio lo stesso Vinci:
Già gli studiosi dell'antichità avevano notato che la geografia omerica presentava enormi incongruenze, rispetto alla realtà del mondo greco-mediterraneo. Ma la geografia omerica è stata motivo di perplessità anche in tempi molto più recenti, allorché la decifrazione della scrittura micenea, la cosiddetta "lineare B", graffita sulle tavolette provenienti da Cnosso, Pilo e a Micene, ha permesso di confrontare il mondo di cui esse erano espressione con la realtà descritta nei due poemi. Ne è emersa, come rileva il prof. Moses Finley, "la completa mancanza di contatto tra la geografia micenea come ora la conosciamo dalle tavolette e dall'archeologia, da una parte, ed i racconti omerici dall'altra."
La recente scoperta del cosiddetto "disco di Nebra" (un villaggio a circa 50 km ad ovest dalla città di Lipsia, nella Germania orientale) e delle spade, di tipo miceneo ritrovate nello stesso sito, porta una ulteriore prova a sostegno della tesi dello studioso.




"Il disco di Nebra è un manufatto in bronzo datato al 1600 a. C., di fattura circolare, dal diametro di 32 centimetri, con raffigurati il sole la luna e stelle (tra cui si distinguono nettamente le sette Pleiadi. Esso è il perfetto pendant dei versi del XVIII libro dell'Iliade in cui Omero illustra le decorazioni astronomiche fatte dal dio fabbro Efesto sullo strato di bronzo posto al centro dello scudo di Achille: "Vi fece la Terra, il cielo e il mare, / l'infaticabile sole e luna piena e tutti quanti i segni che incoronano il cielo, / le Pleiadi, le Iadi, la forza d'Orione / e l'Orsa [...]". I reperti di Nebra insomma mostrano lo stretto rapporto, per così dire "triangolare" che, attraverso l'archeologia si puòò stabilire tra il mondo nordico della prima età del bronzo, quello miceneo (le spade) e quello omerico (lo scudo)."
Supponendo che la tacca sul bordo alle ore 2:00 simboleggi la direzione di Orione, il raggruppamento di 7 stelle sono le Pleiadi, le 7 sorelle e il Grande Carro è rappresentato alle ore 8:00, questo disco mostra come le costellazioni sarebbero raggruppate attorno al Sole il 25 marzo 1600 a. C., completo del quarto di luna. Questo è vero per la Germania, il paese di origine, o per la Summeria/Iraq, l'antico Paese che si presume avesse questa conoscenza.

La circostanza con cui viene confutata questa teoria è il clima. Quale ragione avevano quei popoli per migrare sino in Grecia?




Dai racconti omerici il clima di allora non era certo quello attuale e, nello stesso tempo, soltanto un brusco e profondo cambiamento climatico può spingere un intero popolo, o buona parte di esso, a cercare lande più favorevoli, abbandonando tutto ciò che aveva costruito nella propria regione.
Una parte della popolazione si è adattata ed ha poi dato origine alla civiltà dei Vichinghi e agli altri popoli di quella zona, forse la parte di popolazione che aveva maggiore confidenza e conoscenza del mare, mentre quelle interne hanno abbandonato i loro siti, portandosi dietro i racconti tramandati oralmente che poi Omero ha raccolto nella saga dell'Iliade e dell'Odissea. Non sappiamo nemmeno con certezza se Omero fosse una persona o se fosse stato un gruppo di persone ad aver assemblato, per così dire, i poemi. E' indubbio che la descrizione dei luoghi e dei tempi non corrisponde in alcun modo alla Grecia e alle isole attorno.

Ciò che si vuole mettere qui in evidenza è che il pianeta abbia subito un evento catastrofico nel periodo di tempo collocato circa nel 1600 a. C. e che questo evento abbia avuto enormi ripercussioni su tutte le civiltà del pianeta. La Terra ha subito, nel corso della sua storia plurimillenaria, una serie di tali eventi, circa ogni 3600 anni, tra cui il mitico "Diluvio Universale", che non è per nulla mitico, come gli stessi archeologi cominciano ora ad ammettere. 

