venerdì 8 luglio 2016

RAIMON PANIKKAR. Mediatore tra Terra e Cielo


RAIMON PANIKKAR


Mediatore tra Terra e Cielo

Dinaweh



Ho subito amato quest'uomo, sin dal primo momento che ho avuto occasione di ascoltare le sue parole, in una bella serie dedicata ai grandi personaggi del nostro tempo, intitolata "Il filo d'oro", a cura della tv Svizzera italiana. I cronisti di quell'emittente, per ricordare più da vicino gli anni più significativi della sua vita, si erano recati con lui in India e lo avevano poi seguito a Tavertet, in Catalunya, ove egli aveva stabilito la sua dimora, per trascorrere gli ultimi anni della sua esistenza terrena. 
Raimon Panikkar, in una delle tante interviste concesse ai tanti che si sono sentiti attratti dal suo magnetismo, ebbe modo di definire se stesso come "il mediatore tra la Terra e il Cielo" e così in effetti ha vissuto fino all'ultimo giorno, essendo il testimone dell'Amore Sublime, quello che va al di là di ogni etichetta, di ogni dogma religioso, di ogni "credenza superficiale" per incarnarsi nella fede autentica, che lui diceva essere patrimonio di tutti gli uomini, a prescindere dal loro credo e persino dal loro presunto ateismo! 
Difficile per me trovare parole adeguate per descrivere l'impeto e nello stesso tempo la delicatezza che sempre traspaiono dal suo pensiero e dalle numerosissime sue pubblicazioni, oltreché dalle conferenze e dalle interviste che di lui rimangono più immediate e fruibili ad un pubblico più vasto, che non sia quello dei dotti e degli 'addetti ai lavori'.
Disse ancora di sé, al tramonto del suo passaggio terreno: 
"Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù e ritorno buddihsta, senza cessare per questo di essere cristiano".
Personaggi come lui si contano sulle dita di una mano; di lui conquista la gioia sempre impressa nel volto, l'entusiasmo nel saper leggere i segni che la vita dona ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni essere vivente che calpesta il suolo di questo mirabile e al tempo stesso difficile pianeta. Ogni passo diventa la successione di un disegno, di un progetto che nessun'altro può compiere al nostro posto. Se noi non lo compiamo  il nostro progetto - diceva - rimane un buco, un vuoto incolmabile! 
In lui albergava la certezza della necessità del dialogo, che amava definire 'dialogico' per essere vero, in quanto davvero incubatore di nuove intuizioni, di nuove verità, o meglio, di 'porzioni di verità', essendo Una la Verità ultima. 
Di questa, ogni esperienza umana ne porta il sigillo, un tratto almeno, una porzione di peso e di colore e per questo motivo nessuno si può mai porre al di sopra della 'porzione di verità' di cui l'altro è ambasciatore e corifeo. 
La diversità è esperita come valore aggiunto e mai come ostacolo da frapporre all'apertura del cuore! Il messaggio di Panikkar si inscrive non a caso in un periodo della storia umana in cui tutto sembra portare ad escludere le ragioni dell'altro, percepite più come una minaccia, che come una ricchezza da cui attingere nuova linfa. 
Le religioni dogmatiche che nel corso dei millenni hanno separato gli uomini, hanno creato sempre più divaricazione e odio scatenando guerre e massacri, non scorrono mai felici nel pensiero di Panikkar. Esse piuttosto ancora rischiano di precipitare l'umanità nella loro folle corsa verso la catastrofe, così come la prevaricazione culturale dell'Occidente sul resto del mondo, senza che ci si accorga che i tre quarti del mondo sono portatori di valori che con esso (l'Occidente) non hanno nulla a che vedere. Non per questo sono da considerarsi di seconda o terza categoria. 
[...] Non contesto certo i risultati della scienza. Critico l'estrapolazione del metodo scientifico ad altre aree della realtà. Per secoli i tribunali hanno legalmente estorto le confessioni tramite la tortura, e ho il sospetto che molte di quelle confessioni fossero vere... proprio come i fatti scientifici! Tutto, senz'altro, ruota attorno alla questione di che cosa sia la vita, in particolare quella umana. Ecco perché il problema non è tecnico né puramente scientifico. E' un problema religioso, nella misura in cui la religione tocca il nucleo più profondo dell'uomo, dato che essa si occupa delle questioni umane. Non sto dicendo che non dovremmo "modernizzarci" o cambiare. al contrario, affermo che queste domande non troveranno risposta con cambiamenti solo 'estetici': esigono invece una esperienza diretta di che cosa siano la realtà e la vita umana. [...] La scienza moderna presuppone nozioni di matematica, energia, vita, spazio, tempo, che fanno a pugni con le culture africane e asiatiche, e sono estranee agli archetipi più radicati tra i popoli di quei continenti, i quali non riusciranno mai a essere creativi in una cornice così straniera. Dire, ad esempio, che l'India ha buoni scienziati nel moderno senso del termine manca completamente il bersaglio, perché non è una questione di abilità soggettive. E ' una questione di sopravvivenza delle altre culture e religioni mondiali. Una "sopravvivenza" che ha senso solo se la vita di queste culture o religioni non andrà assimilata nelle cosiddette "civiltà superiori" e "grandi religioni" - come vorrebbe una certa mentalità colonialista.*
