domenica 22 giugno 2014

Tiziano Terzani, da "giornalista di guerra" a "cercatore di Verità"


Tiziano Terzani



da "giornalista di guerra"
a "cercatore di Verità"


Ho sempre amato quest'uomo, da quando per la prima volta mi sono capitati in mano
alcuni dei suoi libri, dal sapore e dal colore vivido,
frutto delle impressioni che emergono dalle pagine di ogni suo scritto;
una smania - la sua - di una scrittura spesso focosa, 
quasi "parlata", che traspare sempre, anche nell'incanto che emerge
quando con fluida mano e con lo stupore di un fanciullo ti fa vedere un tramonto sull'Himalaya,
anche se non ci sei mai stato e ti sembra di essere lì con lui,
o quando descrive in modo altrettanto deciso e fermo
la realtà del mondo,
ove a qualsiasi latitudine sembrano prevalere
i soliti meccanismi di avidità dei pochi,
di miseria e di distruzione dei molti, 
tipici dell'impronta umana sulla Terra, da che mondo è mondo!
Nulla sembra cambiare, tutto si appiattisce su uno sfondo grigio,
costellato com'è del dolore e della sofferenza della parte maggiore 
della popolazione che abita, suo malgrado, questo ostile e tuttavia bellissimo pianeta.

In lui rivivo i forti contrasti che spesso costellano
la mia stessa vita,
che fanno parte delle cose del mondo
e che cercano tuttavia come dentro ognuno di noi,
una spiegazione e, chissà, un domani si spera prossimo,
una soluzione. 
Ma quale ultima soluzione, sembra ricordarci Tiziano,
se non quella dell'Amore,
perseguito e raggiunto piano piano,
attraverso la contemplazione di tutto l'esistente?
Nulla quindi che non sia alla fine Perfetto, così com'è,
nella sua essenza e tragicità,
poiché ogni scalino in salita ci porta necessariamente sempre più in alto,
a guardare del mondo anche quello che non vorremmo vedere
e che non riusciamo a digerire con tanta disinvoltura;
eppure anche nelle situazioni più desolate e buie,
egli, seppure a tratti, ha saputo riconoscere la bellezza,
come nelle donne islamiche completamente coperte dal burka,
sotto il quale si possono nasconderne di bellissime o di bruttissime,
azzerando così  ogni femminile competizione di presunta bellezza,
piuttosto che nelle parole di un Muezzin che a tal proposito
dice che sono gli occidentali a non aver alcun rispetto delle loro,
immortalandole seminude per la pubblicità del dentifricio 
o di un'auto di grossa cilindrata...

Il suo è stato un percorso di autenticità,
sin da quando, come lui stesso ricorda,
da Normalista alla Scuola di Pisa,
si appresta a diventare impiegato all'Olivetti,
"per campare la famiglia",
o quando, una volta apprezzato giornalista per testate straniere e all'estero, 
rifiuta contratti importanti per giornali italiani...

Anche la malattia che lo ha colpito rappresenta e in effetti è
il frutto della sua autenticità: 
quel non sapersi ritrovare in un mondo
idealizzato da giovane e non più o non mai ritrovato da adulto,
soprattutto dopo la disillusione del Comunismo
e, susseguentemente, 
a causa del morbo della globalizzazione,
che sembra aver infettato tutto il pianeta,
togliendo ad ogni popolo il suo vero e autentico volto,
privandolo delle proprie antiche tradizioni;
quali inganni, prima nel nome di ideologie rivoluzionarie che si sono poi rivelate bugiarde e distruttive,
poi nel nome di un'economia di mercato famelica e violenta
che disprezza in altro modo l'uomo e uccide il pianeta. 
Eppure anche da essa, dalla malattia, Tiziano ha saputo GUARDARE OLTRE,
suo malgrado, dimostrando a se stesso, prima che ai suoi vicini e ai tanti lettori,
che tutto ciò che la vita ci offre
anche la malattia,
può diventare una chiave verso la ricerca di sé,
l'ultima e la prima grande ricerca che ogni uomo o donna sulla Terra
dovrebbe compiere,
prima ancora di cercare la di fuori 
ogni verità, ogni umana spiegazione.




Il suo razionalismo "fiorentino", come amava definire di sé la sua scettica approssimazione all'Assoluto, lo ha comunque portato, se non alla guarigione del corpo,
a quella dell'anima, nel momento in cui la forza da leone 
che lo aveva sempre contraddistinto
cominciava ad abbandonarlo,
ha potuto aprire un'altra porta dentro di sé,
che altrimenti non avrebbe forse mai aperta,
quella dell'abbandono e della contemplazione della vita,
tanto da portarlo non più a percorrere le autostrade trafficate e rumorose dell'esistenza,
ma a preferirgli le stradine di campagna e quelle che si inerpicano su per i monti
dell'anima, a rivelar se stessa; nel silenzio e nello splendore della natura,
quella selvaggia e forte, immagine lei pure di quell'Intelligenza sapiente
che mette insieme tutte le cose e le fa vibrare,
senza che nulla crolli su se stesso.
Fu ed è la forza dell'Amore che Tiziano
è riuscito ad incontrare e a ri-conoscere
piano piano, 
come cercatore silente,
Anam, il senza nome,
come amava definirsi
durante gli ultimi e preziosi passi della sua percorrenza terrena.


Sono grato a Tiziano Terzani,
per l'amore e la passione forte che ha lasciato a noi,
qui ancora a baccagliare con i rumori e i fetori
di questo orrifico e magnifico mondo,
copia imperfetta e sbiadita di un'altra casa,
quella ove l'Amore universale riempie di sé ogni anfratto,
ove il leone pascola con l'agnello
e i figli dell'uomo sono pane e nutrimento gli uni per gli altri. 

Per questo voglio lasciarvi alle sue parole,
ancora un attimo,
ancora una volta,
come se vibrassero ancora dalla sua voce, 
quelle che lo hanno spinto a dedicare a sua figlia Saskia,
in occasione del suo matrimonio con Christopher, 
quel "tardo pomeriggio del 17 gennaio 2004",
nella basilica della Santissima Annunziata di Firenze,
un augurio e una benedizione.


Traggo queste righe dall'ultimo libro edito da Longanesi,
un'insieme di lettere e scritti fino ad ora inediti, tratti dagli innumerevoli files del suo portatile,
o da appunti e lettere in cartaceo, che Tiziano aveva
assemblato e conservato nella sua casa-studio di Firenze. 
Dobbiamo senz'altro questo lavoro ad Angela Terzani Stauder,
la sposa e compagna che ha voluto ricordare il suo caro Tiziano  
nel decennale della sua dipartita e che approfitto per ringraziarla personalmente, sperando di fare cosa gradita a lei e a tutti coloro che come me hanno amato Tiziano.


