lunedì 30 dicembre 2013

I passi percorsi in nessun luogo (terzo incontro)



...I passi percorsi 
in nessun luogo...
 (terzo incontro)



martedì 4 dicembre 2001

Voglio raccontarvi una storia zen. Un monaco in visita a Ciao Ciu, noto per la sua saggezza, gli chiese: Qual è il tuo metodo di insegnamento?. Ciao Ciu rispose: Sono sordo, parla più forte, ti prego. Il monaco ripeté la domanda. Allora Ciao Ciu disse: Mi chiedi qual è il mio metodo di insegnamento, ma io ho già scoperto qual è il tuo. Ciao Ciu, col suo dire, volle rilevare che il suo insegnamento non seguiva alcun metodo, perché il metodo presuppone il pensiero. Per applicare un metodo bisogna pensare e il metodo è fatto di regole, di modi di fare, mentre il non fare non è un metodo e togliere il pensiero è la via, non un metodo.  
Sempre dalla letteratura zen: immaginate di pensare alla vostra vita dopo che sarete morti, capirete che non aveva in fondo molta importanza. Un altro aforisma zen recita: ...che strana creatura l'essere umano, brancola nel buio con espressione molto intelligente.

Ecco cosa scrive San Giovanni della Croce, dottore della Chiesa ...Dio desidera da te piuttosto il più piccolo grado di purezza di coscienza che tutte le opere che potrai compiere. Vuol rilevare che l'uomo deve tornare a Dio, ed è poco importante quello che realizza nel mondo. Sempre San Giovanni della Croce: L'amore non consiste nel provare grandi sentimenti, ma nell'avere grande nudità. Ovviamente nudità di coscienza. Ci sono due amori: l'amore che nasce dal pensiero, vale a dire dall'attaccamento dell'uomo a cose o persone e l'amore che nulla chiede, incondizionato, l'amore divino. E ancora: L'anima che desidera che Dio le si conceda interamente deve darsi tutta senza conservare nulla per sé. Nemmeno un pensiero deve restare, perché non sarebbe tutta la mente. Dio dà tutto e vuole tutto. Non ci deve essere altro, nemmeno un capello di pensiero: sarebbe il velo dell'Assoluto.

Dal testo di un sufi di mille anni fa: Lo  stolto quando si sveglia al mattino pensa cosa farà, il saggio cosa farà Dio di lui. E ancora: se tu ami una cosa ne sei lo schiavo, ora, Egli non ama che tu sia schiavo di altri che di Lui. Riferendosi all'orazione: Tu o Dio sei colui che mi ispira passione e non già l'orazione. Non sia detto che l'orazione si attacca al mio cuore. L'orazione quando la mia mente se la cinge come una collana, è una perla mediana che ti nasconde al mio sguardo. Anche l'orazione può divenire un attaccamento.
Il vuoto mentale come viene esposto da vari autori: Il tuo posto nel mio cuore è tutto il mio cuore e nel tuo posto non vi è spazio per alcuna cosa creata. Nessun pensiero è presente. Sempre da un testo islamico: Fu domandato ad un tale se Fath al Mausiri avesse compiuto grandi opere. Rispose: non ti pare opera sufficiente aver abbandonato il mondo? Ancora: Il santo non giungerà a Dio finché non si libera dalla brama di giungere a Dio. E' un attaccamento anche il desiderio di Dio. Il Vangelo dice: ...se vuoi essere perfetto lascia tutto quello che hai cioè se vuoi essere Dio, perché perfetto è solo Dio, lascia ogni pensiero. A Dio non interessano i beni materiali dell'uomo, ma solo la sua mente, perché nella mente è il tempio di Dio. Per interiorizzarsi l'uomo deve lasciare ogni pensiero, perché tutto è nella continua condizione della mente: ci sono io e il pensiero, ma il pensiero è fuori di me. Eva va a prendere la mela per portarla ad Adamo, ma la mela è fuori, come il pensiero, e il meditante deve continuamente lasciare la mela che l'attenzione ha colto. Io devo comandare l'attenzione, devo poter dire: non voglio il pensiero! , cosa di cui l'uomo comune non è capace. Prende perché non è capace a non prendere e resta sempre sottomesso al pensiero, vivesse cent'anni. Lo stesso uomo è però capace di gridare ai quattro venti che vuole la libertà, quando non sa neppure da che parte iniziare a cercarla. Si può essere liberi in una prigione umana, in un corpo umano, e non liberi fuori di sé. Nella mente c'è la schiavitù e la libertà.
Non si può capire col pensiero. Non puoi capire, pensando, che cos'è il non pensiero. In realtà è molto semplice, è solo il pensiero che complica tutto. Il pensiero ti fa capire che col pensiero non risolvi il problema. a quel punto, sempre pensando, devi trovare il modo di non avere pensieri. Se col pensiero non risolvo ili problema, allora è solo il non pensiero a risolverlo. Lasciando il pensiero si ottiene il vuoto mentale. Il pensiero è duale rispetto all'intelletto: ci sono io e il pensiero.
Per l'uomo comune è il passare dalla porta larga, dove passano tutti, ma il Vangelo dice che la porta larga ti conduce alla perdizione, nel senso che ti perdi, non conosci chi sei veramente. L'io vero rimane sconosciuto, ti sei perso, non sai dir chi sei. Infatti nell'anno Santo si apre la porta stretta che rappresenta chi si realizza e la via sacra è la conoscenza. La vera natura del rituale è il simbolo che indica la via, ma il rituale, di per sé, non è sufficiente.


Non basta andare alla Mecca. La Mecca è dentro di te. Alla Mecca c'è la kabbah, la pietra nera che la tradizione vuole caduta dal cielo, un cubo con sei facce che rappresenta l'uomo. L'uomo è stato fatto il sesto giorno della settimana, il Cristo, ecce homo, è nato sei mesi dopo il Giovanni Battista e muore il sesto giorno della settimana. La tradizione continua a ripetere il sei, il numero dell'uomo. Anche nella tradizione islamica, nella kabbah il cubo cioè l'uomo, c'è l'anima caduta dal cielo, da cui bisogna partire per arrivare alla conoscenza che trascende l'umano e che porta all'Assoluto. Nell'episodio del Vangelo delle nozze dii Cana, in cui l'acqua è cambiata in vino, ci sono sei anfore, ancora il numero simbolico dell'uomo, contenenti acqua con la quale ci si purificava. L'uomo parte dal livello umano per arrivare a Dio. Anche i numeri sono espressione della rappresentazione simbolica della via. 

Conoscere la via e crederci è già una fortuna, a prescindere dalla capacità di percorrerla. Chi ha colto la via possiede una forza che prima non aveva, sa che comportandosi in una certa maniera risolve il problema. Che sia difficile percorrerla è un altro discorso, ma ha capito che è possibile. E' già una fortuna. Non ha più bisogno di correre alla ricerca di un guru: sa cosa e come fare. Conosce la via. Ogni uomo è immerso in una quantità dei problemi esistenziali, uscirne dipende dal suo livello di bisogno spirituale. Più è alto maggiormente sfumati sono quelli esistenziali.

Nel Vangelo è scritto: Non sono venuto a portare la pace sulla Terra, ma la spada. Nel mondo non ci sarà mai la pace perché è il regno del conflitto causato dai pensieri di ogni tipo. Porta la spada per separare il mondo spirituale da quello delle cose. Nella letteratura zen è scritto: mostrami il volto vero di prima che tu nascessi. Questo passo dice che eri già prima che tu nascessi e sarai dopo, ma "tu" chi è? Ciò che conosci adesso di te stesso è la persona, la maschera, il ruolo che svolgi nella società e non sei certo tutto questo.

I passi percorsi in nessun luogo significa camminare senza la via, perché la via è fatta ancora di pensiero e quando giungi all'Assoluto tutto il Creato scompare, anche il pensiero di meditare: i passi percorsi in nessun luogo.

Sono stati creati perché mi conoscano, il nostro Signore non ha creato ciò invano. Solo quello interessa a Dio, le cose materiali sono per Lui insignificanti. Puoi bussare alla porta quanto vuoi, ma la porta resta chiusa perché Dio non ti conosce o meglio, non hai voluto conoscerlo. Quando lasci il pensiero, lasci la tua identità e sei uno con Dio.

La vita quotidiana ha bisogno del pensiero, ma nella giornata bisogna trovare il tempo da dedicare a se stessi e meditare. Diversamente dedichiamo la nostra attenzione, per tutta la giornata a quel che non siamo: lavoro, sentimenti, divertimento, necessità fisiologiche. Dobbiamo dedicare del tempo solo a noi e questo non può farlo un altro. E' quando entriamo in meditazione che bisogna cercare di annullare il pensiero, non quando camminiamo nel mondo. Maggiore è il tempo che dedichiamo alla cura della nostra mente, nel senso di lasciare il pensiero, più grande è la possibilità di avvicinarci a Dio. Con la ripetizione delle sedute di meditazione si arriva che i pensieri rallentano spontaneamente, fino a non cogliere più il pensiero.

LA PRESENZA

Dobbiamo coltivare la Presenza che vale per tutti gli uomini nello stesso modo. Nel buddhismo si parla di consapevolezza di sé, ed è la presenza. Puoi meditare solo quando mantieni la presenza, solo così puoi lasciare il pensiero. Quando un pensiero tira l'altro è perché non sei presente, ti sei perso, stai passando per la porta larga. La Presenza ti richiama a te ed è quando passi per la porta stretta. E' il lasciare tutto quel che hai, e l'uomo tutta la sua ricchezza l'ha nella mente: gli affetti, i ricordi, i sogni , gli interessi economici. Ed è ciò che devi lasciare, il problema è sempre nella e della mente. Normalmente, spesso in modo inconsapevole, lasci un pensiero per assumerne un altro, senza soluzione di continuità, nella meditazione, con la Presenza, lasci ogni pensiero. Quando San Paolo parla di farsi vaso d'elezione, intende il vuoto della mente, e il vuoto è uguale per tutte le tradizioni esoteriche. Essere consapevoli vuol dire essere molto attenti al gioco della mente e come ti rendi conto che un pensiero si presenta sullo schermo della mente, lo devi lasciare, non devi dargli energia con la tua attenzione e questo spontaneamente scompare. 
Se uno è attento a quel che fa, fosse anche sbucciare le patate, vive in pace, perché non ci sono altri pensieri che lo tormentano. Non dimentichiamo che la mente è divina e quindi è possibile tutto. Siamo talmente abituati a cogliere il pensiero che diventa una fatica improba rinunciare a questa abitudine. Solo con la ripetizione continua delle sedute di meditazione si riesce a modificare questo comportamento mentale. Ed è già un notevole miglioramento. Solo la consapevolezza di te stesso, cioè la Presenza, ti permette di lasciare ogni pensiero. Lo Spirito che è fuori dal tempo, ti permette di bloccare l'attività del pensiero che, invece, agisce nel tempo. Il meditante, staccandosi da tutti i pensieri fa morire l'ego. Il figlio dell'uomo deve morire. Il creato, il nostro mondo, è sempre in movimento e Dio viene nel mondo mentale quando oltre ai pensieri porta anche la via, ma l'ego, il figlio dell'uomo, deve morire.
Tutti i desideri dell'uomo alimentano l'ego, solo quel che fa per gli altri è per il divino. L'uomo comune pensa che Dio sia altro da sé, ma non è così. Chiudiamo gli occhi e abbiamo Dio davanti, solo che non ne siamo coscienti. E facciamo tutto per Lui. E' il mistero della mente. Ma se vogliamo arrivare a Dio, l'ego, tutto il mondo creato, deve morire, sono venuto a portare la spada.





Dio è il Creatore di ogni cosa, compreso ciò che noi chiamiamo Bene e Male. Tutto serve per far vedere all'uomo il suo limite e contenere la sua supponenza. Alla nascita, ognuno di noi riceve i talenti che gli sono propri, ma a tutti Dio chiede che siano fatti fruttare. Se questo non avviene o peggio vengono sprecati è come se l'uomo non avesse vissuto. A Dio non interessa quanti anni l'uomo vive, ma se ha la capacità di arrivare a Lui. La parabola del Vangelo di colui che ha visto un fico e ne vuole i frutti, anche fuori stagione, sta a significare che l'uomo deve sempre dare frutto, che non è mai fuori stagione. Ti ho creato perché tu mi conosca, allora, uomo, sviluppa i talenti che ti ho dato, per arrivare a me e non per conquistare le cose del mondo.
 



domenica 29 dicembre 2013

Unici ma uniti e..., radicati alla Terra!