ROMA - Una spedizione sottomarina guidata da Robert Ballard, lo scopritore del relitto del Titanic, ha annunciato oggi di aver individuato nel Mar Nero, a 91 metri di profondità, i resti di un insediamento umano risalente a 7.500 anni fa. Secondo gli archeologi, si tratta della prima, importantissima conferma che quello che ora è un fondale marino un tempo ospitava fattore e villaggi, sommersi di colpo da una gigantesca inondazione che sarebbe all' origine del racconto biblico del Diluvio Universale.


Mar Nero: ecco il villaggio sommerso dal Grande Diluvio. a 91 metri di profondità tracce di un insediamento di 7500 anni fa

"E' una scoperta incredibile", ha detto Ballard, il cui battello da ricerca, il Northern Horizon, sta operando a circa 12 miglia dalla costa turca. "I manufatti del sito sono chiaramente ben conservati, ci sono travi, rami e utensili di pietra lungo tutta la matrice di fango della struttura". 



L'area del sito, di forma rettangolare, per una lunghezza di 4 metri e una larghezza quasi doppia, è stata individuata da "Little Hercules", il robot subacqueo della spedizione, la mattina del nove settembre, vicino ad una valletta marina. Attraverso gli schermi collocati a bordo della nave, gli scienziati hanno visto apparire le rovine di un edificio fatto di canne impastate con fango ed argilla.


Non è da ritenere tuttavia che questo ritrovamento sia una prova del "Diluvio universale", perché altre scoperte tendono a spostare la data di quell'evento più in là nel tempo, forse a 11.000 o a 15.000 anni fa. Tuttavia la data stimata dell' evento, 7500 anni or sono è praticamente il doppio di quei 3600 anni che abbiano visto prima, e dimostra una ciclicità di eventi disastrosi.

Nella figura sono presentati vari ritrovamenti sottomarini di chiara origine artificiale. Le datazioni sono varie, ad esempio la strana forma circolare in alto a destra è stata datata a circa 15.000 anni. La sua immersione corrisponde quindi al ciclo presentato sopra. Gli altri ritrovamenti sono avvenuti in varie parti del pianeta, Baltico, Cuba, Giappone, Bermuda, ecc. Da notare lo scheletro di un gigante, che darebbe concretezza al ciclope dell' Odissea.





                      

lunedì 19 dicembre 2016

Il mese di dicembre, portatore di nuovi doni - Carmen Nigri

IL MESE DI DICEMBRE


PORTATORE DI NUOVI DONI

di Carmen Nigri

In queste settimane, come ogni anno, dal punto di vista astronomico accade che l'orbita della Terra è più vicina al sole, soprattutto nei giorni in cui, dal 30 novembre al 18 dicembre, il sole transita nella costellazione di Ofiuco, la tredicesima costellazione eclittica. E' un momento molto particolare anche per gli astronomi, perché si è scoperto che proprio e solo in quei giorni, un materiale interstellare viene assorbito dal campo gravitazionale del sole e fluisce poi in tutto il sistema solare, a partire da Ofiuco, influenzando quindi anche il nostro pianeta. 
La Terra viene in questo modo investita  da un vento interstellare che porta informazioni cosmiche nuove, come una polvere cosmica cristallina che contiene vibrazioni d'Amore e di Armonia. Noi la respiriamo e la incanaliamo nel nostro corpo fisico, attraverso i chakra, che hanno la funzione di rice-trasmettitori, tra il nostro corpo fisico denso  e i nostri corpi sottili; catalizzatori che assicurano il continuo fluire dell'energia vitale in tutte le nostre cellule.
Il 18 dicembre appena trascorso, il sole si è allineato con il centro della Galassia, la Grande Madre, sorgente di vita, nel suo ultimo giorno di transito nella costellazione di Ofiuco. Da lì proviene la polvere d'oro, un vero e proprio dono per l'umanità! Quella polvere infatti ha la forza e il potere di rinnovare la sinfonia cosmica, con le nuove note che non sono altro che le nuove informazioni evolutive, scintille di luce che ci aiutano a compiere la metamorfosi necessaria per affrontare il cambiamento.
Tra pochi giorni ci sarà il solstizio d'inverno (21 dicembre); qui il sole sosta tre giorni, cioè a dire che qui mantiene per tre giorni la declinazione più bassa del suo periodo stagionale, per poi rialzarsi e cominciare di nuovo ad allungare le giornate terrestri con la sua rinnovata luce. In questi tre giorni le nuove informazioni, come nuovi semi evolutivi, vengono fecondati nel cuore della Terra, nel 'cuore' di tutte le cose, visibili ed invisibili e nei nostri stessi cuori, in modo da radicarsi bene e manifestarsi poi attraverso gli eventi quotidiani. Questi sono semi che possono crescere e svilupparsi solo grazie alla nostra apertura, poiché si nutrono esclusivamente di luce, di sentimenti e pensieri di condivisione, gioia e prosperità, annullando ogni paura, risentimento e chiusure di cuore.

