domenica 21 febbraio 2021

FILIPPO (GIORDANO) BRUNO, VIANDANTE DEL CIELO (seconda parte)


FILIPPO (GIORDANO) BRUNO


VIANDANTE DEL CIELO

[...] qui un monaco, "profeta, gran teologo e poliglotta", sospettato di stregoneria per essersi messo a profetizzare, viene da lui guarito, ritornando ad essere - scrive ironicamente Bruno - "il solito asino".

In Savoia e a Ginevra

Da Bergamo, nell'estate del 1578, decide di andare in Francia; passa per Milano e Torino ed entra in Savoia passando l'inverno nel convento domenicano di Chambéry.
Successivamente, sempre nel 1578, è a Ginevra, città dov'è presente una numerosa colonia di italiani riformati. Bruno depone nuovamente il saio e si veste di cappa, cappello e spada, aderisce al calvinismo e trova lavoro come correttore di bozze, grazie all'interessamento del marchese napoletano Galeazzo Caracciolo il quale, transfuga dall'Italia, nel 1552 vi aveva fondato la comunità evangelica italiana.
Il 20 maggio 1579 s'iscrive all'Università come "Filippo Bruno nolano, professore di teologia sacra". In agosto accusa il professore di filosofia Antoine de la Faye di essere un cattivo insegnante e definisce "pedagoghi" i pastori calvinisti. E' probabile che Bruno volesse farsi notare, dimostrare l'eccellenza della sua preparazione filosofica e delle sue capacità didattiche per ottenere un incarico d'insegnante, costante ambizione di tutta la sua vita. Anche la sua adesione al calvinismo era mirata a questo scopo; Bruno fu in realtà indifferente a tutte le confessioni religiose; nella misura in cui l'adesione a una religione storica non pregiudicasse le sue convinzioni filosofiche e la libertà di professarle, egli sarebbe stato cattolico in Italia, calvinista in Svizzera, anglicano in Inghilterra e luterano in Germania.

In Francia

Arrestato per diffamazione, viene processato e scomunicato. Il 27 agosto del 1579 è costretto a ritrattare; lascia allora Ginevra e si trasferisce brevemente a Lione per passare a Tolosa, città cattolica, sede di un'importante Università, dove per quassi due anni occupò il posto di lettore, insegnandovi il De anima di Aristotele e componendo un trattato di arte della memoria, rimasto inedito e andato perduto, la Clavis magna, che si rifarebbe all'Ars magna del Lullo. A Tolosa conobbe il filosofo scettico portoghese Francisco Sanches, che volle deidicargli il suo libro Quod nihil scitur, chiamandolo "filosofo acutissimo"; ma Bruno non ricambiò la stima, se scrisse di lui di considerare "stupefacente che questo asiuno si dia il titolo di dottore":

Nel 1581, a causa della guerra di religione fra cattolici e ugonotti, Bruno lascia Tolosa per Parigi, dove tiene un corso di lezioni sugli attributi di Dio secondo san Tommaso d'Aquino. E in seguito al successo di queste lezioni, come egli stesso racconta agli inquisitori, 
"Acquistai nome tale che il re Enrico III mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che havevo e che professava, era naturale o pur per arte magica; al qual diedi sodisfazione; e con quello che li dissi e feci provare a lui medesimo, conobbe che non era per arte magica, ma per scienzia. E doppo questo feci stampar un libro de memoria, sotto titolo De umbris idearum, il qual dedicai a Sua Maestà; e con questa occasione mi feci lettor straordinario e provvisionato". 
Appoggiando fattivamente l'operato politico di Enrico III di Valois, a Parigi Giordano Bruno sarebbe rimasto poco meno di due anni, occupato nella prestigiosa posizione di lecteur royal
E' a Parigi che Bruno dà alle stampe le sue prime opere pervenuteci. Oltre al De compendiosa architectura et completamento artis Lullii, vedono la luce il De umbris idearum (Le ombre delle idee) e l'Ars memoriae (L'arte della memoria), in un unico testo, seguiti dal Cantus Circaeus (Il canto di Circe) e dalla commedia in volgare intitolata Candelaio.
A questo periodo risalgono i contatti di Bruno col re Enrico III che ascoltando le sue letture lo mandò a chiamare per comprendere se la sua arte della memoria fosse frutto di magia o meno; egli rispose che non era un'arte magica, in quanto aveva rivelato tutto nel libro De umbris idearum.

In Inghilterra

Nell'aprile 1583 Giordano Bruno lascia Parigi e parte per l'Inghilterra dove, a Londra, è ospitato dall'ambasciatore di Francia Michel de Castelnau. Nelle deposizioni lasciate agli inquisitori veneti egli sorvola sulle motivazioni di questa partenza, riferendosi genericamente ai disordini là in corso per questioni religiose. Sulla partenza restano però aperte altre ipotesi: che Bruno fosse partito in missione segreta per conto di Enrico III, che il clima a Parigi si fosse fatto pericoloso a causa dei suoi insegnamenti. Bisogna aggiungere anche il fatto che davanti agli inquisitori veneziani, qualche anno più avanti, Bruno esprimerà parole di apprezzamento per la regina d'Inghilterra Elisabetta, che egli aveva conosciuto andando spesso a corte con l'ambasciatore.
Nel mese di giugno Bruno è a Oxford e nella chiesa di St. Mary sostenne con uno di quei professori una disputa pubblica. Tornato da Londra, vi pubblicò, in un unico testo, l'Ars reminiscendi, l'Explicatio triginta sigillorum e il Sigillus sigillorum, nel quale testo inserì una lettera indirizzata al vice cancelliere dell'Università di Oxford, scrivendo che là "troveranno dispostissimo e prontissimo un uomo col quale saggiare la misure delle proprie forze". E' una richiesta di poter insegnare nella prestigiosa Università. La proposta viene accolta; nell'estate del 1583 Bruno parte per Oxford.

Il ritorno a Londra

A Oxford Giordano Bruno tiene alcune lezioni sulle teorie copernicane, ma il suo soggiorno presso quella città dura ben poco. Dagli studi di Frances Yates si apprende che a Oxford non gradirono quelle novità, come testimoniò venti anni dopo, nel 1604, l'arcivescovo di Canterbury George Abbot, che fu presente alle lezioni di Bruno.
Le lezioni furono quindi interrotte, ufficialmente per un'accusa di plagio al De vita coelitus comparanda di Marsilio Ficino. Sono anni questi difficili e amari per il filosofo, come traspare dal tono delle introduzioni alle opere immediatamente successive, i dialoghi londinesi: le polemiche accese e i rifiuti sono vissuti da Bruno come una persecuzione, "ingiusti oltraggi" e certo la "fama" che già lo aveva preceduto da Parigi non lo aiutava.

Ritornato a Londra, nonostante il clima avverso, in poco meno di due anni, fra il 15843 e il 1585, Bruno pubblica presso John Charlewood sei opere fra le più importanti della sua produzione: sei opere filosofiche in forma dialogica, i cosiddetti "dialoghi londinesi", o anche "dialoghi italiani", perché tutti in lingua italiana: La cena de le ceneri, De la causa, principio et uno, De l'infinito, universo et mundi, Spaccio de la bestia trionfante, Cabala del cavallo pegaseo con l'aggiunta dell'Asino cillenico, De li eroici furori.

Nessun commento: