I passi percorsi...
...in nessun luogo
(quarto incontro)
Cari compagni di viaggio!
Care amiche e sorelle!
Ognuno di noi ha il suo viaggio, certamente.
Si tratta spesso di un viaggio solitario,
nel quale siamo alle prese con le nostre sfide
e a volte ci sembra persino di soffocare
o di cedere ai colpi della vita che sembra accanirsi e infierire
"contro di noi"...
Abituandoci sempre più a pensare che non esiste
un dentro e un fuori di noi,
allora tutto si manifesta in uno spazio unico,
all'interno del respiro di Dio!
Non esiste più un dentro o un fuori. Esistono degli stati di coscienza,
che possiamo riconoscere come nostri,
perché individuati in un corpo fisico
e in altri sei corpi più sottili.
E' il senso di separazione dall'Uno
che ci fa credere di essere dentro qualcosa
o fuori da qualcos'altro...
Più ci abituiamo a credere che tutto ciò
è il frutto di un'illusione.
più cominciamo a fare ordine nella nostra vita,
che, peraltro, comincia a definirsi
non propriamente nostra,
ma del Tutto che la circonda o
che soltanto l'ha pensata.
Il respiro può essere per noi l'immagine più immediata
per comprendere cosa significhi essere nel Tutto
senza mai uscirne fuori,
poiché - ancora una volta - in realtà
non esiste un dentro né un fuori.
Ciò che esiste è la Coscienza,
la quale ha mille volti e mille sfaccettature
poiché essa si manifesta, celando di sé
l'immutabilità e l'inesistenza
di una sua propria forma originaria.
E' con questo spirito che vi introduco
finalmente di nuovo
in una meditazione attiva, frutto delle riflessioni del nostro
caro amico di Torino, che preferisce continuare a rimanere anonimo,
ma che dalle pagine delle sue dispense,
ci regala ancora momenti di profondità e di intensa consapevolezza.
E' quindi con piacere che vi lascerò alla lettura del nostro quarto incontro,
tratto appunto dalla raccolta "I passi percorsi in nessun luogo".
Buona lettura
e, se volete, subito dopo,
buona meditazione!
Dinaweh
martedì 8 gennaio 2002
Leggevo un passo di Sant'Agostino in cui commenta le lettere di Giovanni: "Ciascuno è tale e quale l'amore che ha. Ami la terra, sarai terra, ami Dio, sarai Dio". Ti devi staccare dalla materialità per approdare allo spirito.
Dal salmo 81, VI: "Io ho detto: voi siete dei e figli tutti dell'Altissimo". Vuol dire che l'uomo è figlio di Dio, come dicono tutte le tradizioni religiose.
Nel quarto aforisma degli Yogasutra di Patanjali si dice che il veggente s'identifica con le modifiche mentali, il che vuol dire che se un pensiero triste ti attraversa la mente diventi triste, lo stesso se il pensiero è allegro, rabbioso, ecc. , perché ti sei immedesimato con i contenuti mentali. la stessa cosa che dice Sant'Agostino: "...ami la terra, sarai terra". Con l'attaccamento ti sei perso, sei diventato quello.
Staccarsi dal pensiero significa tornare alla vera identità. L'uomo è come una lega di due metalli che, fondendo, si separano per riprendere ognuno la propria identità. Il punto focale è l'attaccamento ai pensieri e la capacità di staccarsi.
Un passo di Ramakrisna: "Ogni religione è un sentiero verso Dio, ma il sentiero non è Dio."
Da Ramana Maharshi: "Il cambiamento è la natura stessa della vita umana", mentre l'uomo tende a cercare la sicurezza in ciò che non cambia, ed è la ragione per cui, a livello umano, non la può trovare. Deve cambiare per ritrovarsi.
Un proverbio cinese dice: "La paura bussò, la fiducia aprì, fuori non c'era nessuno". La paura c'è quando non c'è fiducia. La paura c'è quando non c'è fiducia.
Vorrei tornare ancora sul meditare.