Il 25 dicembre dunque il sole rinasce e noi abbiamo la possibilità di rinnovare il nostro patto con la divinità, Madre/Padre, unica, inscindibile ed eterna. 
E' la luce cristallina che in questo fondamentale passaggio stagionale la Terra accoglie nel suo grembo, quale seme cosmico per la futura genesi di un Uomo Nuovo, sulla Nuova Terra. Se noi questo seme siamo in grado di accogliere, può crescere in noi e forgiarci come Nuovi Esseri di Luce.

Tra breve dai mondi invisibili dell'energia, nuove miriadi di scintille di candida e purissima bellezza appariranno nel loro splendore. assumeranno svariate dimensioni e, nel loro roteare, si attrarranno e s'intrecceranno fino a formare preziosi gioielli. E' però necessario che l'umanità si accorga di questo dono, per poter sentire gli effetti preziosi di quelle scintille nelle fibre e nelle ossa del corpo fisico e, infine, nel corpo causale (animico). 
Dal Centro dei centri infatti, dal Sole Centrale Galattico, gioia, benessere, prosperità, amore, arriveranno sulla Terra e colpiranno con raggi invisibili  i nostri cuori.
Lasciamo dunque entrare noi stessi nell'immenso regno del cuore, dove ogni cosa è e con il Tutto all'unisono respira. Nuovi compiti, nuove acquisizioni, nuovi enigmi dell'anima saranno da portare alla luce, per far fiorire la nostra vera Essenza luminosa.

Prendiamoci l'un l'altro per mano e lasciamo che la luce emerga attraverso di noi dalla Terra e salga poi fino alla più alta fonte di luce, per poi riversarsi di nuovo sulla Terra, in modo che si ancori saldamente al suolo. Guardiamo attraverso la luce e vedremo la bellezza tutto attorno a noi. Ogni cosa, ogni essere riceve infatti un luccichìo dorato e brilla più forte. Prendiamola tutta in noi, contempliamola nel nostro cuore che conosce e sa che il tempo è "QUI-ORA". Non sarà possibile cambiare questo mondo come noi lo conosciamo, in un regno di luce, senza il nostro contributo.
Il mondo cambierà, e questo è inevitabile, ma è altrettanto necessario entrare nel nostro nucleo interiore, ove si trova la nostra vera via che ci porterà di nuovo "a casa". Cerchiamola lì la luce, perché solo lì la troveremo, nel nostro cuore! Essa manifesterà il Maggior bene per noi stessi e per tutte le persone che amiamo.
Tutto dipende da noi, dalla nostra scelta; il libero arbitrio è un'arma a doppio taglio che ci permette di scegliere in autonomia e in libertà suprema. Occorre sostituire il buio dell'ignoranza e dell'inconsapevolezza con la luce della consapevolezza, con il calore della compassione e il fuoco bruciante dell'Amore. Soltanto così sarà possibile accedere all'ottava superiore e creare, manifestare la realizzazione di ciò che siamo realmente, portando alla luce tutto il potenziale che era rimasto nascosto, fino ad ora.
La Terra e l'Universo stesso, che vibrano anche in noi, saranno testimoni e riconoscenti di questo cambiamento e ci riconosceranno come veri figli della luce.

Porgo così a tutti voi i migliori auguri, per una nuova vita, ricca di gioia e prosperità.


    

martedì 6 dicembre 2016

LA DE-FORMA COSTITUZIONALE NON PASSA! DIFFICILE SITUAZIONE INTERNAZIONALE

LA DE-FORMA COSTITUZIONALE


NON PASSA!

