sabato 30 novembre 2013

il dramma cosmico del Creatore (parte quarta)





il dramma cosmico del Creatore

(parte quarta)




Atto terzo:

LA REINTEGRAZIONE 
COSMICA


[35:31] Infatti il problema si manifestò subito in tutta la sua estensione. Gli Atlanti sopravvissuti pure essendo extraterrestri con un ciclo di vita lunghissimo, erano comunque mortali e non avendo più alcuna tecnologia disponibile dopo il diluvio non potevano uscire dal circuito terrestre. Erano così obbligati a morire come Atlanti e a rinascere come umani-terrestri, sottoposti alle stesse leggi di questi ultimi, che prevedevano la reincarnazione come strumento evolutivo. Non tutti à chiaro erano soggetti allo stesso destino: Yel Luzbel e tutta la sua gerarchia vivevano infatti in un'altra dimensione spazio-temporale, detta ASTRALE, attigua alla nostra dove erano protetti dalle forze gravitazionali e radioattive che comprimevano i tempi di esistenza sulla Terra.
Da quella dimensione astrale osservavano e dirigevano tutti quei loro compagni rimasti prigionieri sulla Terra per lungo tempo e che a causa dell'isolamento e del conseguente degrado tecnologico si trovavano impossibilitati a mantenere funzionanti molti dei loro meccanismi più sofisticati, quali ad esempio quello del teletrasporto , grazie al quale potevano a piacimento dislocarsi tra le due dimensioni, quella astrale e quella fisica. In tali condizioni erano perciò costretti a subire la morte; rinascere come Homo Sapiens in quella primitiva situazione del processo evolutivo ben diverso del loro, con l'aggravante della dimenticanza di tutta l'esperienza acquisita precedentemente a quell'ultima incarnazione.
Yel Luzbel temeva che gli Atlanti, quando reincarnati nei corpi degli umani,non avrebbero più ricordato il motivo della ribellione e quindi non sarebbero stati fedeli esecutori dei suoi ordini.
Per evitare la continuazione degli esilii forzati e degli spostamenti coatti da un pianeta all'altro egli sapeva di dover mantenere basso il livello vibratorio delle menti e delle coscienze degli umani, affinché il processo di liberazione energetica della Terra non si fosse potuto compiere, permettendo così di soggiornarvi ancora per altro tempo. 

[37:58] Ma l'epoca delle comunicazioni telepatiche con i suoi accoliti sul Pianeta si era già conclusa e non potendo più agire con ordini diretti, dovette ripiegare sulla manipolazione indiretta, quella delle coscienze. Se il cuore e la mente degli Homo Sapiens fossero rimaste allo stadio più selvaggio possibile,ancor di più di quello degli animali, il pericolo della reintegrazione cosmica della Terra sarebbe stato tenuto lontano, consentendogli ancora uno spazio di manovra.
E Sophia?!
il maestro della conoscenza e saggezza? Cosa stava facendo in quei frangenti??? [38:33]


tutto quello che era accaduto fino allora mi aveva 
lasciato stremato, ma per fortuna vicino a me c'era sempre stato Sophia.
Pensai a quel punto di affidare a Lui un nuovo compito. 
Avrebbe riappacificato la Terra così com'era già avvenuto in altre situazioni simili in distinti settori
dell'Universo e riportato l'ordine in mio nome, insegnando
a quei popoli ad obbedirmi e a riverirmi.
Dovevo quindi creare le condizioni affinché ci fosse un popolo prescelto,
in cui avrei inviato il mio Messia.
In Sumeria, nella città di Ur individuai un uomo che si sarebbe assunto l'impegno di guidare quel popolo.
[39:35] Mandai i miei messaggeri per convincerlo a lasciare le sue terre,
i suoi animali, i suoi molti possedimenti e a incamminarsi
verso la Terra che io avevo loro destinato.
La sua stirpe sarebbe diventata reale e il popolo su cui avrebbe regnato sarebbe 
diventato il mio popolo, l'eletto.

Abraham ubbidì
e tutto si svolse secondo il mio piano.

Sophia si incarnò nel corpo di colui che chiamate Gesù. Nacque nella Terra Santa e quando fu ragazzo cominciò a scoprire la sua vera 
origine. Stranamente però, quando
pregava o si rivolgeva
alle Genti, non si riferiva
direttamente a me, pur riconoscendo di essere il mio Messia
inviato sulla Terra per ricordare
a tutti le terribili punizioni
che avrei riversato su chiunque avesse
osato contraddirmi o non onorarmi, parlava di qualcos'altro 
che mi sfuggiva e che riguardava un
Padre Amatissimo
che non sapevo chi fosse!

[40:51] A quell'epoca ancora niente sapevo della mia reale situazione e della realtà spirituale che preesisteva alla mia creazione. Oggi con il senno di poi posso solo ringraziare quell'Essere, Sophia, che per lungo tempo, con costanza e dolcezza, è riuscito
a farmi comprendere tante cose di cui non ero a conoscenza. 
Non la pensavo così allora; e il mancato utilizzo dei poteri che avevo dato al mio inviato per favorire la mia causa, mi parve un affronto e nessuno può permettersi di affrontarmi, neanche Gesù!

[41:37] Lo lasciai però fare, osservandolo, pur non accettando 
il suo metodo che non ascoltava
né rispettava i miei dettami. Inoltre ero conscio del pericolo 
cui stava
andando incontro:


la Crocifissione,
ma credevo che di fronte a quel crudele destino si sarebbe ravveduto e mi avrebbe chiamato in suo soccorso.
Con mia grande sorpresa e dolore invece
anche  in punto di morte
continuò a rivolgersi
solo a quel suo altro Padre.

In quel drammatico momento vidi comparire sotto la croce Yel Luzbel, invisibile
agli occhi degli altri umani presenti sulla scena, ma non a me. Lo guardai inginocchiarsi 
con devozione, piangendo
Lo sentii rammaricarsi profondamente con se stesso per non avere riconosciuto sin da subito Sophia, il suo antico Comandante, la luce della saggezza dell'Universo! 

Poi accadde qualcosa di sorprendente: dopo che Gesù l'ebbe e perdonato 
lo fece prelevare da strani esseri di luce, che apparvero all'improvviso nel mio Universo.
Chi erano? Da dove erano sbucati? E dove lo avevano portato?

Per la prima volta dall'infinito passato mi feci quelle domande alle quali non riuscivo proprio a dare una minima risposta. Ero interdetto.
Quella scena mi aveva sconvolto!
Aveva aperto uno spiraglio che mi permetteva di intuire qualcosa
di assolutamente nuovo. C'era un motivo allo strano comportamento di Gesù.
Forse al di fuori del mio Universo esiste altro...
forse sopra di me c'è qualcun'altro, Maggiore!
era un dubbio che s'insinuò leggero nella mia mente; una percezione che ancora non mi era comprensibile, ma mi turbava.



[44:10] La tattica elaborata dall'alta spiritualità, per risolvere il problema che si era instaurato nell'Universo di Yahweh dove abitavano Esseri donati da lui e quindi con le stesse caratteristiche genetiche difettose, fu quella di inserire in ogni clonazione effettuata uno Spirito evolutivo. Seppur limitatamente, le coscienze immesse avrebbero potuto esercitare il libero arbitrio, caratteristica principale di ogni Essere evolutivo o non. 
I primi cloni avevano ereditato il 99,99% delle caratteristiche del DNA del Creatore; pertanto non era rimasto molto spazio per esprimersi liberamente. Ma, con il susseguirsi continuo delle riproduzioni genetiche le percentuali di contaminazione del DNA originario, diminuirono conseguentemente, garantendo quindi un ambito sempre maggiore per la manifestazione della volontà individuale, più libera di scegliere.
In questo senso proprio noi, Homo Sapiens, l'ultima razza creata in questa grande epopea universale, siamo i più fortunati, perché solo una minima parte del nostro DNA, il 3% è l'eredità genetica del Signore Yahweh. Con il 97%, scevro dalla sua influenza quindi, per paradossale che ci possa sembrare, siamo la razza che attraverso le proprie scelte e i propri comportamenti può maggiormente influenzare la rete quantistica nella quale tutti, in ogni quadrante di questo Universo, siamo inseriti e dove tutti siamo interconnessi. Quindi noi possiamo influire direttamente sui pensieri del Creatore, determinando i suoi nuovi comportamenti. Per questo motivo il Maestro Gesù scelse di incarnarsi fra noi, Esseri Umani; infatti non poteva comunicare a un livello di conoscenza profondo con Yahweh, essendo il Suo Spirito rimasto con l'altra parte, in Paradiso! E del resto, nella sua funzione di Sophia, il Clone speciale, non sii sarebbe mai discostato dalla logica della divinità sofferente, osando suggerirgliene un'altra. Come uomo però, quello che pensava, diceva e faceva, si sarebbe trasmesso e diffuso nella rete energetica del Padre. Non sarebbe stato però così semplice e dovette agire con un po' di astuzia. Avrebbe finto di obbedire alla volontà del mio "Capo" e, una volta incarnato, si sarebbe invece dedicato a favorire la comprensione della realtà spirituale: quella in cui il Padre inconoscibile opera, utilizzando il libero arbitrio e le leggi dell'Amore.

[47:00] Gesù sapeva già quale sarebbe stata la sua storia, dal tradimento di Giuda alla crocifissione e si sottomise volontariamente a questo enorme sacrificio con un unico scopo fondamentale: propagare le sue idee tra gli uomini del suo tempo, consentendo a tutte le verità sconosciute e inimmaginabili per il Signore Yahweh di giungere al suo orecchio, consentendogli così l'opportunità di scoprire finalmente la verità. 
Poi, e fu la promessa agli umani, sarebbe tornato sulla Terra per affrontare il momento  del giudizio universale, tappa necessaria nel processo della reintegrazione cosmica.


Era assolutamente inaccettabile che fosse 
qualcun'altro a decidere le sorti delle Creature del mio Universo. Io l'ho creato, io posso distruggerlo
o modificarlo; solo io!
Su quella storia del giudizio universale
dei vivi e dei morti che Sophia mi aveva comunicato sarebbe avvenuta intorno al 2012, fui sempre molto chiaro.
Nessuno si sarebbe messo di mezzo fra me e gli abitanti dei miei pianeti,
esprimendo un giudizio morale.
Ma poi mi spiegò che in quell'anno ci sarebbe stata una straordinaria situazione magnetica causata dall'allineamento degli astri del sistema solare a cui appartenete.
Il Sole e il centro della Galassia avrebbero così emanato enormi ondate energetiche, influenzando profondamente la coscienza degli esseri umani terrestri.
In questo nuovo scenario, Lui si sarebbe presentato
nuovamente, questa volta però nella sua veste Cosmica,



per spiegare a tutti voi abitanti della Terra la vera realtà olografica in cui i vostri Spiriti sono inseriti e il destino che vi attende. Lo ascoltai attentamente
e alla fine compresi anche questo. Non avevo alcuna competenza per esprimere un qualsiasi giudizio morale. Mi resi conto di essere l'Unico in questo
Universo a non avere un'Anima!
Anche i miei Figli cloni ne erano provvisti [49:35].
Rividi in un flash-back fulmineo quel momento in cui fui risucchiato dimezzato 
dentro il mio Universo, lasciando fuori il mio Spirito
e provai un dolore antico che fino ad allora non avevo mai sentito. 
Non potevo quindi avvalermi di strumenti comparativi per
giudicare l'operato di chiunque anche perché non ero in grado di
percepire l'esistenza dell'anima nelle mie creature.
[50:09] Compresi allora che senza poter vedere l'evoluzione della loro anima nel loro lungo processo incarnatorio da un corpo fisico all'altro mi era impossibile valutare le giuste connessioni per intendere davvero ciascun percorso individuale.
Questa nuova consapevolezza fu molto difficile
e dolorosa da accettare.
L'orgoglio, come sempre, rimbombava in tutto il mio essere
e l'amarezza nel riconoscere quale fosse l'effettivo valore della mia personalità attuale fece il resto,
prostrandomi in un supplizio senza fine.

E' stato solo grazie a Visnu-Sophia e a Shiva Sai Baba,
alle loro amorevoli insistenze nel promuovere il piano di salvataggio "B" delle mie
creature che oggi sono arrivato a comprendere chi sono,
a confessare i miei limiti e le mie difficoltà, a riconoscere
il mio essere inconsapevole.
Mi sono quindi conformato con Gratitudine alla giusta esigenza di Sophia; quella di presiedere il Giudizio complessivo dell'umanità.
Quanto alla mia Presenza nel giorno della Reintegrazione Cosmica
in quello non ci sono dubbi: ci sarò e mi farò riconoscere da tutti: vivi e morti.
Di questo potete scommetterci!







(fine parte quarta)







venerdì 29 novembre 2013

I passi percorsi in nessun luogo (secondo incontro)



     ...I passi percorsi


                                in nessun luogo...


(secondo incontro)




martedì, 7 novembre 2001



Nel libro dei Proverbi della Bibbia c'è un passo che dice: "Il Signore ha fatto ogni cosa per un fine" e il fine è Lui stesso. Altrove ha detto: "Io sono l'inizio e la fine": ha fatto tutto per Sé. L'uomo che si dibatte nei propri problemi senza trovare una soluzione, deve pensare che tutto quel che accade, il Signore l'ha fatto per sé, perché vuole che tutto torni a Lui. Mette in crisi l'uomo perché deve cercare Dio, solo Lui, gli può dare la completezza che cerca. 
Per chi ha trovato la via o la sta cercando, c'è un passo di un Sufi che dice: "... renditi conto che è la Sua Guida che ti mantiene sulla via, non la tua forza". L'uomo non può stare sulla via solo con la propria volontà, ma con l'aiuto della Guida spirituale che è in lui.

Il Paradiso perduto con la cacciata di Adamo è la nostra condizione attuale, ma noi dobbiamo tornare alla condizione precedente la cacciata. Spesso nei testi sacri si trova la parola "redimere" che vuol dire ricomprare, ricomprare quel che l'uomo ha perso, con fatica, col sudore della fronte, per il pane spirituale. "Ti guadagnerai il pane col sudore della fronte", dice la Bibbia, e si cita la fronte perché, convenzionalmente, la mente è collocata nella fronte e con la mente sii medita. E ci si redime, in altre parole si ricompra, con fatica, il Paradiso perduto.

Un passo di Aristotele dice: "Dio è troppo perfetto per pensare ad altro che a se stesso". Non decade dalla condizione di perfezione per pensare ad altro. L'uomo, che si muove nel relativo, può cambiare con facilità, Dio no, non può. E' troppo perfetto per pensare ad altro che a se stesso. Spesso dal pregare se ne trae una consolazione psicologica, ma Dio è al di fuori di ogni preghiera. D'altra parte le preghiere le hanno fatte i sapienti che sapevano come funzionava la mente umana.

C'è un passo di Rumi che dice: "Dio non è presente né assente, perché è lui il creatore della presenza e dell'assenza. Dio è e basta. Io sono colui che sono ed è lui che crea spazio e tempo. Tornare all'Assoluto vuol dire tornare nel centro di tutta la manifestazione, che non è né presenza, né assenza perché non c'è altro che il centro.
La via della conoscenza è la condizione che porta alla perfezione: la presenza mentale. La presenza è intellettuale, e tenere la presenza vuol dire annullare tutte le conoscenze create dalla mente fino a che non rimanga la pura presenza. A questo punto c'è il distacco da tutte le conoscenze umane, non solo intellettuali, ma anche sensoriali e fisiche.


La presenza nel buddhismo è chiamata consapevolezza pura. Si può ottenere anche quando si lavora, ma, chiaramente, è una presenza relativa. E' quando si medita che la presenza deve avere uno spessore più consistente. La presenza è risolutiva perché obbliga l'attenzione a stare in se stessa. Se l'attenzione si muove verso il pensato, non c'è più presenza. Infatti, la parola "attenzione" vuol dire "tendere a". Tenere la presenza significa tenere a sé l'Attenzione. Questo è un concetto fondamentale. E' la presenza che permette il distacco. Più sono presente a me stesso e meno cose sono presenti nella mente. Anche lo studio di una qualsiasi  disciplina umana presuppone questa qualità, ed è per questo motivo che uno studio ben fatto è faticoso. Non è possibile la presenza senza attenzione.

In meditazione ci si accorge di questa dualità tra il soggetto e l'azione compiuta dal soggetto. E' una consapevolezza che raffina la capacità di conoscenza. L'uomo comune non percepisce la differenza, mentre il meditante si rende conto del funzionamento della propria mente e per questo migliora la capacità di essere presente. E' solo facendo la meditazione che si impara, non certo leggendola sui libri. Nel momento in cui uno è consapevole che è presente, che sta meditando, produce il pensiero di essere presente, ma bisogna lasciare anche quel pensiero. E' un continuo lasciare, sino ad ottenere la sola presenza. Rendersi conto che si sta meditando, è già un di più! Torno a me e lascio anche il pensiero che sto meditando. Nel momento in cui torno a me lascio ogni conoscenza che, anche se nella e della mente, è esteriore a me. "A me" inteso come intelletto, che conosce che sto meditando e, tornando all'intelletto, lascio anche il pensiero che sto meditando, raffino sempre più la capacità di distinguere, e giungere, alla fine, ad esser puro intelletto. Questo processo non accade casualmente, ma è un atto di volontà. Quando mi guardo mentre agisco è come guardarsi da fuori. E' la presenza. Se uno guarda da fuori deve essere presente per poterlo fare e si rende conto che non è lui che agisce, ma è come fosse un altro. In meditazione io non sono Marco, Giuseppe, Daniele... il nome viene attribuito quando si nasce, ma io ero già prima di nascere e il meditante deve tornare all'origine, prima di ogni nome. Io c'ero già prima di nascere; il nome viene dopo e, come dice la Bibbia, Adamo impone un uomo a tutte le cose. Filone d'Alessandria, uno scrittore antico che aveva la conoscenza, nel commentare questo passo della Bibbia afferma che l'uomo quando conosce una cosa diventa la cosa; infatti è l'uomo che impone il nome alle cose. Si dice: "io odio, io amo, io soffro, ecc.", perché è l'uomo la cosa vissuta, infatti è l'ego che odia, che ama, che soffre. L'intelletto non è l'ego, ma con l'attenzione coglie l'ego e lo fa suo, coglie tutte le conoscenze e le fa sue. Il compito del meditante è tornare all'origine di tutto, è fare la conoscenza universale. Il termine "universale" vuol dire "verso l'uno", il centro del cerchio, l'Uno, cui tende ogni cosa posta sulla circonferenza della manifestazione. E l'uomo vive sempre fuori dal centro: nei sensi, nei pensieri, nei ricordi, da cui bisogna uscire con  la Presenza. Come dice Eckhart, bisogna uscire da fuori.

Ci sono cose che l'uomo non può cambiare e più l'uomo è coinvolto e meno è libero. Il termine "coinvolgimento" vuol dire legame, provare piacere o dispiacere per le cose che accadono, mentre fondamentalmente, l'uomo vuole la libertà e Dio è la libertà. Per questo l'uomo non la potrà mai trovare nelle cose umane. E' il motivo per cui l'uomo, per ben che gli vadano le cose, porta con sé un continuo senso di insoddisfazione. Tutto quello che fa è per cercar la completezza, ma l'uomo, naturalmente, tende a Dio, perché solo Dio è completo. Questa tendenza è in ogni uomo ed è la ragione del suo continuo fare, spesso con fatica, e del non essere mai sazio delle cose raggiunte. Cerca Dio e non lo sa. Ansia di possesso che in Dio troverebbe la completezza.

L'uomo è come addormentato. C'è un passo del Vangelo che dice:"Lascia che i morti seppelliscano i loro morti", significa che se Dio è la vita, non essere in Lui è come essere morti. E'detto: " Io sono la via, la verità e la vita"; è la via che deve essere percorsa per non essere nella morte. La parola essere, cioè Dio, vuol dire Vita.
[...]

Dal libro dei Proverbi: "Ha fatto ogni cosa per un fine", ma il fine è Lui, l'inizio e la fine del creato. Quando lo spirito rientra nel centro, il creato non esiste più. Dio è l'inizio e la fine. E per raggiungere la meta bisogna lasciare la base di partenza, la circonferenza del cerchio. La consapevolezza di ciò che siamo giunge attraverso l'esperienza di molti errori e Dio non si comporta come un giudice umano che applica il codice della legge. Se Dio parlasse direbbe all'uomo: "Sei o no capace di venire a me?", ed è la ragione per cui perdona tutto. Quando cessa il pensiero, scompare il peccato ed emerge il puro spirito. 


Il buon ladrone, sulla croce con il Cristo, è perdonato perché riconosce la via. A Dio non importa cosa fa l'uomo nel mondo, ma se è capace a raggiungere la via e a giungere a Lui. E' chiaro che ogni società ha le sue leggi che devono essere rispettate, ma per Dio è il pensiero il peccato, il velo che impedisce all'uomo di riconoscerlo. E' stato detto: " Lascia tutto quel che hai, poi vieni e seguimi" per avere la perfezione. Tutto ciò che l'uomo possiede, beni, ricordi, sentimenti, ecc. è il suo pensato mentale, lasciando tutto (ovviamente nella mente) diventa puro spirito. 
C'è un passo che dice: "...finché tu mi ricordi i miei peccati, non sarò mai perdonato", che dev'essere letto: "finché tu Dio mi dai i pensieri e non la forza di abbandonarli, non sarò mai perdonato".
Tutti i tormenti gli derivano solo dal pensiero, infatti l'uomo perde il paradiso quando prende il frutto dell'albero della conoscenza relativa del bene e del male. Anche l'albero della conoscenza relativa rientra nel disegno divino, perché Dio ha bisogno di sé, che l'uomo torni a Lui. Riconoscersi Dio in Dio significa passare dalla manifestazione al centro della circonferenza ed è la ragione della creazione. Tutta la manifestazione è stata ed è creata da Dio e per Dio, infatti Dio ha solo bisogno di sé. La parabola del Figlio prodigo esprime molto bene questo senso di gioia con la festa per il figlio che ritorna al Padre, dopo aver errato per il mondo. L'altro figlio, che non ha mai lasciato la casa paterna, non è oggetto di tanta gioia. Platone ha usato il termine "stupore" per esprimere il piacere del ritorno a casa. Ed è la ragione della creazione.
Adamo esce dal paradiso terrestre per un atto della sua volontà, ma avrebbe potuto rientrare, nello stesso modo in cui aveva deciso di uscire. Nello stato di assenza di pensiero sei Dio in Dio, non c'è Dio e un altro. Adamo nel paradiso terrestre è Dio e nessuno avrebbe potuto mandarlo via- Si dice: "Conosci te stesso", non "conosci Dio". L'uomo non deve pensare di essere una cosa e Dio un'altra. Siamo qui per recuperare lo stato di coscienza originario dello spirito immortale.

Sanai, mille anni fa scriveva: "Egli disse: ero un tesoro nascosto, la creazione è stata fatta affinché possiate conoscermi", che è l'equivalente di "ti ho creato perché tu mi conosca". L'uomo tornato nell'unità mette fine ad ogni tormento; l'errore nasce dalla dualità, l'unità non conosce l'errore. Il Vangelo dice: "...siate uno come il Padre vostro che è nei cieli". La parola "errore" deriva dal verbo errare che vuol dire sbagliare, ma anche "movimento, vagare senza una mèta". E nell'Unità non c'è movimento.
Il meditante, ogni volta che torna alla presenza, fa conoscenza di sé e lascia la conoscenza mondana, finché la presenza diventa sempre più pura. Entrare in meditazione è glorificare Dio, perché l'intelletto è Dio. E' l'intelletto che lascia i pensieri, volgendo l'attenzione su di sé. Nella manifestazione, invece, Adamo (l'intelletto) tramite Eva (l'attenzione) continua a cogliere il pensiero, il frutto dell'albero della conoscenza relativa.
Il meditante, ogni volta che abbandona la conoscenza mondana per una sempre miglior conoscenza di sé e più la presenza è totale, più la conoscenza è perfetta. L'intelletto conosce per mezzo dei pensieri, porta quindi con sé la cultura acquisita e i ricordi della vita vissuta, ma ha la possibilità di lasciare tutto il conosciuto mentale, mantenendo la presenza di sé. Mantenendo la presenza di sé, la conoscenza mondana, un po' per volta, scompare. 



Per conoscere se stessi non è sufficiente nemmeno fare esperienza di pre-morte, poiché nemmeno lì si è in Dio. Anche se forte si tratta di un'esperienza che non è ancora la realizzazione; cambia il resto della vita, nel senso che nasce il bisogno di una più approfondita ricerca spirituale, ma non si fa ancora la conoscenza di sé. La via obbligata rimane abbandonare ogni pensiero, essere nella presenza. Nella letteratura buddhista sta scritto. " Se incontri il Buddha uccidilo!", perché tu devi essere il Buddha; finché vedi qualcosa fuori di te non sei il Buddha. La via è raggiungere  quello che tu sei realmente, la divinità che è in te.
Anche le persone che vivono stati d'estasi, come i bambini di Fatima o di Medjugorie vedono Dio! Nessuno di loro raggiunge la conoscenza di sé: Vedono altro. Il Realizzato è in in intimità con Dio. Tutto quello che l'uomo vede o  conosce è una sua creazione mentale, mentre Dio è l'increato. La mente è una stupenda creatrice di immagini che osserviamo non certo con gli occhi fisici. E' la visione spirituale del Terzo occhio. L'immagine dell'occhio che troviamo nei testi dell'antico Egitto e nell'iconografia cristiana simboleggia Dio che vede ogni cosa. Nella mente, noi vediamo ogni immagine creata dal Creatore, senza bisogno degli occhi fisici. Nessuno potrà arrivare alla conoscenza della mente col pensiero.
Inoltre, quando uno si realizza non c'è più Karma. Nell'Assoluto non c'è karma, c'è solo Dio. Il realizzato, quando esce dall'Assoluto, rientra nel proprio corpo, riprende il proprio bagaglio culturale, i propri ricordi, insomma il proprio vissuto, ma in più porta con sé la conoscenza. E questa esperienza gli cambia la vita perché conosce l'Eterno. Rispetto a prima che conosceva solo il relativo, ora sa di essere l'Eterno, sa che lo Spirito non è mai nato e non potrà mai morire. E' indubbio che a monte di questa ricerca c'è sempre una insoddisfazione esistenziale di fondo, una ricerca spirituale che lo porta alla maturazione prima di conoscere la via, prima di realizzarsi. Spesso un karma pesante fa maturare più velocemente di altre condizioni più favorevoli.
La domanda più ricorrente nelle disgrazie è : "Perché a me",ma è una domanda senza risposta. E' un fatto però che la vita non è più come prima, sei obbligato ad una maggiore presenza, ti poni domande che ti portano ad una maggiore comprensione delle cose. E il meglio dell'uomo è il suo livello di comprensione, la sua apertura mentale. D'altra parte dalla nascita ognuno ha avuto i talenti che si è meritato. Una persona che abbia imparato a meditare possiede un distinguo mentale che l'uomo comune non ha, è in grado di essere meno coinvolto nelle emozioni. Distinguere è una dote per tornare alla presenza. Se ci immedesimiamo nel pensiero non ne usciamo più. Nella simbologia cristiana, la capacità di distinguere è chiamata la prudenza. L'umiltà, un'altra dote non sempre intesa nella giusta maniera, vuol dire più conoscenza di sé. Sono virtù per riuscire a percorrere la via, non doti morali. Anche la temperanza significa insistere, non darsi mai per perso, continuare a meditare nonostante le difficoltà che si possono incontrare.
Il Realizzato non ha karma negativo. Raggiunto il silenzio della mente, non hai più le difficoltà esistenziali che avevi prima. Il Realizzato è un altro, ha trovato la via, l'ha fatta e può ripeterla in ogni momento. E' ovvio che se aveva difficoltà fisiche queste non scompaiono con la realizzazione. Lui è Cristo e lo sa per esperienza, non è più come prima. 
[...]

La meditazione è la presenza, la consapevolezza, ed è la condizione fondamentale perché se non c'è la presenza come fai a realizzarti? E' solo nella presenza che ritrovi la tua vera identità. Se non sei presente sei i mille personaggi pirandelliani in cerca d'autore.
E'detto: " Siate Uno" vuole dire che ci ritroviamo solo nella presenza. Meno sei altro, più sei te stesso e più sei Uno. Devi diventare presenza perfetta. sei presente perché l'attenzione è vicina a te; è l'attenzione che ti permette di ritrovare la presenza, invece di disperderti in mille pensieri, rientra in te, nell'intelletto. E' l'attenzione che ti dà la conoscenza di tutto il creato mentale, ha il compito di prendere il pensiero e di fartelo conoscere, è Eva che va a prendere la mela e la porta ad Adamo, l'intelletto.  Più sei presente e meno l'attenzione va a prendere il pensiero, riacquisti la presenza di te nella misura in cui l'attenzione ti è vicina, quando poi è in te, la presenza è perfetta.Nel momento in cui sei presente vuol dire che hai ritirato, in maniera naturale, l'attenzione dal pensiero, tornii a te, lasci quello che avevi preso, compreso il coinvolgimento relativo, ritiri l'attenzione che ti legava al coinvolgimento. L'attenzione fa parte dell'intelletto, non del pensiero. Il pensiero ci immerge nella dualità e l'errore nasce dalla dualità. L'unità non conosce l'errore e senza errore c'è la perfezione. 

L'attaccamento
Se si smette di meditare si viene facilmente riassorbiti dalla vita ordinaria, si perde la capacità di ripercorrere la strada del ritorno a casa e ci si riattacca al mondo. E' lo stesso motivo per cui si fa tanta difficoltà ad abbandonare il mondo. L'attaccamento è il pericolo maggiore per tutti. In ogni caso il problema è realizzarsi: lo scopo per cui siamo nati, ognuno secondo i propri talenti. Ogni realizzazione umana è in più, rispetto allo scopo primario: il senso della vita. tutto il resto, prima o poi, sarà lasciato e solo questo rimane. Anche se non si raggiunge subito l'illuminazione, si sviluppa la mente che tende a possedere un distinguo superiore per le cose del mondo e dello spirito, che altrimenti non avrebbe, e si prepara a possedere maggiori talenti da spendere nella vita successiva. Quel che facciamo oggi, è il karma di domani.

Il Buddha, dopo essersi realizzato, dice: "...non accatasto legna a sacrificio, è nel mio interno che accendo la fiamma. Il mio cuore è l'ardente focolare, l'io che ho domato è la bruciante fiamma", per cui il Nirvana è l'estinzione della fiamma del continuo desiderio. I tre stati di coscienza che ci sono abituali sono quelli di sonno, sogno e veglia, ma non conosciamo il quarto, quello di turya, che è la conoscenza di sé, a cui deve giungere il meditante con la presenza.

E' scritto: "Beato l'uomo che sa da quale parte entreranno i ladri, perché concentrerà le sue forze e cingerà i fianchi prima che essi arrivino", dove i ladri sono, ovviamente, i pensieri. Dal Vangelo apocrifo di Tommaso c'è un passo che dice: "guai alla carne che dipende dall'anima" perché l'anima ha vinto. Il contrario suonerebbe: guai all'anima che dipende dalla carne, perché in questo caso sarebbe la carne a vincere.
"Se non digiunate verso il mondo, non troverete il premio", è inteso il digiunare per le cose del mondo mentale. Il premio si riferisce al raggiungimento dell'unità festeggiata nella domenica delle palme. Nella simbologia ebraica la palma, monocotiledone, rappresenta l'attenzione che si riunisce all'intelletto del meditante, Eva che rientra in Adamo. Il periodo pasquale rappresenta la morte dell'uomo e la sua resurrezione a livello divino.

Tutti cerchiamo la completezza che  i manca, ma bisogna scavare là dove sentiamo essere il diamante. Eraclito a proposito ha scritto: "chi cerca oro trova molta terra", però se possediamo un minimo di sensibilità, sentiamo dove inizia il filone, e sarà l'intuito a guidarci. Il limite dell'uomo è il pensiero che, annullato, fa diventare infinito l'uomo, perché il limite non c'è più. Togliere il pensiero è il distacco da tutto. Dio non pensa, è! Il pensiero umano è una verità relativa; la verità assoluta è il non-pensiero. Non dobbiamo inventarci la presenza, perché è già in noi e il meditante la ritrova. 
Quando uno cerca c'è qualcosa in lui o in  che gli dice, quando finalmente ha trovato, se la cosa è giusta, se la scelta è corretta. E' la donna del Vangelo che cerca la dracma perduta e sa riconoscerla fra le altre dracme non sue, come dice Agostino. Come faccia a riconoscerla non è dato sapere, ma lo sa! La presenza di sé si ottiene quando siamo puro intelletto.

"Colui che ha trovato il mondo ed è diventato ricco, deve rinunciare al mondo", cioè il mondo mentale, la ricchezza dell'uomo è nei suoi molti pensieri, più sa e più è ricco, ma deve rinunciare al mondo, se vuole salvarsi. Si spiega così il significato della parola "mondarsi".


Dal Vangelo di Tommaso: "...io comunico i miei misteri a coloro che sono degni dei miei misteri. Ciò che fa la tua destra, la sinistra lo ignori". La sinistra è il pensare e la destra è il non pensare; non devo pensare a ciò che faccio quando non penso, devo solo non pensare e la sinistra, il pensiero, non lo sa. Per essere presenti bisogna lasciare il pensiero, più sei presente e meno il pensiero produci. Il pensiero è la base del vivere civile, necessario per lo svolgimento di qualsiasi attività, ma è l'ostacolo per realizzarsi.









il dramma cosmico del Creatore (parte terza)




il dramma cosmico del Creatore

(parte terza)






Luzbel era un figlio di seconda generazione, il più dinamico, arguto e intelligente scienziato della famiglia YEL: un gruppo di 5600 "tecnici", che vivevano in uno dei satelliti del sistema di cappella. Da sempre Yel Luzbel si occupava di studiare le relazioni fra le strutture della matrice energetica creata da Yahweh e l'evoluzione dell'umanità terrestre e non, inserite nell'Universo. Si era reso conto delle gravi mancanze manifestate da questa rete, soprattutto dall'impossibilità di offrire adeguato sostegno alla crescita morale degli Esseri in evoluzione nell'Universo, essendo venuto a mancare il sostegno della Fonte primordiale e spirituale energetica.
Egli non capiva il motivo preciso di questa situazione [27:55], ma sapeva di subirne le conseguenze ed aveva cominciato a discuterne prima con i suoi colleghi, poi con gli abitanti dei globi che riusciva a visitare nei viaggi spaziali, trovando moltissimi sostenitori.


Quella che era iniziata come una discussione accademica e in una condivisione di esperienze si trasformò presto però in aperta rivolta, contro le deficienze strutturali della rete energetica del Creatore che peraltro non dimostrava alcun intento per modificarla e non accettava critiche.

Luzbel si trovò [28:31] a capo di un movimento che ingigantito dall'eco di consenso raccolto pressoché ovunque, si rivelò maggioritario in 19 pianeti della nostra Galassia. A questo punto il Signore Yahweh, constatando la poca efficacia dei metodi pacati di SOPHIA, decise di decretare L'ISOLAMENTO COSMICO di tutti quei pianeti, tra cui anche la nostra Terra. Creò una specie di cordone di isolamento attorno a ciascuno dei 19 mondi, imponendo di fatto la rottamazione della scienza e della tecnologia, non più usufruibili del regime di libero scambio in atto fino ad allora e costringendo gli abitanti ad 
un lungo e duro retrocesso storico , privandoli di contatti con tutte le civiltà cosmiche con cui da sempre essi comunicavano e si scambiavano conoscenza.
Solo quando la metà degli abitanti di uno di quei pianeti si fosse ravveduta, abiurando i principi della ribellione e si fosse assoggettata di nuovo al potere di YAHWEH, Questi avrebbe tolto il suo CINTURONE ENERGETICO dal mondo in questione, riaprendolo al CONVIVIO UNIVERSALE. Prima però avrebbe radunato gli Esseri che ancora attuavano la rivolta capeggiati da YEL LUZBEL e LEM-YON tra gli altri e li avrebbe esiliati dal mondo in procinto di liberazione, spedendoli in uno dei pianeti rimasti ancora energeticamente prigionieri. Questo movimento migratorio di miliardi di individui [30:04], cominciato 900.000 anni fa circa, continuò fino alla sua ultima tappa, 100.000 anni fa, quando YEL LUZBEL (LUCIFERO) insieme ai suoi più fidati collaboratori e al popolo che li seguiva vennero esiliati anche da Altlam, il 18° pianeta ribelle e dovettero rifugiarsi quindi sull'ultimo di quei mondi ancora isolati: la nostra TERRA !!!


[30:43] Erano giunti in massa sul Pianeta Blu, il più bello
di tutta la mia creazione; quello che avrei voluto fosse in origine quando ero ancora INTERO e vivevo in Paradiso, il mio Gioiello, da offrire al PADRE AMATISSIMO...
Ricco e indescrivibile, nelle sue innumerevoli forme di vita, fra cui 
l'ultima che avevo intenzione di crearvi: l'UOMO TERRESTRE, 
e non ne fui contento!
[31:15] Avevano dominato quella mia nuova razza umana e se ne erano serviti, senza scrupolo alcuno, per i propri scopi, così come già altri miei Figli, provenienti 
da Sirio, stavano facendo nelle Terre orientali. E rimasi ad osservare,
colmo di disappunto.

[31:40] Quando infine assistetti all'arrivo di tutti quegli altri ribelli
che da tempo si erano rifugiati su un pianeta esterno al sistema solare e al loro
insediamento in una vasta regione della Terra,
con lo scopo di saccheggiare tutto l'oro disponibile,
non riuscii a sopportare oltre. 
Non potevo più permettere
che le mie creature fossero trattate in quel modo
e con un impeto di rabbia
decisi di espellerli tutti con le buone o con le cattive.
Alcuni li convinsi ad andarsene, gli altri si autodistrussero in guerre
che terminarono in uno scontro
Nucleare, da cui nessuno risultò 
vincitore.

Solo i miei Homo-Sapiens si salvarono e poterono ricominciare il loro
lento cammino evolutivo.  





Sono molte tra quelle rimaste, senza infatti dimenticarci quelle che nel corso della nostra storia terrestre sono state distrutte o nascoste, LE FONTI STORICHE che testimoniano quei momenti delle vicende del nostro pianeta.
[33:01] Le tavolette sumere ci raccontano degli ANNUNAKI, il popolo venuto dal Cielo, dal pianeta Nibiru , generosi portatori di scienza e tecnologia, ma dispotici, sfruttatori degli Umani cui, attraverso gli innesti del proprio DNA, avevano modificato la genetica cellulare, migliorandone la capacità intellettuale e lavorativa. 


Grazie a loro conoscemmo per la prima volta [33:26] la struttura del nostro sistema planetario e l'esistenza di Nibiru, il pianeta anomalo, la cui orbita esterna s'interseca con il nostro sistema solare ogni 3600 anni circa. I Veda testimoniano nei loro maggiori testi epici, il Maha Barakta e la Bhagavad-Gita, le ciclopiche guerre intraprese dagli alieni gli uni contro gli altri in devastanti battaglie che si svolgevano nei cieli a bordo di macchine volanti che seminavano morte e distruzione.

Nella Bibbia i Nephilim [33:59], i Giganti venuti da Nibiru si confrontavano e si scontravano di continuo con gli Elohim, i figli di Yahweh che avevano ereditato dal Padre il controllo politico del Pianeta Terra, mentre per gli Atlanti se ne personificavano i capi Yel Luzbel e Lyel Mion come le entità del male, i diavoli: Lucifero e Satana.

Sono queste alcune delle civiltà extraterrestri che si affrontarono sul palco del nostro Pianeta [34:26]: i Nephilim-Annunaki in Mesopotamia, Egito, Centro e Sud America, i Siriani in Oriente, soprattutto in India e i ribelli, gli Atlanti al Polo Sud, Nord America e in Europa.
Ad un certo punto, 20.000 anni fa circa i Siriani se ne andarono spontaneamente, seguiti 15.000 anni dopo dagli Annunaki; gli Atlanti invece erano scomparsi prima, 12.000 anni fa circa, durante lo sconvolgimento geo-fisico che conosciamo come diluvio universale, lasciando solo pochi esponenti vivi, quelli che al momento del disastro erano in missione nello spazio o nelle profondità dell'oceano. Era finalmente giunto il momento in cui l'unica civiltà organizzata rimasta, 
quella degli Homo Sapiens avrebbe cominciato la sua lenta e impervia evoluzione, ma c'era un altro pericolo in agguato, pronto a sabotare i piani del Signore Yahweh...




(fine parte terza)






giovedì 28 novembre 2013

A spasso con il proprio Maestro interiore





A spasso 
con il proprio Maestro interiore

Dinaweh




Molti passi sono stati fatti da tutte le persone che sono sul cammino verso la propria liberazione. I Maestri Ascesi e le Guide sono sempre al loro fianco, anche quando apparentemente sembra che non ci siano; in questi tempi così faticosi, molte persone sono convinte di vivere situazioni così drammatiche da pensare che nemmeno i loro genitori si siano mai trovati a dover affrontare simili prove. In effetti ciò che sta accadendo è semplicemente il disvelamento di tutte le parti che non erano mai state viste, che non erano mai state contattate, sia dal punto di vista dell'esperienza personale che collettiva. Internet ci ha abituati a pensare una cosa così ovvia quanto mai esplicitata in precedenza: che siamo tutti collegati e che nulla di ciò che accade è frutto del caso e che ci sia un nesso tra le parti, tra le scelte individuali e quelle collettive.

La fisica quantistica, come le scuole spirituali new-age, grazie anche alle precedenti acquisizioni della psicoanalisi (da Freud a Jung Adler, ecc.) ci hanno aperto al costrutto che non esista accadimento che prima non sia stato pensato, voluto, creato, anche solo immaginato da noi stessi e che non esistano fattori esterni a provocare conseguenze, che non siano già tutte dentro di noi. 
Se questo, come è stato affrontato dagli studiosi di fisica quantistica, così come dai filosofi e dai ricercatori spirituali è il regno delle possibilità, allora vuol dire che finalmente l'umanità sta aprendo un varco dentro di sé; vuol dire che per la prima volta nella sua storia, essa si dà il permesso di non più giudicare l'esistente, altro che come una conseguenza del suo stesso pensato, del suo vissuto; tassello semplicemente di un'esperire continuo a farsi vuoto, Graal appunto, per accogliere il proprio dono, ogni membro della quale umanità secondo le proprie possibilità, secondo il grado di interiorizzazione dell'Essere di per sé, senza più giudizio, senza più voler differire tra buono e cattivo, tra male e bene, tra giusto e ingiusto. 

Qualcuno obietterà di non voler accettare simile postulato, per evitare di scivolare in un relativismo esasperato e senza fine! E ancora, tale atteggiamento, oltre a rivelare uno stato endemico di paura per lo sconosciuto e l'ignoto in tutte le sue forme e rappresentazioni, tradisce ancora - dicevo - un giudizio di valore! 
Ancora si genera, si dà vita e si nutre una teoria di separatezza e di giudizio; poiché in realtà, più ci si sospinge verso le profondità degli abissi che ci sono propri, più si accentua in noi il senso di vertigine, a richiamarci indietro, a scongiurare il pericolo, a suggerirci la vile prudenza, poiché oltre i propri limiti nessuno è mai andato ad esplorare, senza far più ritorno sugli stessi passi. 

Quando sarete interiormente unificati, la Coscienza neutra sarà lì, dalla mattina alla sera, per affrontare gli eventi della vita, le buone come le cattive notizie, i fatti felici e quelli infelici. Non ci saranno più notizie buone o cattive, ma solamente NOTIZIE. Non ci saranno più fatti felici o infelici, ma solo FATTI. Allorché sarete unificati dentro, vi sarà lo spettatore neutro che vedrà senza lo schermo egoico, senza il mentale. Vedrà il mondo dei fenomeni nella sua verità, grazie alla quale vedrà la Realtà infinita di cui il mondo fenomenico è l'espressione. Quando infine sarete, immediatamente nel senso proprio della parola, in contatto con la superficie, si aprirà davanti a voi il cammino della profondità. Ma prima dovrete compiere il lavoro di riunificazione interiore.*

Occorre perciò accogliere la superficie, come parte della stessa costruzione, il mondo dei fenomeni come ci appaiono alla luce dell'esperienza quotidiana, come espressione di quella stessa profondità verso cui riceveremo l'invito a scendere; solo allora si troverà la chiave per trasmutare gli abissi in luce, per vincere la paura che immobilizza per vite e vite l'anima a ripercorrere gli stessi anfratti, le medesime contrade, viste e riviste in quantità, anche se con modalità e fogge diverse..., pena l'esclusione dalla vista del Paradiso! 
Nessuno d'altra parte pensi che l'osservatore neutro non abbia da combattere le proprie battaglie per giungere a simile visione, non abbia da superare i propri limiti, autoimposti dalla mente e protratti nel tempo a congelare ogni possibile nuova partenza! Quale altro Maestro dunque, se non la nostra stessa Maestrìa a produrre il cambiamento, a flettere la linea da un orizzonte piatto e monotono, quello dell'esclusione dal Sé?

Se non trionfa la verità, resterò per sempre schiavo della menzogna e tutta la mia vita sarà una ridicola caricatura. Il discepolo in cammino se ne accorge un bel giorno, lo vede in faccia. Non posso più continuare in questa ignoranza di me stesso, in questa repressione, rimozione, negazione, sconfessione delle Vasana e dei Samskara che ho dentro. Anche se fossero timori terribili, impulsi di omicidio o desideri insensati, voglio vederli! Per farlo devo viverli. Occorre avere il coraggio di viverli. Qualunque cosa sia dentro di me voglio conoscerla e lo farò vivendola, lasciando che si esprima.*

Il discepolo di se stesso - tale si deve diventare - è capace di stare di fronte alle proprie ombre senza scappare; cosa servirebbe infatti sfuggire alla vista di simili brutture e nefandezze se esse ci appartengono, ci rimangono avvinghiate come la testa della pulce rimane conficcata sotto la pelle del suo ospitante!? A quale pro voltarsi continuamente dalla parte opposta al desiderio o alla violenza più estrema, quale che sia a roderci dentro? A nulla servirebbe, se non a procrastinare ulteriormente il tempo della risalita. Con ciò non si vuol dire di lasciarsi andare alle più turpi nefandezze, ma ad avere il coraggio di guardarle, sì; a prendere confidenza con quelle, sì; a non spaventarsi se all'interno del muto contenitore che spesso siamo persino a noi stessi, in fondo si trovi  melma e fetore?

Questi desideri inconsci sono perfettamente attivi e, finché resteranno in profondità, non potrete mai essere nella pienezza, nella pace, nel silenzio e nella meditazione. Molti di essi non devono neppure venire realizzati: se lo fossero, appesantirebbero il vostro Karma; però possono annullarsi se li rendete visibili, portandoli alla superficie. Quelli concreti saranno eliminati se verranno soddisfatti in un certo grado, gli altri spariranno, purché siano portati alla coscienza invece di essere repressi nell'inconscio. Alcuni si realizzeranno se saprete aggirare le voci inconsce che li vietano. In base al progresso lungo il cammino, senza dimenticare il fine non egoistico, spetta a voi, nell'anima e nella coscienza, stabilire quale desiderio appagare e quale non appagare. Spetta a voi trovare la vostra morale, quella del discepolo, fondata sulla comprensione di ciò che vi avvicina al fine o ve ne allontana. Ci vuole grande rigore per sfuggire alle incredibili astuzie del mentale, o piuttosto per sfuggire, diciamolo francamente, alle menzogne del mentale.*


...Cosa importa dunque se i sentieri che riconducono a casa percorrono le vaste lande desolate del dubbio, della sfiducia, delle continue e ripetute esperienze sempre simili a se stesse fino alla nausea, allontanandoci dalla scorciatoia indicata sulla mappa? 
Una volta datoci il permesso di non esprimere più giudizio, allora troveremo in noi gli occhi dell'osservatore esterno; allora vivremo ogni esperienza come un passaggio che ci avvicina sempre più alla strada verso casa. E chi semmai potrà giudicarci, se non saremo più noi stessi a farlo? Chi potrà dire "non sei degno di tornare a casa, perché le tue vie si sono attardate sulle strade del vizio e del tornaconto personale?!" Chi è senza peccato, scagli la prima pietra
La vera Maestrìa, sembra suggerirci il piano dell'esperienza, è quella di chi si immerge nella tentazione e la vive fino in fondo, se lì permane la brama di un desiderio insoddisfatto o quella del reo confesso che, turbato dallo struggimento della colpa, sente di dover percorrere la via nuova della penitenza, per il riscatto dei misfatti commessi. La novitas è riparatrice, non mai l'abitudine (habitus) a ripercorrere all'infinito gli stessi passi inconcludenti. La menzogna è scontata, abitudinaria, si sa sempre dove porta; prima o poi ci presenta il suo conto salato, tanto più se l'abbiamo usata contro noi stessi. E' una conquista scoprire ad un certo punto delle nostre innumerevoli esistenze che i peggiori nemici di noi stessi siamo proprio noi! E' l'inizio questo del cammino di riconciliazione con tutte le nostre parti.   

Abbandonerò il mondo delle menzogne per abbracciare quello della verità; lascerò la superficialità per dirigermi verso la profondità. Questo fa parte del Cammino verso il Regno dei Cieli, verso il Cristo, verso l'Atman. Vengo per riconciliarmi con tutto, ma inizio dalle mie emozioni.*

Incamminarsi verso la Casa del Signore cos'altro è, se non abbracciare tutti gli abitanti della casa, scoprendoli come parte dello stesso disegno, del medesimo progetto? Quella casa sono le nostre innumerevoli vite su questo piano di esistenza; essa è composta da diverse stanze e più l'anima è antica, più la casa è grande, ricca di ambienti più o meno accoglienti, di ripostigli nascosti, di grandi saloni illuminati, di cantine buie...
Il Cristo non è dentro le Chiese, involucri vuoti e separati dal mondo: è dentro di noi; è lì che attende di essere visto, onorato e portato alla luce. Si nasconde nelle molteplici stanze della nostra casa. Per andare a trovarlo occorre ingaggiare una vera e propria caccia al tesoro senza "uscire di casa"! Fino a quando non abbiamo il coraggio di aprire tutte le porte e vedere cosa vi si nasconda dietro, non troveremo mai il tesoro che cerchiamo. Occorre dunque un atto di fiducia verso noi stessi. Alla fine scopriremo che non serve intraprendere alcun viaggio esterno a noi. E' tutto nel qui ed ora e non esiste più un dentro o un fuori. Noi siamo il mondo! Noi siamo gli artefici dello scenario che ci si para davanti! Siamo capaci di accogliere tutte le emozioni, come parte del gioco? Siamo aperti al sì, all'accettazione di tutto ciò che vedremo? 
Finché non opereremo questa scelta non avremo la possibilità di riconciliarci, di amarci e di conoscere chi siamo veramente.

La disperazione del neonato si esprime nel corpo dell'adulto. Essa contiene tutte le disperazioni future. Tutti abbiamo vissuto l'angoscia di essere nati, di dover soffrire, respirare e rifiutarci di respirare. Tale situazione dimostra che alla nascita esiste già un'emozione, non solo sensazioni. Il bambino rifiuta, rifiuta, rifiuta. E' un grande "NO". Dice di no a tutto, perfino al fatto di nascere. E' da quel momento che nasce il mentale. Il mentale è dire "NO", è il rifiuto di ciò che è la non accettazione di qualunque cosa. Tale separazione non scomparirà più. Essa sussisterà, a meno che non s'intraprenda un cammino particolare per invertire il conflitto in accettazione, il rifiuto in sottomissione, un'idea che sussiste in tutti gli insegnamenti religiosi.*



E' importante ricordare che ogni cambiamento reale, seppur piccolo, avviene da un cambio di frequenza del cuore. Del resto ogni conoscenza non passa se non ci commuove, se non smuove le emozioni e il desiderio di unità, che deriva non dalla mente, che per sua natura separa, ma dal cuore, che per sua natura unisce! Ma per essere Maestri di noi stessi non è sufficiente nemmeno questo... Il lavoro interiore infatti obbliga anche ad una certa coerenza, alla costante determinazione del Guerriero, il quale, una volta intravvisto l'orizzonte, percepisce l'importanza di uno sforzo quotidiano per raggiungere la meta. 