Unici ma uniti 
...e, radicati alla Terra!




Care amiche, cari amici,
care lettrici, cari lettori del blog,
ritorno a voi dopo un periodo di silenzio,
dettato soltanto dai grandi sommovimenti
che hanno cambiato in meglio la mia vita, soprattutto durante questi ultimi giorni, settimane, mesi!
Avrò modo in seguito di raccontarvi qualcosa di tutto questo!
Intanto un augurio grande a tutti voi,
durante il periodo 
delle feste natalizie ancora in corso,
perché ognuno di voi possa sentire forte ora
il contatto vibrazionale con Madre Terra,
possa trasmutare le Energie divine
nella vita quotidiana delle opere e dei giorni,
poiché è amandosi che si può amare,
è radicandosi che si può volare,
è centrandosi che si può trovare l'espansione!
La Nuova Terra accoglierà soltanto chi riuscirà, in questo periodo così speciale, a fare un lavoro interiore serio,
costante e profondo.
I Maestri ci hanno dato tutte le indicazioni;
ora abbiamo la possibilità di mettere a frutto tutte le 
esperienze del passato
per alimentare la Maestria che è già dentro ognuno di noi.
Ognuno trovi la sua specialissima e unica strada,
riscopra la propria unicità, 
si affidi al proprio intuito interiore,
cerchi dentro di sé e non fuori 
le proprie risposte.
E' nel sentire e non nell'ascoltare,
è nel comprendere e  non nel capire,
è nell'essere e non nell'apparire
che troveremo la manifestazione del Divino in noi
e potremo finalmente cogliere il suono
della voce degli Dei,
dialogare con loro, come fanno i buoni amici
e i compagni di viaggio.

Col prossimo anno proseguiremo
l'appuntamento con le nostre meditazioni
e con sempre nuovi contributi.
Sarà utile formulare un consuntivo sui mesi trascorsi
che ci siamo lasciati alle spalle,
portando con noi tutti gli utili insegnamenti ricevuti, facendo tesoro delle esperienze fatte,
lasciando andare tutto ciò che sarebbe per noi ora 
un inutile bagaglio e un peso.
Ogni attaccamento  
risulta ora più che mai ingombrante e nocivo
ai fini della nostra evoluzione personale.

Ricordiamo la responsabilità primaria
che abbiamo prima di tutto nei confronti  di noi stessi,
poiché non continuiamo più a percepirci come i padri o le madri di...,
i fratelli o le sorelle di...,
i figli o le figlie di...,
ma come Esseri di luce in cammino 
che hanno da ricordare chi sono
che possano sentire il loro compito esistenziale
per l'evoluzione della propria anima,
e quello delle anime-persone a loro vicine.

Un abbraccio alla Terra,
che ci è ancora Madre, nonostante tutto,
che ci nutre e sostiene il nostro cammino
qui, nella sua lucente matericità,
in attesa di ascendere con noi 
verso nuovi cieli e nuove terre.

Dinaweh






sabato 30 novembre 2013

il dramma cosmico del Creatore (parte quarta)





il dramma cosmico del Creatore

(parte quarta)




Atto terzo:

LA REINTEGRAZIONE 
COSMICA


[35:31] Infatti il problema si manifestò subito in tutta la sua estensione. Gli Atlanti sopravvissuti pure essendo extraterrestri con un ciclo di vita lunghissimo, erano comunque mortali e non avendo più alcuna tecnologia disponibile dopo il diluvio non potevano uscire dal circuito terrestre. Erano così obbligati a morire come Atlanti e a rinascere come umani-terrestri, sottoposti alle stesse leggi di questi ultimi, che prevedevano la reincarnazione come strumento evolutivo. Non tutti à chiaro erano soggetti allo stesso destino: Yel Luzbel e tutta la sua gerarchia vivevano infatti in un'altra dimensione spazio-temporale, detta ASTRALE, attigua alla nostra dove erano protetti dalle forze gravitazionali e radioattive che comprimevano i tempi di esistenza sulla Terra.
Da quella dimensione astrale osservavano e dirigevano tutti quei loro compagni rimasti prigionieri sulla Terra per lungo tempo e che a causa dell'isolamento e del conseguente degrado tecnologico si trovavano impossibilitati a mantenere funzionanti molti dei loro meccanismi più sofisticati, quali ad esempio quello del teletrasporto , grazie al quale potevano a piacimento dislocarsi tra le due dimensioni, quella astrale e quella fisica. In tali condizioni erano perciò costretti a subire la morte; rinascere come Homo Sapiens in quella primitiva situazione del processo evolutivo ben diverso del loro, con l'aggravante della dimenticanza di tutta l'esperienza acquisita precedentemente a quell'ultima incarnazione.
Yel Luzbel temeva che gli Atlanti, quando reincarnati nei corpi degli umani,non avrebbero più ricordato il motivo della ribellione e quindi non sarebbero stati fedeli esecutori dei suoi ordini.
Per evitare la continuazione degli esilii forzati e degli spostamenti coatti da un pianeta all'altro egli sapeva di dover mantenere basso il livello vibratorio delle menti e delle coscienze degli umani, affinché il processo di liberazione energetica della Terra non si fosse potuto compiere, permettendo così di soggiornarvi ancora per altro tempo. 

[37:58] Ma l'epoca delle comunicazioni telepatiche con i suoi accoliti sul Pianeta si era già conclusa e non potendo più agire con ordini diretti, dovette ripiegare sulla manipolazione indiretta, quella delle coscienze. Se il cuore e la mente degli Homo Sapiens fossero rimaste allo stadio più selvaggio possibile,ancor di più di quello degli animali, il pericolo della reintegrazione cosmica della Terra sarebbe stato tenuto lontano, consentendogli ancora uno spazio di manovra.
E Sophia?!
il maestro della conoscenza e saggezza? Cosa stava facendo in quei frangenti??? [38:33]


tutto quello che era accaduto fino allora mi aveva 
lasciato stremato, ma per fortuna vicino a me c'era sempre stato Sophia.
Pensai a quel punto di affidare a Lui un nuovo compito. 
Avrebbe riappacificato la Terra così com'era già avvenuto in altre situazioni simili in distinti settori
dell'Universo e riportato l'ordine in mio nome, insegnando
a quei popoli ad obbedirmi e a riverirmi.
Dovevo quindi creare le condizioni affinché ci fosse un popolo prescelto,
in cui avrei inviato il mio Messia.
In Sumeria, nella città di Ur individuai un uomo che si sarebbe assunto l'impegno di guidare quel popolo.
[39:35] Mandai i miei messaggeri per convincerlo a lasciare le sue terre,
i suoi animali, i suoi molti possedimenti e a incamminarsi
verso la Terra che io avevo loro destinato.
La sua stirpe sarebbe diventata reale e il popolo su cui avrebbe regnato sarebbe 
diventato il mio popolo, l'eletto.

Abraham ubbidì
e tutto si svolse secondo il mio piano.

Sophia si incarnò nel corpo di colui che chiamate Gesù. Nacque nella Terra Santa e quando fu ragazzo cominciò a scoprire la sua vera 
origine. Stranamente però, quando
pregava o si rivolgeva
alle Genti, non si riferiva
direttamente a me, pur riconoscendo di essere il mio Messia
inviato sulla Terra per ricordare
a tutti le terribili punizioni
che avrei riversato su chiunque avesse
osato contraddirmi o non onorarmi, parlava di qualcos'altro 
che mi sfuggiva e che riguardava un
Padre Amatissimo
che non sapevo chi fosse!

[40:51] A quell'epoca ancora niente sapevo della mia reale situazione e della realtà spirituale che preesisteva alla mia creazione. Oggi con il senno di poi posso solo ringraziare quell'Essere, Sophia, che per lungo tempo, con costanza e dolcezza, è riuscito
a farmi comprendere tante cose di cui non ero a conoscenza. 
Non la pensavo così allora; e il mancato utilizzo dei poteri che avevo dato al mio inviato per favorire la mia causa, mi parve un affronto e nessuno può permettersi di affrontarmi, neanche Gesù!

[41:37] Lo lasciai però fare, osservandolo, pur non accettando 
il suo metodo che non ascoltava
né rispettava i miei dettami. Inoltre ero conscio del pericolo 
cui stava
andando incontro:


la Crocifissione,
ma credevo che di fronte a quel crudele destino si sarebbe ravveduto e mi avrebbe chiamato in suo soccorso.
Con mia grande sorpresa e dolore invece
anche  in punto di morte
continuò a rivolgersi
solo a quel suo altro Padre.

In quel drammatico momento vidi comparire sotto la croce Yel Luzbel, invisibile
agli occhi degli altri umani presenti sulla scena, ma non a me. Lo guardai inginocchiarsi 
con devozione, piangendo
Lo sentii rammaricarsi profondamente con se stesso per non avere riconosciuto sin da subito Sophia, il suo antico Comandante, la luce della saggezza dell'Universo! 

Poi accadde qualcosa di sorprendente: dopo che Gesù l'ebbe e perdonato 
lo fece prelevare da strani esseri di luce, che apparvero all'improvviso nel mio Universo.
Chi erano? Da dove erano sbucati? E dove lo avevano portato?

Per la prima volta dall'infinito passato mi feci quelle domande alle quali non riuscivo proprio a dare una minima risposta. Ero interdetto.
Quella scena mi aveva sconvolto!
Aveva aperto uno spiraglio che mi permetteva di intuire qualcosa
di assolutamente nuovo. C'era un motivo allo strano comportamento di Gesù.
Forse al di fuori del mio Universo esiste altro...
forse sopra di me c'è qualcun'altro, Maggiore!
era un dubbio che s'insinuò leggero nella mia mente; una percezione che ancora non mi era comprensibile, ma mi turbava.



[44:10] La tattica elaborata dall'alta spiritualità, per risolvere il problema che si era instaurato nell'Universo di Yahweh dove abitavano Esseri donati da lui e quindi con le stesse caratteristiche genetiche difettose, fu quella di inserire in ogni clonazione effettuata uno Spirito evolutivo. Seppur limitatamente, le coscienze immesse avrebbero potuto esercitare il libero arbitrio, caratteristica principale di ogni Essere evolutivo o non. 
I primi cloni avevano ereditato il 99,99% delle caratteristiche del DNA del Creatore; pertanto non era rimasto molto spazio per esprimersi liberamente. Ma, con il susseguirsi continuo delle riproduzioni genetiche le percentuali di contaminazione del DNA originario, diminuirono conseguentemente, garantendo quindi un ambito sempre maggiore per la manifestazione della volontà individuale, più libera di scegliere.
In questo senso proprio noi, Homo Sapiens, l'ultima razza creata in questa grande epopea universale, siamo i più fortunati, perché solo una minima parte del nostro DNA, il 3% è l'eredità genetica del Signore Yahweh. Con il 97%, scevro dalla sua influenza quindi, per paradossale che ci possa sembrare, siamo la razza che attraverso le proprie scelte e i propri comportamenti può maggiormente influenzare la rete quantistica nella quale tutti, in ogni quadrante di questo Universo, siamo inseriti e dove tutti siamo interconnessi. Quindi noi possiamo influire direttamente sui pensieri del Creatore, determinando i suoi nuovi comportamenti. Per questo motivo il Maestro Gesù scelse di incarnarsi fra noi, Esseri Umani; infatti non poteva comunicare a un livello di conoscenza profondo con Yahweh, essendo il Suo Spirito rimasto con l'altra parte, in Paradiso! E del resto, nella sua funzione di Sophia, il Clone speciale, non sii sarebbe mai discostato dalla logica della divinità sofferente, osando suggerirgliene un'altra. Come uomo però, quello che pensava, diceva e faceva, si sarebbe trasmesso e diffuso nella rete energetica del Padre. Non sarebbe stato però così semplice e dovette agire con un po' di astuzia. Avrebbe finto di obbedire alla volontà del mio "Capo" e, una volta incarnato, si sarebbe invece dedicato a favorire la comprensione della realtà spirituale: quella in cui il Padre inconoscibile opera, utilizzando il libero arbitrio e le leggi dell'Amore.

[47:00] Gesù sapeva già quale sarebbe stata la sua storia, dal tradimento di Giuda alla crocifissione e si sottomise volontariamente a questo enorme sacrificio con un unico scopo fondamentale: propagare le sue idee tra gli uomini del suo tempo, consentendo a tutte le verità sconosciute e inimmaginabili per il Signore Yahweh di giungere al suo orecchio, consentendogli così l'opportunità di scoprire finalmente la verità. 
Poi, e fu la promessa agli umani, sarebbe tornato sulla Terra per affrontare il momento  del giudizio universale, tappa necessaria nel processo della reintegrazione cosmica.


Era assolutamente inaccettabile che fosse 
qualcun'altro a decidere le sorti delle Creature del mio Universo. Io l'ho creato, io posso distruggerlo
o modificarlo; solo io!
Su quella storia del giudizio universale
dei vivi e dei morti che Sophia mi aveva comunicato sarebbe avvenuta intorno al 2012, fui sempre molto chiaro.
Nessuno si sarebbe messo di mezzo fra me e gli abitanti dei miei pianeti,
esprimendo un giudizio morale.
Ma poi mi spiegò che in quell'anno ci sarebbe stata una straordinaria situazione magnetica causata dall'allineamento degli astri del sistema solare a cui appartenete.
Il Sole e il centro della Galassia avrebbero così emanato enormi ondate energetiche, influenzando profondamente la coscienza degli esseri umani terrestri.
In questo nuovo scenario, Lui si sarebbe presentato
nuovamente, questa volta però nella sua veste Cosmica,



per spiegare a tutti voi abitanti della Terra la vera realtà olografica in cui i vostri Spiriti sono inseriti e il destino che vi attende. Lo ascoltai attentamente
e alla fine compresi anche questo. Non avevo alcuna competenza per esprimere un qualsiasi giudizio morale. Mi resi conto di essere l'Unico in questo
Universo a non avere un'Anima!
Anche i miei Figli cloni ne erano provvisti [49:35].
Rividi in un flash-back fulmineo quel momento in cui fui risucchiato dimezzato 
dentro il mio Universo, lasciando fuori il mio Spirito
e provai un dolore antico che fino ad allora non avevo mai sentito. 
Non potevo quindi avvalermi di strumenti comparativi per
giudicare l'operato di chiunque anche perché non ero in grado di
percepire l'esistenza dell'anima nelle mie creature.
[50:09] Compresi allora che senza poter vedere l'evoluzione della loro anima nel loro lungo processo incarnatorio da un corpo fisico all'altro mi era impossibile valutare le giuste connessioni per intendere davvero ciascun percorso individuale.
Questa nuova consapevolezza fu molto difficile
e dolorosa da accettare.
L'orgoglio, come sempre, rimbombava in tutto il mio essere
e l'amarezza nel riconoscere quale fosse l'effettivo valore della mia personalità attuale fece il resto,
prostrandomi in un supplizio senza fine.

E' stato solo grazie a Visnu-Sophia e a Shiva Sai Baba,
alle loro amorevoli insistenze nel promuovere il piano di salvataggio "B" delle mie
creature che oggi sono arrivato a comprendere chi sono,
a confessare i miei limiti e le mie difficoltà, a riconoscere
il mio essere inconsapevole.
Mi sono quindi conformato con Gratitudine alla giusta esigenza di Sophia; quella di presiedere il Giudizio complessivo dell'umanità.
Quanto alla mia Presenza nel giorno della Reintegrazione Cosmica
in quello non ci sono dubbi: ci sarò e mi farò riconoscere da tutti: vivi e morti.
Di questo potete scommetterci!







(fine parte quarta)







venerdì 29 novembre 2013

I passi percorsi in nessun luogo (secondo incontro)



     ...I passi percorsi


                                in nessun luogo...


(secondo incontro)




martedì, 7 novembre 2001



Nel libro dei Proverbi della Bibbia c'è un passo che dice: "Il Signore ha fatto ogni cosa per un fine" e il fine è Lui stesso. Altrove ha detto: "Io sono l'inizio e la fine": ha fatto tutto per Sé. L'uomo che si dibatte nei propri problemi senza trovare una soluzione, deve pensare che tutto quel che accade, il Signore l'ha fatto per sé, perché vuole che tutto torni a Lui. Mette in crisi l'uomo perché deve cercare Dio, solo Lui, gli può dare la completezza che cerca. 
Per chi ha trovato la via o la sta cercando, c'è un passo di un Sufi che dice: "... renditi conto che è la Sua Guida che ti mantiene sulla via, non la tua forza". L'uomo non può stare sulla via solo con la propria volontà, ma con l'aiuto della Guida spirituale che è in lui.

Il Paradiso perduto con la cacciata di Adamo è la nostra condizione attuale, ma noi dobbiamo tornare alla condizione precedente la cacciata. Spesso nei testi sacri si trova la parola "redimere" che vuol dire ricomprare, ricomprare quel che l'uomo ha perso, con fatica, col sudore della fronte, per il pane spirituale. "Ti guadagnerai il pane col sudore della fronte", dice la Bibbia, e si cita la fronte perché, convenzionalmente, la mente è collocata nella fronte e con la mente sii medita. E ci si redime, in altre parole si ricompra, con fatica, il Paradiso perduto.

Un passo di Aristotele dice: "Dio è troppo perfetto per pensare ad altro che a se stesso". Non decade dalla condizione di perfezione per pensare ad altro. L'uomo, che si muove nel relativo, può cambiare con facilità, Dio no, non può. E' troppo perfetto per pensare ad altro che a se stesso. Spesso dal pregare se ne trae una consolazione psicologica, ma Dio è al di fuori di ogni preghiera. D'altra parte le preghiere le hanno fatte i sapienti che sapevano come funzionava la mente umana.

C'è un passo di Rumi che dice: "Dio non è presente né assente, perché è lui il creatore della presenza e dell'assenza. Dio è e basta. Io sono colui che sono ed è lui che crea spazio e tempo. Tornare all'Assoluto vuol dire tornare nel centro di tutta la manifestazione, che non è né presenza, né assenza perché non c'è altro che il centro.
La via della conoscenza è la condizione che porta alla perfezione: la presenza mentale. La presenza è intellettuale, e tenere la presenza vuol dire annullare tutte le conoscenze create dalla mente fino a che non rimanga la pura presenza. A questo punto c'è il distacco da tutte le conoscenze umane, non solo intellettuali, ma anche sensoriali e fisiche.


