domenica 10 luglio 2016

La danza della vita. Introduzione al saggio di Raimon Panikkar "Ecosofia. La saggezza della Terra"


LA DANZA DELLA VITA

Introduzione  al saggio di Raimon Panikkar
"Ecosofia. La saggezza della Terra"

Dinaweh



Come preannunciato nel post precedente dedicato alla nobile, nonché amabile figura di Raimon Panikkar, ho pensato di trascrivere parti del testo sopraindicato, che trovo di un'attualità sconvolgente. 

Panikkar infatti ha svolto nella società di fine millennio un ruolo profetico e iniziatico, oserei dire; nel senso che ci ha mostrato la via percorribile, pena l'estinzione dell'Essere umano sul pianeta e forse del pianeta stesso. Egli ci indica con estrema consapevolezza e chiaroveggenza la strada, l'unica strada da perseguire, se non vogliamo essere vittime dello stesso sistema che da millenni ha partorito dolore, sofferenze inaudite e prevaricazioni; non solo dell'uomo sull'uomo, ma nei confronti dello stesso 'abitacolo' che lo ospita  - la Terra - questo Essere vivente e senziente che non può mai essere "oggettivato" secondo i termini della ratio kantiana. Essere invece un tutt'uno con essa e trascendere attraverso di essa ad una comprensione più profonda del significato cosmico, divino e umano (cosmoteandrico), al di là degli spazi angusti della ragione, senza più seguire paradigmi, "senza imitare o seguire modelli". 
Ecosofia suggerisce che la fonte delle sensazioni, dell'agire e della conoscenza non si trova nell'uomo preso a sé, anche se è principalmente in noi e attraverso di noi che la Terra esprime i propri "sentimenti, azioni e pensieri". Voglio anche sottolineare qui che il superamento dell'antropocentrismo autonomo non deve comunque condurci a un cosmocentrismo eteronomo, e nemmeno a un teocentrismo eteronomo, se è per questo. Ecco perché parlo di una intuizione cosmoteandrica ontonoma. Kosmos, theos, anthropos sono le tre dimensioni costitutive della Realtà. dove il centro non sta da nessuna parte e nessuno la fa da padrone. Ripenso alla seconda proposizione nel celebre Libro dei 24 Filosofi: "Deus est sphaera infinita cuius centrum est ubique, circumferentia nusquam" (Dio è una sfera infinita il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo).* 
Panikkar ci richiama costantemente ad una visione trinitaria, ove  Kosmos, theos e  anthropos diventano l'elemento inscindibile, costitutivo e ultimo della Realtà.
In tal senso, secondo l'esperienza di vita hindu e buddhista, 'la vita è la vita' e non ha necessità di essere giustificata da "ciò che facciamo o dove andiamo, dal successo piuttosto che dal fallimento". Ciò significa non dare più importanza alla direzione del movimento, perseguire un fine, prefigurarsi un obiettivo da raggiungere, ma semplicemente essere nel movimento, a prescindere dallo scopo, quale esso sia. 
[...] Ma l'Uomo moderno vive per il futuro; il presente è solo una tappa intermedia, una preparazione al passo successivo, che sia il raggiungimento della maggiore età, o diventare santi (essere salvati), o preparare la strada ai nostri figli o al futuro della nostra famiglia, o di clan, nazione, scienza, umanità, o del cosmo intero. Homo viator, o ancora meglio, homo itinerans. Come dice il vedanta: noi siamo pellegrini, e pellegrini assetati per giunta, solo finché non ci rendiamo conto che non esiste alcun pellegrinaggio perché la "meta" è già qui e ora - un "qui e ora" non scientifico, evidentemente. L'essenza del cammino consiste nell'andare, non nella meta; il telos esiste solo nella nostra mente. In una parola, non esiste alcuna freccia del tempo reale.**
Essere nella danza e nel ritmo della vita; essere nel presente totalmente. 
Nemmeno il Nirvana è la meta, il fine, la destinazione, il telos dell'uomo. Il ritmo non va da nessuna parte, non ha alcun telos.
Solo questo ci metterà nella condizione di uscire dal samsara, il ciclo delle reincarnazioni e ci potrà fare uscire dalla ruota delle rinascite. 
Questo, credo, sia il senso ultimo del testo, ma altrettanto importanti sono tutti i passaggi intermedi, dedicati al rapporto dell'uomo con la natura e con se stesso, per riconoscere in lui l'Invisibile che tutto spira, muove e crea. 
Essere parte viva dell'Invisibile nel visibile, attimo per attimo; godere la vita per quella che è senza altro scopo aggiunto renderebbe l'umanità finalmente innocua, cioè incapace di nuocere, restituendole quella 'innocenza' (non nuocere) perduta dopo la caduta e la cacciata dal Paradiso terrestre. Il che non significa ritornare a quella, ma raggiungere quella che Panikkar chiama "la seconda innocenza", che si può conquistare solo dopo aver conquistato se stessi; una nuova consapevolezza, persino un'accettazione profonda di tutti i disastri e le perdite subite nel corso del pellegrinaggio chiamato VITA.

Dinaweh


* Raimon Panikkar, Ecosofia, La saggezza della Terra, Jaca Book ed., Milano, 2015, p. 35.

** Ibidem, p. 51.


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