...I passi percorsi in nessun luogo...
(terzo incontro)
martedì 4 dicembre 2001
Voglio raccontarvi una storia zen. Un monaco in visita a Ciao Ciu, noto per la sua saggezza, gli chiese: Qual è il tuo metodo di insegnamento?. Ciao Ciu rispose: Sono sordo, parla più forte, ti prego. Il monaco ripeté la domanda. Allora Ciao Ciu disse: Mi chiedi qual è il mio metodo di insegnamento, ma io ho già scoperto qual è il tuo. Ciao Ciu, col suo dire, volle rilevare che il suo insegnamento non seguiva alcun metodo, perché il metodo presuppone il pensiero. Per applicare un metodo bisogna pensare e il metodo è fatto di regole, di modi di fare, mentre il non fare non è un metodo e togliere il pensiero è la via, non un metodo.
Sempre dalla letteratura zen: immaginate di pensare alla vostra vita dopo che sarete morti, capirete che non aveva in fondo molta importanza. Un altro aforisma zen recita: ...che strana creatura l'essere umano, brancola nel buio con espressione molto intelligente.
Ecco cosa scrive San Giovanni della Croce, dottore della Chiesa ...Dio desidera da te piuttosto il più piccolo grado di purezza di coscienza che tutte le opere che potrai compiere. Vuol rilevare che l'uomo deve tornare a Dio, ed è poco importante quello che realizza nel mondo. Sempre San Giovanni della Croce: L'amore non consiste nel provare grandi sentimenti, ma nell'avere grande nudità. Ovviamente nudità di coscienza. Ci sono due amori: l'amore che nasce dal pensiero, vale a dire dall'attaccamento dell'uomo a cose o persone e l'amore che nulla chiede, incondizionato, l'amore divino. E ancora: L'anima che desidera che Dio le si conceda interamente deve darsi tutta senza conservare nulla per sé. Nemmeno un pensiero deve restare, perché non sarebbe tutta la mente. Dio dà tutto e vuole tutto. Non ci deve essere altro, nemmeno un capello di pensiero: sarebbe il velo dell'Assoluto.
Dal testo di un sufi di mille anni fa: Lo stolto quando si sveglia al mattino pensa cosa farà, il saggio cosa farà Dio di lui. E ancora: se tu ami una cosa ne sei lo schiavo, ora, Egli non ama che tu sia schiavo di altri che di Lui. Riferendosi all'orazione: Tu o Dio sei colui che mi ispira passione e non già l'orazione. Non sia detto che l'orazione si attacca al mio cuore. L'orazione quando la mia mente se la cinge come una collana, è una perla mediana che ti nasconde al mio sguardo. Anche l'orazione può divenire un attaccamento.
Il vuoto mentale come viene esposto da vari autori: Il tuo posto nel mio cuore è tutto il mio cuore e nel tuo posto non vi è spazio per alcuna cosa creata. Nessun pensiero è presente. Sempre da un testo islamico: Fu domandato ad un tale se Fath al Mausiri avesse compiuto grandi opere. Rispose: non ti pare opera sufficiente aver abbandonato il mondo? Ancora: Il santo non giungerà a Dio finché non si libera dalla brama di giungere a Dio. E' un attaccamento anche il desiderio di Dio. Il Vangelo dice: ...se vuoi essere perfetto lascia tutto quello che hai cioè se vuoi essere Dio, perché perfetto è solo Dio, lascia ogni pensiero. A Dio non interessano i beni materiali dell'uomo, ma solo la sua mente, perché nella mente è il tempio di Dio. Per interiorizzarsi l'uomo deve lasciare ogni pensiero, perché tutto è nella continua condizione della mente: ci sono io e il pensiero, ma il pensiero è fuori di me. Eva va a prendere la mela per portarla ad Adamo, ma la mela è fuori, come il pensiero, e il meditante deve continuamente lasciare la mela che l'attenzione ha colto. Io devo comandare l'attenzione, devo poter dire: non voglio il pensiero! , cosa di cui l'uomo comune non è capace. Prende perché non è capace a non prendere e resta sempre sottomesso al pensiero, vivesse cent'anni. Lo stesso uomo è però capace di gridare ai quattro venti che vuole la libertà, quando non sa neppure da che parte iniziare a cercarla. Si può essere liberi in una prigione umana, in un corpo umano, e non liberi fuori di sé. Nella mente c'è la schiavitù e la libertà.
Non si può capire col pensiero. Non puoi capire, pensando, che cos'è il non pensiero. In realtà è molto semplice, è solo il pensiero che complica tutto. Il pensiero ti fa capire che col pensiero non risolvi il problema. a quel punto, sempre pensando, devi trovare il modo di non avere pensieri. Se col pensiero non risolvo ili problema, allora è solo il non pensiero a risolverlo. Lasciando il pensiero si ottiene il vuoto mentale. Il pensiero è duale rispetto all'intelletto: ci sono io e il pensiero.