La presenza nel buddhismo è chiamata consapevolezza pura. Si può ottenere anche quando si lavora, ma, chiaramente, è una presenza relativa. E' quando si medita che la presenza deve avere uno spessore più consistente. La presenza è risolutiva perché obbliga l'attenzione a stare in se stessa. Se l'attenzione si muove verso il pensato, non c'è più presenza. Infatti, la parola "attenzione" vuol dire "tendere a". Tenere la presenza significa tenere a sé l'Attenzione. Questo è un concetto fondamentale. E' la presenza che permette il distacco. Più sono presente a me stesso e meno cose sono presenti nella mente. Anche lo studio di una qualsiasi  disciplina umana presuppone questa qualità, ed è per questo motivo che uno studio ben fatto è faticoso. Non è possibile la presenza senza attenzione.

In meditazione ci si accorge di questa dualità tra il soggetto e l'azione compiuta dal soggetto. E' una consapevolezza che raffina la capacità di conoscenza. L'uomo comune non percepisce la differenza, mentre il meditante si rende conto del funzionamento della propria mente e per questo migliora la capacità di essere presente. E' solo facendo la meditazione che si impara, non certo leggendola sui libri. Nel momento in cui uno è consapevole che è presente, che sta meditando, produce il pensiero di essere presente, ma bisogna lasciare anche quel pensiero. E' un continuo lasciare, sino ad ottenere la sola presenza. Rendersi conto che si sta meditando, è già un di più! Torno a me e lascio anche il pensiero che sto meditando. Nel momento in cui torno a me lascio ogni conoscenza che, anche se nella e della mente, è esteriore a me. "A me" inteso come intelletto, che conosce che sto meditando e, tornando all'intelletto, lascio anche il pensiero che sto meditando, raffino sempre più la capacità di distinguere, e giungere, alla fine, ad esser puro intelletto. Questo processo non accade casualmente, ma è un atto di volontà. Quando mi guardo mentre agisco è come guardarsi da fuori. E' la presenza. Se uno guarda da fuori deve essere presente per poterlo fare e si rende conto che non è lui che agisce, ma è come fosse un altro. In meditazione io non sono Marco, Giuseppe, Daniele... il nome viene attribuito quando si nasce, ma io ero già prima di nascere e il meditante deve tornare all'origine, prima di ogni nome. Io c'ero già prima di nascere; il nome viene dopo e, come dice la Bibbia, Adamo impone un uomo a tutte le cose. Filone d'Alessandria, uno scrittore antico che aveva la conoscenza, nel commentare questo passo della Bibbia afferma che l'uomo quando conosce una cosa diventa la cosa; infatti è l'uomo che impone il nome alle cose. Si dice: "io odio, io amo, io soffro, ecc.", perché è l'uomo la cosa vissuta, infatti è l'ego che odia, che ama, che soffre. L'intelletto non è l'ego, ma con l'attenzione coglie l'ego e lo fa suo, coglie tutte le conoscenze e le fa sue. Il compito del meditante è tornare all'origine di tutto, è fare la conoscenza universale. Il termine "universale" vuol dire "verso l'uno", il centro del cerchio, l'Uno, cui tende ogni cosa posta sulla circonferenza della manifestazione. E l'uomo vive sempre fuori dal centro: nei sensi, nei pensieri, nei ricordi, da cui bisogna uscire con  la Presenza. Come dice Eckhart, bisogna uscire da fuori.

Ci sono cose che l'uomo non può cambiare e più l'uomo è coinvolto e meno è libero. Il termine "coinvolgimento" vuol dire legame, provare piacere o dispiacere per le cose che accadono, mentre fondamentalmente, l'uomo vuole la libertà e Dio è la libertà. Per questo l'uomo non la potrà mai trovare nelle cose umane. E' il motivo per cui l'uomo, per ben che gli vadano le cose, porta con sé un continuo senso di insoddisfazione. Tutto quello che fa è per cercar la completezza, ma l'uomo, naturalmente, tende a Dio, perché solo Dio è completo. Questa tendenza è in ogni uomo ed è la ragione del suo continuo fare, spesso con fatica, e del non essere mai sazio delle cose raggiunte. Cerca Dio e non lo sa. Ansia di possesso che in Dio troverebbe la completezza.

L'uomo è come addormentato. C'è un passo del Vangelo che dice:"Lascia che i morti seppelliscano i loro morti", significa che se Dio è la vita, non essere in Lui è come essere morti. E'detto: " Io sono la via, la verità e la vita"; è la via che deve essere percorsa per non essere nella morte. La parola essere, cioè Dio, vuol dire Vita.
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Dal libro dei Proverbi: "Ha fatto ogni cosa per un fine", ma il fine è Lui, l'inizio e la fine del creato. Quando lo spirito rientra nel centro, il creato non esiste più. Dio è l'inizio e la fine. E per raggiungere la meta bisogna lasciare la base di partenza, la circonferenza del cerchio. La consapevolezza di ciò che siamo giunge attraverso l'esperienza di molti errori e Dio non si comporta come un giudice umano che applica il codice della legge. Se Dio parlasse direbbe all'uomo: "Sei o no capace di venire a me?", ed è la ragione per cui perdona tutto. Quando cessa il pensiero, scompare il peccato ed emerge il puro spirito. 