Di fronte all'ingordigia e al consumo esasperato delle risorse Panikkar offre una cornice interculturale-ermeneutica globale, al fine di instaurare un rapporto equilibrato tra il Sé e la Natura. Per questo conia un termine nuovo a lui caro: "ecosofia". Il testo citato qui sopra, è estrapolato dal volume per ora tradotto e pubblicato in italiano da Jaca Book, dal titolo: "Ecosofia. La saggezza della Terra" che raccoglie prologhi, scambi epistolari, interviste o semplici conversazioni con alcuni personaggi del suo tempo.
Oggi il pericolo non viene dagli Dèi, né dalla Natura, bensì da un mondo "arte-fatto" e fuori controllo che ha squilibrato l'intera Natura. In misura maggiore che in qualsiasi epoca del passato, le diverse culture hanno assoluto bisogno l'una dell'altra. Nessuna cultura, da sola - e le religioni, filosofie, scienze naturali sono fenomeni culturali - può pretendere di fornire la risposta ai problemi dell'esistenza. Non che vi siano universali culturali, tuttavia si trovano costanti antropologiche di base e visioni omeomorfiche della realtà. Nella sua globalità, la Realtà si presenta in tre dimensioni reciprocamente irriducibili, ma ognuna delle quali presuppone l'altra: sono indicate dai termini Cosmo (materia/energia, Mitwelt cioè co-mondo), Uomo (consapevolezza, io/sé), Dio (abisso insondabile, energia, mistero inaccessibile). Qual è quindi il valore di questa intuizione cosmoteandrica del nostro rapporto con la Natura, basato sulla percezione della Realtà nel suo complesso e nelle sue parti, che fa tesoro della sapienza di tutte le epoche e le culture? **
Mi piace infine pubblicare su questa pagina la "Laudatio" in onore di Panikkar in occasione della sua Laurea Honoris causa all'università di Girona, presentata dal prof. Joseph Maria Terricabra, padrino del nuovo dottore. Questo spunto offrirà a molti di voi l'occasione di conoscere meglio la vita e le opere di questo grande uomo del nostro tempo. Infine un video tra i più significativi del suo pensiero. Prossimamente pubblicherò qualche estratto dal testo citato. 
È per me un onore poter esporre, oggi, in questa solenne sessione accademica, i meriti di Raimon Panikkar Alemany in occasione della sua nomina a doctor honoris causa della nostra Università. Raimon Panikkar è, senza dubbio, il pensatore catalano vivo più noto a livello internazionale. La sua vita e la sua opera provano, infatti, l’enorme portata tematica, geografica e linguistica del suo pensiero che presenterò ora in sintesi.
Raimon Panikkar è nato il 3 novembre 1918 a Barcellona da padre indiano e hindù e da madre catalana e cattolica. Fin da bambino, dunque, poté adottare, coltivare e parlare di tradizioni diverse nelle quali non si è mai sentito estraneo e forestiero. Fu ordinato sacerdote nel 1946 anno in cui conseguì il dottorato in filosofia; nel 1958 ottenne la laurea in scienze, sempre all’Università di Madrid, e nel 1961 la laurea in teologia all’Università Laterana di Roma. È vissuto in India, a Roma (dove è stato libero docente dell’Università), e negli Stati Uniti. Nel 1966 fu chiamato ad Harvard in qualità di Visiting Professor e per tutto il periodo dal 1966 al 1987 alternò la sua docenza negli USA per un semestre con la sua ricerca in India. Dal 1971 al 1987 ha coperto la cattedra di Filosofia comparata delle Religioni all’Università di California, a Santa Barbara, di cui è ancora professore emerito. Nel 1987 è tornato in Catalogna e ha stabilito la sua residenza a Tavertet (Osona) dove ha continuato a tenere corsi, seminari e incontri su temi filosofici, religiosi, culturali e di approfondimento delle diverse tradizioni dell’umanità. Ha pubblicato una cinquantina di libri, per la maggior parte in catalano, castigliano italiano e inglese, tradotti in francese, tedesco, cinese, portoghese, cecoslovacco, olandese e tamil. A sua volta, nel corso di circa dieci anni, ha tradotto una antologia di mille pagine dei testi dei Veda.