Molte persone incamminate alla ricerca di se stesse e che intraprendono un cammino spirituale si fanno spesso affascinare da mille rivoli, da mille strade, senza mai prenderne in considerazione una in particolare. In realtà è come se andassero al supermercato della new-age; sul loro carrello c'è di tutto e di più; sicuramente uno solo di quelli non riuscirebbe a contenere le meraviglie che brillano sugli scaffali che spesso con fascino orientaleggiante vengono esposti e suggeriti dai vari Guru del momento! 

Diventa Master Reiki! Hai mai pensato come mai nella tua vita non c'è ricchezza e perché vivi nella mancanza? Fai il seminario con noi e attrarrai la ricchezza nella tua vita! Diventa operatore olistico! Un soggiorno in India alla ricerca di te stesso e tornerai come nuovo!...

Spesso si dimentica quanto sia più semplice respirare e ascoltarsi; seguire soltanto una via è più che sufficiente, per non incorrere in contraddizione tra un insegnamento e l'altro, per non creare confusione e ritrovarsi sempre allo stesso punto di partenza. Al di là dell'emotività, della partecipazione di cuore per un percorso piuttosto che per un altro, poi è sempre di fondamentale importanza la volontà e la determinazione. Vorrei lasciarvi con un passo molto bello che mi è capitato proprio ora tra le mani, tra una pausa e l'altra; scrivere sul blog è infatti una compagnia che prima di tutto faccio a me stesso, una riflessione dell'anima che conduco per la mia stessa guarigione, prima ancora che per comunicare con voi che mi leggete. La traggo da un libro che amo molto e che uso non tanto come testo di lettura, quanto come spunto per le mie meditazioni, sempre stando attento che non siano troppo lunghe, perché poi è sul piano di terra che ho necessità di tornare! Con questo pensiero spero di farvi cosa gradita e di lasciarvi in buona compagnia. Chi parla qui è Gesù, attraverso le canalizzazioni di Paul Ferrini. 
Buona lettura e infine buona meditazione. Namasté!





Solo pochissime persone hanno compiuto da sole il processo della propria guarigione, anche coloro che cercano di aiutare gli altri. La maggior parte di loro non sono guarite dentro. Come possono aiutarti? Gli altri non possono aiutarti. Devi darti la guarigione da solo. Se hai bisogno di qualcuno che ti guidi, scegli una persona che abbia percorso la via da solo/a. E stai molto attento: non sono molti quelli che l'hanno fatto. Se guardi con attenzione, potrai vedere se l'oscurità in loro è stata integrata, oppure se stanno ancora lottando per allontanarla. Chiunque sia spaventato dai propri lati oscuri non può procedere verso la luce. Chiunque rifiuti la propria umanità e finga di essere completamente spirituale, non è integro né integrato. Non accettare un guaritore ferito, anche se ha un nome angelico: Anche se è tenuto in grande considerazione dagli altri. Trovati una guida che non abbia un'agenda di lavoro. Qualcuno che ti dica: "Sì. Ci sono passato. Conosco grossomodo la strada, ma non so esattamente cosa ti aspetta. Tutto ciò che posso fare è accompagnarti, aiutarti a entrare nell'ombra e stare a vedere ciò che accade. Tutto ciò che posso fare è "l'amico", non "l'esperto". Non c'è nessun esperto. Ci sono semplicemente persone che hanno compiuto il viaggio e persone che non l'hanno fatto. Coloro che sono arrivati in fondo non assumono un ruolo professionale. Sono stati resi umili dal loro viaggio. Coloro che il viaggio non l'hanno fatto fanno affermazioni tronfie, che vanno in pezzi la prima volta che s'identificano con te e che i loro pulsanti vengono premuti. Chi ha fatto il viaggio fino all'inferno ed è tornato indietro non smania per il cielo. Non appartiene al regno delle favole. Odora di fuoco e di terra. La sua fronte è solcata dalle rughe, perché per secoli è stata sott'acqua. La sua bellezza è quella della terra. E' una principessa segnata dal tempo, una madre, non una sposa dal candore virginale. Per risorgere, per salire al cielo, prima devi incontrare il diavolo, a testa alta. Non lo troverai, se continui a cercarlo negli altri. Se non credi nella tua esistenza, significa che non ti sei dato la pena di cercarlo dentro la tua mente. Il diavolo è la tua stessa presenza angelica, dissacrata. E' la tua dimenticanza, la tua violenza nei confronti di te stesso. E' colui che è ferito, crocifisso, l'angelo caduto dal cielo al letamaio, nella forza selvaggia dell'incarnazione terrena. Lui è te, più di quanto non lo sia il tuo io angelico. Il tuo io angelico è etereo, come l'aria. Non è di questa terra. Non può elevarsi rispetto a ciò che non ha mai incontrato. Il diavolo è di questa terra. La tua mente, il tuo ego è il creatore della terra, con tutto il suo dolore e la sua bellezza manifesti. Non respingere la tua creazione prima di essere arrivato a conoscerla. Cammina sotto la pioggia. Bruciati sotto il sole. Rotolati nel fango. Assapora tutto pienamente. Non cercare di lasciare questo mondo prima di essere pronto. La necessità di partire segnala la totale dipendenza dallo stato di dolore. Devo dirti francamente che non c'è nessun posto dove andare. E' così. Non puoi andartene, uscire dalla tua stessa creazione. Devi muoverti in essa, essere con essa e imparare ad allontanarla da te. Dio non verrà come salvatore, a liberarti da un mondo che ti sei creato da solo. Questa è una vecchia soluzione paradigmatica. Non ti dà alcun potere. Anche se fosse possibile, non sarebbe nel tuo interesse. Dio arriva attraverso il  tuo gesto di accettazione nei confronti della tua mente. Arriva nell'amore e nella compassione che porti a colui che è ferito, dentro e fuori. Arriva quando ti chini ad abbracciare le ali scure che si muovono piano, di fronte alla porta chiusa della tua paura. Queste ali non potranno farti male. Nessuno è dissacrato, per quanto grande sia la ferita che ha dentro. Nessuno viene derubato della sua innocenza, per quanto grave sia l'abuso che ha fatto o ricevuto. Devi vedere attraverso quel colore scuro, ed entrare nel calore di quelle ali. Qui c'è una porta che conduce diritto al cuore. Entra nel tuo dolore! Non puoi arrivare a Dio se non attraversi la notte oscura dell'anima. Tutte le tue paure, i tuoi motivi di vergogna, devono essere innalzati. Tutti i tuoi sentimenti di separazione devono venire a galla per essere curati. Come puoi risorgere dalle ceneri del tuo dolore, se prima non lo riconosci? Coloro che fingono di non avere ferite non inizieranno mai il viaggio spirituale. Coloro che aprono la ferita e fustigano se stessi o gli altri non faranno più di un passo nel processo di guarigione. Se vuoi guarire, ricorda, lascia affiorare il dolore. Guarda la tua ferita, riconoscila. Sii con essa e lascia che essa t'insegni.**





*  Arnaud Desjardins, Il Vedanta e l'inconscio, Astrolabio ed., Roma, 2001;
** Paul Ferrini, Il silenzio del cuore, Macroedizioni, Diegaro di Cesena, 2001;
    
il dipinto Cuore è dell'amica pittrice Mariangela De Marco;

la foto l'ho scattata io sul sentiero che da Sant'Antonino di Susa porta alla Sacra di San       Michele in val di Susa (TO).





Dinaweh