Il buon ladrone, sulla croce con il Cristo, è perdonato perché riconosce la via. A Dio non importa cosa fa l'uomo nel mondo, ma se è capace a raggiungere la via e a giungere a Lui. E' chiaro che ogni società ha le sue leggi che devono essere rispettate, ma per Dio è il pensiero il peccato, il velo che impedisce all'uomo di riconoscerlo. E' stato detto: " Lascia tutto quel che hai, poi vieni e seguimi" per avere la perfezione. Tutto ciò che l'uomo possiede, beni, ricordi, sentimenti, ecc. è il suo pensato mentale, lasciando tutto (ovviamente nella mente) diventa puro spirito. 
C'è un passo che dice: "...finché tu mi ricordi i miei peccati, non sarò mai perdonato", che dev'essere letto: "finché tu Dio mi dai i pensieri e non la forza di abbandonarli, non sarò mai perdonato".
Tutti i tormenti gli derivano solo dal pensiero, infatti l'uomo perde il paradiso quando prende il frutto dell'albero della conoscenza relativa del bene e del male. Anche l'albero della conoscenza relativa rientra nel disegno divino, perché Dio ha bisogno di sé, che l'uomo torni a Lui. Riconoscersi Dio in Dio significa passare dalla manifestazione al centro della circonferenza ed è la ragione della creazione. Tutta la manifestazione è stata ed è creata da Dio e per Dio, infatti Dio ha solo bisogno di sé. La parabola del Figlio prodigo esprime molto bene questo senso di gioia con la festa per il figlio che ritorna al Padre, dopo aver errato per il mondo. L'altro figlio, che non ha mai lasciato la casa paterna, non è oggetto di tanta gioia. Platone ha usato il termine "stupore" per esprimere il piacere del ritorno a casa. Ed è la ragione della creazione.
Adamo esce dal paradiso terrestre per un atto della sua volontà, ma avrebbe potuto rientrare, nello stesso modo in cui aveva deciso di uscire. Nello stato di assenza di pensiero sei Dio in Dio, non c'è Dio e un altro. Adamo nel paradiso terrestre è Dio e nessuno avrebbe potuto mandarlo via- Si dice: "Conosci te stesso", non "conosci Dio". L'uomo non deve pensare di essere una cosa e Dio un'altra. Siamo qui per recuperare lo stato di coscienza originario dello spirito immortale.

Sanai, mille anni fa scriveva: "Egli disse: ero un tesoro nascosto, la creazione è stata fatta affinché possiate conoscermi", che è l'equivalente di "ti ho creato perché tu mi conosca". L'uomo tornato nell'unità mette fine ad ogni tormento; l'errore nasce dalla dualità, l'unità non conosce l'errore. Il Vangelo dice: "...siate uno come il Padre vostro che è nei cieli". La parola "errore" deriva dal verbo errare che vuol dire sbagliare, ma anche "movimento, vagare senza una mèta". E nell'Unità non c'è movimento.
Il meditante, ogni volta che torna alla presenza, fa conoscenza di sé e lascia la conoscenza mondana, finché la presenza diventa sempre più pura. Entrare in meditazione è glorificare Dio, perché l'intelletto è Dio. E' l'intelletto che lascia i pensieri, volgendo l'attenzione su di sé. Nella manifestazione, invece, Adamo (l'intelletto) tramite Eva (l'attenzione) continua a cogliere il pensiero, il frutto dell'albero della conoscenza relativa.
Il meditante, ogni volta che abbandona la conoscenza mondana per una sempre miglior conoscenza di sé e più la presenza è totale, più la conoscenza è perfetta. L'intelletto conosce per mezzo dei pensieri, porta quindi con sé la cultura acquisita e i ricordi della vita vissuta, ma ha la possibilità di lasciare tutto il conosciuto mentale, mantenendo la presenza di sé. Mantenendo la presenza di sé, la conoscenza mondana, un po' per volta, scompare. 



Per conoscere se stessi non è sufficiente nemmeno fare esperienza di pre-morte, poiché nemmeno lì si è in Dio. Anche se forte si tratta di un'esperienza che non è ancora la realizzazione; cambia il resto della vita, nel senso che nasce il bisogno di una più approfondita ricerca spirituale, ma non si fa ancora la conoscenza di sé. La via obbligata rimane abbandonare ogni pensiero, essere nella presenza. Nella letteratura buddhista sta scritto. " Se incontri il Buddha uccidilo!", perché tu devi essere il Buddha; finché vedi qualcosa fuori di te non sei il Buddha. La via è raggiungere  quello che tu sei realmente, la divinità che è in te.
Anche le persone che vivono stati d'estasi, come i bambini di Fatima o di Medjugorie vedono Dio! Nessuno di loro raggiunge la conoscenza di sé: Vedono altro. Il Realizzato è in in intimità con Dio. Tutto quello che l'uomo vede o  conosce è una sua creazione mentale, mentre Dio è l'increato. La mente è una stupenda creatrice di immagini che osserviamo non certo con gli occhi fisici. E' la visione spirituale del Terzo occhio. L'immagine dell'occhio che troviamo nei testi dell'antico Egitto e nell'iconografia cristiana simboleggia Dio che vede ogni cosa. Nella mente, noi vediamo ogni immagine creata dal Creatore, senza bisogno degli occhi fisici. Nessuno potrà arrivare alla conoscenza della mente col pensiero.
Inoltre, quando uno si realizza non c'è più Karma. Nell'Assoluto non c'è karma, c'è solo Dio. Il realizzato, quando esce dall'Assoluto, rientra nel proprio corpo, riprende il proprio bagaglio culturale, i propri ricordi, insomma il proprio vissuto, ma in più porta con sé la conoscenza. E questa esperienza gli cambia la vita perché conosce l'Eterno. Rispetto a prima che conosceva solo il relativo, ora sa di essere l'Eterno, sa che lo Spirito non è mai nato e non potrà mai morire. E' indubbio che a monte di questa ricerca c'è sempre una insoddisfazione esistenziale di fondo, una ricerca spirituale che lo porta alla maturazione prima di conoscere la via, prima di realizzarsi. Spesso un karma pesante fa maturare più velocemente di altre condizioni più favorevoli.
La domanda più ricorrente nelle disgrazie è : "Perché a me",ma è una domanda senza risposta. E' un fatto però che la vita non è più come prima, sei obbligato ad una maggiore presenza, ti poni domande che ti portano ad una maggiore comprensione delle cose. E il meglio dell'uomo è il suo livello di comprensione, la sua apertura mentale. D'altra parte dalla nascita ognuno ha avuto i talenti che si è meritato. Una persona che abbia imparato a meditare possiede un distinguo mentale che l'uomo comune non ha, è in grado di essere meno coinvolto nelle emozioni. Distinguere è una dote per tornare alla presenza. Se ci immedesimiamo nel pensiero non ne usciamo più. Nella simbologia cristiana, la capacità di distinguere è chiamata la prudenza. L'umiltà, un'altra dote non sempre intesa nella giusta maniera, vuol dire più conoscenza di sé. Sono virtù per riuscire a percorrere la via, non doti morali. Anche la temperanza significa insistere, non darsi mai per perso, continuare a meditare nonostante le difficoltà che si possono incontrare.
Il Realizzato non ha karma negativo. Raggiunto il silenzio della mente, non hai più le difficoltà esistenziali che avevi prima. Il Realizzato è un altro, ha trovato la via, l'ha fatta e può ripeterla in ogni momento. E' ovvio che se aveva difficoltà fisiche queste non scompaiono con la realizzazione. Lui è Cristo e lo sa per esperienza, non è più come prima. 
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La meditazione è la presenza, la consapevolezza, ed è la condizione fondamentale perché se non c'è la presenza come fai a realizzarti? E' solo nella presenza che ritrovi la tua vera identità. Se non sei presente sei i mille personaggi pirandelliani in cerca d'autore.
E'detto: " Siate Uno" vuole dire che ci ritroviamo solo nella presenza. Meno sei altro, più sei te stesso e più sei Uno. Devi diventare presenza perfetta. sei presente perché l'attenzione è vicina a te; è l'attenzione che ti permette di ritrovare la presenza, invece di disperderti in mille pensieri, rientra in te, nell'intelletto. E' l'attenzione che ti dà la conoscenza di tutto il creato mentale, ha il compito di prendere il pensiero e di fartelo conoscere, è Eva che va a prendere la mela e la porta ad Adamo, l'intelletto.  Più sei presente e meno l'attenzione va a prendere il pensiero, riacquisti la presenza di te nella misura in cui l'attenzione ti è vicina, quando poi è in te, la presenza è perfetta.Nel momento in cui sei presente vuol dire che hai ritirato, in maniera naturale, l'attenzione dal pensiero, tornii a te, lasci quello che avevi preso, compreso il coinvolgimento relativo, ritiri l'attenzione che ti legava al coinvolgimento. L'attenzione fa parte dell'intelletto, non del pensiero. Il pensiero ci immerge nella dualità e l'errore nasce dalla dualità. L'unità non conosce l'errore e senza errore c'è la perfezione. 

L'attaccamento
Se si smette di meditare si viene facilmente riassorbiti dalla vita ordinaria, si perde la capacità di ripercorrere la strada del ritorno a casa e ci si riattacca al mondo. E' lo stesso motivo per cui si fa tanta difficoltà ad abbandonare il mondo. L'attaccamento è il pericolo maggiore per tutti. In ogni caso il problema è realizzarsi: lo scopo per cui siamo nati, ognuno secondo i propri talenti. Ogni realizzazione umana è in più, rispetto allo scopo primario: il senso della vita. tutto il resto, prima o poi, sarà lasciato e solo questo rimane. Anche se non si raggiunge subito l'illuminazione, si sviluppa la mente che tende a possedere un distinguo superiore per le cose del mondo e dello spirito, che altrimenti non avrebbe, e si prepara a possedere maggiori talenti da spendere nella vita successiva. Quel che facciamo oggi, è il karma di domani.

Il Buddha, dopo essersi realizzato, dice: "...non accatasto legna a sacrificio, è nel mio interno che accendo la fiamma. Il mio cuore è l'ardente focolare, l'io che ho domato è la bruciante fiamma", per cui il Nirvana è l'estinzione della fiamma del continuo desiderio. I tre stati di coscienza che ci sono abituali sono quelli di sonno, sogno e veglia, ma non conosciamo il quarto, quello di turya, che è la conoscenza di sé, a cui deve giungere il meditante con la presenza.

E' scritto: "Beato l'uomo che sa da quale parte entreranno i ladri, perché concentrerà le sue forze e cingerà i fianchi prima che essi arrivino", dove i ladri sono, ovviamente, i pensieri. Dal Vangelo apocrifo di Tommaso c'è un passo che dice: "guai alla carne che dipende dall'anima" perché l'anima ha vinto. Il contrario suonerebbe: guai all'anima che dipende dalla carne, perché in questo caso sarebbe la carne a vincere.
"Se non digiunate verso il mondo, non troverete il premio", è inteso il digiunare per le cose del mondo mentale. Il premio si riferisce al raggiungimento dell'unità festeggiata nella domenica delle palme. Nella simbologia ebraica la palma, monocotiledone, rappresenta l'attenzione che si riunisce all'intelletto del meditante, Eva che rientra in Adamo. Il periodo pasquale rappresenta la morte dell'uomo e la sua resurrezione a livello divino.

Tutti cerchiamo la completezza che  i manca, ma bisogna scavare là dove sentiamo essere il diamante. Eraclito a proposito ha scritto: "chi cerca oro trova molta terra", però se possediamo un minimo di sensibilità, sentiamo dove inizia il filone, e sarà l'intuito a guidarci. Il limite dell'uomo è il pensiero che, annullato, fa diventare infinito l'uomo, perché il limite non c'è più. Togliere il pensiero è il distacco da tutto. Dio non pensa, è! Il pensiero umano è una verità relativa; la verità assoluta è il non-pensiero. Non dobbiamo inventarci la presenza, perché è già in noi e il meditante la ritrova. 
Quando uno cerca c'è qualcosa in lui o in  che gli dice, quando finalmente ha trovato, se la cosa è giusta, se la scelta è corretta. E' la donna del Vangelo che cerca la dracma perduta e sa riconoscerla fra le altre dracme non sue, come dice Agostino. Come faccia a riconoscerla non è dato sapere, ma lo sa! La presenza di sé si ottiene quando siamo puro intelletto.

"Colui che ha trovato il mondo ed è diventato ricco, deve rinunciare al mondo", cioè il mondo mentale, la ricchezza dell'uomo è nei suoi molti pensieri, più sa e più è ricco, ma deve rinunciare al mondo, se vuole salvarsi. Si spiega così il significato della parola "mondarsi".


Dal Vangelo di Tommaso: "...io comunico i miei misteri a coloro che sono degni dei miei misteri. Ciò che fa la tua destra, la sinistra lo ignori". La sinistra è il pensare e la destra è il non pensare; non devo pensare a ciò che faccio quando non penso, devo solo non pensare e la sinistra, il pensiero, non lo sa. Per essere presenti bisogna lasciare il pensiero, più sei presente e meno il pensiero produci. Il pensiero è la base del vivere civile, necessario per lo svolgimento di qualsiasi attività, ma è l'ostacolo per realizzarsi.