Per quanto ne abbiamo già parlato, non è mai detto abbastanza. Dobbiamo analizzare la mente per capire da quali parti è agita. Si è soliti dire che la mente è formata dal nostro io, dall'intelletto col pensiero e dall'attenzione che lo coglie e lo porta a conoscere all'intelletto. Ancora le tre figure archetipiche di Adamo, Eva e la mela. L'attenzione è velocissima, ha le ali ai piedi, va e viene continuamente a prendere il pensiero. Il meditante, che poi è l'intelletto, non deve dominare il pensiero, ma l'attenzione. L'intelletto che è divino deve riacquistare la potenza per dominare e obbligare e obbligare l'attenzione e lasciare il pensiero, invece che a coglierlo, come p sua abitudine da sempre. E' un passaggio fondamentale che ci obbliga ad esprimere la massima attenzione di cui siamo capaci.
Per questa ragione il Buddha è chiamato il Risvegliato. E' indubbio che ci vuole tempo per riuscirci, ed è questa la ragione di un impegno quotidiano, ma quando si arriva a dominare l'attenzione si è ad un passo dalla vittoria finale.
Nel momento in cui lasci il pensiero l'attenzione si rivolge all'intelletto. Con la meditazione ripetuta, arrivi a fermare l'attenzione prima che prenda il pensiero o, al peggio, la obblighi a lasciare ciò che ha preso. E quando si riesce ad obbligarla a non prendere più il pensiero, l'attenzione rientra da sola nell'intelletto. E questo è il vero miracolo! Questo passaggio non è concettuale perché non c'è più pensiero e l'attenzione, spontaneamente, non più sollecitata ad andare fuori, si ripiega sull'intelletto. E' così che cessa la conoscenza del creato mentale, perché non c'è più il tramite, l'attenzione, che ti fa conoscere il mondo mentale. E chi creava il pensiero, lo sconosciuto dalla mente, Dio, smette di creare perché non c'è più chi guarda il creato. Lo creava per me. E ci unisce a chi prima creava e che ora diventa il salvatore. Ci si incontra con Dio. C'è un passo del Vangelo in cui Cristo, il Creatore, dice: "Io e il Padre siamo una cosa sola".
Ripeto perché sia chiaro. La nostra mente è formata dall'intelletto e l'attenzione ne fa parte, dal pensiero e da ciò che chiamiamo l'egoicità dell'uomo, l'io. Dominare l'attenzione significa obbligarla a lasciare il pensiero con la potenza dell'intelletto. Potenza spirituale che si accresce solo meditando. E solo tu puoi compiere questo miracolo, nessuno può farlo per te. E' la ragione per la quale siamo qui su questa terra: ricercare la via per realizzarci e attuarla.
Dominare l'attenzione significa che rientra nell'intelletto. Se ha ancora la tendenza ad andare a cogliere il pensiero, non è ancora vinta completamente. E' dominata quando rientra. E quando questo accade, a livello spirituale, si sviluppa una conoscenza sbalorditiva che non è fatta di pensiero, di cultura, ma di sapienza. Sai senza pensare! Dio è sapienza non perché pensa, sa e basta.
Non tutti sono in grado di capire questi concetti, perciò anche l'insegnamento è necessariamente astratto ed è la ragione per cui non è colto da tutti. La via è segreta solo perché adatta a pochi e la si insegna solo alla pecorella smarrita perché l'altra parte del gregge non può capire. Questo insegnamento per il mondo, come dice San Paolo, è una follia!
Le parole "mistero", "mistico" derivano dal greco mystes che deriva a sua volta da myein, "essere chiuso" di etimologia incerta. Su certi argomenti infatti, è meglio tacere. San Paolo quando parla della carità non la definisce, ma dice che senza l'amore per Dio non serve far del bene ai poveri. La carità è obbligare l'attenzione a lasciare ciò che ha preso, il pensiero, solo così puoi lasciare ogni cosa per amore di Dio. E lasci tutto se lasci il pensiero. Ogni cosa è nella condizione della mente e nei pensieri c'è tutto il mondo dell'uomo.
La carità non è un problema materiale, ma spirituale, e la possiedi se sai cosa fare. "Cercate il regno dei cieli che è dentro di voi, tutto il resto è in più", ma per interiorizzarsi bisogna uscire dal pensiero che è fuori, tanto è vero che l'attenzione lo va a prendere. Come dice Eckhart, "devi uscire da fuori" per interiorizzarti.
Che dire del continuo bombardamento mediatico da cui noi tutti siamo circondati?
Certamente alla maggior parte delle persone piace essere bombardate! Nessuno è obbligato a subire. Ogni strumento deve essere usato per quello che ti può essere utile, non deve certo renderti schiavo o deprivarti dei veri valori della vita. Il distacco può essere un utile strumento di difesa, uno scudo che ti difende dalla violenza della società. Siamo, è vero, delle foglie al vento, ma se non riprendiamo la nostra vera identità siamo persi definitivamente. Diventiamo esseri paurosi di tutto. Maggiore è il distacco dalle cose, più grande è la capacità discriminante. Un quadro riesci a vederlo nella sua totalità espressiva solo se ti allontani dalla sua superficie. Se ti metti al di fuori vedi perché e dove l'uomo sbaglia. E se riesci a distaccarti dalle cose è perché hai una marcia in più rispetto agli altri uomini, sei meno coinvolto, meno succube. E' l'unico modo per non patire, senza difese, tutto quel che accade nel mondo. Il distacco è la difesa. Non è che non vedi, vedi con distacco e meno patisci.
In Tibet, quando c'erano ancora i Lama, l'insegnamento procedeva attraverso il controllo della mente. La disciplina mentale era un metodo didattico. Noi crediamo di essere la mente e se non la dominiamo abbiamo perso. Ed è quello che normalmente accade. Solo il bambino è in uno stato di purezza. Nel momento stesso in cui formula un pensiero è già in peccato: Per peccato intendo la mela che va a cogliere Eva per portarla ad Adamo. Da quel momento non è più come prima perché è presente un terzo elemento rispetto ai due attori principali: il pensiero. Teniamo presente che nella tradizione Adamo ed Eva, inizialmente uniti, subiscono una prima separazione. Eva, infatti, nasce dalla costola di Adamo e poi c'è l'andare fuori a cogliere la mela dall'albero del bene e del male. Ritornare all'origine vuol dire riportare l'attenzione nell'intelletto, evento che è simboleggiato nella cerimonia della domenica delle Palme.
La palma nella tradizione ebraica ha in sé i principi maschile e femminile e in botanica è una pianta monocotiledone, cioè all'interno del seme si trova la foglia embrionale. E Pasqua vuol dire cambiamento, passaggio da una condizione all'altra, dall'Egitto alla terra promessa, da umano a divino.
La mente che realizza questo passaggio non ha più conoscenza del creato, ed è in una posizione avanzata verso la realizzazione. Successivamente c'è l'unione col Creatore, che cessa di creare per divenire il salvatore che ti purifica totalmente. Sei spirito tu e spirito lui e come aria nell'aria vi compenetrate, solo che Lui è luminoso e te oscuro, ma nella misura in cui entra in te ti illumina e ti senti sempre più puro. Stai diventando Dio. E' il viaggio che ti porta all'Assoluto. E' così che dopo la Pasqua viene la Pentecoste che rappresenta la discesa dello Spirito Santo, come dice il Vangelo: "...vi devo lasciare perché venga a voi il Paraclito".
Il mondo è stato creato perché ogni uomo, ovunque viva, trovi la via per tornare a Dio: "ti ho creato perché tu mi conosca". Tutte le problematiche dell'uomo sono legate al bagaglio culturale e all'esperienza esistenziale fatta nel tempo. Ogni problema viene risolto quando non c'è più il pensiero. Al contrario, spesso il dubbio attanaglia anche quando abbiamo adottato una soluzione al problema che ci tormentava. E questo perché l'uomo non è mai completo, non conosce la soluzione perfetta. Infatti, se siamo pervasi da ottimismo, siamo soliti dire: "E' andata bene, ma poteva andare meglio", proprio perché non siamo mai contenti. Ed è un'insoddisfazione di fondo del tutto naturale che spinge l'uomo a cercare la completezza di Dio, la sola possibile e duratura. Questa p la ragione per cui nessun uomo è contento o appagato del mondo. Non sappiamo cos'è, sentiamo la mancanza di qualcosa che non riusciamo a definire: inizia così la ricerca della via che dura tutta la vita. L'uomo è nato per cercare Dio.
Egli non poteva riconoscersi, se non creando da Sé. La sua auto-conoscenza Dio la fa quando uno torna a Lui. Questa è la ragione della festa che il padre fa al figlio che torna, come detto nel Vangelo, e non al figlio che non si è mai allontanato da casa. E' il figlio che torna che fa rivivere il padre. Nel momento in cui uno torna c'è un flash di auto-conoscenza di Dio; dopo, tutto ritorna come prima. E' per questo motivo che si parla della "rivelazione divina", ri-vela, mette di nuovo il velo perché ili flash è passato. Se non fosse così sarebbe 'svelato', non 'rivelato' e di nuovo tutto come prima, nell'attesa di un altro che torni. Ecco perché Lui crea: per svelarsi e rivelarsi di nuovo. Nel momento in cui uno torna Dio si conosce.Dio è in sé, solo uscendo e rientrando fa auto-conoscenza, ecco perché fa festa grossa e uccide il vitello grasso. E' la ragione per cui ci ha creati: "ti ho creato perché tu mi conosca". C'è solo Dio, per chi mai potrebbe creare? Gli Arabi dicono: "Allah e nient'altro che Allah", evidentemente è un bisogno di auto-conoscenza. C'è un passo del Vangelo in cui il Figlio dice al Padre: "Padre, glorifica te stesso" e il Padre risponde: " Mi sono glorificato e ancora mi glorificherò". La parola 'gloria' vuol dire conoscenza di sé. E il Padre che si glorifica è l'intelletto.
Nel Vangelo c'è una parabola in cui si racconta di un padre che ordina ai suoi due figli di andare a lavorare nella vigna. Tenete presente che la vigna del padre è la mente. Uno dei due figli accetta di buon grado, l'altro invece si rifiuta. Accade però che quello che non voleva andare, in realtà, poi va, mentre l'altro che aveva subito accettato l'invito se ne astiene. Il padre, ovviamente, premia chi si è impegnato a dissodare la terra, chi ha fatto il proprio dovere. A Dio interessa solo quello che fai, non quello che dici. Di parole se ne fanno tante, troppe, ciò che conta è fare. Anche il peggiore criminale può tornare a Dio se ne è capace; nel momento in cui porta la mente al silenzio raggiunge la totale innocenza, perché solo nel pensiero c'è il ricordo del male che ha fatto. Anzi, nello staccare dal pensiero non c'è neppure più lui come identità umana, che viene assunta col pensare.
Anche la morte è un pensiero! E' l'abito col quale l'uomo si muove nel mondo: il pensiero della morte, anche se come spirito è immortale. Potremmo sempre affermare di essere, mai di non essere. Diciamo di 'morire' perché non ci conosciamo. Chi muore, nell'immediato, porta con sé il corpo astrale che ha la memoria della sua identità, dei suoi ricordi, per cui sente e vede le persone che gli sono state care. E' la ragione per la quale necessita di un po' di tempo per adeguarsi alla sua nuova condizione.
La condizione di sonno profondo in cui il mondo sparisce non è paragonabile alla morte dunque! E' sempre presente un barlume di coscienza. Prova ne sia che se chiami la persona che dorme, in maniera delicata, non si desterà immediatamente, tenderà di permanere nello stato di sonno, ma già dal primo richiamo qualcosa arriva alla sua coscienza! E' evidente che c'è ancora un legame con i sensi fisici, fino a quando si sveglierà automaticamente. Se non fosse così non ci risveglieremmo più. E' chi stacca il pensiero che entra in una condizione totalmente diversa, non sa più di avere un corpo perché anche il corpo è pensato. Lascia anche il corpo astrale, al contrario di chi abbandona il corpo per cause di morte. E' nella sua vera identità.
Il corpo astrale permane e dipende dagli "attaccamenti" che ci portiamo dietro, dalla maturazione di ognuno di noi. Se chi muore conosce la via e ci medita sopra, rappresenta lo stato di purgatorio, purga, si purifica e può riconoscersi nella luce. Se non conosce la strada come fa a purificarsi? E' un passaggio obbligato: regno umano, dei morti e l'Assoluto. I tre mondi li ritroviamo anche nel pensiero induista e nel buddismo. Il regno umano non è direttamente unito all'Assoluto, morire al mondo è il compito del meditante in vita. Quando mediti sei in purgatorio perché stai praticando la via. Dante dice: "Lasciate ogni speranza o voi che entrate", è il passaggio obbligato per entrare nell'Assoluto. La via del non pensiero è fatta direttamente da Dio, per questo Dante dice alla porta dell'Inferno che l'ha fatta la Trinità. Dio ha creato ogni cosa, pensiero dell'uomo compreso, ma anche il non pensiero e, come abbiamo già detto, Dio non è nello spazio e nel tempo, ma è Lui che crea lo spazio e il tempo. E' fuori di ogni cosa creata.
E' quello che devi fare anche tu, se lo vuoi trovare.
Buona meditazione!