Panikkar ha seguito una ventina di tesi di laurea di studenti di tutto il mondo, specialmente nel corso del suo soggiorno negli Stati Uniti. Sono state scritte sul suo pensiero una trentina di tesi di laurea alcune delle quali sono state pubblicate. Panikkar ha tenuto corsi nelle università di tutto il mondo e conferenze prestigiose come quelle della “Warner Lectures Series” e le “Gifford Lectures”. Ha collaborato al progetto dell’opera Classics of Western Spirituality(New York) che ha pubblicato sino ad oggi 76 volumi e all’opera Western Spirituality, che consta di 25 volumi, i cui tre ultimi sono sotto la sua direzione. Proprio in questi giorni è comparso il primo volume, in italiano, della sua Opera Omnia che si comporrà di venti volumi. É previsto che queste opere complete vengano pubblicate anche in altre lingue e, in primis, in catalano.

Oltre a questa vasta attività accademica, Panikkar è stato presidente del “Pipal Tree” (Bangalore). E’ fondatore e direttore del “Center for Cross-Cultural Religious Studies” (Santa Barbara, California) e di “Vivarium, Centre d’Estudis Intercultural” (Tavertet, Catalogna). Dal 1993 è anche presidente dellaSociedad Española de Ciencias de las Religiones (Madrid). Nel 1960 è stato uno dei fondatori dell’ONG Pax Romana – con statuto consultivo alle Nazioni Unite- che difende i diritti e la dignità dell’uomo in tutto il mondo. Ha preso parte a numerosi colloqui internazionali dell’UNESCO e di molte altre società accademiche. In due occasioni è stato inviato speciale del governo indiano in missione culturale nell’America latina.

Nel corso della sua vita Panikkar ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui vanno citati sia i riconoscimenti internazionali (“Premio spagnolo di letteratura”, 1961), Creu de Sant Jordi de la Generalitat de Catalunya (1999), nomina a “Chevalier des Art set des Lettres” del governo francese (2000), Medaglia della Presidenza della Repubblica Italiana ( 2001) e Premio Nonino 2001 ‘A un maestro del nostro tempo’, oltre a quelli strettamente accademici (Dottore honoris causa dell’Università delle Isole Baleari (1997), della Facoltà di Teologia dell’Università di Tübingen e della Facoltà di sociologia dell’università di Urbino (2005). L’Università di California concede ogni anni un premio –“The Raimundo Panikkar Award in Comparatives Religiones”, allo studente laureatosi in filosofia delle religioni con le migliori valutazioni accademiche. Nella stessa università è attualmente allo studio la creazione di una cattedra a suo nome. Prestigiose riviste gli hanno dedicato numeri monografici e sono stati organizzati simposi e giornate per studiare la sua opera. Il prossim convegno internazionale si terrà dal 5 al 7 maggio 2008 a Venezia con il titolo “ Misticismo, Pienezza di Vita” in occasione dell’uscita del I° Volume dell’Opera Omnia (dallo stesso titolo).

L’enorme attività di Raimon Panikkar - qui appena accennata – deriva il suo significato profondo dalle idee e dalle vivenze che la ispirano. Nel corso di 30 anni ha mantenuto un intenso contatto con l’India dove si recò per la prima volta nel 1954. “Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù e ritorno buddhista, senza aver smesso di essere cristiano”, ha detto di sé. Raimon Panikkar non è un pensatore convenzionale: egli, al contrario, infrange molti schemi, convenzioni e pregiudizi. La sua formazione intellettuale – fra Occidente e Oriente – gli consente di riflettere nella sua opera un dialogo filosofico costante tra tradizioni, ideologie e credenze diverse. La sua solida conoscenza della tradizione filosofica occidentale e le sue eccezionali conoscenze delle tradizioni filosofiche e spirituali dell’Oriente gli conferiscono le condizioni e una capacità per il dialogo interfilosofico e interreligioso assolutamente inusitate non solo fra di noi ma anche in ambito internazionale. In tempi in cui il pensiero orientale sta guadagnando fra noi terreno e adepti, la figura di Raimon Panikkar si distingue con la grandissima autorità di un referente esperto, rigoroso, profondo. La filosofia, sapere aperto costantemente alla riflessione dell’umano, trova in Panikkar un pensatore originale e senza complessi perché egli conosce ciò di cui parla e perché propone relazioni e accetta differenze che possono essere esposte e dibattute solo da chi le abbia vissute e comprese dall’interno di ogni tradizione. Panikkar, che ha peregrinato tanto, propone il pellegrinaggio come simbolo della vita ma non come la vita stessa, perché il pellegrinaggio deve essere non solo esteriore, ma anche interiore. 