DIFFICILE SITUAZIONE INTERNAZIONALE

Siamo dunque agli ultimi fuochi... Intanto la Gens Italica ha fatto sentire la sua voce, smentendo l'arroganza dei potenti, deludendo il diktat del Gangster-banchiere J. P. Morgan, con il complice servigio del presidente americano uscente Obama e dei suoi valvassori e valvassini stile "Renzi", indispettendo la Casta di Bruxelles e dei manovratori del Bilderberg, che ne traggono le fila.

La vicenda politica italiana si inscrive in un quadro internazionale sempre più fosco e preoccupante, ove il Bel Paese è già da tempo cavia da laboratorio, con una ventina di bombe nucleari entrate in gran segreto sul territorio nazionale da collocare sotto la pancia dei famigerati caccia F35, proprio in concomitanza del terremoto indotto da H.A.A.R.P. (con la base ponte di Niscemi in Sicilia, vedi MUOS), una costante irrorazione chimica dei cieli, causa di inondazioni e alluvioni in inverno e siccità d'estate e una classe politica ormai svuotata di valori e contenuti che non siano il tornaconto personale  e la salvaguardia di se stessa e dei propri privilegi.
Intanto i telegiornali di regime nulla ci dicono di ciò che accade ai nostri confini, degli spostamenti di flotte ed eserciti a un tiro di schioppo dai nostri mari e dalle nostre frontiere continentali. Per questo motivo eccovi due interessanti video tratti da "Pandora tv": quello che i tg nazionali non dicono...

Dinaweh



il dopo-Referendum in Italia



Situazione internazionale



giovedì 1 dicembre 2016

IL MIO SOGNO DIVENTA REALTA'

IL MIO SOGNO DIVENTA REALTA'


Dinaweh


Creo e manifesto ciò che più desidero e il mio sogno diventa realtà! Ma cosa manca spesso, che cosa impedisce la manifestazione di ciò che si vuole? Perché la legge di attrazione non funziona sempre? 
Dipende da più fattori, il primo dei quali ha a che vedere con il karma che ognuno porta con sé, come debito dalle incarnazioni precedenti. Non dobbiamo giudicare il karma come una terribile punizione, ma, anzi, come un'opportunità in più che ci viene data per rimediare ad atti, pensieri e comportamenti che hanno danneggiato la nostra stessa vita attraverso azioni e pensieri poco benevoli verso gli altri. Quale misura potremo usare per definire la quantità e la "qualità" del debito da assolvere? Sicuramente quella dell'Amore incondizionato, verso cui ogni anima incarnata ha in progetto di dirigersi e infine di raggiungere. Non esistono persone 'spirituali' e persone 'materiali' o 'materialiste'... essendo TUTTI, compresi animali, piante, minerali, figli della stessa e imprescindibile Fonte. Ciò significa che anche le anime più lontane dalla visione del Cielo e meno orientate alla donazione di sé, sono destinate, prima o poi, a tornare a casa, a divenire ciò che erano dal principio. E' solo questione di tempo ed è per questo che il karma ci viene in aiuto. Obbligandoci da noi stessi (anime) a percorrere strade impervie, esperimentiamo il dolore e la sofferenza che in altre vite, in altri momenti della nostra evoluzione, abbiamo fatto patire ai nostri fratelli e sorelle. Solo così possiamo perdonarci per il male fatto, chiedere perdono e proseguire il nostro cammino verso l'autorealizzazione, liberandoci di tutti quei debiti contratti a causa di comportamenti ostili e violenti, messi in atto contro coloro che ci erano vicini. 
Se ben abbiamo percorso tutte le tappe della purificazione interiore, attraverso l'esperienza della notte oscura dell'anima, il deprivamento, l'abbandono, il tradimento, ci sembreranno scalini dorati della nostra scala verso il Cielo e, benedicendoli, saremo in grado di lasciarli andare, per realizzare i nostri sogni e trasformarli in realtà.
Ma per arrivare a questo è necessario essere cor-aggiosi, cioè "agire col cuore", ogni attimo, ogni respiro della nostra esistenza; solo allora diventeremo i Creatori Sommi delle nostre vite e nulla ci potrà più fermare.