Dinaweh



Niente succede mai per caso. Se siamo qui deve esserci un senso. Vedere come ognuno di noi ha una sua ragione di esserci e rintracciare che cosa ci ha portato qui è un bellissimo esercizio di umiltà e d'ammirazione per quell'Intelligenza che tiene assieme il mondo.
Siamo qui per condividere la gioia di oltrepassare la sacra soglia del matrimonio.
La più grande sofferenza dell'uomo è il senso di solitudine e separatezza, e la sua più grande aspirazione è di essere parte dell'Uno, di ricongiungersi con l'Uno. Quindi il matrimonio è la quintessenza di tutto ciò, come l'OM che unisce tutti i suoni. Per poter riconoscere l'altra metà occorre attraversare il processo di tutte le religioni e di tutte le filosofie: conoscere se stessi, conoscere chi si è.
Un giorno un uomo andò da un Maestro sufi per chiedergli cosa è bene e cosa è male. Il Maestro rispose: "Bene è ciò che unisce, male è ciò che divide".
Ci vuole tempo per trovare l'altro pezzo, c'è voluto del tempo a queste due anime. Ma, come dice il poeta urdu, "troverai la tua strada se prima avrai avuto il coraggio di perderti".
Mi fa piacere che Saskia entri a far parte di una famiglia numerosa, con vecchie tradizioni e valori religiosi. Le religioni sono un buon modo per cominciare, soprattutto se sono lo strumento per migliorare se stessi (il problema comincia quando le religioni vogliono migliorare gli altri).
C'è una cosa con cui quell'Intelligenza ha giocato: il lato tedesco. Io ho riconosciuto la mia altra metà nella figlia di un pittore tedesco e un'architetta tedesca che avevano scelto Firenze come Heimat della loro anima. David, il padre di Christopher, l'ha riconosciuta nella figlia di una signora tedesca, che stasera qui ci manca, anche lei venuta dalla Germania.
La Germania e Firenze. Lasciate che vi parli di questa città. Saskia e Firenze, la storia della mia famiglia. Nobili fiorentini costruirono questa chiesa, i miei antenati ne tagliarono le pietre... senza tabù, senza pregiudizi, questa è stata una grande città, ha dato all'uomo la dignità di "signore". Oggi è diventata una città di bottegai senza anima, senza ideali, senza valori se non quello dell'ingordigia. A distanza di secoli potrebbe perfino essere vista come l'origine della discesa dell'uomo, perché con quella sua idea di dominare la natura, l'uomo ha perso il contatto con quella Intelligenza che potete chiamare Dio.
Per un vecchio signore come me la gioia di partecipare al più antico di tutti i riti, il matrimonio, è grande, anche se dovete capire che come padre provo una gioia dolorosa nel vedersene andare la parte più preziosa di me, il datore di vita.

Il matrimonio è un mito, uno dei più grandi, forse il più antico. Il matrimonio non è una storia d'amore, perché una storia d'amore è una relazione di piacere e quando diventa spiacevole è finita, chiusa. Il matrimonio non è una questione di convenienza, di ammassare due proprietà, di aggiungere pezzi di terreno o un vigneto all'altro, un regno a un altro: il matrimonio è il tuo impegno con ciò che sei. L'altra persona è la tua altra metà, e tu e l'altra non siete due.
Il matrimonio è il riconoscimento di un'identità spirituale. E se conduci una vita come si deve basata su valori interiori e non semplicemente sui sensi, allora sposerai la persona giusta e insieme a quella persona ricostruirai l'unità, che è divina.
Il matrimonio è un impegno per la vita, "finché morte vi separi", dice il sacramento... e, oserei dire, anche oltre. Io so, per esempio, che quando lascerò il mio corpo diventerò rugiada del mattino su una foglia che sarà quel che Angela è oggi.
O un cristallo incastonato in una roccia.
Il matrimonio è un impegno per la vita e come tale diventa la priorità nella vita. E se il matrimonio non è la prima delle tue preoccupazioni, allora non sei sposato, sei soltanto partner di un contratto che un bravo avvocato riuscirà sempre a rescindere. Il matrimonio è il riconoscimento simbolico dell'unità degli opposti caratteri, femminili e maschili, della vita. Due aspetti della stessa cosa. Yin e yang: ora voi siete ciò, non questo e non quello, bensì l'unione di entrambi. Siete questo rapporto e i sacrifici che dovrete fare, le sofferenze che dovrete superare non le affronterete in nome dell'altra persona o di voi stessi, bensì in nome di questa unità.
Il matrimonio non è una questione di due ego dove ciascuno fa i fatti suoi; bensì di due anime che hanno riconosciuto la loro identità. Voi vi siete già imbarcati per la più naturale e meravigliosa attività che una coppia possa intraprendere: la procreazione, avere figli.
Sono certo che vi rendete conto dell'immensa responsabilità che questo comporta, specialmente nel mondo d'oggi.
Mai il mondo si è trovato dinanzi a scelte più drammatiche. Noi, gli umani, siamo in mezzo a una fase di grande decivilizzazione. In nome della civiltà il mondo occidentale, guidato da una superpotenza che non ha ancora imparato le grandi lezioni della Storia - che tutte le superpotenze sono transitorie, impermanenti, effimere come ogni altra cosa -, sta distruggendo la pace raggiunta attraverso un incivilimento che era stato lungamente mediato e per il quale si era combattuto. Nel giro di un anno si è visto questo smantellamento, questo disfacimento delle Nazioni Unite con la crisi irachena, dell'Europa, della sua costituzione, del piano di pace per il Medio Oriente, del trattato di non proliferazione nucleare, nonché la rinuncia a trattati che già erano stati firmati, come quello di Kyoto per la protezione dell'ambiente.
In un mondo così instabile occorre che le sue componenti fondamentali siano salde. L'umanità aveva lavorato con enormi difficoltà, dopo le due più catastrofiche guerre del secolo scorso, per rendere illegale la guerra, per trovare altri modi di risolvere i conflitti internazionali, al punto che molti Stati hanno incluso questo principio nelle loro costituzioni. 
Oggi la guerra è tornata ad essere un fatto accettato. La guerra non è più un tabù non soltanto per coloro che hanno deciso di romperlo, ma - fatto ancor più inquietante - per i tanti cosiddetti intellettuali, diventati lacchè dei potenti, che provano gusto a lodare la guerra; o per quelli che si servono della guerra e in nome del "realismo" godono della sconfitta di quelli che continuano a credere nella possibilità della pace. Per loro il pacifismo è una degenerazione dell'uomo, di cui dicono che è bellicoso per sua natura, che sempre è stato e sempre sarà violento.
Ma vi prego, vi prego, riflettete su tutto ciò e rendetevi conto che non c'è futuro nella violenza. Vi esorto a educare i vostri figli alla non-violenza, a educarli al rispetto della vita, di tutta la vita, a rispettare i comandamenti della religione nella quale vi siete sposati e che dice: "non uccidere", senza fare eccezioni. Forse intendeva dire addirittura: non uccidere  nessun altro essere vivente.
L'ingordigia e la violenza dominano sempre di più le nostre vite, siatene coscienti. Le comodità sono diventate il solo valore sul quale ci orientiamo e l'educazione moderna mette in risalto i valori della violenza e dell'attaccamento alle cose più inutili. Competere vuol dire che chi vuole essere il primo della classe deve desiderare la sconfitta degli altri. Questo non è sano. Ai vostri figli insegnate altri valori. Avete scelto una religione. Bene, approfonditela e insegnatene il valore vero. Insegnategli a rispettare gli animali, insegnate a esser parte della natura anziché a vedere la natura come qualcosa che l'uomo domina.
Insegnategli a essere se stessi... Insegnategli a condividere. Perché siamo nati nudi e moriamo nudi e tutto quel che accumuliamo nella vita lo abbiamo tolto ad altri. Insegnate il valore dell'amore.
Amore e libertà, fiducia, lealtà. Amore è il laccio che non lega, è come l'elefante legato a un albero da un filo di seta. E' il felice rapporto di fiducia in cui non vi è paura. 
Paura, paura, paura. La paura è il grande ostacolo che blocca ogni altro sentimento. Non c'è amore dove c'è paura.

Non insegnate ai vostri figli ad adattarsi alla società, ad arrangiarsi con quel che c'è, a fare compromessi con quel che si trovano davanti; dategli dei valori interiori con i quali possano cambiare la società e resistere al diabolico progetto della globalizzazione di tutti i cervelli. Perché la globalizzazione non è un fenomeno soltanto economico, ma anche biologico, in quanto ci impone desideri globali e comportamenti globali che finiranno per indurre modifiche globali nel nostro modo di pensare.

Il mondo di oggi ha bisogno di ribelli, ribelli spirituali.
Christopher, ricordati della storia del topolino! Gli elefanti erano in festa per celebrare un matrimonio. Ballavano tutti quando si accorsero che c'era anche un topolino che ballava in mezzo a loro.
"Ehi tu", gli fece un elefante, "perché sei qui a ballare con noi? "
"Perché ero un elefante anch'io prima di sposarmi! " rispose il topolino.

E ora, secondo l'antichissimo rito della condivisione, mangiamo, beviamo e brindiamo, per invocare con le nostre energie congiunte quella forza intelligente dell'universo che ci tiene tutti assieme, affinché mantenga saldo questo matrimonio come simbolo dell'unità del mondo.
Perché questa non è una festa: è una cerimonia di morte e rinascita di cui siamo tutti testimoni.







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