Proprio per questo egli accetta la supremazia della prassi, della vita, di una vita che si dispiega al momento, in ogni momento, e che è in grado di trovare l’universale nel concreto, nel particolare. “La mia aspirazione – ha confessato – non consiste tanto nel difendere la mia verità, quanto nel viverla”. Il suo pensiero, ispirato dal principio advaita (né monista, né panteista, né dualista), propone una visione dell’armonia, della concordia, che vuole scoprire “l’invariante umano” senza distruggere le diversità culturali che mirano tutte alla realizzazione della persona in continuo processo di creazione, di ricreazione. “Quanto più osiamo camminare per nuovi sentieri – ha detto – tanto più dobbiamo restare radicati nella nostra tradizione e aperti agli altri, i quali ci fanno sapere che non siamo soli e ci consentono di acquistare una visione più ampia della realtà.” Per Panikkar il dialogo è importante, ma non il dialogo puramente meccanico o informativo, bensì quello che lui chiama “dialogo dialogico” che porta a riconoscere le differenze ma anche quanto si ha in comune, che spinge alla fine ad una mutua fecondazione. Il dialogo non è per gli uomini un lusso, ma qualcosa di strettamente necessario. E il dialogo interreligioso ha un suo ruolo importante. Panikkar non intende questo dialogo come un dialogo astratto, teorico, un dialogo sulle credenze, ma come un dialogo umano in profondità nel quale si cerca la collaborazione dell’altro per la mutua realizzazione, dal momento che la saggezza consiste nel sapere ascoltare. La religione non è, per Panikkar, un esperimento ma un’esperienza, non una teoria ma un’esperienza di vita per mezzo della quale l’uomo - senza preoccupazione né ansia – partecipa all’avventura cosmica. Questo lo porta, per esempio, ad avanzare, la nozione di “identità”. In un’intervista gli fu chiesto: “Dove trova lei la sua identità?” La sua risposta è stata: “Perdendola, non cercandola: non volendo tenermi stretto ad una identità che non è stata ancora realizzata e che non è possibile trovare quindi nel passato perché sarebbe solo copia di qualcosa di vecchio. La vita è rischio; l’avventura è novità radicale; la creazione si produce ogni giorno, é qualcosa di assolutamente nuovo e imprevedibile.”

Con una visione concreta e anche globale dell’esistenza, Panikkar difende l’armonia tra gli uni e gli altri, la nostra con la natura, e, chiaramente, con noi stessi. Difende la sacralità della vita come secolarità sacra. Perché tutto è sacro, tutto è inviolabile, e denuncia come si sia perduta la sensibilità per la sacralità della materia. L’ecosofia è la nuova saggezza della terra. Ciò che è umano, ciò che è infinito o divino e ciò che è materiale, non sono tre realtà separate ma i tre aspetti di un’unica e stessa realtà. E’ questa la sua intuizione cosmoteandrica o teandropocosmica che rivela l’ambiguità e i limiti di ogni discorso strettamente scientifico o culturale.

Infine, ciò che ci ha portato alla patologia della sicurezza, che è l’ossessione odierna, è l’ossessione per la certezza. Ecco quindi che Panikkar raccomanda che la filosofia sia viva, vale a dire che ponga attenzione alla polisemia, all’ambiguità, all’apertura: perché potrà favorire la coscienza di libertà, solo se essa stessa si pone al di sopra di qualunque servitù, sia pure servitù razionale, razionalizzatrice. Panikkar non è certo un pensatore comodo perché non è sempre prevedibile, non è mai convenzionale, apre sempre nuove prospettive, nuovi dubbi, speranze e attese nuove. Questo ne fa un pensatore di verità, un maestro di pensiero e una persona saggia. E, come dice Cicerone, “sapiens beatus est”.

Non posso concludere questa presentazione senza rendere pubblico un gesto privato di grande generosità di Raimon Panikkar che ha voluto lasciare all’Università di Girona la sua impressionante biblioteca privata. In cambio della sua amicizia e generosità, posso fin d’ora garantire, solennemente, l’impegno di questa Università, che da oggi è la sua, di dare continuità a questo lascito per potenziarne e diffonderne il contenuto.

Per molti motivi e per tutto questo propongo che si conceda e conferisca il titolo di doctor honoris causa a Raimon Panikkar.***

La metafora della finestra







L'arte di vivere 1/11



* Raimon Panikkar, Ecosofia. La saggezza della Terra, Jaca Book, Milano, 2015, pp. 45-46.

** Milena Carrara Pavan (a cura di), Prefazione a Ecosofia. La saggezza della Terra, ibidem.

*** www.raimon-panikkar.org sito ufficiale/biografia/Laudatio.
Per l'intera  bibliografia delle opere di Raimon Panikkar vedi la pagina Le Opere, del sito. 


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