Per l'uomo comune è il passare dalla porta larga, dove passano tutti, ma il Vangelo dice che la porta larga ti conduce alla perdizione, nel senso che ti perdi, non conosci chi sei veramente. L'io vero rimane sconosciuto, ti sei perso, non sai dir chi sei. Infatti nell'anno Santo si apre la porta stretta che rappresenta chi si realizza e la via sacra è la conoscenza. La vera natura del rituale è il simbolo che indica la via, ma il rituale, di per sé, non è sufficiente.
Non basta andare alla Mecca. La Mecca è dentro di te. Alla Mecca c'è la kabbah, la pietra nera che la tradizione vuole caduta dal cielo, un cubo con sei facce che rappresenta l'uomo. L'uomo è stato fatto il sesto giorno della settimana, il Cristo, ecce homo, è nato sei mesi dopo il Giovanni Battista e muore il sesto giorno della settimana. La tradizione continua a ripetere il sei, il numero dell'uomo. Anche nella tradizione islamica, nella kabbah il cubo cioè l'uomo, c'è l'anima caduta dal cielo, da cui bisogna partire per arrivare alla conoscenza che trascende l'umano e che porta all'Assoluto. Nell'episodio del Vangelo delle nozze dii Cana, in cui l'acqua è cambiata in vino, ci sono sei anfore, ancora il numero simbolico dell'uomo, contenenti acqua con la quale ci si purificava. L'uomo parte dal livello umano per arrivare a Dio. Anche i numeri sono espressione della rappresentazione simbolica della via.
Non basta andare alla Mecca. La Mecca è dentro di te. Alla Mecca c'è la kabbah, la pietra nera che la tradizione vuole caduta dal cielo, un cubo con sei facce che rappresenta l'uomo. L'uomo è stato fatto il sesto giorno della settimana, il Cristo, ecce homo, è nato sei mesi dopo il Giovanni Battista e muore il sesto giorno della settimana. La tradizione continua a ripetere il sei, il numero dell'uomo. Anche nella tradizione islamica, nella kabbah il cubo cioè l'uomo, c'è l'anima caduta dal cielo, da cui bisogna partire per arrivare alla conoscenza che trascende l'umano e che porta all'Assoluto. Nell'episodio del Vangelo delle nozze dii Cana, in cui l'acqua è cambiata in vino, ci sono sei anfore, ancora il numero simbolico dell'uomo, contenenti acqua con la quale ci si purificava. L'uomo parte dal livello umano per arrivare a Dio. Anche i numeri sono espressione della rappresentazione simbolica della via.
Conoscere la via e crederci è già una fortuna, a prescindere dalla capacità di percorrerla. Chi ha colto la via possiede una forza che prima non aveva, sa che comportandosi in una certa maniera risolve il problema. Che sia difficile percorrerla è un altro discorso, ma ha capito che è possibile. E' già una fortuna. Non ha più bisogno di correre alla ricerca di un guru: sa cosa e come fare. Conosce la via. Ogni uomo è immerso in una quantità dei problemi esistenziali, uscirne dipende dal suo livello di bisogno spirituale. Più è alto maggiormente sfumati sono quelli esistenziali.
Nel Vangelo è scritto: Non sono venuto a portare la pace sulla Terra, ma la spada. Nel mondo non ci sarà mai la pace perché è il regno del conflitto causato dai pensieri di ogni tipo. Porta la spada per separare il mondo spirituale da quello delle cose. Nella letteratura zen è scritto: mostrami il volto vero di prima che tu nascessi. Questo passo dice che eri già prima che tu nascessi e sarai dopo, ma "tu" chi è? Ciò che conosci adesso di te stesso è la persona, la maschera, il ruolo che svolgi nella società e non sei certo tutto questo.
I passi percorsi in nessun luogo significa camminare senza la via, perché la via è fatta ancora di pensiero e quando giungi all'Assoluto tutto il Creato scompare, anche il pensiero di meditare: i passi percorsi in nessun luogo.
Sono stati creati perché mi conoscano, il nostro Signore non ha creato ciò invano. Solo quello interessa a Dio, le cose materiali sono per Lui insignificanti. Puoi bussare alla porta quanto vuoi, ma la porta resta chiusa perché Dio non ti conosce o meglio, non hai voluto conoscerlo. Quando lasci il pensiero, lasci la tua identità e sei uno con Dio.
La vita quotidiana ha bisogno del pensiero, ma nella giornata bisogna trovare il tempo da dedicare a se stessi e meditare. Diversamente dedichiamo la nostra attenzione, per tutta la giornata a quel che non siamo: lavoro, sentimenti, divertimento, necessità fisiologiche. Dobbiamo dedicare del tempo solo a noi e questo non può farlo un altro. E' quando entriamo in meditazione che bisogna cercare di annullare il pensiero, non quando camminiamo nel mondo. Maggiore è il tempo che dedichiamo alla cura della nostra mente, nel senso di lasciare il pensiero, più grande è la possibilità di avvicinarci a Dio. Con la ripetizione delle sedute di meditazione si arriva che i pensieri rallentano spontaneamente, fino a non cogliere più il pensiero.
LA PRESENZA
Dobbiamo coltivare la Presenza che vale per tutti gli uomini nello stesso modo. Nel buddhismo si parla di consapevolezza di sé, ed è la presenza. Puoi meditare solo quando mantieni la presenza, solo così puoi lasciare il pensiero. Quando un pensiero tira l'altro è perché non sei presente, ti sei perso, stai passando per la porta larga. La Presenza ti richiama a te ed è quando passi per la porta stretta. E' il lasciare tutto quel che hai, e l'uomo tutta la sua ricchezza l'ha nella mente: gli affetti, i ricordi, i sogni , gli interessi economici. Ed è ciò che devi lasciare, il problema è sempre nella e della mente. Normalmente, spesso in modo inconsapevole, lasci un pensiero per assumerne un altro, senza soluzione di continuità, nella meditazione, con la Presenza, lasci ogni pensiero. Quando San Paolo parla di farsi vaso d'elezione, intende il vuoto della mente, e il vuoto è uguale per tutte le tradizioni esoteriche. Essere consapevoli vuol dire essere molto attenti al gioco della mente e come ti rendi conto che un pensiero si presenta sullo schermo della mente, lo devi lasciare, non devi dargli energia con la tua attenzione e questo spontaneamente scompare.
Se uno è attento a quel che fa, fosse anche sbucciare le patate, vive in pace, perché non ci sono altri pensieri che lo tormentano. Non dimentichiamo che la mente è divina e quindi è possibile tutto. Siamo talmente abituati a cogliere il pensiero che diventa una fatica improba rinunciare a questa abitudine. Solo con la ripetizione continua delle sedute di meditazione si riesce a modificare questo comportamento mentale. Ed è già un notevole miglioramento. Solo la consapevolezza di te stesso, cioè la Presenza, ti permette di lasciare ogni pensiero. Lo Spirito che è fuori dal tempo, ti permette di bloccare l'attività del pensiero che, invece, agisce nel tempo. Il meditante, staccandosi da tutti i pensieri fa morire l'ego. Il figlio dell'uomo deve morire. Il creato, il nostro mondo, è sempre in movimento e Dio viene nel mondo mentale quando oltre ai pensieri porta anche la via, ma l'ego, il figlio dell'uomo, deve morire.
Tutti i desideri dell'uomo alimentano l'ego, solo quel che fa per gli altri è per il divino. L'uomo comune pensa che Dio sia altro da sé, ma non è così. Chiudiamo gli occhi e abbiamo Dio davanti, solo che non ne siamo coscienti. E facciamo tutto per Lui. E' il mistero della mente. Ma se vogliamo arrivare a Dio, l'ego, tutto il mondo creato, deve morire, sono venuto a portare la spada.
Se uno è attento a quel che fa, fosse anche sbucciare le patate, vive in pace, perché non ci sono altri pensieri che lo tormentano. Non dimentichiamo che la mente è divina e quindi è possibile tutto. Siamo talmente abituati a cogliere il pensiero che diventa una fatica improba rinunciare a questa abitudine. Solo con la ripetizione continua delle sedute di meditazione si riesce a modificare questo comportamento mentale. Ed è già un notevole miglioramento. Solo la consapevolezza di te stesso, cioè la Presenza, ti permette di lasciare ogni pensiero. Lo Spirito che è fuori dal tempo, ti permette di bloccare l'attività del pensiero che, invece, agisce nel tempo. Il meditante, staccandosi da tutti i pensieri fa morire l'ego. Il figlio dell'uomo deve morire. Il creato, il nostro mondo, è sempre in movimento e Dio viene nel mondo mentale quando oltre ai pensieri porta anche la via, ma l'ego, il figlio dell'uomo, deve morire.
Tutti i desideri dell'uomo alimentano l'ego, solo quel che fa per gli altri è per il divino. L'uomo comune pensa che Dio sia altro da sé, ma non è così. Chiudiamo gli occhi e abbiamo Dio davanti, solo che non ne siamo coscienti. E facciamo tutto per Lui. E' il mistero della mente. Ma se vogliamo arrivare a Dio, l'ego, tutto il mondo creato, deve morire, sono venuto a portare la spada.
Dio è il Creatore di ogni cosa, compreso ciò che noi chiamiamo Bene e Male. Tutto serve per far vedere all'uomo il suo limite e contenere la sua supponenza. Alla nascita, ognuno di noi riceve i talenti che gli sono propri, ma a tutti Dio chiede che siano fatti fruttare. Se questo non avviene o peggio vengono sprecati è come se l'uomo non avesse vissuto. A Dio non interessa quanti anni l'uomo vive, ma se ha la capacità di arrivare a Lui. La parabola del Vangelo di colui che ha visto un fico e ne vuole i frutti, anche fuori stagione, sta a significare che l'uomo deve sempre dare frutto, che non è mai fuori stagione. Ti ho creato perché tu mi conosca, allora, uomo, sviluppa i talenti che ti ho dato, per arrivare a me e non per conquistare le cose del mondo.